Personaggi compagni di vita.

Pathurnia

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1. Ruth
Ruth è un personaggio della Bibbia, ed è colei che dà il nome all'omonimo libro, breve ma significativo. La stesura del testo è collocata dai diversi studiosi tra il V e il II secolo a.C., probabilmente in Giudea.
(Fonte: Internet).
Nel libro si narrano le vicende di una giovane e di un'anziana, rispettivamente Ruth (la nuora) e Noemi (la suocera), e per la peculiare sensibilità nei confronti dei sentimenti femminili in passato si è ipotizzato che sia stato scritto da una donna.
La più grande delle due, Noemi, si è spostata da Betlemme a Moab con il marito Elimelech e i due figli per sfuggire ad una devastante carestia. I figli hanno entrambi sposato due donne del posto, due Moabite, ma in seguito ad una serie di sventure sia il padre Elimelech che i figli sono deceduti, lasciando le tre donne sole e senza mezzi di sostentamento.
Consideriamo qui la prima trasgressione delle donne: due di loro sono Moabite che hanno sposato degli stranieri, cosa che era considerata disdicevole.
La trasgressione successiva è nella capacità di disporre della propria vita. Infatti per sfuggire alla miseria e all'isolamento Noemi, seguita dalle due nuore, decide di tornare nella propria terra ma, arrivata nel mezzo del deserto, si ferma e ordina alle due giovani nuore di tornare indietro, perché essendo native di Moab possono ancora trovare dei mariti.
Una delle due, pur essendole affezionata, ubbidisce e torna indietro. L'altra, Ruth, da questo momento in poi rivela invece una non comune capacità di prendere in mano la propria esistenza seguendo i dettami del sentimento; infatti decide di rimanere per proteggere la non più giovane parente.
Quello che mi colpisce è, tra l'altro, un particolare. La presa di coscienza di essere una persona in grado di decidere avviene, in Ruth, nel mezzo del deserto, quando cioè gli uomini di entrambi i paesi sono lontani e non possono esercitare la loro autorità.

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A nulla valgono le insistenze dell'anziana Noemi: Ruth, fedele a quello che sente il proprio dovere, non vuole e non può abbandonare la sua congiunta a cui è legata da un affetto quasi sacro. Sa che si troverà - vedova, povera, straniera - in grandi difficoltà, ma forse per la prima volta nella sua vita sceglie il proprio destino.
Ciò che ha reso per me indimenticabile Ruth è la fedeltà, certo all'altra donna ma anche e soprattutto al proprio impegno, al proprio cammino insieme alla persona a cui ha scelto di dedicarsi, pur consapevole delle difficoltà a cui andrà incontro.
Il ritorno in patria infatti non è facile né felice, il paese è da poco uscito da una grave carestia e due donne povere non sono bene accette: tanto grande è l'isolamento a cui sono soggette che Noemi decide di cambiarsi il nome in Mara, l'Amara.
Ma inizia la mietitura.
Noemi manda la nuora a spigolare nel campo di un suo lontano parente, Booz.
La tradizione della spigolatura fa parte di un sistema vigente a quell'epoca per la ridistribuzione delle risorse anche nei confronti dei più bisognosi: i mietitori sono tenuti a lasciare che queste persone in condizioni misere possano raccogliere le spighe cadute, una specie di "sospeso", come diremmo oggi.

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Alla fine della mietitura, come sempre avviene alla fine di un grande lavoro, il popolo e i possidenti festeggiano anche con abbondanti libagioni. Qui la vicenda ha un'ulteriore svolta: Noemi consiglia alla giovane (e avvenente) Ruth di adornarsi, profumarsi, e introdursi nella tenda di Booz.
Non dobbiamo stupirci del risvolto carnale che la vicenda assume, la Bibbia è un libro dove la corporeità è sempre presente e la sessualità non è affatto espunta.
Ruth ancora una volta si fida di Noemi e segue i suoi consigli. Il resto è facilmente intuibile: il possidente Booz svegliandosi e trovando Ruth accanto a sé comprende che la giovane donna è in un certo qual modo (tramite il legame con Noemi) una sua parente e quindi sotto la sua protezione, si rende conto di avere dei doveri nei suoi confronti, apprezza la sua devozione e loda la sua iniziativa motivata dal desiderio di dare dei nipoti all'anziana suocera (i rapporti parentali all'epoca avevano regole diverse da quelle oggi comunemente in vigore).
In questa ultima parte della storia Ruth secondo me dimostra una grande capacità di resilienza, giovandosi anche della buona fama acquisita fino a quel momento di donna virtuosa e fedele. Il bimbo che nascerà dalla suo unione con Booz sarà per Noemi un nipote e contemporaneamente la fine delle tribolazioni.
*
Ho cercato di riassumere la narrazione del libro di Ruth considerando solo le parti salienti ma quello che mi interessa evidenziare è la novità e originalità di una storia che pone come protagonista una donna e la sua capacità di scegliere, amare, fidarsi, salvarsi dalla miseria avendo come risorsa la propria consapevolezza di essere una persona.
Le virtù di Ruth, la sua devozione, la sua capacità di tenerezza, ma anche la sua spregiudicatezza nel momento di scegliere di farsi scegliere ne fanno secondo me un personaggio attuale e vivo, anzi non un personaggio ma una persona presente nei miei ricordi, certo non una femminista ante litteram ma una donna vera, palpitante e padrona di sé stessa.
*
Illustrazioni: 1) William Blake , "Noemi invita Ruth e Orpa a tornare in terra moabita", 1795.
.......................... 2) Jean-Francois Millet - Le spigolatrici, 1857 .
 
