Primo MAP 2025 - MusicArtPoetando - Popoli della Terra. Musica, arte, poesia e letteratura da tutti gli angoli del mondo

alessandra

Lunatic Mod
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Dopo tanto tempo, su proposta di @Shoshin, proviamo a riaprire il caro vecchio


MAP - MusicArtPoetando

Pochi di voi sanno di cosa si tratta, perché il MAP è un'iniziativa nata tanti anni fa...perciò spiego qui come funziona (se me lo ricordo :mrgreen:)
Si sceglie un tema, che stavolta è già stato scelto da Shoshin e adottato da me ed è il seguente:

Popoli della Terra. Musica, arte, poesia e letteratura da tutti gli angoli del mondo

Potete postare qualsiasi cosa - opere d'arte, video musicali e non, stralci di libri, poesie, foto, riferimenti a film o serie (la sigla MAP è orientativa) - sul tema proposto, che stavolta è molto vario e, volendo, potete inserire le vostre riflessioni o commenti sugli spunti presentati da voi o dagli altri utenti. Chi vuole può inserire, ad esempio, sia una canzone che un quadro e una poesia, chi vuole solo una foto, e così via. Massima libertà in questo senso.
Considerato che spesso un'opera d'arte di qualsiasi tipo ne richiama alla mente altre, ciascuno può poi inserire qualsiasi "cosa" che ai propri occhi abbia attinenza con le proposte precedenti (spiegando i motivi per cui ci vede attinenza, se questi non sono lampanti).
Insomma, il MAP dovrebbe essere lo spazio più libero e più disordinato del forum 😃
Darei la parola a @Shoshin che, se ha proposto questo tema, immagino abbia già in mente qualcosa di interessante!
E poi a tutti quanti i forumlibrosi ...
Sbizzarritevi!
 
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qweedy

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Sebastião Salgado - Il sale della terra​

 

qweedy

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"Popoli della terra"

Popoli della terra,
voi che vi avvolgete come gomitoli di refe
con la forza di astri sconosciuti,
che cucite e disfate nuovamente,
che entrate nella confusione dei linguaggi
come in alveari
per pungere nel miele
e venir punti –

Popoli della terra,
non distruggete l’universo delle parole,
non tagliate con lame d’odio
la voce nata con il respiro.

Popoli della terra,
che nessuno pensi morte quando dice vita
e non sangue quando dice culla –

Popoli della terra,
lasciate alla fonte le parole
ché loro sole fanno avanzare gli orizzonti
nei veri cieli
e con l’altro lato,
maschera dietro cui sbadiglia la notte,
aiutano le stelle a partorire.

(da "Poesie")
Nelly Sachs 1891-1970

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Steve McCurry - Mongolia
 
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qweedy

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Mori Kami Yamaki - Siamo tutti uno. Condividiamo tutti la stessa umanità e a unirci è nostra madre, la Terra. Abbiamo culture e lingue differenti, ma in ognuno di noi vive lo stesso spirito della vita. Siamo tutti legati gli uni agli altri; e questo non cambierà mai'...
Davi Kopenawa Yanomami

"Ci sono oltre 150 milioni di popolazioni tribali nel mondo. Dalla taiga gelata della Siberia alle foreste dello Sri Lanka al polveroso deserto australiano, molti popoli vivono da millenni alla stessa maniera. In Perù tribù senza contatto con l'esterno abitano la foresta pluviale amazzonica; nel bush della Tanzania gli uomini di Hadzabe raccolgono miele fresco da antichi alberi di baobab; il popolo nomade Tsataan della Mongolia si muove attraverso steppe erbose col cambiare delle stagioni. "Siamo tutti uno" ritrae questi mondi grazie a fotografie che testimoniano le culture straordinariamente diverse di tante tribù indigene. Ecco che vediamo come vivono questi popoli, i loro valori, la loro spiritualità, le loro case, la lingua, l'arte e il modo di vivere. "Siamo tutti uno" descrive il profondo legame che molti di questi popoli nutrono per la madre terra e le problematiche che devono affrontare a causa di un ambiente sempre più fragile e in pericolo."
 

qweedy

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Rigoberta Menchù(1959)

donna Ixil del Guatemala, Premio Nobel per la Pace per la difesa dei diritti degli indigeni


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Nata nel 1959 da una famiglia contadina dell'etnia Quiché (di cultura Maya), nel 1967 comincia a lavorare come bracciante agricola, sia negli altopiani settentrionali dove viveva la sua famiglia, sia sulla costa del Pacifico, dove veniva raccolto il caffè nelle grandi piantagioni.

Dalla seconda metà degli anni Settanta partecipa attivamente all'organizzazione e alla difesa della propria comunità, sottoposta sia ai tentativi di espropriazione della terra da parte dei grandi proprietari terrieri, sia alla repressione militare delle forze governative. Il padre di Rigoberta, Vicente, viene imprigionato e torturato con l’accusa di aver preso parte ad attività di guerriglia. Rilasciato, entra a far parte del Comitato di Unità Contadina (CUC), a cui si unirà anche Rigoberta nel 1979.

