Bradbury, Ray - Fahrenheit 451

LowleafClod

e invece no
Penso che chiunque si sia sentito almeno una volta Montag quando ha avuto a che fare per la prima volta con la lettura, anche le persone che la approfondiscono meglio di altri, conservando pochi volumi all'inizio e poi a poco a poco accumulandone sempre di più (sperando poi di non doverli tenere nascosti). Poi se si ha un minimo di fortuna nella vita, si incontra una Clarisse qualsiasi, pronta ad aprirci gli occhi su cose che ci stanno sotto il naso ma che, essendo in minima o in gran parte sotto anestesia, a volte non capiamo e non notiamo.
Mi è piaciuto anche il personaggio di Beatty per come si rivela alla fine: nonostante tutta la rabbia che prova per Montag, la sua verità è un'altra, la stessa di Mildred e delle sue amiche, una consapevolezza sapientemente nascosta e soffocata, ostinata a rimanere al suo posto: cioè rinchiusa.
La scena che mi ha ripagato su tutto dandomi soddisfazione, è quella nel salotto in cui ci sono Montag, Mildred e le sue amiche: anche se per il protagonista sarà solo l'ennesimo inutile disastro, è una delle cose su cui si può porre speranza per far ricominciare quell'umanità ormai disastrata. Il sogno di Faber, racchiuso nei suoi progetti futuri.
C'è anche poetica in Bradbury, in alcuni passaggi come questo: "Voglio vedere ogni cosa, ormai. E anche se niente di esso sarà me quando entrerà in me, dopo qualche tempo si raccoglierà tutto insieme dentro di me e sarà me stesso".
In un certo senso Montag è diventato per Faber, quello che Clarisse era per Montag: un punto di partenza, per cominciare a conservare tutto quello cui teniamo, che non sono i libri, ma alcune delle cose che un tempo erano racchiuse in essi :)
 
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Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Avrei iniziato nello stesso modo di ayu se non avessi letto prima la sua recensione... anche io infatti durante la lettura non mi ero saputa spiegare ancora perché avevo aspettato tanto a leggere questo libro, ma poi ho potuto rifletterci sopra ed uno dei due motivi coincide con lei:
anche io avevo già visto il film perciò immaginavo che non vi avrei trovato nulla di più, sbagliando, perché la trama è stata piuttosto stravolta.
La mia memoria spesso non funziona ma in questo caso il film era abbastanza diverso, ad iniziare dalla differente età di Clarisse.
Poi c'è stato il continuo paragone con 1984 (a me non piacque molto), mi aveva fatto credere (sbagliando, nuovamente) che non mi sarebbe piaciuto neppure questo romanzo. Non bisogna mai fidarsi dei giudizi degli altri :mrgreen:.

Sarà poi che negli ultimi anni ho sviluppato un particolare interesse per la letteratura distopica (qui infatti più che di fantascienza per me si parla proprio di distopia) dunque sono stata piacevolmente colpita da questa lettura e ne sono rimasta soddisfatta.
L'ho trovata attuale e appassionante, la consiglio a tutti.

Non riporto nessuna citazione sui libri, tanto l'avete già fatto voi, ma posto solo questa frase:
M'importa tanto, che ho la nausea di tutto perché spesso succede anche a me (se non sbaglio la dice Fedor).
 

malafi

Well-known member
Non amo il genere distopico (e la premessa è doverosa).
Non amo in particolare la corrente di pensiero che vedeva nella modernizzazione e nella diffusione dei media una grande manovra del Potere per normalizzare le diversità e le pulsioni dell'essere umano.
Detto questo, è chiaro che un romanzo come questo non mi può piacere fino in fondo.

Non si può dire che l'effetto attuale di questa diffusione (deriva?) tecnologica non sia davvero un appiattimento culturale e che in alcuni messaggi Bradbury non sia davvero attuale. Ma non è figlio di manovre politiche di potenti ... io lo vedo più come effetto collaterale ed indesiderato, non come conseguenza della volontà di qualcuno di ridurci al silenzio.

Dunque le distopie che partono da queste basi, non mi acchiappano. Non sono originali e, proprio loro che denunciano i condizionamenti, sono figlie a loro volta di una corrente di pensiero che le ha condizionate.