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alevale

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2 Rodiòn Romànovič Raskòl'nikov (da una parola russa che può essere tradotta con il termine italiano "scismatico") è il tormentato protagonista di Delitto e Castigo, uno dei romanzi più noti di Dostoevskij pubblicato nel 1866 e ambientato in una tetra San Pietroburgo .
Sappiamo che ha 23 anni ed è uno studente di legge fuori sede, che per le ristrettezze economiche abbandona i suoi studi.
Non sappiamo nulla delle sue origini familiari, ma possiamo pensarlo come originario di una famiglia appartenente alla vecchia nobiltà rurale, priva di mezzi economici.
La personalità del ragazzo è molto complessa. Raskolnikov è affetto da crisi nervose, attacchi di panico, è impressionabile e i suoi deliri sono aggravati dalla costante mancanza di cibo.
Sentendosi responsabile del futuro matrimonio di convenienza della sorella, costretta a sposarsi con un ricco mercante, sopravvive vendendo i suoi pochi averi ad una vecchia usuraia, che per il ragazzo imcarna e rappresenta il male della società.
Maturera' ben presto il proposito di ucciderla, ponendosi al di sopra della morale, ella infatti, per Raskòl'nikov non ha il diritto di vivere. Ponendo in atto l'omicidio dell'usuraia e della sorella dell'usuraia con un'accetta, Raskòl'nikov viene successivamente preso dai sensi di colpa, che lo costringono ad isolarsi da tutti i suoi affetti. Viene roso dal rimorso che lo rende folle e solo l'amore puro di Sonia che lo induce a confessare e a bramare il castigo e l'espiazione con la condanna ai lavori forzati in Siberia, riuscirà a salvare il protagonista di questo romanzo. Dostoevskij scava e porta alla luce il "sottosuolo " del personaggio principale, affrontando i temi della coscienza, della morale, della religione e del libero arbitrio.
Raskòl'nikov è a tutti gli effetti un assassino, eppure empatizziamo con lui.
Egli ha avuto il torto di non capire che escludendo Dio e ponendosi al di sopra di Lui non si raggiunge la felicità, ma si cade nel baratro della disperazione.
Dostoevskij scrittore, ma anche filosofo abbraccia la teoria della morale kantiana.
La ragione da sola, senza una legge morale, che è quella che coincide con la legge di Dio, è destinata a fallire.
In alcuni momenti il personaggio può sembrare portato agli eccessi, ma dobbiamo leggerlo in senso più ampio.
Chi di noi non è stato, almeno una volta Raskòl'nikov? Tutti noi, quando non accogliamo, disprezziamo, non aiutiamo , escludiamo gli altri siamo Raskòl'nikov, ed è per questo che lo studente di legge, prima assassino e poi pentito , mi accompagna da oltre trent'anni, facendomi continuamente riflettere sui grandi interrogativi della vita.
 

alevale

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3 Gregor Samsa

Gregor Samsa è il protagonista del racconto La Metamorfosi di Kafka pubblicato nel 1915.

Gregor è un commesso viaggiatore, unico sostegno economico della famiglia, di cui è la colonna portante.
Diligente e puntuale lavoratore è in realtà profondamente insoddisfatto della sua monotona esistenza.
Una mattina, una come tante altre, nell'alzarsi presto per andare a lavoro, ecco che inizia la sua Metamorfosi in un enorme insetto (io me lo sono sempre immaginato come un grosso scarafaggio, ma in realtà nel racconto non è specificato)
Ora, la grandezza di Kafka sta nel non spiegare la causa della trasformazione, che di per sé è assurda, ma nel descrivere i tentativi del protagonista di convivere con la suddetta trasformazione, come fosse naturale.
Ben presto i familiari (i genitori e sua sorella) si accorgeranno della Metamorfosi e proveranno da principio dolore , costernazione, orrore, ma poi insofferenza, disagio, vergogna e infine desiderio di liberarsi dell'odioso fardello.
Gregor finirà per vivere come un recluso nella propria stanza, capendo di essere diventato un insopportabile peso per la propria famiglia.
Una sera, in cui la nostalgia degli affetti si fece sentire più forte, sentendo la sorella suonare il violino ( sorella che inizialmente fu l'unica a dimostrargli un po' di affetto,) Gregor esce dalla propria stanza, suscitando l'orrore dei tre affittuari che vivevano in casa sua per aiutare la famiglia a sostenersi economicamente.
Il padre di Gregor in quell'occasione scaglia delle mele contro il figlio, una delle quali va a conficcarsi nel dorso dell'insetto /Gregor.
La ferita non viene curata né la mela rimossa, tanto che Gregor si indebolisce sempre di più fino a lasciarsi morire dopo aver udito la sorella dichiarare che sarebbe stato meglio sbarazzarsi del repellente insetto, che finirà nella spazzatura.
La famiglia, finalmente libera, esce serena a passeggio.

Kafka usa genialmente l'assurdità di questa Metamorfosi come simbolo dell'alienazione dell'uomo dalla società e dalla famiglia, che considerano l'individuo degno di far parte della comunità solo in quanto produttivo di un reddito.
Nel momento in cui non lo è più, e si comporta fuori dai rigidi schemi imposti dal vivere comune, diventa un fardello, un qualcosa da nascondere, oggetto di indifferenza e poi di insofferenza e odio.

