Marai, Sandor - Le braci

SALLY

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Decisamente mi è venuta una gran voglia di leggerlo,di Marai,ho letto "La recita di Bolzano" e mi è piaciuto tanto....soprattutto i monologhi,appunto!
 
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white89

InLove Member
Concordo con tutti i commenti precendenti, ci troviamo di fronte ad un'ottima prosa e ad una struttura della narrazione in grado di catturare il lettore e mantenere la tensione alta dalla prima all'ultima pagina.

L'unica cosa che mi ha un po' disturbata, forse dovuto alla mia impulsività, è stato il fatto di percepire una certa forma di passività nell'atteggiamento dei due personaggi di fronte agli avvenimenti che li hanno coinvolti in passato; li ho trovati quasi irreali, caspita possono anche esser passati quarantun'anni, ma un briciolo di rancore, di odio..Forse sta proprio qui la grandezza del testo, ma con la mia giovane età non riesco proprio ad immedesimarmi...

Da rileggere fra un po' di annetti...sono certa che la mia chiave di lettura sarà più profonda...
 

EgidioN

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Avete già detto e citato tutto. Anche a me questo libro ha rapito la mente prima ed il cuore poi. Avviluppante come le braci del camino dinanzi cui si svolge il confronto. Voto 5. Sono ancora vittima del battito accelerato e del respiro pesante che mi travolge dopo una lettura come questa. Senza dubbio il migliore di Màrai.
 

elesupertramp

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"L’uomo comprende il mondo un po’ alla volta e poi muore"
"Alle domande più importanti si finisce sempre per rispondere con l'intera esistenza."

Il primo libro di Marai che leggo e mi è piaciuto davvero molto per la sua una meticolosa analisi dei sentimenti umani.
Scritto magnificamente: man mano che si va avanti si sente salire la tensione, la curiosità e credetemi, non lo si riesce a chiudere per giungere ad un finale che lascia basiti! :??
Ottimo!
 

Bacci

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L'ho letto anche io! Un libro notevole e suggestivo, che sale piano, cresce a poco a poco con una prosa carica di tensione che arriva al culmine nel finale in cui finalmente si tira un sospiro di sollievo, e la narrazione ricrea perfettamente quell'attesa, quella lunghissima attesa che è al centro del racconto, quella che nel suo lungo soliloquio il protagonista, il vecchio generale, spiega che è diventata l'unica passione ardente che lo teneva in vita, e che quando finalmente dopo decenni arriverà il momento della vendetta, si renderà conto di aver fantasticato inutilmente per anni perché questa è pura illusione, un castello di carte che è servito giusto a tenerlo in vita e che crolla per il breve arco di tempo in cui si compie la tanto agognata vendetta, partita da un episodio sedimentatosi negli anni e che ha praticamente fermato la vita di ben tre persone. Bello e consigliato
 

stellonzola

foolish member
L'ho letto invogliata dai vostri commenti positivi.
Il mio commento è difficile perché da una parte mi è piaciuto molto, ma dall'altra mi ha annoiato.
Il tema mi è molto caro per motivi personali (amicizie finite in gioventù senza chiarimenti...),per cui mi sono immedesimata molto. Anni e anni a cercare di capire e di accettare, sviscerando e analizzando fatti e pensieri, emozioni e sensazioni...
Lungo monologo che descrive lo scorrere di una vita intera. Analisi di una persona anziana che ripercorre tutte le sue esperienze alla luce dalla sua età, degli avvenimenti, con sincerità, crudezza, anche severità nei suoi stessi confronti e di chi gli stava intorno.
Mi è sembrato però lento e ripetitivo, per cui anche i concetti che mi potevano entusiasmare perdevano il loro effetto. Forse sono stata più attratta dal cercare di capire cos'era successo che dal godermi con calma gli spunti di riflessione sui grandi temi della vita (amicizia, amore, vecchiaia, crudeltà)
SPOILER:
Mi aspettavo che alla fine di un lungo monologo ci fosse la spiegazione dell'amico con la sua versione dei fatti, una confessione o una smentita... invece lui non risponde nemmeno ad una delle domande che gli vengono fatte. All'inizio mi infastidiva questo comportamento. una vita a chiedersi spiegazioni, ad attendere questo testa a testa che avrebbe risolto tutto e poi non ci sono risposte? Come può accettare che non gli si risponda. Forse arrivati a quel punto la verità non è più importante, forse è importante solo dichiarare di averla cercata dentro di sé per tutta la vita, affrontare i fantasmi del passato per dimostrare di essere sopravvissuti. O forse quei silenzi ti danno la conferma di aver visto giusto, di aver risolto l'enigma. Certo rimane il dubbio del perché sia voluto tornare dall'amico di un tempo se poi non ha parlato, perché ha rinunciato al confronto...
Credo che adesso che conosco la fine dovrò rileggerlo con calma e soffermarmi ad assaporare i concetti filosofici e le analisi introspettive. che certamente meritano più attenzione
 