Non boccio il libro (e ci mancherebbe, chi sono io per farlo?), dico solo che la sua cultura non mi appartiene e a me non è piaciuto.
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Non amo il genere distopico (e la premessa è doverosa).
Non amo in particolare la corrente di pensiero che vedeva nella modernizzazione e nella diffusione dei media una grande manovra del Potere per normalizzare le diversità e le pulsioni dell'essere umano.
Detto questo, è chiaro che un romanzo come questo non mi può piacere fino in fondo.

Non si può dire che l'effetto attuale di questa diffusione (deriva?) tecnologica non sia davvero un appiattimento culturale e che in alcuni messaggi Bradbury non sia davvero attuale. Ma non è figlio di manovre politiche di potenti ... io lo vedo più come effetto collaterale ed indesiderato, non come conseguenza della volontà di qualcuno di ridurci al silenzio.

Dunque le distopie che partono da queste basi, non mi acchiappano. Non sono originali e, proprio loro che denunciano i condizionamenti, sono figlie a loro volta di una corrente di pensiero che le ha condizionate.

Non boccio il libro (e ci mancherebbe, chi sono io per farlo?), dico solo che la sua cultura non mi appartiene e a me non è piaciuto.


Sono d’accordissimo sul fatto che non esiste nessun grande potere universale che ci vorrebbe tutti quanti rincitrulliti (ad esempio dalla televisione). Hai fatto un’acuta osservazione quando dici che si tratta di possibili effetti collaterali che però non sono, aggiungo io, guidati da nessuna cricca di loschi figuri.

Mai come oggi, pochi lo ricordano, c’è grande possibilità di informazione. Fino al XIX secolo la lettura era esclusivamente “intensiva”, nel senso che quei pochi che avevano accesso ai libri, li leggevano e rileggevano “intensamente”, magari parecchie decine di volte, perché avevano a disposizione solo pochissimi libri. Ed erano pochissimi coloro che potevano informarsi, leggere, studiare. Perché c’era da lavorare. Lavorare e basta. Oggi le condizioni sono cambiate e la letture è diventata “estensiva”. Tutti possono leggere tutto (parlo solo, evidentemente, del mondo “occidentale”). E siamo anche liberi di rincitrullirci davanti alle tv che sono tutte commerciali (anche quelle di stato, anche se non dovrebbero). La regola del liberismo è che si vende ciò che viene comprato.
Di certo anche la lettura “estensiva” porta effetti collaterali, che sono quelli di un mordi e fuggi informativo eccessivo e schizofrenico, in cui spesso non rimane nulla di concreto. La velocità porta effetti negativi e l’eccesso di informazione pure. Ma non c’è nessun burattinaio che tira le fila di noi che non siamo burattini privi di coscienza. Le informazioni ci sono, basta cercarle. Bisogna affinare le ricerche secondo la propria percezione di mondo e secondo la propria sensibilità. Tradotto significa che ci vuole esperienza per non farsi prendere in giro, ma è più che fattibile, sebbene un po’ faticoso.

Venendo al romanzo, che secondo me è più che discreto, si tratta di fantascienza, non di un libro di profezie. Anche se immagino l’autore volesse effettivamente delineare possibili danni di una modernità incontrollata in un prossimo futuro.
Se è vero che questi effetti collaterali, come li chiamiamo entrambi, possono esserci (anche se non sono così devastanti come vengono descritti nel libro e soprattutto non sono guidati da nessuno per tenere nelle barbarie il mondo intero), è anche vero che in molte dittature le cose sono avvenute più o meno così. I libri sono stati bruciati o censurati per convenienze di potere. E ancora oggi capita.

Quello che voglio dire è che, secondo il mio punto di vista, non bisogna portare alle estreme conseguenze il messaggio del libro, caricandolo di un messaggio universale che secondo me non voleva avere. Credo, altresì che localmente però in alcuni ambienti le cose funzionano così.

ps chiedo venia per l' "altresì":HIPP
 

malafi

Well-known member
Sì, è un libro di fantascienza e come tale lo dobbiamo leggere.