La storia di Gregor Samsa sarebbe potuta essere quella di un commesso viaggiatore che dichiara alla propria famiglia che si è rotto le scatole del suo lavoro, perché il suo sogno nel cassetto è quello di diventare uno scrittore o un cantante e per questo la famiglia gli volta le spalle oppure Gregor Samsa avrebbe potuto confessare di essersi innamorato del suo capo ufficio oppure ancora avrebbe potuto comunicare il proprio licenziamento a causa di un mancato appuntamento o cose così... ma sarebbe stato ugualmente così grandioso questo racconto?
La genialità di Kafka è proprio questa, chi se lo sarebbe ricordato Gregor Samsa se non si fosse trasformato in un enorme insetto?

Chioso con l'incipit del racconto e con un piccolo ricordo personale

" Quando Gregor Samsa, una mattina, si svegliò da sogni inquieti, si ritrovò, nel suo letto, trasformato in un immane insetto"



Ho perso il conto delle volte che ho letto e riletto questo racconto.

Non so se vi ricordate che nei primi anni 90 andavano di moda le magliette con su stampati gli incipit dei grandi classici. Si chiamavano Parole di cotone, credo le vendessero dalla Feltrinelli.
Ricordo che i miei amici di classe per un compleanno mi regalarono quella di Gregor Samsa, ben sapendo la mia passione per questo racconto che mi è rimasto nel cuore dall'adolescenza in poi.
Mi sono sempre sentita vicina a Gregor e alla sua Metamorfosi, soprattutto nei periodi in cui rimanevo un po' imbrigliata nelle maschere che la società ci impone.

Caro Gregor oggi vorrei dirti che mi è sempre dispiaciuto tantissimo che non ti abbiano curato quella ferita
 
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alevale

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4. Aglaja Epancina* ovvero LA CRUDELE VIRTU'

* (personaggio del romanzo "L'Idiota" di Fedor Dostoevskij)

Verso le nove del mattino d'una giornata di gelo, sul finir di novembre, il treno della ferrovia Pietroburgo-Varsavia si avvicinava a tutto vapore a Pietroburgo.
Inizia così, in una gelida gionata del 1867, la storia del principe Myškin.
Giunto a Pietroburgo dopo un lungo soggiorno in Svizzera dove è stato curato per la sua epilessia e per un oscuro deficit mentale ormai guarito, in cerca di conoscenze entra in contatto con una famiglia di lontani parenti, gli Epancin. Qui conosce entrambi i genitori e le tre figlie, tra le quali spicca per fascino e candore verginale la giovanissima Aglaja.
Altri personaggi entreranno rapidamente in scena diventando importanti figure nell'universo del giovane principe che, nel suo candore di uomo appena apertosi alle esperienze della vita, accorderà a tutti fiducia e benevolenza.
Travolto però da vicende troppo complicate per la sua personalità ancora esile e per la sua mite ingenuità, si lascerà coinvolgere nelle difficili scelte passionali di Nastas'ja Filippovna, una giovane donna dal passato tragico e dalla grande intensità emozionale, ma anche dalle attenzioni incuriosite e ambivalenti della giovane e capricciosa Aglaja Epancina.
Tra colpi di scena e intrighi si arriverà ad un infausto finale per il nostro protagonista ma anche per le due donne così diverse che gli si affiancheranno nel drammatico susseguirsi di eventi.

***********
Fin dalle prime pagine il nostro principe, che d'ora in poi chiameremo familiarmente Lev Nicolaevič, viene a conoscenza dell'esistenza di una donna stupenda, Nastas'ja Filippovna, (attraverso il suo ritratto) e anche, di persona, della giovanissima Aglaja Epancina. Quest'ultima è la più piccola di tre sorelle ed è dotata di grande avvenenza e di altrettanto grande virtù. Allevata come una perfetta (e inutile) giovinetta destinata al matrimonio, cresciuta in una famiglia benestante e rispettata, è idolatrata dai genitori e dalle due sorelle maggiori che la considerano come la summa di tutte le qualità muliebri e sono disposti a qualunque rinuncia per il suo bene. Purtroppo la fanciulla, cresciuta nella prigione dorata delle aspettative familiari, non ha avuto nessuna occasione di maturare il minimo senso di responsabilità, (cosa che d'altronde non era richiesta alle giovani donne), ma ha sviluppato nei suoi pochi anni solo il senso di "onore", di castità, pudore, rispettabilità, di cui si adorna come di una perfezione. Ha anche avuto la possibilità di leggere e studiare ma non di fare alcuna esperienza. Si aggiunga a ciò una certa incapacità di stabilità affettiva, probabilmente ereditata dalla volubile e instabile madre che, ad una incapacita di mantenere a lungo la stessa opinione, aggiunge anche periodici scoppi di rabbia a volte immotivata.
Aglaja di conseguenza è venuta su egocentrica, poco empatica, ma anche repressa e oberata dalle aspettative familiari.

Nessun profiler oggi si stupirebbe del fatto che il risultato sia una persona insensibile, crudele e manipolatrice.

