La poesia del giorno....

qweedy

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Sono una donna

Nessuno può immaginare
Quel che dico quando me ne sto in silenzio
Chi vedo quando chiudo gli occhi
Come vengo sospinta quando vengo sospinta
Cosa cerco quando lascio libere le mie mani.
Nessuno, nessuno sa
Quando ho fame quando parto
Quando cammino e quando mi perdo,
nessuno sa che per me

e andare è ritornare,
e ritornare è indietreggiare
che la mia debolezza è una maschera
e la mia forza è una maschera
e quel che seguirà è una tempesta.
Credono di sapere
Ed io glielo lascio credere
E creo.

Hanno costruito per me una gabbia
affinché la mia libertà fosse una loro concessione
E ringraziassi e obbedissi
Ma io sono libera prima e dopo di loro, con e senza di loro
Sono libera nella vittoria e nella sconfitta
La mia prigione è la mia volontà!
La chiave della prigione è la loro lingua
Tuttavia la loro lingua si avvinghia intorno alle dita del mio desiderio
E al mio desiderio non impartiscono ordini.

Sono una donna.
Credono che la mia libertà sia loro proprietà
Ed io glielo lascio credere E creo.

Joumana Haddad

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Didier Lourenço
 

qweedy

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Follia non è sapere che di tutti
quei trentamila giorni che viviamo
ne resteranno forse dieci o venti
ben vivi alla memoria. Ma è pensare
che per qualche disordine o disguido
o inframettenza di diavoli scaltri,
quei dieci o venti giorni a cui si affida
la nostra vera storia
non son quelli, ma altri.

Maria Luisa Spaziani

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Monica Rohan
 

qweedy

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Sono tanto brava lungo il giorno.
Comprendo, accetto, non piango.
Quasi imparo ad avere orgoglio quasi fossi un uomo.
Ma al primo brivido di viola in cielo
ogni diurno sostegno dispare.
Tu mi sospiri lontano; <Sera, sera dolce e mia!>
Sembrami d'aver tra le dita la stanchezza di tutta la terra.
Non son più che sguardo, sguardo sperduto, e vene.

Sibilla Aleramo

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Didier Lourenço
 

Shoshin

Goccia di blu
Imparo a guardare
a imprestare lo sguardo
a chi ha urgenza di tana
imparo a ospitare.
Custodisco con cura le parole
poi le silenzio per il suono
di un’altra lingua
per questo sentire nostro
acuto e pugnalante
che non attenua gli urti
lascia il male cosí com’è
e accoglie tutte le ferite
come cani randagi
con improvvisate ciotole d’acqua
e parole poche smarrite
maldestre. Mani grandi
sorrisi abitabili.
Vivere è ospitare.

Chandra Livia Candiani


La forza dei versi di questa nostra poetessa contemporanea
commuove e lascia in silenzio.
 

qweedy

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Ci sono panchine
tavolini
punti precisi di strade
che collegati in un reticolo
formano il disegno
di un'altra vita
in cui potremmo amarci

Fu il primo gioco della Settimana Enigmistica
cui sono stato ammesso da bambino
e non sapevo
che era il più importante

Michele Mari
Da "Cento poesie d'amore a Ladyhawke"
 

Shoshin

Goccia di blu
Eccoti qui a riempire la giornata
di cose e di rammendi
da fare tra ferita e ferita
aspettando che finisca l’attesa
che arrivi la sorpresa d’un avviso
l’offerta d’una mano per carezzarti il viso
la voce d’un umano.
E la sera trascorre
per giungere alla sfera
del silenzio
nel tempio.

Lucio Mariani

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Opera di Do Duy Tuan
 

Shoshin

Goccia di blu
Tu non sei più vicina a Dio
di noi; siamo lontani
tutti. Ma tu hai stupende
benedette le mani.
Nascono chiare a te dal manto,
luminoso contorno:
Io sono la rugiada, il giorno,
ma tu, tu sei la pianta.

Sono stanco ora, la strada è lunga,
perdonami, ho scordato
quello che il Grande alto sul sole
e sul trono gemmato,
manda a te, meditante
(mi ha vinto la vertigine).
Vedi: io sono l’origine,
ma tu, tu sei la pianta.