Tra il settembre del 1979 e l’aprile del 1980, Rigoberta perde per mano dell’esercito il fratello (arrestato, torturato e ucciso), il padre (ucciso durante un assalto all’Ambasciata spagnola, dove si trovava insieme ad altri contadini) e la madre (uccisa dopo essere stata arrestata, torturata e violentata).
Per le sue azioni di denuncia contro la dittatura militare, viene costretta all’esilio nel 1981.
Rifugiatasi in Messico, Rigoberta non si arrende alle minacce e prosegue la sua lotta per i diritti e per il riconoscimento internazionale della causa degli Indios del Guatemala. Nel 1983 pubblica la sua autobiografia: Mi chiamo Rigoberta Menchù (trad. it Giunti, 1991).

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Nel 1992 riceve il Premio Nobel per la pace, “per la sua battaglia per la giustizia sociale e la riconciliazione etnoculturale basata sul rispetto per i diritti delle popolazioni indigene”.
Durante la consegna dell’onorificenza dichiara: “Considero questo Premio non come una ricompensa personale, ma piuttosto come una delle più grandi conquiste nella lotta per la pace, per i diritti umani e per i diritti delle popolazioni indigene che, per 500 anni, sono state divise, frammentate, vittime di genocidi, repressione e discriminazione. […]
Non c'è dubbio che costituisca un segno di speranza nella lotta degli indigeni dell'intero continente. È anche un omaggio al popolo centroamericano che ancora cerca la propria stabilità, il proprio futuro e la via per lo sviluppo e l'integrazione, basati sulla democrazia civile e sul rispetto reciproco”.


Il ritiro del Nobel è per Rigoberta Menchù anche l’occasione per fare memoria del proprio popolo, il popolo Maya. “Erano grandi scienziati nei campi della matematica, dell'astronomia, dell'agricoltura, dell'architettura e dell'ingegneria; erano grandi artisti nel campo della scultura, pittura, tessitura e intaglio. I Maya scoprirono il valore zero in matematica, più o meno nello stesso periodo in cui fu scoperto in India e successivamente trasmesso agli arabi. Le loro previsioni astronomiche basate su calcoli matematici e osservazioni scientifiche erano sorprendenti, e lo sono ancora. Hanno preparato un calendario più accurato del gregoriano e nel campo della medicina hanno eseguito operazioni chirurgiche intracraniche… Chi può prevedere quali altre grandi conquiste e sviluppi scientifici avrebbero potuto raggiungere, se non fossero stati vittime di un etnocidio che ha colpito quasi 50 milioni di persone nel corso di 500 anni”.
 

qweedy

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E venne chiamata Due Cuori di Marlo Morgan

Pubblicato nel 1990, l'autrice americana racconta un'esperienza romanzata tra gli aborigeni australiani, quattro mesi tra terre solitarie e sconosciute, a piedi nudi, a volte senz’acqua, cibandosi di quanto offre la terra.

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Lo scopo del regno vegetale è di nutrire animali e uomini, consolidare il terreno, accrescere la bellezza e mantenere l’equilibrio nell’atmosfera… le piante e gli alberi cantano silenziosamente per noi e… tutto ciò che chiedono in cambio è di cantare per loro. Lo scopo principale dell’animale non è quello di nutrire l’uomo, e tuttavia quando è necessario, acconsente a svolgere tale funzione. Il suo scopo è quello di contribuire all’equilibrio atmosferico, di essere compagno dell’uomo e di istruirlo con l’esempio”… “La tribù incomincia sempre la giornata ringraziando il Tutto per la luce, per se stessi, per gli amici e per il mondo. Talvolta fanno richieste specifiche, ma sempre accompagnate dalla frase: se è per il mio bene e per il bene di tutte le forme di vita che mi circondano”.

… ciò che conta è il modo in cui ci rapportiamo emotivamente alle cose. Esso si imprime in ogni cellula del corpo, nella mente e nel nostro io eterno. Mentre alcune religioni sottolineano la necessità di dar da mangiare agli affamati e dar da bere agli assetati, questa tribù sostiene che il cibo e l’acqua offerti, e la persona che li riceve, non sono essenziali. Quel che conta è il sentimento che si sperimenta nell’offrire con amore e senza riserve… Ogni uomo lascia questo piano di esistenza con, per così dire, un cartoncino segnapunti su cui è riportato momento per momento il modo in cui ha padroneggiato le proprie emozioni. Sono i sentimenti invisibili extrafisici che riempiono la parte eterna di noi a fare la differenza tra ciò che è buono e ciò che non lo è. L’azione non è altro che il canale attraverso cui il sentimento, lo scopo, trova la sua espressione”.
 
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qweedy

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La spiaggia infuocata di Wilbur Smith

"Il viaggio verso il sud che la protagonista affronta si rivela drammaticamente difficile ed irto di difficoltà; per sua fortuna incontra una coppia di boscimani della tribù dei San, il vecchio O'wa e sua moglie H'ani, diretti a un santuario chiamato Posto di tutta la vita. Lì i due sperano di trovare risposta alla terribile pestilenza che ha colpito il loro clan. Nonostante le proteste del marito, H'ani decide di prenderla sotto la sua protezione. Assieme alla coppia la giovane francese attraverserà il deserto del Kalahari ed è proprio alla meta del viaggio, una grotta all'interno di una montagna, che la giovane donna dà alla luce il figlio battezzandolo Michel (il nome dell'amato pronunciato alla francese) Shasa ('buona acqua' in lingua boscimana) Courtney."