Ma fatico a scinderlo dalle correnti di pensiero (Adorno ed Horkheimer per esempio) di quei tempi, che criticano la società tardo-capitalistica, e vedono nel progresso, in particolar modo nei mass media, uno strumento per operare una forte manipolazione dell’autonomia individuale da parte dell’industria della cultura, che conduce ad un vero e proprio divieto di pensare.
 

Grantenca

Well-known member
Non amo il genere distopico (e la premessa è doverosa).
Non amo in particolare la corrente di pensiero che vedeva nella modernizzazione e nella diffusione dei media una grande manovra del Potere per normalizzare le diversità e le pulsioni dell'essere umano.
Detto questo, è chiaro che un romanzo come questo non mi può piacere fino in fondo.

Non si può dire che l'effetto attuale di questa diffusione (deriva?) tecnologica non sia davvero un appiattimento culturale e che in alcuni messaggi Bradbury non sia davvero attuale. Ma non è figlio di manovre politiche di potenti ... io lo vedo più come effetto collaterale ed indesiderato, non come conseguenza della volontà di qualcuno di ridurci al silenzio.

Dunque le distopie che partono da queste basi, non mi acchiappano. Non sono originali e, proprio loro che denunciano i condizionamenti, sono figlie a loro volta di una corrente di pensiero che le ha condizionate.

Non boccio il libro (e ci mancherebbe, chi sono io per farlo?), dico solo che la sua cultura non mi appartiene e a me non è piaciuto.


Sono d'accordo con te in molte cose, soprattutto sul fatto che non esistono poteri che ci vogliono ridurre al silenzio e a non pensare...., ma è la deriva della modernità, con tutta la supertecnologia connessa che indirizza il nostro modo di pensare anche se probabilmente, soprattutto la classe giovanile non se ne rende perfettamente conto. Sono le priorità che sono diverse. Del libro mi ha impressionato il passo dove si fa riferimento ai giochi di società e al fatto che, quando uno si immalinconisce, esiste un farmaco che lo rivolta completamente e lo rende di nuovo felice. Non ci trovi qualcosa di straordinariamente attuale?
 

Nefertari

Active member
Appena finito e devo dire che mi ha colpito molto. È il primo libro di questo genere che ho letto. L'ho trovato magnetico, mi ha saputo coinvolgere fin da subito. Mi ha trasmesso diverse sensazioni , dalla malinconia alla tristezza e alla curiosità.
 

LettriceBlu

Non rinunciare mai
Non mi è dispiaciuto affatto che la storia sia stata abbastanza breve e scorrevole, non troppo complessa. Il tema trattato ha comunque ricevuto la giusta attenzione ed è stato analizzato approfonditamente da diverse prospettive. Chi mi è rimasto più impresso sono senza dubbio stati Beatty e Millie, i due personaggi negativi della storia, per motivi diversi ma entrambi agghiacciantemente detestabili. Specialmente il primo trovo che sia stato costruito benissimo: sprizzava perfidia da tutti i pori quando cercava di far rinsavire prima e provocare poi Montag, anche perché era palese che conoscesse molto da vicino il mondo che tanto disprezzava. Il finale non mi è dispiaciuto: in mondi così negativi ogni tanto un briciolo di positività, l’ultimo seme di speranza, fa bene al cuore ed è stato bello immaginare che la società sognata da Montag e dagli altri ribelli un giorno potrebbe ancora essere ricostituita.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Questo libro mi ha ricordato 1984 solo nel tema di fondo; non nella scrittura - che in questo libro a tratti è quasi poetica e quindi contrasta con la realtà raccapricciante descritta, rendendola agli occhi del lettore ancora più orribile -, non nello sviluppo, qui meno complesso e articolato, e non nel modo in cui i temi vengono affrontati. In Fahrenheit 451 gli esseri umani sembrano liberi, possono riunirsi, godere di belle case e di divertimenti come gli schermi giganti e interattivi o le corse in macchina; la loro prigionia è sottile poiché apparentemente inesistente.
Ed è qui che sorge spontaneo il paragone con la realtà attuale e ci si pone una domanda scomoda: quante Clarisse - immagine dell'autonomia di pensiero e della gioia, contrapposta al piattume mentale della società in cui vive, che quasi sempre reca con sé infelicità - esisterebbero nel mondo di oggi? Se io fossi cresciuta in un mondo in cui i libri sono catalogati come pericolosi e dalla nascita mi fosse stata inculcata quest'idea, avrei avuto sufficiente spirito critico non dico per ribellarmi ad essa, ma almeno il tanto giusto per non considerarla scontata? Quasi certamente, non avendo mai conosciuto i libri, non mi sarei proprio posta il problema: leggere è proibito e basta, non ho idea di cosa mi sto perdendo perciò perché dovrei pormi domande? E di certo, se non avesse incontrato Clarisse - la quale fa sì che in lui emergano domande certamente già latenti nel suo intimo - sarebbe stato così anche per Montag; anzi, essendo un pompiere, a maggior ragione.
Considerato che il libro è stato scritto negli anni '50 l'autore è stato lungimirante, lo sviluppo tecnologico ha oggi superato la sua immaginazione e, anche dal punto di vista umano e sociale, l'idea distorta che l'uguaglianza tra gli individui si raggiunga con l'appiattimento culturale è comoda e diffusa.
Non so dire se sia un capolavoro, certamente è un libro notevole, che fa riflettere in modo originale e toccante e tratta argomenti complessi e scomodi con efficacia, in poche scorrevoli pagine. La parte finale è strana ma bella perché ricca di speranza; il contrasto tra lo stile lirico e la realtà agghiacciante scompare, come se la "sostanza" del testo trovasse improvvisamente un'armonia con la poesia della scrittura.
 