Il principe fin dal primo incontro con la famiglia Epancin manifesta ammirazione nei confronti di Nastas'ja Filippovna, della quale ha visto casualmente il ritratto. Non è difficile immaginare che la rivalità di Aglaja verso l'altra donna cominci a nascere in quelll'istante.
Nastas'ja Filippovna, dal canto suo, è un personaggio difficile, è tormentata da un abuso subito per molto tempo dall'età di quindici anni ad opera del proprio tutore, cioè colui che avrebbe dovuto proteggerla.
All'epoca del nostro racconto è una donna carica di rancore, disprezzo per se stessa e odio verso gli uomini.
Il nostro angelico e soccorrevole principe non può resistere al fascino della vittima e, autoelettosi suo salvatore, la salva ripetutamente dalle grinfie del suo violento pretendente, Rogozin. Inizialmente Lev Nicolaevič si innamora di lei, ma dopo molteplici fughe e riconciliazioni, tentennamenti e abbandoni, si rende conto che in lei l'autodistruzione è più forte di tutto.
Tornato a Pietroburgo inizia a vivere circondandosi di una masnada di profittatori e falsi amici che approfittano della sua dabbenaggine.
Quanto ho amato questo libro 😍
 

Pathurnia

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4. Aglaja Epancina* ovvero LA CRUDELE VIRTU'

* (personaggio del romanzo "L'Idiota" di Fedor Dostoevskij)

Verso le nove del mattino d'una giornata di gelo, sul finir di novembre, il treno della ferrovia Pietroburgo-Varsavia si avvicinava a tutto vapore a Pietroburgo.
Inizia così, in una gelida gionata del 1867, la storia del principe Myškin.
Giunto a Pietroburgo dopo un lungo soggiorno in Svizzera dove è stato curato per la sua epilessia e per un oscuro deficit mentale ormai guarito, in cerca di conoscenze entra in contatto con una famiglia di lontani parenti, gli Epancin. Qui conosce entrambi i genitori e le tre figlie, tra le quali spicca per fascino e candore verginale la giovanissima Aglaja.
Altri personaggi entreranno rapidamente in scena diventando importanti figure nell'universo del giovane principe che, nel suo candore di uomo appena apertosi alle esperienze della vita, accorderà a tutti fiducia e benevolenza.
Travolto però da vicende troppo complicate per la sua personalità ancora esile e per la sua mite ingenuità, si lascerà coinvolgere nelle difficili scelte passionali di Nastas'ja Filippovna, una giovane donna dal passato tragico e dalla grande intensità emozionale, ma anche dalle attenzioni incuriosite e ambivalenti della giovane e capricciosa Aglaja Epancina.
Tra colpi di scena e intrighi si arriverà ad un infausto finale per il nostro protagonista ma anche per le due donne così diverse che gli si affiancheranno nel drammatico susseguirsi di eventi.
***********
Fin dalle prime pagine il nostro principe, che d'ora in poi chiameremo familiarmente Lev Nicolaevič, viene a conoscenza dell'esistenza di una donna stupenda, Nastas'ja Filippovna, (attraverso il suo ritratto) e anche, di persona, della giovanissima Aglaja Epancina. Quest'ultima è la più piccola di tre sorelle ed è dotata di grande avvenenza e di altrettanto grande virtù. Allevata come una perfetta (e inutile) giovinetta destinata al matrimonio, cresciuta in una famiglia benestante e rispettata, è idolatrata dai genitori e dalle due sorelle maggiori che la considerano come la summa di tutte le qualità muliebri e sono disposti a qualunque rinuncia per il suo bene. Purtroppo la fanciulla, cresciuta nella prigione dorata delle aspettative familiari, non ha avuto nessuna occasione di maturare il minimo senso di responsabilità, (cosa che d'altronde non era richiesta alle giovani donne), ma ha sviluppato nei suoi pochi anni solo il senso di "onore", di castità, pudore, rispettabilità, di cui si adorna come di una perfezione. Ha anche avuto la possibilità di leggere e studiare ma non di fare alcuna esperienza. Si aggiunga a ciò una certa carenza di stabilità affettiva, probabilmente ereditata dalla volubile e instabile madre che, ad una incapacita di mantenere a lungo la stessa opinione, aggiunge anche periodici scoppi di rabbia a volte immotivata.
Aglaja di conseguenza è venuta su egocentrica, poco empatica, ma anche repressa e oberata dalle aspettative familiari.
Nessun profiler oggi si stupirebbe del fatto che il risultato sia una persona insensibile, crudele e manipolatrice.
Il principe fin dal primo incontro con la famiglia Epancin manifesta ammirazione nei confronti di Nastas'ja Filippovna, della quale ha visto casualmente il ritratto. Non è difficile immaginare che la rivalità di Aglaja verso l'altra donna cominci a nascere in quelll'istante.
*
Nastas'ja Filippovna, dal canto suo, è un personaggio difficile, è tormentata da un abuso subito per molto tempo fin dall'età di quindici anni ad opera del proprio tutore, colui che avrebbe dovuto proteggerla.
All'epoca del nostro racconto è una donna carica di rancore, disprezzo per se stessa e odio verso gli uomini.
Il nostro angelico e soccorrevole principe non può resistere al fascino della vittima e, autoelettosi suo redentore, la sottrae ripetutamente alle grinfie del suo violento pretendente, Rogozin. Inizialmente Lev Nicolaevič si innamora di lei, ma dopo molteplici fughe e riconciliazioni, tentennamenti e abbandoni, si rende conto che in lei l'autodistruzione è più forte di tutto e abbandona l'impossibile missione di salvarla.
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Tornato a Pietroburgo inizia a vivere circondandosi di una masnada di profittatori e falsi amici che approfittano della sua dabbenaggine. Frequenta regolarmente la casa degli Epancin, dove subisce il fascino della splendida Aglaja. Forse ne è anche innamorato, ma la giovinetta inizia nei suoi confronti un perverso gioco di timidi abbandoni e crudeli ripulse, sprezzanti apprezzamenti e dichiarazioni di stima infinita. Sicuramente incapace di chiarire a sé stessa i propri sentimenti oscilla tra la seduzione e il dileggio verso il principe, mentre con la propria famiglia ostenta una sfida puerile.
Nei confronti di Lev Nicolaevič esercita il proprio potere, vuole sembrare enigmatica ma si rivela soltanto una bambina.
Ad esempio, una sera in una riunione di conoscenti recita con trasporto una poesia di Puskin, "Il Cavaliere povero". Tutti comprendono l'allusione al principe, ma Aglaja insieme a tanta sincera commozione allude in maniera esplicita alla "rivale" Nastas'ja Filippovna, riuscendo ad unire nello stesso momento sincerità e malignità.
La sua incoscienza la spinge a convocare Lev all'alba, in giardino, per proporgli di fuggire insieme per liberarsi dal giogo della famiglia, richiesta che fa inorridire il principe per l'egoismo dimostrato.
Intanto il clima emotivo intorno ai due si è fatto di attesa, tutti li considerano fidanzati, e Aglaja lo esibisce in società come un giocattolo che tutti disapprovano e che lei stessa considera solo una sfida verso il suo mondo, una dimostrazione di poter soddisfare ogni capriccio. In fondo forse un po' lo ama per quello che lui è, un essere profondamente buono e puro, ma lo odia per quello che lui non è, un uomo capace di guidarla e farsi rispettare in società.
Ma anche le piccole manipolatrici hanno un punto debole. Quello di Aglaja è Nastas'ja Filippovna.
La nostra giovane egocentrica organizza un confronto con la rivale, durante il quale ostenta come se fosse un diadema la propria onorabilità e riversa su Nastas'ja il proprio atroce disprezzo . Ma la donna offesa, incattivita dagli oltraggi, intuisce il segreto di quella visita: Aglaja ha paura di lei, del suo fascino e dell'ascendente che potrebbe ancora avere sul principe.
Lo spettro viene svelato, l'indicibile è detto: Aglaja ha paura di non essere lei quella che il principe ama. I toni tra le due donne diventano parossistici, la scenata tocca il culmine, Aglaja fugge sconvolta mentre Nastas'ja Filippovna sviene.
Il principe non può fare altro che sostenere Nastas'ja in deliquio e lasciar andare Aglaja.
Per tutti e tre, ormai, è finita.
 
