Come far "emergere" il proprio libro: idee, commenti, altro

ClaudiaT

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Secondo me bisogna vivere il sogno della "mucca viola" senza però scoraggiarsi se la mucca è scolorita, perchè il colore della mucca dipende da tanti fattori (a volte anche saper attendere, visto che il tempo è galantuomo).
Avere alle spalle una buona casa editrice ti assicura la distribuzione e quindi la possibilità di essere conosciuto ma la buona casa editrice pensa alla commerciabilità del libro e sino a quando non sei qualcuno ti lascia alla finestra, tante belle parole e nulla più!
Ritengo quindi che tentare con piccole case editrici, possibilmente serie, aiuta ad uscire dal guscio. Poi sarà il passaparola di chi legge il libro a decretarne il successo (e quando parlo di successo di un libro di un esordiente, penso a poche centinaia di volumi).
Io presenterò il mio libro fra pochi giorni e spero che i presenti lo trovino interessante. Dopo spero che ne parlino agli amici e che gli amici...
Ritengo che dobbiamo accontentarci di questo, per ora.
Poi, come scrive Elisa, "mettersi in gioco e crederci fino in fondo, dà dei risultati".

CARATTERISTICHE CHE CERCO DI CREARE NEI MIEI ROMANZI THRILLER

Ciao, sono Claudia. Sono appassionata di romanzi thriller. Li leggo, li guardo e ora li scrivo.
Il mio genere è il thriller psicologico. Cosa per me permette di ottenere un thriller ben fatto? Alcuni elementi basilari.
Il primo è l’analisi psicologica dei personaggi, buoni o cattivi che siano. I buoni nei miei scritti non sono mai super eroi che risolvono il caso, sono esseri umani, normali, con le loro paure, le loro ansie e i loro dubbi. Anche disperati a volte. Questo serve a non farli stare su un piedistallo, solo osservati a distanza dal lettore. Il lettore deve potersi immedesimare e ritrovare nel loro ruolo.
Paradossalmente il cattivo della situazione spesso assomiglia di più ad un eroe. Colpisce, centra il bersaglio e non lascia tracce. Comunque questo rende il killer sconosciuto accattivante agli occhi di chi legge.
Io sono la mente del buono quanto del cattivo e, confesso, che è divertente potermi immedesimare nel cattivo. Posso vestire panni non miei e diventare qualcuno che non sono nella vita! Solo scrivere me lo permette! Posso diventare un killer, anche se solo sulla carta! Ma è divertentissimo poter vestire i suoi panni. Un buon thriller dovrebbe permettere questo all’autore.
Altra caratteristica che mi preme inserire nei miei thriller è l’analisi della scientifica riguardo ogni componente del delitto. Io creo dei dubbi nel lettore, faccio sì che si ponga delle domande. Alla fine devo poter rispondere a queste domande e far svanire i suoi dubbi. Insomma, il cerchio si deve chiudere. E solo la scienza può trovare le risposte a certe domande. Chi, cosa, come, quando. Alla scientifica spetta il compito di eliminare i punti interrogativi.
E ciò che sul serio reputo fondamentale a creare il thriller perfetto, o quasi, è quello che definisco, concedetemi il termine, il giusto livello di ‘casino’. La parola chiave di un buon thriller è ‘casino’.
Mi spiego meglio. Casino ad ogni livello.
Il casino è quello creato dal killer che mette in subbuglio la gente del luogo coi suoi gesti atroci.
Il casino è quello della polizia che tenta con non poca fatica di risolvere un’indagine che sembra non far trovare loro sbocchi per cavarsela. Il famoso investigatore uomo e non eroe.
E, soprattutto, è casino quello che tento di creare depistando il lettore che cerca di individuare il colpevole. Tutti i thriller hanno questo come primo scopo. Se il livello di casino creato è quello giusto e nel giusto modo, allora il lettore deve quasi arrivare a mandare al diavolo lo scrittore che ha inventato una vicenda così difficile da interpretare. Ma tutto sommato è anche questo parte del divertimento per chi scrive. Provare a mettere in difficoltà il lettore nell’individuare chi si cela dietro la tragedia creata.
Questa è la mia personale visione del buon thriller d’effetto, riuscendo ad ottenerlo, ovvio. I maestri del genere sono ormai collaudati. E sono tanti! Io mi limito a provarci. E a far entrare il lettore nel romanzo studiando l’indagine con la polizia.
 

ScrivereLibri

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Da cosa si misura il valore di un libro?

Salve a tutte e tutti.
Mi chiamo Roberto e, dopo anni passati, per hobby, a scrivere testi e musica di canzoni pop, ho provato a deviare la mia creatività verso la scrittura di un romanzo. Il fatto di allungare il fraseggio pur mantenendo una scrittura asciutta e incisiva per dire in cento pagine quanto una mia canzone dice in 30 strofe è stato all'inizio molto arduo. Il mio primo libro, da pochi giorni autopubblicato su Amazon, "Via dall'eternità" nella prima stesura contava meno di 50 pagine. (alla fine 110) Non riuscivo a dimenticare la mia prima passione. Sintetizzavo tutto, polverizzavo le frasi, come un aspirapolvere che inghiottisse le parole ad una ad una. Tutto era per me chiarissimo, funzionale ed estremamente logico. Mi sembrava impossibile andare oltre l'indispensabilità di un concetto. Tutto il resto mi sembrava un inutile orpello linguistico. Feci leggere a conoscenti la prima bozza. Gli inevitabili elogi non mi davano soddisfazione. Volevo la verità. Me la fornì una collega, una di quelle che più che vivere, legge. Lo lesse in un'ora poco più. Mi disse che la storia era fantastica, originale, ben scritta e con una gabbia bene organizzata ma era troppo ermetica. Mi disse che come lettrice aveva necessità di sapere molto di più dei personaggi, delle atmosfere, dei luoghi. Ho impiegato due anni a integrarlo, stando attento a non tradire la linea tracciata. Prima di pubblicarlo l'ho fatto rileggere alla stessa persona. Mi ha detto che è una bomba e che ho azzeccato tutto ciò che lei mi aveva suggerito. Poi mi ha detto una grande verità: "Non ne venderai molte copie se non ti farai conoscere. Vai a rompere le scatole a tutti perché questo è un ottimo libro!" Ed eccomi qua. Il libro è pubblicato. La copertina è accattivante. Rimane la cosa a me più ostica. Proporlo, pubblicizzarlo, promuoverlo. Non credo molto, perdonatemi se dissento, alla storia della mucca viola. Credo molto più a quella del possedere un grande esercito. E non sempre chi lo ha è così superiore agli altri. Molto spesso è un affabulatore, di rado di qualità. Non parlo del mio libro in questione. Non l'ho scritto per fare i soldi ma per passione. Ne ho già scritto un secondo, in fase di revisione, e un terzo è a circa 3 quarti dalla conclusione. Se sperassi di poterne vendere migliaia di copie sarei un utopista se non un pazzo. Ma ci provo per il solo gusto che qualcuno li legga.
Saluti e buona scrittura/lettura!!!
 
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