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anna_twe

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A volte, m'inbattevo in un essere più tenero, più fine degli altri, qualcuno che valeva la pena di ascoltar parlare, fors'anche di rivedere; casi fortunati ma rari, per colpa mia, senza dubbio

M- Yourcenar - Memorie di Adriano
 
P

~ Patrizia ~

Guest
Qualcosa si accumulava sopra di me, sempre più alto e senza limite. Trafitto da parte a parte, rinserrato senza essere toccato, ero coagulato nelle tenebre, ne sentivo la trasparenza acre, che sostituiva l'aria. Molto lontano udii il mio cuore. Chiamai a raccolta tutta l'attenzione, tutte le forze residue, nell'attesa dell'agonia. Non venne. Rimpicciolivo, e l'invisibile cielo senza orizzonte, spazio informe privo di nuvole e di stelle, si allontanava, si ampliava, cresceva, prendendomi come centro. Cercai di rintanarmi, là dov'ero sdraiato, ma non c'era più niente sotto di me. Con le mani mi coprii il viso. Non l'avevo più. Le dita, chiudendosi, vi passarono attraverso. Volevo gridare, urlare...

Stanislaw Lem - Solaris
 

Zefiro

da sudovest
Antologia di Spoon River - E. L. Masters: George Gray

George Gray

“Molte volte ho studiato
Il marmo che mi hanno scolpito:
una nave con la vela piegata a riposo nel porto
In verità non ritrae la mia destinazione
ma la mia vita.
Poiché l’amore mi venne offerto
e io fugii dalla sua delusione;
il dolore bussò alla mia porta, ma io avevo paura;
l’ambizione mi chiamò,
ma io ero atterrito dai suoi rischi.
Eppure, per tutto il tempo avevo fame di un significato della vita.
Ed ora so che dobbiamo innalzare la vela
E cogliere i venti del destino,
ovunque essi guidino la nave.
Dare significato alla vita può sortire follia,
ma la vita senza significato è tortura
dell’irrequietezza e del desiderio vago;
è una nave che anela il mare eppure lo teme.”

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E. L. Masters; Antologia di Spoon River
 

fabiog

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" Vi conosco tutti, e per il momento voglio assecondare lo sfrenato umore del vostro ozio. In questo imiterò il sole, che permette alle nubi basse e malefiche di velare la sua bellezza al mondo affinchè, quando gli piacerà di essere di nuovo lui medesimo, essendosi fatto desiderare, possa venir ammirato ancora più, quando romperà attraverso le impure e brutte masse di vapori, che parevano soffocarlo. Se tutto l'anno fosse di giorni festivi, divertirsi sarebbe noioso quanto lavorare; ma quando essi vengono di rado, capitano desiderati, chè nulla piace più delle cose rare. Così quand'io mi leverò di dosso questa vita di scapestrato e pagherò il debito che mai avevo promesso di pagare, e manterrò più di quello che non promisi, di altrettanto sorpasserò l'aspettazione della gente; e, come un brillante metallo sopra un terreno bruno , la mia conversione, scintillando sui miei falli trascorsi, sembrerà più meritevole e attirerà più sguardi del merito, che non ha alcun specchietto che lo faccia risaltare. Io trasgredirò, per farmi della trasgressione un'arte, e quando la gente meno vi pensa , riparerò il tempo perduto. " ( Enrico IV - William Shakespeare )
 

