Non condivido il concetto sull'individualismo.
Veramente una società dove tutti vogliono assomigliare agli altri è una società individualista?
Una società di gente che imita gli altri e sta da sola, non è una società di individualisti ma di falliti.
Per me l’individualismo è pensare e agire con la propria testa, non voler stare soli.
Sono del tutto d'accordo con questa attribuzione di significato alla parola "individualismo".
Uno dei grossi problemi di questo periodo storico è invece il ruolo di primo piano dato all'essere accettati, essere "popolari", per evitare assolutamente di essere considerati "strani", parola che è diventata una bestemmia e una condanna.
Essere capaci di stare lontano dagli altri non è segno di isolamento, anzi, per
stare da soli è necessario sia sentirsi interi, completi, autonomi, sia portare dentro di sé il senso di appartenenza alla società e all'umanità con un atteggiamento di cura e di speranza.
La vicinanza fisica o la full immersion in un social non sono stare insieme. Sono alienarsi insieme, instupidirsi, svuotarsi completamente di ogni aspettativa personale, di ogni idea originale, di ogni emozione autentica.
E questa è la dimensione personale. (A questo proposito credo che
@greenintro si si espresso in maniera estremamente chiara e convincente).
Il discorso sul consumo è la diretta conseguenza: se io non so chi sono allora cercherò di definirmi attraverso ciò che mangio, ciò che bevo, ciò che indosso. Potrò invece sentirmi OK indipendentemente da ciò che consumo se potrò contare su di una consapevolezza di essere persona unica, con il pieno diritto di essere come sono (a patto naturalmente di non delinquere o far del male agli altri).
Se riuscissimo a superare questi due problemi, l'appiattimento annichilente che ci fa essere gli uni specchio del vuoto degli altri, e la falsa sicurezza data dalla quantità di consumi come surrogato di una identità personale, potremmo fare un salto ulteriore e creare quella socialità libera e spontanea dei piccoli gruppi centrati su interessi comuni. Il gruppo di teatro amatoriale, il gruppo di poesia o di lettura, e perché no quello conviviale.
O il gruppo di baratto e libero scambio di beni o servizi.
Per un certo periodo della mia vita ho scambiato un'ora di ripetizione di latino fatta (da me) ad un ragazzo del liceo, con un'ora di aiuto domestico che sua madre svolgeva a casa mia. La cosa ha funzionato benissimo, il ragazzo ha recuperato il debito scolastico e i miei lampadari non sono mai (più

) stati così lucenti. Né ci siamo mai chieste se valesse di più la mia "scienza" o la forza fisica della giovane madre.
Va bene, sono ricascata nell'autobiografico.
Ma volevo dire che la creatività non è solo scrivere poesie o dipingere, è trovare soluzioni originali ai problemi.
Soluzioni originali che nascono solo quando le persone non hanno interiorizzato il bisogno di essere tutti uguali.
E' un discorso circolare: da una umanità fatta di persone autentiche può nascere una socialità spontanea con soluzioni nuove. E le soluzioni nuove rinforzano la capacità degli individui di essere creativi.
E comunque, non sono una hippie. O almeno non più, o non soltanto. Se dovessi dare un nome a tutto ciò che ho accumulato in fatto di esperienze, di passioni e di traguardi raggiunti in questi pochi

decenni di vita, le etichette non basterebbero.
Bella discussione, bravo
@MaxCogre che ogni tanto lancia un chiancone

nello stagno.