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alevale

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5. William Stoner

Stoner è il protagonista dell'omonimo romanzo di John Williams, ed è un personaggio la cui vita, all'apparenza priva di eventi eccezionali (e qui sta la grandezza del romanzo) nasconde una profonda e toccante malinconia. La sua storia è un'esplorazione della disillusione, della rassegnazione e della ricerca di significato in un'esistenza che si rivela gradualmente insoddisfacente, tanto che lo potremmo definire un antieroe

Nato in una povera fattoria del Missouri, Stoner è un uomo di campagna che, spinto dalla necessità di studiare agronomia per migliorare le condizioni economiche della famiglia, si iscrive all'università. Ma qui scopre la sua vera passione nella letteratura. Questa rivelazione lo porta a cambiare radicalmente il suo percorso, diventando un professore universitario. A differenza di molti protagonisti di romanzi, Stoner, come detto, non è un eroe. È un uomo ordinario, spesso passivo, rassegnato di fronte agli eventi, la cui vita è segnata da una serie di fallimenti e disillusioni.
Le relazioni di Stoner sono un'ulteriore fonte di sofferenza, a partire da Edith, sua moglie, che si allontana emotivamente da lui fin dall'inizio fino a trasformare il loro matrimonio in una fredda convivenza, priva di affetto e comprensione.
Sua figlia, Grace è la sua gioia, ma il loro legame è destinato a spezzarsi a cusa dell'incapacita' del protagonista di comunicare con lei e di proteggerla dalla negatività e freddezza della madre, soprattutto nell'età adolescenziale.
Un'altra donna importante per Stoner è Katherine, una studentessa, ma il loro amore, speranza di felicità e passione è destinato a finire, lasciando nella vita del protagonista un vuoto incolmabile.

La carriera accademica di Stoner è un'alternanza di successi professionali e umiliazioni personali. Nonostante l'impegno e la passione che mette nell'insegnamento, si scontra con l'invidia dei colleghi e con un sistema universitario che non sempre valorizza il merito. La sua rettitudine morale e la sua onestà lo rendono vulnerabile agli attacchi di chi cerca solo il potere.

Il romanzo non è una storia di trionfi, ma un ritratto intimo di una vita semplice e travagliata. Il suo valore risiede proprio nella capacità di mostrare la dignità che può esistere anche in una vita che, secondo i canoni della società, è stata un'occasione mancata.
Eppure che grand'uomo è Stoner nella sua solitudine, nella ricerca di sé stesso, nella sua passione per la letteratura, nella sua infelicità.
Ai nostri giorni, Stoner sarebbe considerato un vinto, uno che si lascia vivere, che non ha mai varcato i confini della propria città.
La sua vita potrebbe essere considerata una non non vita, una vita da perdente.
Eppure mai rimpiange le sue scelte per quanto dolorose, egli rimane integerrimo, coerente e soprattutto autentico.
La fine di Stoner è la miglior cosa scritta che abbia mai letto.
È stato un momento illuminante per la mia "carriera" di lettrice.
Perché ho capito che si può "scolpire" con le parole. Sì, la fine di Stoner è Arte pura, quanta ammirazione!
 