Apart

New member
L'architettura della storia è solida, l'idea è bella, orginale, accattivante. Il libro tiene incollato il lettore fino all'ultima pagina.
C'è un uomo anziano, Henrik, che attende l'arrivo del suo amico, Konrad, che non vede da quarant'anni. In quest'incontro c'è l'ultima possibilità per Henrik di chiarire alcune questioni rimaste irrisolte, di trovare risposta alle domande più importanti della sua vita. Più che un duello si svolge un monologo: Konrad rimane perlopiù in silenzio, quasi a voler far si che Henrik possa trovare da solo le risposte che cerca. Si manifesta così un percorso interiore che è una ricerca, che porta il protagonista ad analizzare a ritroso la propria vita per cercare di comprendere l'incomprensibile. Vengono sviscerati temi come l'amicizia, l'amore, la vita, ci sono riflessioni profonde e interessanti su questi da parte dello scrittore. Mano a mano che Henrik ripercorre la sua storia si accorge di comprendere sempre di più cosa è avvenuto, perchè, ma quando ciò avviene emerge anche la consapevolezza degli anni trascorsi, della vecchiaia, della vita che giunge al termine. Non rimane così altro tempo se non quello della morte, ma quel quadro riappeso alla parete è manifestazione di una comprensione, un modo per Henrik di riappacificarsi con l'amico, la moglie, il suo passato.

Un gran libro!
 

Athana Lindia

Πάντα ρει
Io ho divorato questo libro, l'ho letto in poche ore perchè mi ha catturato nel profondo. Tutto si svolge nel castello di uno dei due protagonisti, la maggior parte nella sala da pranzo. Un tempo relativamente breve, ma intensissimo per quel che viene detto. Mi ha dato lo spunto per guardare l'amicizia sotto un altro punto di vista. Grazie al mio grandissimo intuito femminile :)mrgreen:) avevo capito con largo anticipo quale era il segreto che legava i due, ma ciò non mi ha tolto il gusto per la lettura.
Credo sia il libro migliore che ho letto negli ultimi tempi. Lo regalerei volentieri a più di qualcuno.

Voto: 5/5
 
G

giovaneholden

Guest
Concordo coi giudizi positivi,uno splendido gioco di guerra verbale a due che mi ricorda I duellanti di Conrad,poi adattato per lo schermo da Ridley Scott. Implacabile come un thriller,lascia inchiodati alla pagina grazie a una superba narrazione. Vivamente consigliato!
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Ho provato emozioni contrastanti nei confronti di questo libro... Da una parte mi è piaciuto, l'ho trovato avvincente e ben scritto: alcuni passaggi sono profondi e significativi; dall'altro è come se mi aspettassi una maggiore complessità, o comunque un qualcosa in più che non sono in grado di definire, ma che sento mi è mancato.
Non mi hanno convinto molto la premesse: il delinearsi di un'amicizia talmente idilliaca da sfiorare l'utopia (o forse sono io che, non avendo mai vissuto un rapporto così intenso, lo giudico poco verosimile) e una caratterizzazione dei personaggi così marcata da risultare un po' artificiosa, quasi stereotipata...
Della prima parte, ovvero quella che precede il momentio del confronto, ho apprezzato soprattutto il ritratto vivo, sentito, dello "spirito dell'epoca", sia quella a cavallo fra i due secoli, sia quella ormai coinvolta dalla guerra. In questo senso ho sentito un forte parallelismo con J. Roth, che ne La cripta dei cappuccini descrive in modo sublime il tramonto di un mondo che è lo stesso nel quale il generale e il suo amico Konrad muovono i loro primi passi.
Ho apprezzato molto anche l'indubbia capacità dell'autore di tenerci incollati alle pagine nel lunghissimo monologo-confessione: la trovata più efficace, e più riuscita, è stata a mio parere proprio quella di risolvere il tanto atteso “scontro” in un un concerto a una sola voce. Cos'è che rendono tanto forti, vibranti, le parole del generale? l'amplificazione prodotta dal silenzio del suo interlocutore, che diventa eco alla voce della sua anima, o la consapevolezza che la sua presenza è un pretesto, che persino potrebbe fare a meno di lui, e che l'unica ragione del loro essere lì è il commiato di entrambi dalla vita? Probabilmente entrambe le cose...
Nel complesso, quindi, un bel libro (sebbene mi aspettassi di più), che muove da una situazione "da copione" (il tradimento di tutti verso tutti), e la trasforma in un'occasione per scandagliare le profondità del cuore, soprattutto in rapporto al tempo, alla vita che scorre e rende piccole tutte le cose, all'avvicinarsi inesorabile della morte.
 