fabiog

New member
" Così se un figlio per ordine del padre viaggia in mare per ragioni di commercio e finisce male, stando a quello che dite voi, i suoi peccati dovrebbero essere addebitati al padre che lo mandò; così se un servo, inviato dal padronea portare una somma di denaro, è assalito dai ladroni e muore in stato di peccato senza essersi riconciliato con Dio, potete dire che gli affari del padrone sono stati la causa della dannazione del servo; ma non è così. Il Re non è tenuto a rispondere della fine speciale dei suoi soldati, nè il padre del figlio, nè il padrone del servo: poichè non avevano per scopo la loro morte, ma solo di sfruttarne i servizi. E inoltre non c'è Re che avendo una causa giustissima e dovendo deciderla con le armi, possa tentare di farla trionfare con soldati mondi dal peccato.
Alcuni hanno forse sulla coscienza un omicidio volontario e commesso a sangue freddo, altri la seduzione di vergini ingannate con falsi giuramenti di fedeltà; qualcun altro si è fatto uno schermo della guerra dopo aver ferito il dolce seno della pace con saccheggi e ruberie. Ora, se questi uomini hanno eluso la legge e sono sfuggiti al castigo nel loro paese, sebbene possano sottrarsi all'inseguimento degli uomini, non hanno ali per volare lontani da Dio : la guerra è il suo strumento di punizione e di vendetta; così uomini che hanno pirma offeso le leggi del Re si trovano ora ad essere puniti in questa guerra fatta dal Re : quando più temevano la morte riuscirono a salvare la vita, e ora che sperano di essere sicuri, periscono. Allora, se incontreranno la morte senza esservi preparati, il Re non avrà nessuna colpa della loro dannazione, come prima non ne aveva dei peccati pei quali ora stanno per essere puniti. Ogni suddito deve obbedienza al Re, ma l'anima di ciascun suddito è affare tutto suo. Perciò ogni soldato in guerra dovrebbe comportarsi come uno che è a letto, ammalato gravemente, e lavare ogni macchiolina della coscienza.
Se muore in questo stato d'animo, la morte gli sarà vantaggiosa, se non muore, avrà speso bene il tempo impiegato n questa preparazione e in tal caso non è peccato supporre che Dio, facendogli così generoso dono, gli conceda di sopravvivere perchè riconosca la sua grandezza e insegni agli altri come ci si prepari a morire " ( Enrico V - William Shakespeare
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Eccolo lì sul muro il ritratto del vecchio proprietario: piccolo, barbuto, con un caschetto bianco di capelli da fratacchione. Settant'anni ma ne dimostra trecento, come alcuni dei suoi volumi. Leggendarie le sue manie e bambinaggini: ad alcuni clienti non voleva vendere, ad altri parlava in latino, ad altri ancora metteva in mano i libri per vedere (così diceva) se si creava tra loro "una corrente di simpatia". Molti libri li conservava addirittura nascosti in scansie segrete. Spesso, per simpatia, vendeva libri rari a prezzi irrisori. Molti li spediva, dentro pacchettini di maniacale precisione, a università giapponesi e americane. E portando questi pacchi alla posta, l'andatura ciondolante, a capo scoperto anche d'inverno, parlava tra sè. Si diceva che spiegasse ai libri quale viaggio stavano per intraprendere, che li consolasse della partenza, che li avvertisse degli usi e dei costumi del paese ove avrebbero vissuto, e degli eventuali pericoli. Al momento di consegnarli in posta, carezzava i pacchetti a uno a uno, e formulava a bassa voce auguri di buon viaggio. Talvolta, tra gli sguardi comprensivi degli spedizionieri, si abbandonava al pianto.
Stefano Benni - L'ultima lacrima
Dal racconto "Il nuovo libraio"
 

Luisa

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"Apri di più il tuo cuore, non sei prigioniero. Sei un uccello che vola nel cielo alla ricerca di sogni."

(Murakami, La fine del mondo e il paese delle meraviglie)
 

Apart

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Nel grande silenzio. Ecco il mare, qui possiamo dimenticare la città. E' vero che proprio in questo momento si sente ancora strepitare le campane dell'Ave Maria - è quel sussurro cupo e folle, eppur dolce, al crocicchio del giorno con la notte - ma solo per un istante ancora! Ora tutto tace! Il mare si stende pallido e scintillante, non può dire parola. Il cielo offre il suo eterno, muto spettacolo serale con rossi, gialli, verdi colori, non può dire parola. I piccoli scogli e catene di roccia che scendono nel mare, come per trovare il luogo dove si è più soli, non possono dire parola. Questa immensa impossibilità di parlare, che ci coglie all'improvviso, è bella e agghiacciante: ne è gonfio il cuore. O ipocriti di questa muta bellezza! Quanto bene saprebbe parlare, quanto male anche, se volesse! Il nodo della sua lingua e la sua dolorosa felicità nel viso è una malizia per deridere la consonanza del suo sentire!

