Maurensig, Paolo - La variante di Lüneburg

mame

The Fool on the Hill
vabbè... Oddio, non è il libro del secolo certamente, ma qualificarlo come "uno dei più brutti" a parer mio suona un tantino ingeneroso.

Dipende da cosa si è letto naturalmente. Mi rendo conto non possa reggere il confronto con l'intera produzione di Moccia o di Faletti per esempio :YY

Smentisco. Legge roba di qualità. Poi sai, con i libri vale tanto il de gustibus non disputandum est. Se penso ai classici entrati nella storia che io ancora non ho digerito....
 

Zefiro

da sudovest
Smentisco. Legge roba di qualità. Poi sai, con i libri vale tanto il de gustibus non disputandum est. Se penso ai classici entrati nella storia che io ancora non ho digerito....

uh! Non voleva essere una battuta sul tuo amico (che peraltro non conosco... non mi permetterei...) era una osserrvazione tutta mia sui best seller che girano di questi tempi...
 

mame

The Fool on the Hill
uh! Non voleva essere una battuta sul tuo amico (che peraltro non conosco... non mi permetterei...) era una osserrvazione tutta mia sui best seller che girano di questi tempi...

Va be', se proprio insisti, lo leggo appena finite le 9 parrucche. Poi ti saprò dire. :wink:
 

mame

The Fool on the Hill
Francamente non capisco perché ancora ci si ricordi di questo libro. La trama mi è sembrata estremamente banale e anche miseramente condotta. Ma soprattutto ho trovato molto fastidiosa la narrazione di fatti storicamente drammatici soltanto per sentito dire. Tutto quanto riguarda le deportazioni naziste e la vita nel campo di concentramento mantiene la freddezza che può avere solo chi non le ha vissute. E difatti sono andata a verificare la data di nascita dell'autore e ho visto che è troppo giovane per aver fatto quell'esperienza. Gli autori che hanno narrato quel capitolo della storia mondiale hanno dato un nome ai loro compagni, perché quando iniziava la vita nel campo i deportati erano ancora uomini e come tali si trattavano tra loro. In questo libro invece è tutto impersonale. Si ha la sensazione che la partita a scacchi in sé e per sé abbia molto più valore per il protagonista rispetto alle vite distrutte intorno a sé. Le due cose non sono narrate con la stessa forza, il che rende l'autore scarsamente credibile. A questo si aggiungano evidenti sciocchezze, tipo il fatto che un deportato che da un anno e mezzo ha perso nel campo qualunque contatto con la normalità della vita riesce ancora a dare una datazione alle morti dei compagni; racconta che i corpi venivano sepolti perché con i forni non facevano più in tempo a bruciarli. Io ho tradotto un libro sul nazismo e se la memoria non mi viene meno ricordo che accadeva esattamente il contrario: la sepoltura richiedeva troppo tempo e i corpi venivano bruciati per fare più in fretta, o sì abbandonati come dice l'autore.
All'inizio del libro l'autore scrive che a Monaco di Baviera negli ultimi giorni di maggio stava facendo già buio alle sei e mezzo del pomeriggio: forse non sa che man mano che si va verso nord il sole tramonta più tardi e se ai primi di maggio a Milano c'è ancora luce alle otto e mezzo di sera, evidentemente lui ha scritto una baggianata.
Per dirla tutta, c'è anche un clamoroso errore di consecutio temporum: "...che si sarebbe protratta finché non ci rimanesse altra forza..." dev'essere "...che si sarebbe protratta finché non ci fosse rimasta altra forza...".