Enriquez

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le Braci di Sàndor Màrai

Di Sàndor Màrai : Le Braci Biblioteca Adelphi

In un monologo appassionato e senza contraditorio il protagonista dichiara il dramma di una solitudine che diviene sofferenza nel suo ossessivo bisogno di profondo. E’ la sua identità claustrofobica, in un gioco di specchi, a riprodurre l’allegoria psicanalitica della persona giunta alla conclusione del suo percorso.
In una razionale riflessione di fine vita, egli disegna un quadro di relazioni che relazioni non sono per la totale mancanza di empatia, di un’ amicizia che amicizia non è e dove tutto può essere il contrario di tutto.
Il teatro è quello dei paesi dell’ex blocco sovietico; dopo quarant’anni, due uomini, inseparabili nel passato, tornano ad incontrarsi in un castello ai piedi dei Carpazi.
Paragonabile al “Deserto dei Tartari”, ìl romanzo ci fa respirare la tensione di un’attesa spasmodica, di un percorso che non può non concludersi, di una brace che deve divenire cenere: “Tale è la forza della natura umana: essa deve assolutamente ottenere una risposta alla domanda che ha individuato come la più importante”. E ricordando con l’ospite tanto atteso, la moglie defunta egli dirà :“Ha risposto a ciascuno di noi come meglio poteva; perché i morti, vedi, rispondono sempre nel modo giusto, anzi suppongo che siano i soli a darci delle risposte”.
 

velvet

Well-known member
Non ritengo questo libro un libro sull'amicizia o almeno non è questo che mi è piaciuto. Ho apprezzato nel monologo la presa di coscienza del generale che si rende conto di quanto sia inutile la spiegazione, la vendetta che ha atteso per una vita intera. Di come l'esistenza sia infinitamente più grande di un episodio seppur cruciale della nostra vita che con il tempo finisce per ridursi e va ad incastrarsi nell'ineluttabile ordine delle cose.
Una menzione speciale al personaggio della balia.
 

Kira990

New member
bello

Direi che posso solo confermare tutte i commenti precedenti. E' ben scritto, coinvolge e fa pensare molto. Sicuramente un libro interessante che non mi aspettavo.
 

Jessamine

Well-known member
Lessi questo romanzo per la prima volta nell'estate del 2011.
Fresca di diploma, piena di aspettative per il futuro, "Le braci" è stato il primo libro che mi ha fatto capire che cosa fosse la grande letteratura.
Otto anni dopo, in un momento particolare della mia vita, in bilico sull'orlo di un cambiamento altrettanto grande, torno fra queste pagine.
La maestria di Màrai nell'indagare l'animo umano con una sensibilità incredibile è qualcosa che continua a lasciarmi senza parole.
C'è poco che io possa aggiungere alle tantissime belle recensioni che si possono trovare di questo romanzo.
Dopo tutti questi anni, non credo di aver mai trovato un autore capace di giocare con la tensione con la stessa maestria di Màrai.

"Superati i novanta, si invecchia in maniera diversa rispetto a quanto avviene dopo i cinquanta o i sessanta. Si invecchia senza risentimento".

"Sì, a volte i dettagli hanno grande importanza. In un certo senso fungono da adesivo, fissano la materia essenziale dei ricordi."

"Secondo te le parole non hanno importanza? Io non oserei affermarlo con tanta sicurezza. Certe volte mi sembra che le parole, quelle che uno pronuncia, quelle che uno evita di dire o quelle che scrive al momento giusto, abbiano un'importanza grandissima, forse addirittura decisiva".