(F. Nietzsche, Aurora)
 

luxi

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Quanto più in alto ci innalziamo, tanto più piccoli sembriamo a coloro che non possono volare. (Nietzsche-Aurora)

Che vorrà dire? Io la voglio interpretreare così:
Ai pussilanimi, ai mediocri, a quelli di strette vedute, i grandi uomini, i coraggiosi, i valenti, quelli che volano alto, sono talmente lontani dal loro modo di essere che a stento riescono a vederli.
Date voi altre letture?
Saluti. Luciano
 

Apart

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Castorp si trovava nella sala dalle sette tavole quando la porta si chiuse con gran fragore e la signora Chauchat entrò in sweater bianco tenendo una mano in tasca e l'altra alla nuca a sostegno dei capelli. Ma invece che dirigersi verso la "tavola dei Russi per bene", la donna ineducata si avvicinò a Giovanni Castorp, e, in silenzio, gli porse la mano al bacio. Non gliene porse il dorso però, ma il palmo, e Castorp sfiorò con le labbra quella mano inelegante, un po' larga, dalle dita corte con la pelle ruvida ai lati delle unghie. E d'improvviso fu compenetrato da quel sentimento di vaga dolcezza che lo aveva preso, quando s'era liberato, per prova, dall'oppressione dell'onore gustando gli sconfinati vantaggi della vergogna. Questo risentì Castorp nel sogno, ma in modo molto più vivo e profondo.

(da La Montagna Incantata, di Thomas Mann)
 

Apart

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Ho paura che la sventura (il destino) sia in me: io non amo, non so amare nulla veramente, fino in fondo, cioè senza fondo - a parte la mia anima, e cioè l'angoscia, che trabocca e si riversa per tutta la terra e oltre i suoi confini. In tutto - in ogni persona e sentimento - io sto stretta, come in ogni stanza: di una tana o di un castello. Io non riesco a vivere, e cioè a durare, non so vivere nei giorni, e ogni giorno vivo fuori di me. E' una malattia inguaribile e si chiama - anima.

(Marina Cvetaeva, Il paese dell'Anima)
 

Luisa

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Bellissima questa riflessione di Proust sul piacere di leggere:

"Non esistono forse giorni della nostra infanzia che abbiamo vissuto intensamente quanto quelli che crediamo di aver perduto senza viverli, i giorni trascorsi in compagnia di un libro molto caro. Gli avvenimenti che sembravano riempirli agli occhi degli altri, e che noi allontanavamo come un povero ostacolo a un piacere divino: il gioco per il quale un amico veniva a cercarci nel punto più interessante, l' ape o il raggio di sole che ci infastidivano costringendoci ad alzare lo sgurado dalla pagina o a cambiare posto, la merenda che ci avevano dato da portare e che appoggiavamo accanto a noi sul sedile senza neppure toccarla, mentre il sole, in alto, perdeva forza nel cielo azzurro, la cena che ci aveva costretti a rientrare e che noi consumavamo pensando soltanto a salire, subito dopo, per finire il capitolo interrotto; di tutto questo, la lettura, che pure avrebbe dovuto lasciarcene vedere soltanto il lato fastidioso, imprimeva al contrario in noi un ricordo tanto dolce (tanto più prezioso ai nostri occhi del libro che allora leggevamo con amore), che, se ancora oggi ci accade di sfogliare quei libri di un tempo, li sfogliamo soltanto come gli unici calendari rimasti di giorni ormai perduti, e con la speranza di veder riflesse nelle loro pagine le case e gli stagni che non esistono più. Chi non ricorda come me le letture del tempo delle vacanze, che nascondevamo in tutte quelle ore del giorno tanto serene e tanto inviolabili da poterle accogliere?"

(M. Proust, Sulla lettura)
 