Conclusione: per me è uno di quei libri senza i quali si sopravvive benissimo e si ha tempo in più da dedicare a qualcosa di meglio.
 

isola74

Lonely member
Bene!!
l'ho comprato pochi giorni fa essendo stato nella lista desideri per un bel po' e adesso qusti commenti mi spiazzano!! è bello o brutto????
 

asiul

New member
Ok isola...al momento questo è ciò che ricordo.Lo sottoporrò ad una seconda lettura per ricordarmi qualcosa in più :)

Cosa c’è in questo libro che mi fa dire”vale la pena leggerlo?”.
La storia è il pretesto per descrivere l’essere umano. I fatti non contano, potrebbero essere del tutto inventati e sarebbe comunque un piacere leggerlo.
Quello che mi è piaciuto in questo romanzo è l’uso degli scacchi come simbolo del bene e del male.
Il bianco ed il nero.
Una partita di scacchi con una posta molto alta. La vita umana. Questo era il valore dell’uomo nei campi di concentramento. E l’idea della partita come mezzo per decidere l’uccisione o la salvezza rende perfettamente l’idea di cosa fosse la mente di questi ignobili individui.
Storia vera… non vera? Che importa! In fondo è pur sempre un romanzo, dove l’epilogo è un colpo di scena ben riuscito. Un meritato Scacco matto!

Che la storia sia un pretesto è dato dal fatto che , a mio parere volutamente, molto è lasciato alla fantasia del lettore, perché ciò che vuol dare il suo scrittore è una sensazione, un ricordo. Non ci informa,ma ci guida a riflettere. Se volessimo cercare i dati di quanto accaduto basterebbe aprire un qualsiasi libro e salterebbero pagine e pagine di narrazione realmente accaduta.

Io qui (parlo come sempre per me stessa) ho riflettuto sul valore umano, sul coraggio che molti di quegli uomini (vissuti nei campi di concentramento) hanno avuto; per coraggio, per disperazione e molto di più.

Quale miglior modo per narrare l’animo umano se non quello di una partita di scacchi, dove l’avversario è un nemico e la scacchiera un campo di battaglia. Tutto è pensato, sono il simbolo dell’ingegno, dell’astuzia. Nulla è lasciato al caso. Ad ogni mossa corrisponde una contro mossa ben precisa, frutto di calcoli a volte complessi. Uno dei giochi, come lo defini Kasparov, più violenti che esistano. Una “sana” violenza quella degli scacchi da confrontare (nel romanzo) opponendola, alla follia della guerra. E dunque un'invito a riflettere che non c'è grigio o altro colore per definire certi eventi, ma solo il bene rappresentato dal bianco dei pezzi di una scacchiera ed il male del nero avversario.

La storia a parer mio è originale e ben scritta per la caratterizzazione psicologica dei personaggi resa in maniera impeccabile nel loro differente modo di vivere gli scacchi.
Commoventi le vicende accennate ed inerenti il campo di concentramento di Belsen e che (qui accennate) conosco più dettagliatamente.

Solo una battuta, non me ne voglia nessuno. Io riuscivo a sopravvivere anche prima della lettura de L'idiota di Dostoevskij. :wink:

Voto 3,8/5
 
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Zefiro

da sudovest
Francamente non capisco perché ancora ci si ricordi di questo libro. La trama mi è sembrata estremamente banale e anche miseramente condotta. Ma soprattutto (...) uno di quei libri senza i quali si sopravvive benissimo e si ha tempo in più da dedicare a qualcosa di meglio.

Le osservazioni riportate da mame sono tutte assolutamente ineccepibili e le quoto tutte, e quindi per parte mia almeno su ciascun punto specifico c’è ben poco da discutere.

Ciò non ostante ritengo che un suo valore non trascurabile il libro ce l’abbia.

Quel che è rimasto impresso a me in particolare è la focalizzazione su un particolare aspetto dell’umano andando a colpire lì dove si ha orrore finanche di guardare e che in qualche modo si tace anche a sé stessi.

La possibilità che altro, una nostra passione per esempio, o comunque un qualcosa deformato di noi -il potere?, una idea?, il desiderio di dominio? un “momentary laps of reason”? una ideologia? una semplice mania?...- possa a sua volta deformare il reale fino a micidiali confusioni nelle scale delle priorità, di ciò che conta, fino a complete inversioni che pongono in tali scale ciò che è essenziale, vitale, intangibile, a livelli infimi ed assolutamente trascurabili: la vita umana come posta di un gioco.