"Alla fine tutto passa, come passa la vita".
 

estersable88

dreamer member
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Due uomini, un Generale ed un Ufficiale della Guardia, ma prima ancora due amici, due fratelli, due compagni di vita. Tra di loro quarantuno anni di lontananza e tanti conti in sospeso… in primis uno che riguarda una donna.
Amore, tradimento, intrigo, amicizia. Di questo parla, in estrema sintesi, Le braci. E Marai ci mette tutta la maestria di cui è capace nel descrivere i sentimenti, per far immedesimare chi legge al punto da ritrovarsi in quella stessa stanza, ad ascoltare il monologo del padrone di casa, il sussurro dell'ospite che si accomiata, a fissare rapito le braci che rischiarano appena una notte particolarmente buia.
E' carico di suggestioni, Le braci, di pathos, di sentimenti, di curiosa attesa… per questo e per altri mille motivi è considerato un capolavoro della letteratura europea del Novecento.
Però non mi ha preso. Lo so, è incredibile e di certo è colpa mia, credo di non averlo letto al momento giusto… però è così, gli ho preferito di gran lunga La donna giusta, altro bellissimo libro di Marai che, a differenza di questo, mi avvinse da subito.
A voi, però, lo consiglio perché, al netto delle mie impressioni personali, è un'opera che merita ed alcuni passi, specie dopo la metà del libro, sarebbero da copiare ed incorniciare.
 

Trillo

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Commento strambo con spoiler sparsi

Henrik, un ragazzo cresciuto negli agi di una famiglia benestante e vicina all'imperatore-re d'Ungheria, durante gli anni al collegio militare instaura una forte e intima e amicizia con Konrad, un coetaneo dalle più umili condizioni economico-sociali. La loro amicizia non sembra minata dalla diversità sociale e caratteriale che si fa con gli anni sempre più marcata, finché un giorno Konrad non si fa più vedere, e in Henrik prende corpo il sospetto del tradimento di Konrad con sua moglie Krisztina. Il desiderio di verità e vendetta arde per sempre nel cuore del protagonista fino al giorno in cui, dopo quarantun anni, i due si rincontrano e hanno l'occasione di chiarirsi.

La storia di questo romanzo è apparentemente semplice e lineare ma, nonostante ciò, ho trovato Le braci un libro profondamente enigmatico e labirintico. Il romanzo è infatti disseminato di ambiguità e di non detti che a mio parere ne restituiscono una realtà complessa e multiforme in cui è pressoché impossibile definire cosa sia autentico e cosa sia invece illusorio.

In un clima familiare dai rapporti tesi e insinceri, intriso di desideri e sentimenti inespressi, il protagonista sembra vivere e soffrire un profondo senso di solitudine, di estraneità all’ambiente e alla condizione di vita in cui è imbrigliato, e di un conseguente disagio esistenziale: ha bisogno di affetto e di avere qualcuno con cui confidarsi, vuole fare il poeta ma è introdotto alla vita e alla carriera militare, e per tutto questo è sempre malato, fino al momento in cui al collegio all'improvviso conosce Konrad, con cui instaura una profonda amicizia, e il protagonista sembra acquistare una ritrovata serenità e una solida identità. Significativo a questo proposito è il fatto che l'autore dia un nome al protagonista soltanto dal momento in cui appare Konrad, e che lo menzioni solo nel corso delle poche pagine che ci raccontano l'idillio della loro amicizia. Ma quanto c'è di reale in Konrad? Che sia forse una proiezione di Henrik scaturita dal bisogno dell'affetto di una persona vicina che sostituisse la figura della balia? O un suo alter ego in cui riporre ciò che nel profondo lui è e non può essere, quell'animo sensibile e artistico da scacciare in favore del soldato a cui è stato destinato? E cosa nascondono davvero i medici che visitano Henrik al collegio, che parlano di "pericolo", preoccupati per le sue condizioni di salute e forse anche mentali? Potrebbe forse Konrad essere reale solo in parte, essere stato per esempio lui quel compagno di collegio dodicenne suicida menzionato immediatamente prima della sua comparsa nel romanzo, quasi ci fosse un legame fra loro, e il resto un tentativo di reinvenzione di Henrik per mantenerlo in vita nella sua mente e vincere così sul suo senso di solitudine ed estraneità?

Quando i due ex amici sembrano rincontrarsi dopo quarantun anni, è sorprendente e perfino inverosimile constatare non solo come Konrad sia evasivo e quasi assente, ma anche come il protagonista non voglia in realtà che Konrad risponda alle sue domande, al punto che l'incontro finisce per tramutarsi in un lungo soliloquio. Che quell'incontro sia in realtà solo il frutto dell'immaginazione del protagonista? Ancora più inspiegabile è il fatto che, durante il loro incontro, il tempo verbale della narrazione, fino ad allora al passato, passi all'improvviso al presente, quasi come se, dopo una trance iniziale, la mente del protagonista si abbandonasse definitivamente alla dimensione onirica, in quella condizione in cui la mente è impegnata a costruire il sogno e contemporaneamente a vivere la realtà che ne deriva.
Un paradosso finale sembra ulteriormente conferire al tutto il carattere inverosimile del sogno: il loro incontro sembra infatti protrarsi per tutta la notte fino all'alba, eppure, quando Konrad va via e il protagonista si ritrova con la balia, l'autore lascia intendere che sia ancora sera e che il mattino sia ancora lontano.