I Boscimani, noti anche come San, sono un antico popolo indigeno dell'Africa meridionale, tra Sudafrica, Namibia e Botswana, noti per il loro stile di vita da cacciatori-raccoglitori e la loro profonda conoscenza dell'ambiente del deserto del Kalahari. Questo popolo si distingue per la sua storia millenaria, la sua cultura unica basata sulla sopravvivenza in un ambiente ostile e le sue tradizioni legate alla caccia, alla raccolta e all'arte rupestre.

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Shoshin

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"Io, io, io. Io sono il figlio del cavaliere, il cavaliere del castello, il castello sulla montagna, la montagna dove c'è una grotta, e nella grotta c'è una lettera. La lettera di un re. Una lettera nella roccia. Del tempo in cui non c'erano ancora le penne, ma solo il martello e lo scalpello".

Kader Abdolah

Scrittura cuneiforme



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Shoshin

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Un pomeriggio tra l'aprile e il maggio del 56 a.C., Cicerone scrisse una nuova lettera all'amico Attico dalla sua casa di campagna ad Anzio in cui descriveva in dettaglio la sua vita quotidiana ed esponeva alcune richieste. "Gran bella cosa farai venendomi a trovare", lo esortava."Ti accoglierà la magnifica sistemazione dei miei libri nella biblioteca ,fatta da Tirannione .Quello di essi che mi resta e assai meglio di quanto mi aspettassi *.Vorrei anche che tu mi mandassi un paio dei tuoi copisti che servano a Tirannione nel lavoro di incollatura o, in generale ,come aiutanti, e fá che portino della pergamena per farne i titoli, quelli che voi greci , chiamate ,credo,
sillybi.'




*Cicerone era tornato a Roma un anno prima, dopo l'esilio impostogli da una legge promulgata dal tribuno Clodio, di recente elezione ,che gli aveva inflitto l'interdictio aquae et ignis, negandogli in sostanza il diritto di dimorare nel raggio di 400 miglia dalla capitale .Cicerone, in preda alla disperazione ,si era lasciato crescere i capelli lunghi e incolti ,aveva indossato una toga scura in segno di lutto e aveva dovuto subire le angherie delle bande di Clodio che, incontrandolo per strada ,gli lanciavano insulti e pietre .Non è escluso che avessero anche saccheggiato la sua biblioteca ...


Fonte il mio nuovo libro di consultazione

La biblioteca di notte
Editore Vita e Pensiero
Di Alberto Manguel
Traduzione di Giovanna Baglieri
 

Shoshin

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Con le loro danze Yaake e Ruume si muovono gioiosi per mostrarsi belli
alle ragazze durante il Gerewol,festa annuale woodabe.
I Woodabe, preferisco definirli così,e non bororo, letteralmente popolo di stracci,come vengono definitivi da altre tribù vicine,sono una tribù nomade di etnia fulani,che si muove tra Niger e Ciad.
Vivono di pastorizia e baratto.
Fondamentalmente pacifici.

Mi hanno da sempre affascinato per la bellezza evidente,il portamento elegante,e questa strana usanza in cui sono loro ad essere scelti dalle donne,durante una grande festa,che è anche incontro in mezzo al deserto ,di varie tribù fulani, Tuareg, e berberi .
Molti libri sono stati scritti sul loro conto.
Diversi interessanti documentari trasmessi negli anni in televisione.
Insomma un popolo da conoscere.
Io ne avevo già parlato diverse volte.
🙂
Si muovono con grazia e mostrano fieri la dentatura bianchissima,messa ancora più in evidenza dal colore nero delle labbra,creato da uno strano e direi pericoloso miscuglio di carbone e resti di batterie di auto,unico segno di un mondo ancora lontano da loro.
Il bianco degli occhi è caratteristica propria di questi uomini del deserto.



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isola74

Lonely member
"Il tuo dio è ebreo,
la tua musica è nera,
la tua macchina è giapponese,
la tua pizza è italiana,
il tuo gas è algerino,
il tuo caffè è brasiliano,
la tua democrazia è greca,
i tuoi numeri sono arabi,
le tue lettere sono latine.
Io sono il tuo vicino. E tu mi chiami straniero?"

-Eduardo Galeano, poeta e scrittore, nato a Montevideo il 3 settembre 1940 e deceduto il 13 aprile 2015-
 

Shoshin

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Davanti alla mia finestra di tutta la giovinezza c'era La Montagna...
E non è soltanto questo.
È tante cose.
 

Shoshin

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Sono sempre stata affascinata dalla profondità del suono delle campane.
Ho vissuto per anni un tempo scandito da loro.
Dal mattino alla sera una chiamata che era interiore.
 
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