swann

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“Scendevamo a piedi dalla collina al mattino e sul lungomare prendevamo l’autobus per andare a scuola. Passavamo per una strada privata chiusa da un cancello che veniva aperto di giorno. Si abbreviava così di un buon tratto. Arrivavo in anticipo e aspettavo che il guardiano aprisse.
Per un certo periodo venne presto anche lei. Non ci eravamo presentati, però ci vedevamo quasi tutti i giorni, frequentando la stessa scuola. Al tempo dei nostri sedici anni era già corteggiata da altri ragazzi. I nostri rapporti erano solo di saluto, ogni altra frase stentava a slegarsi dalla mia bocca. Forse le mie parole le sembravano meditate, forse le apparivo più maturo. La pelle opaca e la magrezza lo consentivano.
Volli sperare che fosse lei a cercare occasioni d’incontro, mi infervorai di quella fantasia. Pensavo di dover fare qualcosa, per la sola volta in vita mia conobbi l’urgenza e il tarlo dell’iniziativa. Confuso dall’attrazione sentivo il tempo come un galoppo, ogni mattina fuggiva ed io inghiottivo con la saliva le parole più belle che non riuscivo a dire. Alla svolta della curva guardavo il cancello. Mi piaceva vederlo chiuso, fermo nei suoi cardini. Ci sono anche cancelli che uniscono, non solo quelli che dividono. [...]
Ognuno ha un cancello in qualche memoria, ognuno è rimasto fuori di un giardino. Fu così per me quando volli parlare. Le dissi le mie povere parole e la mia speranza ingolfata che fossero uguali tutte le mattine del tempo futuro e restasse per me un cancello al quale fermarmi con lei.
Le dissi così male, rigide, e furono vecchie in un momento.
Non mi venne altro seguito, sorrise imbarazzata.
Non venne più al cancello.
Perchè le parole erano così rischiose, perchè era meglio il ragazzo muto che scrutava una bocca fin dalla curva della strada per vederla incresparsi e sorridere? Ci sono persone alle quali non può arridere l’intenzione, solo il caso. Il silenzio conservava al nostro incontro il beneficio dell’avvenimento fortuito. Era la complicità richiesta. Chi la svela non lo fa più accadere. Lo so, non ho il diritto di trarre queste considerazioni da così deboli indizi e poi accadde che un ragazzo prese ad accompagnarla con la vespa a scuola. Per molti motivi poteva aver cambiato strada, ma io volli credere a una mia responsabilità, legando alcune parole mal assortite a delle conseguenze amare.
Non perchè io creda che a un errore debba seguire un castigo, no, non questo succede, l’errore che si commette a me pare che contenga in sè una penitenza, una diminuzione, però ad ogni sbaglio corrisponde una solitudine.
Non andai più al cancello chiuso.”

E. De Luca, "Non ora non qui"
 

swann

New member
“Molti uomini hanno essi pure un mostro segreto, un male ch’essi nutrono, un drago che li rode, una disperazione che abita la loro notte. Un dato uomo rassomiglia in tutto agli altri: va e viene e non si sa ch’egli ha in sè uno spaventoso dolore parassita dai mille denti il quale vive in quel miserabile, che ne muore; e non si sa che quell’uomo è un baratro, stagnante ma profondo. Di tanto in tanto un turbamento del quale non si comprende nulla affiora alla sua superficie, una ruga misteriosa s’increspa, poi svanisce, poi riappare, una bolla d’aria sale e scoppia. E’ poco ma è terribile: è la respirazione della bestia ignota. Certe abitudini strane, come l’arrivare quando gli altri se ne vanno, il sottrarsi quando gli altri si mettono in mostra, il tenere in ogni occasione quello che si potrebbe chiamare il mantello color muro, la ricerca dei viali solitari, il preferire le vie deserte, il non entrar mai nelle conversazioni, l’evitare la folla e le feste, l’entrare dalla porticina di servizio, tutte queste singolarità insignificanti: rughe, bolle d’aria, increspature fuggevoli alla superficie, derivano spesso da un fondo terribile.”

Victor Hugo, "I miserabili"
 

fabiog

New member
L'alba a Berlino. I raggi di un sole ancora nacosto dietro le grandi pianure russe la svelano, sebbene appena. Nell'appartamento di Sonia a Charlottenburg il colonello nudo davanti allo specchio, schiuma sulla faccia e sulla gola, la lama del rasoio in posizione sotto la fossetta carnosa del mento. Soni in cucina, con il bollitore in mano, in attesa che torni l'elettricità. Nel soggiorno un animale frenetico pesta su una tastiera Bosendorfer con le dita coriacee. Al piano di sotto Pavel sogna, non più reni, ma un suonatore di tuba naufragato sull'isoladi Robinson Crusoe; sorride anche, perchè lo trova assurdo. Nellla stanza accanto un ragazzo addormentato e un omettino morto, quest'ultimo rigido e indifferente come si conviene al suo caso, l'altro sdraiato comodamente, la faccia serrata nella concentrazione intensa di un lattante addormentato. Altrove in città gli ultimi movimenti dell'amore a pagamento in un bordello del settore russo, mentre nella casa di fronte un giovane ingegnere tedesco si sente sollevato per non essersi svegliato davanti alla pistola spianata di un ufficiale e all'invito sbrigativo di traferirsi a est, visto che a Magnitogorsk hanno bisogno di uomini con la sua esperienza. A ovest, la sega e il coltello di un macellaio di Wedding fanno versare il primo sangue della giornata; davanti alla porta della bottega i clienti aspettano, i buoni per la carne infilati nelle manopole. Nei paraggi un adolescente, Paulchen, dorme, il collo rigido sulla canna della sua Luger che sbuca da sotto il gunciale; due piani più in basso una vecchia tossisce sputando catarro in un fazzoletto irrigidito da freddo come lei. Più vicino ancora - una questione di minuti in macchina - un obitorio improvvisato, una barella d'acciaio, un corpo rannicchiato intorno alla morte sotto forma di un foro dai bordi irregolari un poco più in su dello sterno, le tibie spaccate e gli zigomi sfondati: chiunque sia stato a lavorare su quel corpo sapeva quel che faceva. L'alba a Berlino e la scena predisposta per l'azione. Una mattina così e io che m svegio sulla mia branda, sentendomi vecchio e consumato come il dio Odino, che aveva rinunciato a un occhio pur di vedere il passato e il futuro attraverso l'altro.
Credete che abbia finito per pentirsi del baratto ?