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alevale

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Sì amore ma aspetta, non ho finito la cartella clinica;) di Aglaia, sto salvando ogni paragrafo perché se succede qualcosa e perdo il lavoro fatto mi chiudo in un monastero di clausura:eek:
Io nel frattempo però ho aggiunto il quinto personaggio Stoner, porca paletta.
Ora si mischia con Aglaja😅😱
 

Pnin

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@Pnin
Dai, vieni con noi
se tu vieni con noi
diventi noi
che siamo tutti noi

(rita pavone, un anno imprecisato dello scorso millennio):LOL:

@Pnin , aspettiamo Pnin 😊
Grazie!!!! Appena mi riassesto con le varie trafile arrivo (anche se leggendovi mi è salito un certo complesso d'inferiorità 😅). Ora sono ridotta a poter a malapena leggere gli interventi a spizzichi e bocconi, ben lontana dal riuscire a scrivere qualcosa di leggibile
😘🥰
 

Pathurnia

Well-known member
Grazie!!!! Appena mi riassesto con le varie trafile arrivo (anche se leggendovi mi è salito un certo complesso d'inferiorità 😅).
😘🥰
Questo ce l'abbiamo tutti. Pensa che io mi sento di aver sbagliato "Aglaja" perché ho parlato molto della trama ma non ho detto quel che provo per lei.
In effetti quel che provo è il desiderio di farle fare una terapia d'urto mandandola ad assistere gli anziani in una casa di cura per lungodegenti, a cambiare pannoloni e fare clisteri.
A voler essere buona.:devilish:
 

Pnin

Well-known member
6. Sido, il Capitano e i Selvaggi
(da "Sido" di Colette)

Premetto che si tratta di una questione personale. Il titolo della discussione mi chiama alla mente prima di tutto loro. Indipendentemente dall'importanza dello scritto e dalla valenza letteraria, personaggi compagni di vita per me sono soprattutto Sido, il Capitano, i Selvaggi. Mi ritrovo ancora, qualche volta (mentre cammino nei boschi, corro nei campi o traffico in giardino), a parlare con loro.

Sido: una madre vulcanica, tempestosa, ferrigna, estremamente connessa alla natura... come una madre animale.
Il Capitano: un padre come un uccello dalle ali tarpate, perché esule dalla città che lui amerebbe più della campagna, perché amputato di una gamba, perché la sua vita precedente di non amputato resta sconosciuta, perché il canto e la scrittura sono passioni che gli implodono dentro, incompiute. Eppure, una coppia affiatata, consapevole del troppo legame, che è bellezza ma anche dolore.
I Selvaggi: Colette bambina e i suoi due fratelli maggiori. Spiriti inquieti, liberissimi, inadatti al mondo civile.

Riga dopo riga non credevo ai miei occhi la prima volta che lessi questo piccolo libro: tutto mi sembrava riportare alla mia, di famiglia. Non personaggio per personaggio, ma nell'insieme: le caratteristiche di ognuno di loro le ritrovavo, sparse, in ognuno di noi.
La lettura non era più svago o cultura e nemmeno passione: era un qualcosa che mi entrava dentro, oppure io entravo dentro di lei... non c'erano più ruoli né confini, insomma.

Probabilmente non mi sto spiegando affatto bene perché è una sensazione assai difficile da rendere.
Tra l'altro questi personaggi, pur essendo in un libro, non sono personaggi lettetari ma reali, quindi forse non sono neanche in tema... Questo libro non è nemmeno un racconto, non ha una trama, sono solo ricordi e ritratti, ma i personaggi reali non mi interessano, sono quelli che abitano quelle pagine che mi parlano e con cui parlo, che considero compagni di vita... e quindi tutto sommato forse - almeno in parte - in tema ci sono.
O no?
 