E gli scacchi… chi conosce ed apprezza questo gioco sa che sono un ottimo candidato per rappresentare un concetto del genere. Vuoi per la capacità di presa totalizzante che gli scacchi possono avere sul giocatore, vuoi per il simbolismo ad essi associato: bianco e nero, bene e male, battaglia, scontro, guerra. Conflitto interiore. In questo senso questo libro può quasi esser visto come un testo grottesco.

Anche a me in corso di lettura colpì molto la profondissima passione profusa nella pagine diciamo così “scacchistiche” e la fredda e distante spersonalizzazione di quelle relative ai campi di concentramento. La mia personale conclusione fu che non fosse casuale. Ed il fatto che ciò accadesse nella mente non tanto del carnefice, quanto della vittima rendesse ancor più terribile e spaventosamente inquietante un fatto tremendo: possiamo esser capaci di tutto.

Anzi di più. Conclusi che, oltre ad altro naturalmente, in una qualche immonda e spersonalizzante piega del genere propria dell’uomo, cioè di noi, ad certo punto si sia verificato l’aprirsi ed il dilatarsi di un baratro che ha consentito a migliaia e migliaia di uomini di ucciderne (ed in che modo) milioni. Anche la vita sa essere grottesca a volte…

Non è certamente il capolavoro del secolo, e nemmeno del mese o della settimana. Le osservazioni di mame sono tutte giuste. Ma a mio modo di vedere questo libro non è una porcheria. Concordo anche che si può viver benissimo senza averlo letto, ed avrebbe potuto facilmente esser scritto di gran lunga meglio, quantomeno senza errori di consecutio (sic!).
Ma non credo affatto che la trama sia banale, tutt’altro.

Consigliato: 3,4/5

Ultima osservazione. Maurensig in generale mi piace poco, anzi per niente. Ne ho letti diversi e, per il mio gusto e parere almeno, non ha una penna felice; la “Variante” è l’unico libro che ho apprezzato di questo autore.
 
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isola74

Lonely member
Mi è piaciuto molto. Con uno stile lineare e asciutto ed un ritmo incalzante si fa leggere volentieri. Sembra un giallo, ma è solo la "mossa d'apertura"...in realtà, a poco a poco, si rivela tutta la drammaticità del racconto, che sconfina dove non avrei immaginato.
Consigliato.
 

Brigante Duosiciliano

Steve Workers
Uno dei libri più straordinari che abbia mai letto. Stile elegante, asciutto, scorrevole. Ritmo molto alto da racchiudere in poco più di 150 pagine una storia lunga e impressionante che non dimenticherò mai. Da leggere. Anche per ricordare la follia del Nazismo.
 

Il mondo di Dru

New member
Oggettivamente bello, soggettivamente non mi è piaciuto.

Ohibò, ho finito l'altro giorno di leggerlo e, visto che è un libro datato mi ha stupito trovarlo qui.

Bene. La prima cosa che mi viene da dire è che questo libro mi ha lasciato piuttosto contraddetta e con sentimenti contrastanti: se da un lato riconosco la bellezza intrinseca dell'opera, soggettivamente non mi ha fatto fare salti di felicità.
Cercherò di darne chiare spiegazioni.
Innanzi tutto la trama da copertina: totalmente fuorviante. Sì c'è un morto e in fondo si scopre anche il motivo, ma in tutto il libro non c'è traccia di indagini o investigazioni.
Uno dei personaggi muore e subito inizia il racconto che torna indietro nel tempo, di circa qualche ora. L'imprenditore è un maestro di scacchi che si diletta anche a scrivere articoli per riviste specializzate. Ama rivolgere particolari critiche a chi utilizza la variante che da titolo all'opera: la variante di Luneburg.
Mezza giornata prima della sua morte, l'imprenditore è in treno e sta tornando verso Vienna, nelle ore che li separano dalla meta finale, lui e il suo compagno di viaggio abituale, si dilettano in una partita di scacchi.
Quel giorno, un particolare turba la loro routine: un giovane decide di sedersi nel loro scompartimento. Non solo, ma da alcune occhiate ed espressioni, appare subito chiaro che anch'egli è appassionato di questo gioco e, per di più, ad un certo momento, dichiara di amare la variante di Luneburg e di averla usata moltissimo per vincere le partite. Dopo un po' di reticenza, il giovane viene invitato a raccontare la sua storia.
Facciamo così la conoscenza del quarto e ultimo personaggio della storia: il misterioso Tabori.
Costui aveva attirato tempo addietro, l'attenzione del giovane, poichè era chiaramente un maestro di scacchi ma non giocava mai. Alla fine, la passione per il gioco aveva spinto il giovane a chiedere all'uomo di insegnargli a giocare.
Stranamente aveva accettato.