Da " L'uomo di Berlino " - Dan Vyleta
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
da MRS DALLOWAY di Virginia Woolf

E' stato atroce,egli esclamò,atroce,atroce!
Tuttavia il sole splende lo stesso.Tuttavia,ci si rassegna.Tuttavia,i giorni si susseguono gli uni agli altri ed è la vita.

...stava dicendo fra sé e sé: è ingiusto;perché devo soffrire così?...No;non ce la faccio più,stava dicendo...

Venir angariata da quel malvagio tormentatore era il suo destino.Ma perché? Lei era come un uccellino che si ripara sotto una foglia,in una piccola concavità,e batte gli occhi al sole quando la foglia si muove;sussulta allo schiantarsi di un rametto.Lei era esposta;era circondata dagli alberi enormi,dalle grandi nuvole di un mondo indifferente;esposta;tormentata;e perché le toccava soffrire? Perché?

La vita in sé e per sé,ogni momento,ogni gocciola di vita,qui,in questo istante,adesso,sotto il sole può bastare.Anzi,è anche troppo.Una vita tutt'intera è troppo breve per estrarne,una volta acquisito quel potere,tutto quanto il sapore;per cavarne fuori ogni oncia di piacere,ogni sfumatura di significato.

Non si possono metter al mondo figli,in un mondo come questo.Non si può e non si deve perpetuare la sofferenza,né incrementare la razza di questi lussuriosi animali,che non hanno sentimenti duraturi,ma solo capricci,soltanto vane voglie,che li trascinano,or qua,or là.

Siccome era tanto infelice,da mesi e mesi ormai,Lucrezia dava un significato a tutte le cose che accadevano,a volte persino pensava che avrebbe dovuto fermare le persone per strada,se avevano un'aria gentile,buona,soltanto per dirgli : <<Sono infelice>>; e quella vecchia che cantava per strada << e se anche qualcuno ci vedesse,cos'importanog gli altri?>> le diede d'un tratto la certezza che tutto si sarebbe aggiustato.

Ognuno ha una dignità da conservare.Ha la propria solitudine.Persino fra moglie e marito un abisso. E bisogna averne rispetto,pensò Clarissa...Ché una non può rinunciarci lei stessa,né accettare la medesima rinuncia dal marito,controvoglia,senza perdere la propria indipendenza,il rispetto di sé-qualcosa,in fin dei conti,di impagabile.
 
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alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Il buio oltre la siepe - Harper Lee

Miss Caroline iniziò il primo giorno di scuola leggendoci una storia di gatti. I gatti facevano conversazione tra loro, portavano abitini civettuoli e vivevano in una casa calda, accanto alla stufa della cucina. Quando miss Caroline arrivò al punto in cui la signora Gatta telefonava al negozio per ordinare dei topi al cioccolato, l'intera classe si dimenava sui banchi, impaziente, come un cestino di vermi. Evidentemente miss Caroline non capiva che quei bambinetti, mezzi stracciati, vestiti di camicetta di denim e gonne di iuta, che per lo più avevano trinciato cotone e dato da mangiare ai maiali fin dal giorno in cui avevano imparato a camminare, erano refrattari alla fantasia.
 
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