Pathurnia

Well-known member
7. Lord Jim di Joseph Conrad , ovvero L'UTOPIA DI UN NUOVO INIZIO
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<< Andò rapidamente alla porta, si fermò tenendo la testa abbassata e tornò verso di me misurando i passi. "Ho sempre pensato che se si potesse ricominciare da zero... E ora lei... in qualche misura... sì... da zero". Lo salutai agitando la mano, ed egli uscì senza voltarsi; il rumore dei suoi passi si spense gradualmente al di là della porta chiusa - la cadenza sicura di un uomo che cammina alla piena luce del giorno>>. (Lord Jim, pag 236)
*
Ecco Jim, se potessi riavvolgere le storie, se potessi fermare il tempo - anche se il tuo tempo è ormai fuori dalla realtà e vive nell'altrove di un racconto - se potessi dire all'attimo "fermati, sei bello" come un nuovo Faust, è proprio qui che vorrei interrompere tutto, cristallizzandolo nel momento della massima speranza.
Cosa ti è successo, caro? Hai fatto una cavolata, ti sei fatto prendere dal panico, credevi che il Patna stesse affondando: in fondo l'urto era stato tremendo, il vascello imbarcava acqua e sembrava sul punto di affondare. E poi il primo ufficiale si era già fiondato sulla scialuppa, tu che eri il secondo ufficiale non capivi più niente, insomma ti sei buttato anche tu nella scialuppa. Mi sembra di vederti, con gli occhioni grandi di Peter O'Toole che interpreta la tua parte nel film.. ma già, non puoi saperlo, hanno fatto anche un film su di te però non ti rende giustizia, sembra sempre un po' imbambolato mentre tu sei vigoroso, sicuro, romanticamente predisposto alla Gloria.
La Gloria. E' stata quella la tua rovina.
Fossi stato uno qualunque, quando ti sei reso conto che la nave non affondava e che l'equipaggio abbandonato si sarebbe salvato, magari ti saresti vergognato ma saresti stato contento per tutti quei poveracci che l'avevano scampata bella. Ma tu tesoro mio ti sei (scusa se sto per usare una parolaccia del gergo psicologhese) ti sei scompensato.
Andato in palla. Non riuscivi a far altro che cercare di ricordare il caos di quei momenti, per giustificarti, spiegare la tua fuga, per far comprendere agli altri l'intensità, la confusione, l'orrore di quei momenti in cui la morte in mare sembrava vicina. Volevi rendere la tua decisione come un evento logico, ma non c'era niente di logico in quel che ti è accaduto.
Dopo, durante il processo, la costante della tua vita è stata la vergogna (bè, a dirla tutta c'era anche un po' di ridicolo, ma su questo sorvoliamo, a volte il ridicolo è peggiore della colpa).
Nemmeno ti sei accorto che un capitano tuo conoscente, Charles Marlow, ti era vicino, ti offriva sostegno e fiducia, ti aiutava a sdrammatizzare. In fondo ti hanno solo tolto i gradi, non ti hanno né condannato né altro.
Ma tu, niente. Avvolto nella tua disperazione non ascoltavi, fino al momento che ho trascritto all'inizio. Allora, quando Marlow ti ha garantito il suo aiuto per rialzarti, quando ha scritto ad un altro capitano una lettera di presentazione per te, per darti una nuova chance, hai finalmente capito di avere un amico e un futuro.
E ti sei esaltato.
Mannaggia a te Jim, non ce la fai proprio a prendere le cose come vengono. Un romantico, hanno detto di te quando tutto è finito. Già. E quindi un romantico cosa fa?
Si esalta, pensa al nuovo inizio, che da che mondo è mondo è una minchiata pazzesca, nessuno può iniziare da capo perché dovrebbe cambiarsi il DNA, ma tu questo non puoi saperlo perché il DNA ai tuoi tempi non era ancora stato "inventato".
Riprendo la citazione dell'inizio: ""Ho sempre pensato che se si potesse ricominciare da zero..." Hai detto.
E invece da zero non si riparte mai, ci sarà sempre quel "prima" che peserà sulle decisioni e le influenzerà per contrappasso e allora saranno solo nuovi sbagli, nuove cadute, nuove scelte ma sempre improntate a quello che è il nocciolo della personalità gravata dall'esperienza.
Tu. Romantico, patetico, piccolo uomo. Tu votato alla gloria anche attraverso l'autodistruzione.
Per questo ora vorrei fermare l'attimo, ricordarti così giovane, bello, vigoroso e sano, gonfio di un desiderio di redenzione che ti illumina.
Quello che accadrà, il seguito del romanzo, lo rileggerò ancora una volta sperando che non succeda, perché, vedi, mio piccolo Jim, il miracolo è proprio questo, che ogni volta siamo dentro la storia e ogni volta ci commuoviamo, ci facciamo prendere dalla speranza anche se sappiamo già come va a finire.
Ciao Jim fermiamoci in quest'attimo sospeso, illudiamoci ancora una volta di poter ricominciare da zero, tu.. come tutti noi. Tua
Path
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Lord Jim parte seconda: LA CATARSI

Abbiamo lasciato il nostro Jim impegnato ad avvolgersi di nuovo del manto dell'eroismo. Ma un personaggio di Conrad più che un eroe sarà sempre un antieroe, affermano i critici.
E così egli vagherà di porto in porto sempre inseguito dall'onta di quel suo primo errore. Si può immaginare una tortura più grande per un giovane romantico, che portare sulle spalle due fardelli così ingombranti come il sogno glorioso insieme al fallimento vergognoso?
Quello descritto in precedenza non è IL nuovo inizio, è solo uno dei tanti nuovi inizi che Jim dovrà vivere ogni volta che la sua cattiva fama lo raggiungerà in un nuovo porto costringendolo a fuggire.
Può una persona sopravvivere a lungo se le si strappano continuamente le radici?
Si può vivere senza ricordi, perché ogni ricordo ha il sapore amaro della vergogna? Come si fa ad esistere soltanto in un futuro che sfugge ad ogni passo, mentre il passato è solo da dimenticare, ogni volta uno strappo, ogni volta tutto da inventare partendo da zero?
Mentre nella sua personalità si radica il bisogno di riscatto, che ad ogni fuga diventa più rovente, diventa sempre più forte in Jim il mito dell'azione giusta. Questo mi ricorda il motto martellante di tanti film e telefilm attuali, in cui "Fa' la cosa giusta" diventa l'imperativo che nega ogni diversità, affossa ogni prospettiva personale e originale, afferma una verità normalizzante quanto vuota. Quella del poliziotto, del profiler, del difensore dell'ordine costituito.

Così il nostro Jim continua ad errare cercando la maniera di vivere senza errare.

Troverà infine il modo di mostrare il proprio valore? Sì, lo troverà. Riuscirà a fermarsi in un posto e chiamarlo "casa"? Ci riuscirà. Potrà amare essendo riamato? Certo.
E allora, allora, riuscirà a chiudere il maledetto libro mastro della sua vita dove il "Pagare" è scritto a lettere di fuoco?
Mi dispiace ma a questo quesito la risposta è no. L'imperativo categorico dell'azione giusta lo porterà ancora una volta al baratro anche se lui affronterà la fine con onore, a testa alta e senza tremare.
Forse per Jim in fondo la cosa giusta è sempre stata questa, fin dal "naufragio" del Patna. Pagare con la vita.
Però per piacere non chiamatelo antieroe.
 
