Ci sono certi libri che per me hanno il sapore di casa. Quei libroni che mi riportano indietro ad una me appena adolescente, che leggeva solamente per evadere e immergersi in un altro mondo, che in un libro non cercava null'altro che una bella trama in cui fosse facile immergersi. Ecco, tutti quei libroni pieni di grandi case nobiliari in mezzo alla brughiera, pieni di dame dai riccioli acconciati e istiturici dignitose e timorate di Dio, quei libri ricchi di passioni e storie d'amore tormentate, misteri in soffitta e signorine per bene che sospirano davanti ad un ritratto per me hanno il sapore di tutte quelle ore passate sul divano della casa dei nonni, quando i compiti li finivo in un'ora e poi potevo mettermi comoda con una brioche alla nutella (sì, i nonni viziano) e il nuovo libro che avevo agguantato dalla loro libreria. Ecco, "Jane Eyre" è proprio uno di questi libri, uno di quelli che hanno il sapore di un caminetto acceso e di letture trascinate fino a notte fonda, e poco importa che in realtà io abbia letto buona parte del romanzo in un decisamente poco romantico e suggestivo treno o seduta a tavola nella pausa pranzo.
"Jane Eyre" è uno di quei libroni che in realtà scorrono via leggerissimi, una coccola per la mente affaticata da lavoro studio esami bollette scadenze burocrazia e tutto quello che mi sta sfiancando in questo periodo.
Conoscevo già la storia della piccola istitutrice bruttina fuori ma così bellina dentro, eppure immergermi a Thornfield Hall è stato comunque estremamente gustoso. Ed estremamente stimolante è stato l'incontro con Jane, un personaggio così singolare, così pieno di contraddizioni eppure così compatto. Jane è intrisa d'un moralismo bigotto e assolutamente impossibile da scalfire e piegare, Jane è rigidissima nelle sue regole e nelle sue convinzioni, giudica tutti con una spietatezza quasi arrogante, fa calare le sue sentenze come lame, come se la sua pudicizia e la sua laboriosità la ponessero in cima ad un piedistallo dorato. Al tempo stesso, Jane è testarda, è passionale, la sua rigidità, la razionalità delle sue regole si scioglie come neve al sole davanti alla forza inevitabile della passione. E di nuovo torna ad irrigidirsi, perchè antepone un concetto di dignità personale che due secoli più tardi vorrei definire raccapricciante - e del resto, anche lo spirito più illuminato e rivoluzionario resta comunque figlio del suo tempo - a qualsiasi altra cosa, compresa la sua felicità e quella delle persone che ama. Eppure Jane è una donna non convenzionale, per tutto il romanzo non è mai, nemmeno una volta, soggetto passivo di decisioni altrui o di eventi estranei, ma è sempre agente attivo: è un personaggio che si autodetermina, è una donna piena di decisione e forza di volontà, una donna che nel 1847afferma che sbagliano gli uomini a credersi superiori a ritenere le donne più pacifiche e adatte solo a cucinar torte e rammendare calzini, una donna che nel 1847, da sola, trova un lavoro e si mantiene, una donna indipendente, che si rifiuta in maniera chiara e categorica di sposarsi, perché una donna, se non ama, può vivere sola. Ecco, ho letteralmente adorato che accanto a donnine che svengono al sentire il suono dei passi del proprio amato ci fosse anche una donna che, sì, ha una moralità intrisa di perbenismo e della religiosità più malsana, ma al tempo stesso si ribella, per quanto è concesso alla sua forma mentis, alle costrizioni sociali imposte al suo genere.
Insomma, un bel "romanzone in costume" che mi ha saputo regalare tante ore serene, che mi ha riportato alle origini della mia passione per la letteratura, mi ha fatto palpitare e piangere calde lacrime sentimentali, e mi ha scaldato quell'angolino di cuore che sempre si indigna e infiamma quando si sfiora la discriminazione di genere.