Ho steso ora le ali, sono
nella casa modesta
immenso; quasi manca lo spazio
alla mia grande veste.
Pur non mai fosti tanto sola,
vedi: appena mi senti;
nel bosco io sono un mite vento,
ma tu, tu sei la pianta.

Gli angeli tutti sono presi
da un nuovo turbamento:
certo non fu mai così intenso
e vago il desiderio.
Forse qualcosa ora s’annunzia
che in sogno tu comprendi.
Salute a te, l’anima vede:
ora sei pronta e attendi.
Tu sei la grande, eccelsa porta,
verranno a aprirti presto.
Tu che il mio canto intendi sola:
in te si perde la mia parola
come nella foresta.

Sono venuto a compiere
la visione santa.
Dio mi guarda, mi abbacina…

Ma tu, tu sei la pianta.

Rainer Maria Rilke

dal Libro delle immagini, traduzione di Giaime Pintor
 

qweedy

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Bolero

Che vanità immaginare
che posso darti tutto, l’amore e la felicità,
viaggi, musica, giocattoli.

Certo è così:
tutto quel che ho te lo do, certo,
ma tutto quel che ho non ti basta
come a me non basta
tutto il tuo.

Per questo non saremo mai
la coppia perfetta, la cartolina,
se non siamo in grado di accettare
che solo in aritmetica
il due nasce da uno più uno.

Perciò ecco un bigliettino
che dice solo:
Sei sempre stata il mio specchio,
Voglio dire che per vedermi devo guardare te.

E questo frammento:
la lenta macchina del disamore
gli ingranaggi del riflusso
i corpi che abbandonano i cuscini
le lenzuola i baci
e in piedi davanti allo specchio si domandano
ognuno a se stesso
e senza guardarsi
non nudi l’uno per l’altra
io non ti amo,
amore mio.

Julio Cortázar

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Didier Lourenço
 
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qweedy

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George Gray

Molte volte ho studiato
la lapide che mi hanno scolpito:
una barca con vele ammainate, in un porto.
In realtà non è questa la mia destinazione
ma la mia vita.
Perché l’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno;
il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura;
l’ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti.
Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.
E adesso so che bisogna alzare le vele
e prendere i venti del destino,
dovunque spingano la barca.
Dare un senso alla vita può condurre a follia,
ma una vita senza senso è la tortura
dell’inquietudine e del vano desiderio.
È una barca che anela al mare eppure lo teme.

Edgar Lee Master
Antologia di Spoon River
 

qweedy

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Moltiplicata
vago in diverse direzioni:
vado a letto,
lavo i piatti
annaffio le piante
ed esco per la stretta porta
a cercare quello che sempre ho voluto essere;

anche se sono nella pelle
di chi sono diventata.

Lucy Cristina Chau (Panama 1971)

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Christian Schloe
 

qweedy

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Personale

Non prenderla sul personale, dicevano;
ma io sì, ho preso tutto piuttosto sul personale –

la brezza e il fiume e il colore dei campi;
il prezzo dei pompelmi e dei francobolli,

i capelli bagnati delle donne sotto la pioggia –
e ho maledetto quel che mi feriva

e lodato quel che mi dava gioia,
la più stupida delle reazioni possibili.

Il governo mi ricordava mio padre,
con la sua sordità e le sue leggi,

e il clima mi ricordava mia madre,
con le sue burrasche tropicali.

Goditela finché puoi, dicevano della Felicità
Prima pensa, dicevano del Parlare

Vai avanti, dicevano
alla Scuola dei Cuori Infranti

ma io non ci riuscivo e non credevo né
credo nei tagli netti;

io credo nelle fratture esposte
servite con salsa di sporchi rimpianti,

io credo nel vuotare il sacco
e rimangiarsi tutto

e ridirlo per sicurezza
mentre l’aria si riempie di Scusami

come uccelli che volteggiano
e gli alberi pare abbiano il mal di mare al vento.

Oh vita! Puoi biasimarmi
se ho fatto una scenata?

Tu eri l’ultimo vagone giallo, la luna
che spariva sopra la cresta di una nuvola.