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alevale

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8 Zia Mame

Dirò cose di una banalità sconcertante, ma quando si diventa genitori non solo ti cambia la vita, ma di colpo si viene catapultati in un'esperienza che sì è meravigliosa, ma anche sconcertante e a volte, passatemi il termine, spaventosa.
Speventosa, perché non si torna indietro e perché si è genitori fino alla fine dei propri giorni, insomma, la frittata è fatta e non puoi rescindere il contratto😁
E dove li vogliamo mettere i dubbi che costantemente attanagliano i novelli genitori "starò facendo bene?" che ti svegliano nel cuore della notte?
Insomma, non si può essere genitori e dormire sonni tranquilli!
Il discorso cambia completamente quando si diventa zii.
ahhh che rilassatezza!!!
Il pargolo piange e non vuole dormire? Nessun problema ! Lo si può sempre lasciare nelle braccia amorevoli della sua mamma e battere in ritirata.
Niente può turbare il nostro ruolo di zie/zii, che sia la prima uscita in macchina, la scelta universitaria, il primo amore... il nostro caro parente (di terzo grado in linea collaterale) avrà i suoi genitori a fare il lavoro sporco, a noi rimane il piacere di viziarlo, senza troppi sensi di colpa e di essere depositariie dei suoi piccoli segreti che ci rendono al tempo stesso complici e felici.
Almeno questo è il mio modo di vivere il mio amato nipote 😍
Le mie zie materne sono state delle donne molto "convenzionali" e forse un po' noiosette, anche se tanto tenere, invece una cugina di mio padre, figlio unico, considerata da lui al pari di una sorella, per certi versi aveva qualcosa che mi ha ricordato la zia Mame del romanzo, ed era infatti la mia zia preferita con cui ho sempre avuto un legame speciale (con buonapace di mia madre che se ne teneva a distanza di sicurezza)

Il romanzo "Zia Mame" ("Auntie Mame") è stato scritto dall'autore statunitense Patrick Dennis (pseudonimo di Edward Everett Tanner III) e pubblicato nel 1955. La storia è raccontata in prima persona e si basa sulla vita di un ragazzo, Patrick, che, all'età di dieci anni, viene affidato alle cure della sua eccentrica zia, Mame Dennis, a seguito della morte dei suoi genitori.

Za Mame, una donna ricca e stravagante che vive in un appartamento a New York si prende da subito cura in modo amorevole del nipote, la cui vita cambia radicalmente: la zia, infatti, lo introduce in un mondo fatto di feste, viaggi, personaggi singolari e stili di vita non convenzionali e il ragazzo troverà la sua forza proprio nel carattere anticonformista e gioioso della zia.
Il libro ci racconta le loro avventure nel corso di circa due decenni, dal periodo della Grande Depressione alla Seconda Guerra Mondiale.

Ecco, penso che tutti quanti voi, abbiano presente gli effetti della devastante crisi del 29.
Zia Mame,come moltissimi in quel periodo, perde tutte le sue ricchezze, ma mentre un bel numero di suoi contemporanei medita il suicidio (cosa messa in pratica da un numero non trascurabile di persone) lei affronta la sua sventura nel solito modo ironico e irriverente mettendosi a fare una serie di lavori improbabili e fallimentari (alla fine la salverà a dire il vero un matrimonio economicamente molto vantaggioso)
Ma sia nella ricchezza che nella povertà zia Mame rimane libera e indipendente, falotica
(@Pnin ) creativa e curiosa, divertente ed affettuosa.
Ho detto volutamente poco della trama, perché ho preferito mettere in risalto il personaggio, celebrato al cinema e al teatro come icona dell'anticonformismo e della gioia di vivere.

Penso proprio che ognuno di noi una Zia Mame se la meriterebbe.
Dedicato alla mia irriverente zia, che mi ha insegnato tante cose, tra cui forse la più importante: essere assetata di cose belle (sperando che lassù tu abbia a disposizione una tazza di ottimo tè e sia circondata dai tuoi amati gatti) 💚

Chiudo con la frase più celebre di questo libro:

"La vita è un banchetto e la maggior parte dei poveri stronzi muore di fame!" che sintetizza perfettamente la filosofia di vita di zia Mame.
 
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Pathurnia

Well-known member
O-O grazie grazie @alevale, hai risolto uno dei grandi misteri della mia vita. Sì perché ogni volta che mio nipote (figlio di mia sorella) e la sua ragazza vogliono stare un po' lontani dai loro genitori, mi chiedono o meglio mi annunciano "Ehi zia mame veniamo a stare qualche giorno in campagna da te!" ed io ho sempre creduto che volessero dire "zia mamy" e non ho mai approfondito.
Devo essere lusingata?:unsure:
 

alevale

Well-known member
O-O grazie grazie @alevale, hai risolto uno dei grandi misteri della mia vita. Sì perché ogni volta che mio nipote (figlio di mia sorella) e la sua ragazza vogliono stare un po' lontani dai loro genitori, mi chiedono o meglio mi annunciano "Ehi zia mame veniamo a stare qualche giorno in campagna da te!" ed io ho sempre creduto che volessero dire "zia mamy" e non ho mai approfondito.
Devo essere lusingata?:unsure:
Uno dei più bei complimenti che si possano fare ad una zia😍
 
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