Roberto89

MODerato
Membro dello Staff
Forse dovrei aspettare di più per riordinare meglio le idee, comunque ci sono cose che mi sono piaciute di più e altre meno.
L'idea di base è molto interessante, ancora di più perché "nonostante" il genere l'autore la sviluppa in modo letterario invece di puntare solo sull'intrattenimento.
Non sono in grado di comparare con altri libri del genere degli anni '50 e prima, quindi anche se ho letto che Bradbury è stato innovativo con quest'opera, non so quanto e come o in cosa.
Posso però compararlo all'adattamento del 2018 di Ramin Bahrani. Le modifiche rispetto al libro sono state diverse, alcune buone, altre meno. Non ho ancora visto invece la versione di Truffaut.

Secondo me la cosa più bella di questo libro è che ci spinge a riflettere su quanto diamo per scontato i libri e quello che possono significare noi, quello che possono fare. E quanto invece le nuove tecnologie (oggi forse è più corretto parlare di mode) possono prendere il sopravvento prima ancora che abbiamo tempo di chiederci: che impatto avrà sulle nostre vite? Come dire, nulla è cattivo di per sé, ma allo stesso tempo tutto può esserlo.

Riguardo ai personaggi, ho trovato Montag troppo poco deciso e immaturo, spesso fa scelte avventate e stupide. Forse è uno degli effetti della società in cui vive, non si capisce bene, ma rispetto alla moglie è parecchio più avanti già dall'inizio. Lei è odiosa e inutile, banale, scontata.

Il mondo in cui si svolge la storia è spesso solo abbozzato (lo so, il romanzo è breve). Forse è l'abitudine coi romanzi di oggi, ma avrei preferito sapere di più su come si sia arrivati a quel mondo, com'è la vita in altre città, capire di più insomma.

Anche il finale poteva essere più chiaro. Sono abbastanza sicuro che sia volutamente aperto per mettere l'accento sui libri, una specie di morale alla fine del libro, molto velata ma presente. Personalmente però preferisco in questo tipo di storie che ci siano molti dettagli e un finale chiaro, l'ambiguità non aiuta a immedesimarsi in un mondo che ci è estraneo.

Detto questo (le mie preferenze personali), è un libro degli anni '50 e come tale va letto, e l'autore ha fatto un bel lavoro con citazioni e riflessioni interessanti che rimandano alla nostra società, ma ancora di più erano attuali in quel periodo vista l'evoluzione tecnologica e la paura che la tv e la radio soppiantassero i libri e fosse l'inizio di un declino culturale collettivo.

Voto: 3 stelle su 5 (lo so, non dovrei votare un classico, ma è più forte di me)
 
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