Diversi altri elementi accennati, ma non rivelati, aprono a mio parere ad altre domande, ipotesi e prospettive, sia sull'autenticità della trama sia sull'identità e autenticità dei personaggi, a nessuna delle quali è dato però il privilegio di avere una risposta certa e dimostrabile, né di connotarsi come una verità oggettiva. Tra tutte, forse una delle più centrali è rappresentata dalla vera identità di Krisztina e dei suoi appunti sul quadernetto che Henrik si rifiuta di leggere, e di cui conserva nella mente solo una memoria selettiva delle poche informazioni necessarie alla sua probabile costruzione mentale.

Il protagonista, che ha vissuto una vita intera nel desiderio ardente di conoscere la verità, finisce con l'accorgersi che in realtà non ne ha bisogno, perché "alla fine di tutto, è con i fatti della propria vita che si risponde agli interrogativi che il mondo ci rivolge con tanta insistenza", e che quindi le parole non avrebbero mai potuto sostituirsi a ciò che lui, Konrad e Krisztina hanno già dimostrato durante la loro intera esistenza. Ma allora che differenza avrebbe fatto conoscere la verità? Perché bruciare il quadernetto di Krisztina che probabilmente ne era l'unica testimonianza attendibile? Forse per paura di scoprire una verità difficile da sopportare, quella che gli avrebbe mostrato di aver consumato la sua intera vita nella prigione mentale di un'illusione?

"Per me quel mondo è sempre vivo, anche se non esiste più nella realtà. È vivo perché gli ho giurato fedeltà. È tutto ciò che posso dire."

In conclusione, mi rendo conto conto che questo mio commento è pieno di ipotesi fantasiose, inconcludenti, forse assurde, a cui cerco di aggrapparmi nel tentativo di dare un senso a ciò che non riesco razionalmente ad afferrare (o ad accettare), ma perlomeno dà l'idea del tipo di esperienza di lettura che questo libro mi ha indotto.
Le braci è infatti un romanzo che mi ha molto coinvolto mentalmente, che mi ha lasciato insoddisfatto per l'impossibilità di identificare convintamente una mia "verità" al suo interno, ma che al contempo ho trovato affascinante per il suo carattere inaccessibile e anche originale, profondo, lirico.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Strano, non avevo ancora dato il like a Trillo, dopo le nostre strampalate conversazioni su questo romanzo. Infatti mi sono talmente fatta suggestionare dal suo commento che sono andata addirittura oltre quello che ha scritto 😱 :mrgreen:. Se mi promettete di non prendermi per matta nei prossimi giorni provo a postare qualcosa.
 
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Roberto89

MODerato
Membro dello Staff
Difficile commentare questo romanzo (o volendo racconto lungo, sono più o meno 50000 parole e la storia non è così complessa in termini di trama).
Inizio dallo stile, su cui riesco a dire poco (anche perché è la sola opera che io abbia letto di questo autore), ma posso comunque dire che ha un modo particolare di raccontare e di esporre i temi della sua narrativa. La lettura comunque è stata scorrevole, piacevole e interessante.
Andando ai contenuti, la trama è semplice ma con le sue complicazioni. I fatti (in termini di azioni) sono pochi, ma passato e presente si fondono in una analisi (o comunque lettura) psicologica del protagonista che fa nascere nel lettore il desiderio di saperne di più. Però le risposte non arrivano, anzi. L'autore ci lascia nel dubbio, seppur chiarendo qualche fatto che sembrava importante ma poi, secondo il protagonista, scopriamo essere per lui di poca importanza. Tutto ciò che conta è un dilemma interiore che il protagonista si porta dietro da 40 anni, sospeso tra passato e presente, bloccato ormai in un limbo di attesa continua e tormentata. Deve sapere, vive nell'attesa di trovare la risposta a due domande.
In breve, è una storia comolessa, che merita almeno una rilettura. Mi sarei aspettato un finale più conclusivo ma forse è questo che l'autore voleva, perché chiudere il libro senza aver avuto tutte le risposte ci fa sentire che la lettura, in realtà, non è ancora finita. È come se ci dicesse: "E ora, mio caro, inizia a rileggere, e stavolta fai le domande giuste."

Voto: 8/10
 
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