L'istruzione del giovane da parte di Tabori occupa buona parte della prima metà del libro, tra raffinate spiegazioni del gioco (comprensibili, tuttavia, anche dai non conoscitori) e appassionati commenti sugli stati d'animo che la scacchiera procura al giovane.
La prima parte si conclude con Hans che, dopo aver perso il maestro, lo ritrova e si ritrova a compiere per lui un'ultima mossa.

La seconda parte del libro è il racconto di Tabori stesso, che inizia dalla sua infanzia, fino all'incontro con quello che sarà il suo rivale negli scacchi e nella vita, con cui si troverà ad affrontare una partita ... mortale.
Il finale ... fornisce diverse motivazioni, ma non risposte, lasciando al lettore, quella che preferisce.

Come è comprensibile da questo sporadico riassunto, se cercate un giallo o un thriller secondo canoni, lasciatelo nella libreria. Della morte dell'imprenditore si parla solo all'inizio e senza indagini o spegazioni di sorta.
I punti focali del romanzo sono due:
- nella prima parte la passione del giovane per gli scacchi, i sentimenti che suscita in lui, quell'atteggiamento rapito e annientante che è possibile vedere in molti grandi maestri. Qualcosa che va oltre il semplice interesse hobbistico, il diletto o la professionalità lavorativa. Persone come Hans vedono negli scacchi tutto il loro mondo e niente conta più. Trovo che l'autore sia stato molto bravo a coinvolgere il lettore in un mondo molto esclusivista, utilizzando spiegazioni semplici sugli scacchi e descrizioni lucide e forti per quanto riguarda i sentimenti;
- nella seconda parte, permane l'aspetto passionale. Senza fare spoiler arriverà un momento in cui, per il personaggio precipitato all'inferno, Tabori, il pensiero di partite virtuali giocate nella propria mente, sarà tutto ciò che lo tiene a galla. Ma subentra qualcosa di più materiale e reale e una partita di scacchi diviene una partita per la vita, per molte vite. E' interessante vedere il contrasto tra i due personaggi della seconda parte: accomunati dalla stessa grande passione, dalla stessa bravura, dallo stesso genio scacchistico eppure, proprio come nel gioco, ai due antipodi, come bianchi e neri, attacco e difesa, buoni e cattivi.
Mi è venuto da pensare che uno dei due fosse dal 'lato sbagliato' della scacchiera. Quale? Anche questo è interessante, perchè a seconda del punto di vista che si sceglie, cambia il soggetto svantaggiato. Il nero? perchè a causa del suo gioco ha pagato con la vita? Il bianco che è stato costretto a giocare, suo malgrado, per una posta terribile? Di nuovo il nero che, sedotto dalle idee dell'epoca si è ritrovato a ricoprire un ruolo che ha pagato caro? O ancora il bianco che si lascia trascinare dalla sete di vendetta?

Per quanto riguarda i personaggi, gli unici due di cui conosciamo pensieri e sentimenti sono i due narratori, Hans nella prima parte, Tabori nella seconda. Su quanto siano approfonditi c'è bisogno di una riflessione. Se da un lato, infatti, ad una lettura più attenta, essi non parlano altro che di scacchi e di questa loro passione, dall'altro, essa viene sempre descritta come così totale e assorbente da non lasciare spazio ad altro. Dei due personaggi quindi, conosciamo poco di più, perchè c'è poco di più. Hans approfondisce solo la parte di racconto riguardante l'incontro con Tabori e il suo apprendimento; Tabori si dilunga un po' di più, iniziando dall'infanzia per poi proseguire con le prime partite, l'incontro con il rivale, fino a che la storia non si mette nel mezzo dividendoli e facendoli reincontrare in un luogo che assume i contorni di un non luogo. Gli altri due, l'imprenditore e il suo compagno, sono solo leggermente tratteggiati, almeno nei momenti in cui intervengono in prima persona.