Io ero il cane, in catene dietro casa di un cretino;
e abbaiavo e abbaiavo:

cercando di convincere tutto il resto
a prenderla sul personale come me.


Tony Hoagland

(traduzione di Elena Moncini)​

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Didier Lourenço
 
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Shoshin

Goccia di blu
Nel campo

Dal troppo oro scoppiano le spighe
gocce di papavero qua e là
e nel campo
una ragazza
con ciglia lunghe come spighe d'orzo,
che negli occhi raccoglie i chiari
covoni del cielo
e canta.
lo mi riposo all'ombra dei papaveri,
senza desideri, senza rimpianti,
corpo soltanto
e argilla.
Canta la ragazza ed io l'ascolto.
Sulle sue labbra calde mi nasce l'anima

Lucian Blaga
 

Shoshin

Goccia di blu
Il poco che so


So che la pena non vale la pena.
So che la gioia non può essere detta.
So che l’amore, questa missione selvaggia,
delicata, impossibile, è l’unico modo
di stare in questo mondo senza errare.
So che la morte risolve tutto.
So che la morte, no, voglio dire la vita
è un cardellino su un albero nudo
o su un mandorlo in fiore,
che canta alla luce,
rendendo grazie al cielo per tutto
senza saperlo.

Juan Vicente Piqueras

Nella traduzione di R.Marzano

Meraviglioso poeta...
 

Shoshin

Goccia di blu
Gli occhi di Margherita


Nei tuoi occhi ho trovato i libri che non ho scritto:

pianure, città, boschi, orizzonti, canali.

Le montagne imperiali della terra ho trovato,

coi tramonti e le nuvole purpuree. I grandi viaggi

che non ho fatto li ho trovati nei tuoi occhi.


Nei tuoi occhi ho trovato gli amici sorridenti

che mi rubò la terra, l’erba, la neve, il buio.

Le frasi che mi direbbero, le ho trovate nei tuoi occhi.


Le croci non confitte in terra a battaglia finita,

lunghe file di anonime croci, da ogni parte,

croci di tutti i popoli, le ho trovate nei tuoi occhi.


Nei tuoi occhi ho trovato la fine della guerra.

Sole e uccelli sui rami! Il mio mondo infantile

coi suoi disegni d’oro l’ho trovato nei tuoi occhi.


Ho trovato le tristi colline della patria

che si ergevano mute quasi udissero la mia voce.

Arrivo! Al mio urlo «Arrivo», il fremito leggero

degli umili corbezzoli, l’ho trovato nei tuoi occhi.



Nei tuoi occhi ho trovato le notti che scorrevano

immensi fiumi di silenzio, come al tempo dei miei sei anni.

La luce astrale della pena l’ho trovata nei tuoi occhi.


Nei tuoi occhi ho trovato la gente che mi ricordava

e il mondo dell’infanzia che mi chiamava a nome.

La tenda della giustizia, la bontà che faceva cenno

ai monti di accostarsi, l’ho trovata nei tuoi occhi.


Ho trovato l’eternità del sole rinnovata.

L’erba, le stelle, l’alba. Mia madre vestita di bianco

come la Pace, l’ho trovata nei tuoi occhi.


Fosse tutto più semplice quaggiù, come il «buongiorno»

e la «buonanotte», o la luce all’alba sopra i vetri,

fosse tutto più semplice quaggiù, noi in questo mondo

avremmo una casa infinita. Saremmo angeli.

Il mio lamento eterno l’ho trovato nei tuoi occhi.


Nikiforos Vrettakos (Traduzione di Filippomaria Pontani), da “Poeti greci del Novecento”, “I Meridiani” Mondadori, 2010


L'orizzonte silenzioso della notte mi porta spesso verso la poesia...
 

qweedy

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Adesso è forse il tempo della cura.
Dell’aver cura di noi, di dire
noi. Un molto largo pronome
in cui tenere insieme i vivi,
tutti: quelli che hanno occhi, quelli
che hanno ali, quelli con le radici
e con le foglie, quelli dentro i mari,
e poi tutta l’acqua, averla cara, e l’aria
e più di tutto lei, la feconda,
la misteriosa terra. È lì che finiremo.
Ci impasteremo insieme a tutti quelli
che sono stati prima. Terra saremo.
Guarda lì dove dialoga col cielo
con che sapienza e cura cresce un bosco.

