Wiesel, Elie - La città della fortuna

elena

aunt member
[FONT=SimonciniGaramond, serif]Nell'occhiello di questo testo l'autore riporta questa frase Ho un progetto : impazzire – Dostoevskij.
In effetti la follia è un elemento che accompagna Michael, il protagonista, nel suo doloroso viaggio nel passato: è un viaggio necessario per comprendere se stesso, per capire la vera motivazione che lo ha spinto a tornare, superando la cortina di ferro, nella sua città natale (paese dell'Ungheria che in italiano si può tradurre appunto “la città della fortuna”) ma anche per staccare la sua mente dal corpo martoriato dalle torture che gli vengono inflitte dai poliziotti del suo paese, sospettosi di questo misterioso ritorno. La ricostruzione del passato è alternata alla terribile percezione del presente e “questi tuffi da un mondo all'altro hanno annullato ogni nozione del tempo”.
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[FONT=SimonciniGaramond, serif]Nel ripercorrere la sua vita Michael condisce i suoi ricordi di sogni, leggende e soprattutto personaggi, reali e fantastici nello stesso tempo, che lo pongono davanti ai grandi valori e ai grandi mali della vita fino a giungere alla scoperta del male più disumano: l'indifferenza. Nel ricordare gli eventi drammatici della Shoà il protagonista riconosce che mentre nei confronti dei carnefici si prova dell'odio (che è ancora un sentimento umano) nei confronti degli spettatori, dei vili che si sono limitati a vedere, che si sono chiusi nelle loro Torri d'avorio e considerano il mondo solo come uno spettacolo, non si può che provare disprezzo. [/FONT]
[FONT=SimonciniGaramond, serif]La grandezza di Wiesel mi lascia sempre più stupita: ha una capacità unica di trasmettere al lettore emozioni, sentimenti, paure ma anche delle altissime considerazioni su ciò che rende la vita degna di essere vissuta in pieno come attore consapevole, rifiutando, pertanto, di rimanere alla finestra: essere indifferente, per qualunque motivo sia, è negare non solo la validità, ma anche la bellezza dell'esistenza.

Molto, molto bello :)
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elisa

Motherator
Membro dello Staff
cercherò di metterlo nella wish lst, ma ho paura di non farcela entro qualche anno, anche se penso che leggere Wiesel non sia mai tempo sprecato
 

Frundsberg

New member
Be', sì : nascere ebrei in Transilvania nel 1928 non prometteva molto bene. Soprattutto se non si aveva un nome ungherese...né romeno.
Se tu fermi un romeno di Bucarest e gli dici:"Wiesel", lui ti risponde prontamente che è un cognome assolutamente estraneo alla sua terra; di converso, se chiedi ad un ungherese la stessa informazione avrai la medesima risposta.
Elie Wiesel, la "salamandra". L'uomo che è passato per il deserto della ragione di Auschwitz senza rimanerne schiavo. Ci ha perso tutto, ovviamente, e te lo racconta nei suoi libri...dolorosamente lirici.
Ma libri di grande forza, preziosi come dalle pagine grondassero oro.
Elie Wiesel è stato tradotto prima in Jugoslavia che in Italia.
Poi una editrice attenta come La Giuntina, segnatamente per mano del vecchio "genio" Daniel Vogelmann, l'ha traslato anche nella lingua italiana.
E' un uomo difficile, Wiesel, saggio per vocazione, buono per motivi d'età.
Il suo volto è un percorso di strade scavate di rughe :quella più lunga si snoda alla fronte.
L'ho ascoltato parlare, sempre in Francia, solo due volte.
Così mi sono reso conto che in fondo il libro più bello che ho letto in tutta la mia vita è "La città della fortuna", La ville de la chance.
E l'ha scritto quel vecchio signore che dietro agli occhi scuri e tristi nasconde il segreto dei poveri: il ricordo dell'indicibile.
Ha mani stanche, Elie Wiesel, quasi avesse smesso di sperare, un giorno, di volare.
Proprio lui che, nella nebbia dei suoi sogni chassidici, mi ha condotto per mano ricordando com'era bello il suo paese prima che il mondo divenisse un camposanto.
Pensare alla redazione del Forward del dopoguerra mette i brividi : Singer redattore capo, Potok vice, Wiesel aggiunto.
Un giornale così, forse, si poteva scrivere da solo :"Due Nobel e mezzo", sostiene sempre Wiesel...che reputa il suo Nobel per la Pace inferiore a quello per la Letteratura degli altri due compagni di viaggio.
E io rammento quel silenzio e quello sguardo, la fiamma di genio che le pagine dei suoi libri mi trasmettono tutte le volte che ripeto l'antico gesto: sfogliarle per la centesima volta.
Tutta l'opera di Wiesel è una grande seduta analitica.

Non avvertitemi, prego, quando terminerà.
 

GermanoDalcielo

Scrittore & Vulca-Mod
Membro dello Staff
Libro doloroso, poetico, intimamente lirico e per questo, almeno per me, di non facile lettura, soprattutto per i diversi livelli narrativi, sogno, realtà, flashback, visioni.
Il tema della guerra fa da sfondo a una ricerca tutta personale per soddisfare una curiosità lacerante, per cui spingersi fino alla follia, e infatti costerà la prigionia al protagonista Michael che, in ultimo afflato vitale, consegnerà il suo messaggio, il suo Io, la sua identità al prigioniero ELiezer (stesso nome dell'autore, non può essere un caso) che significa "Dio ha esaudito la mia preghiera".
Una lettura che sicuramente ti segna.
 
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