Passando all'aspetto più meramente stilistico, direi che ho apprezzato il modo di scrivere dell'autore, elegante, preciso, semplice ma con una parvenza di elaborazione e una notevole poetica nelle immagini utilizzate. L'io narrante è molto ben utilizzato in quanto non crea anticipazioni limitandosi a raccontare ciò che il protagonista potrebbe, giustamente, sapere: il suo passato, senza creare attesa o aspettative con commenti 'fuori tempo'. Anche il linguaggio è adattato egregiamente in quanto rispetta il lessico del racconto orale senza cadere troppo nelle regole del racconto scritto. I termini sono semplici e comprensibili, di registro medio, tendente all'elevato, ma senza apparente ricerca terminologica.

Passando alla lunghezza, l'ho trovato decisamente corto, per gusto personale, avrei preferito alcuni approfondimenti in certi punti e qualche spiegazione in più. Contrariamente a come avviene troppo spesso ultimamente, qualche pagina in più non avrebbe stonato. inoltre non ho apprezzato le tempistiche dei racconti, lenta per i nove decimi del libro per poi far capire tutto nelle ultime pagine. Avrei preferito più sintesi in alcuni momenti e più spazio alla 'partita' che ha dato il via a tutto e si ricollega con l'inizio del libro.

Giudizio finale complessivo: Bene come dicevo all'inizio, oggettivamente riconosco il valore dell'opera, soprattutto nella seconda parte, quando emergono i motivi dell'omicidio/ suicidio e la genialità di condurre una partita così a lungo, ma, soggettivamente, non mi è piaciuta. Non è questione di apprezzare o meno, non mi è proprio piaciuta, sto parlando di mero gusto personale. Non mi è piaciuta perchè avrei preferito che il lato investigativo fosse presente, se non approfondito, non mi è piaciuta la tempistica dei racconti, non mi è piaciuta perchè non c'erano accenni in copertina, ad un periodo storico di cui non amo leggere. Anche in questo caso dietro c'è solo il gusto personale, non mi piacciono gli antichi egizi, non mi piace il XVIII secolo, non mi piace la Seconda guerra mondiale. Probabilmente avrei letto il libro ugualmente, ma avrei preferito saperlo.
Voto: 7/10

Miiii come sono logorroica!
Se è troppo per le prossime volte mi modero U_U
 

albertozeta

New member
Bel libro, ben costruito e pieno di tensione ma Maurensig scopiazza a piene mani dall'analogo libro di Stefan Zweig, "Il Giocatore di Scacchi" che lui, triestino, non può non conoscere.

Giudizio finale: bello ma però.
 

riccardo fazi

New member
Ho terminato ieri di leggerlo. È il primo libro che leggo di maurensig ed è stata una bella scoperta. Descrizioni di emozioni, stati d'animo toccanti. Il romanzo è diviso in due parti raccontate in prima persona che fanno sentire il lettore nella storia. Ho appuntato messo nella lista dei libri da comprare Canone Inverso che ho letto essere altrettanto coinvolgente.
 

unkadunka

New member
Ne ho un gran bel ricordo,tra i migliori libri sugli scacchi di sempre,come la Novella degli scacchi di Zweig ed un altro grande libro che si svolge come una partita a scacchi anche se non ci sono nella trama,Le braci di Marai.Canone inverso anch'esso bello.
 

ila78

Well-known member
Non amo gli scacchi, li trovo di una noia mortale e devo confessare che nella prima parte del libro ero tentata di mollare, il pensiero "Ma parla solo di scacchi?!?!" mi frullava in testa continuamente, poi però, convinata che dovesse arrivare un collegamento o una spiegazione sull'omicidio-suicidio iniziale ho perseverato e sono stata ampiamente premiata. La "partita a scacchi" descritta nel finale (terribile....) è il riassunto della vita, l'immagine dell'epica battaglia del bene contro il male. Molto, molto bello. Consigliatissimo.
 
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