Mariangela Gualtieri, Il tempo della cura.

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Nicoletta Tomas Caravia
 
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Shoshin

Goccia di blu
Sortita


Prendo la mia anima e la porto a spasso


se comincia a irrigidirsi il suo sorriso.


E' lei a dirmelo: mi manca la pioggia,


il sole sui monti o tra le nuvole


e il vento che nasce senza posa nei boschi


tutto profumi e essenze, latte e musica.


Come fosse cervo assetato, la guido


al fluente, luminoso seno dell'eternità,


rinnova il sangue-luce dentro di lei e torna


di nuovo alla vita; nel suo sorriso


un fresco accento di immortalità.

Nikifòros Vrettakos

(da Girasole vespertino, 1976)
 

qweedy

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Il giorno che non c’è

Oltre l’orlo di questo tavolo
le due finestre aperte:
nello zucchero del sole
sopra verdi fronde
una mattina pulita
come la prima parola
del mondo: svegliarsi di buonora,
l’odore della notte addosso
davanti il buon odore
maturo della primavera
senza danno né travaglio
il nocciolo lucente
della giornata nuova,
oggi, il trentadue di maggio.

Pierluigi Cappello, da "Azzurro elementare"
 

qweedy

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Datura

Il cuore non è mai al sicuro e dunque,
fosse pure in silenzio, non vantarti
della vittoria o dell’indifferenza.
Rendi comunque onore a ciò che hai amato
anche quando ti sembra di non amarlo più.
Te ne stai lì tranquilla? Ti senti soddisfatta?
Potresti finalmente dopo anni
d’ingloriosa incertezza, di smanie e umiliazioni,
rovesciare le parti, essere tu
che umili e che comandi? No, non farlo,
fingi piuttosto, fingi l’amore che sentivi
vero, fingi perfettamente e vinci
la natura. L’amore stanco
forse è l’unico perfetto.

Patrizia Cavalli

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Nicoletta Tomas Caravia
 

Shoshin

Goccia di blu
Ricorda il cielo sotto cui sei nato,
impara tutte le storie delle stelle.
Ricorda la luna, apprendi chi è.
Ricorda il sorgere del sole all'alba, il più
potente momento del tempo. Ricorda il tramonto
e l'andar verso la notte.
Ricorda la tua nascita, e tua madre lottò
per darti forma e respiro. Tu sei testimonianza
della vita sua, di quella di sua madre e così via.
Ricorda tuo padre. Anch'egli è la tua vita.
Ricorda la terra di cui condividi la pelle:
terra rossa, terra nera, terra gialla, terra bianca,
terra marrone, noi siamo terra.
Ricorda le piante, gli alberi, il mondo animale, che
hanno come noi le loro tribù, famiglie, storie.
Parla con loro, ascoltali. Sono poesie viventi.
Ricorda il vento. Ricorda la sua voce. Conosce
l'origine dell'universo.
Ricorda che tu sei tutto il popolo e tutto il popolo
è te.
Ricorda che sei questo universo e questo universo
è te.
Ricorda che tutto è in movimento, in crescita, tutto è te.
Ricorda che il linguaggio viene da tutto questo.
Ricorda la danza che è linguaggio, che è vita.
Ricorda.

Joy Harjo

Poetessa indiana-americana della tribù dei Creek
 

qweedy

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Un’altra volta saprei

Troppo poco ho goduto delle piogge primaverili e dei tramonti.
Troppo poco ho assaporato la bellezza delle vecchie canzoni
e delle passeggiate al chiaro di luna.
Troppo poco mi sono inebriato del vino dell’amicizia
anche se al mondo quasi non c’è paese
dove non avevo almeno due amici.
Troppo poco tempo ho dedicato all' amore
io che all’amore avevo consacrato tutto il mio tempo.
Un’altra volta saprei incomparabilmente di più assaporare la vita.
Un’altra volta saprei.

Izet Sarajlić, da “Chi ha fatto il turno di notte”, 1987
 
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