Steinbeck, John - Furore

Palmaria

Summer Member
Che dire? Dopo queste recensioni, a sfida finita non potrò che leggere questo libro, piena di mille aspettative!:wink:
 

Bobbi

New member
Per la scelta di questo romanzo sono debitrice verso un certo saggio di L. Zoja, dedicato alla figura del padre nella società e cultura occidentali. Ed è in parte con questo filtro che ho affrontato la lettura di questo meraviglioso romanzo. Va da sé che le chiavi di lettura sono molte (ecco ciò che fa di un romanzo un bel romanzo), quella economica, quella sociale, quella politica, quella umana e anche quella psicologica. C’è tutto in questo bellissimo testo, parimenti denso nella prosa e nel contenuto.
La storia è quella di una famiglia di mezzadri in fuga dai moderni trattori, con cui, in termini di produttività, non riescono a tenere il passo. In fuga verso l’ovest e la solatia California con le speranze di far soldi, come secoli prima lo erano stati gli Europei, come nei decenni seguenti lo saranno milioni di immigrati nel paese della libera iniziativa che tanto sembra premiare i suoi figli. Di iniziativa qui non ne manca: è quella della disperazione, quella delle pance vuote, quella dei ventri gonfi delle future madri, quella dei capifamiglia ormai esautorati.
Steinbeck fa una critica spietata del sistema, ma se c’è una critica che posso fare a lui è che sembra non proporre una qualche soluzione, per quanto fantasiosa. Trovo che il limite delle denunce sociali, da sempre, sia quello di limitarsi alla pars destruens senza aggiungerci una pars construens.
Per quanto mi riguarda, sono stata molto colpita dal ritratto negativo che viene fatto delle figure maschili: gli archetipi del maschio si infrangono tutti come altrettante onde su alte scogliere. Il padre non ha più il suo ruolo, il figlio conserva la sua valenza di maschio solo nella violenza (per quanto ampiamente giustificata), il predicatore nella lussuria (e quando vorrà far bene vedremo come andrà). Ne escono trionfatrici, pur nella loro miseria, le donne: le donne che sono sempre madri anche quando non lo sono, le donne che sanno sempre cosa fare, le donne che prendono le decisioni, le donne che salvano le vite.
L’ultima scena ha una potenza assolutamente mai percepita prima. Il finale più bello della mia storia di lettrice.
L'ultimo nutrimento del padre viene dalla madre.
 

irene

Reader
Ho appena finito di divorare questo splendido romanzo, che manda Steinbeck nell'olimpo dei miei autori preferiti.
Altri romanzi storici/di denuncia non sono riusciti a coinvolgermi quanto questo. Qui gli avvenimenti non sono troppo romanzati, così come accade in realtà, anche in una situazione difficile ci sono dei punti positivi; i personaggi mi sono piaciuti tutti molto, ma apprezzo in particolare la figura della mamma, il punto di riferimento di tutta la famiglia, la donna che, grazie alla sua capacità di adattarsi, alla sua forza interiore, dà a tutti la speranza per il domani.

Steinbeck fa una critica spietata del sistema, ma se c’è una critica che posso fare a lui è che sembra non proporre una qualche soluzione, per quanto fantasiosa. Trovo che il limite delle denunce sociali, da sempre, sia quello di limitarsi alla pars destruens senza aggiungerci una pars construens.

Non c'è una pars construens? Dice continuamente che i poveri devono solo capire che è necessario aggregarsi! Sarebbe stato troppo facile scrivere di un bello sciopero, magari uccidere qualche protagonista, ma lasciando poi la certezza che tutto sarebbe andato meglio... Così è molto più sottile... Per me non è un punto negativo, anzi!
 

Spilla

Well-known member
Non voglio ripetere nulla delle recensioni già scritte qui, tutte perfette (un grazie particolare a Mame per le spiegazioni riguardo alle difficoltà nella traduzione). Vorrei sottolineare alcuni aspetti che ho particolarmente apprezzato:
  • il tono di denuncia feroce nei confronti di un sistema che distrugge le risorse (tutta quella frutta lasciata a marcire...) e stritola il povero, che non vi può mai accedere
  • la forza vitale della donna, madre in vari modi, a cui di fatto è assegnato il compito di spingere in avanti la storia, tenendo viva la speranza (paradossale e simbolica la straziante scena finale)
  • il superamento dei criteri di bene/male, almeno quelli stabiliti dalla morale comune

Un libro davvero poco comune, da leggere.

5/5
 
Ultima modifica:

SALLY

New member
Dopo aver letto tutte le recensioni, mi sono decisa ....un capolavoro...che dire, è sicuramente un libro che rimane nella memoria, riallacciandomi al discorso delle edizioni, io ne ho letto una vecchissima, di Bombiani 1956, traduzione (come già detto da Mame) di Carlo Coardi .
Ho trovato questa umanità dolente, distrutta dall'"anonima" , dalle banche, dai grandi latifondisti, che si sposta in cerca di qualcosa di meglio di una sconcertante attualità, una cosa soprattutto mi ha colpito e mi è piaciuta, ed è riportata diverse volte nel romanzo Le donne senza farsi vedere studiavano i visi dei loro uomini; dopo un poco,i visi degli uomini perdettero la loro perplessità ma acquistarono un'espressione dura, collerica, ostile. Allora le donne capirono che si era salvi, che gli uomini non si davano per vinti!
 

velmez

Active member
Libro bellissimo, scrittura ultraconvolgente e argomento più che attuale! che dire? questi libri dovrebbero girare di più tra i lettori!! (io personalmente di Steinbeck non avevo mai letto nulla, ma soprattutto non lo conoscevo se non di nome per aver vinto il Nobel!!)
 

Meri

Viôt di viodi
Libro molto intenso, mi è piaciuto perchè fa riflettere. Devo dire che mi aspettavo una reazione da parte degli oppressi e il finale mi ha lasciata in sospeso, sebbene abbia capito il messaggio di speranza.
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Dice che una volta era andato nel deserto per cercare la sua anima, e aveva scoperto che non ce l’aveva un’anima tutta sua. Dice che aveva scoperto che lui aveva solo un pezzetto di un’anima grande e grossa. Dice che il deserto non andava bene, perchè il suo pezzetto di anima non serviva a niente se non stava con tutti gli altri pezzetti, e non faceva un’anima intera. È strano che me lo ricordo. Mi pareva che manco lo stavo a sentire. Ma ora so che uno se sta da solo non serve a niente.

Un romanzo epico, al quale mi sono accostata con fiducia (per mille motivi, uno fra tutti l'aver già letto e apprezzato Uomini e topi) ma anche con cautela, forse perché non amo particolarmente i romanzi cosiddetti "sociali". No che non li apprezzi... semplicemente, nella letteratura come nella vita, ho una predilizione per una componente più individualista, legata alla natura dell'uomo singolo o comunque dell'uomo in quanto tale, piuttosto che alla sua dimensione comunitaria. Frutto, probabilmente, anche dell'epoca in cui vivo, del benessere in cui sono cresciuta e che ha finito per farmi concentrare molto su me stessa e sulla mia individualità.
Questo romanzo, invece, ha indubbiamente un respiro "comunitario"... preferisco questo al termine "sociale", appunto perchè il "sociale" spesso si porta dietro una serie di altre cose (nobilissime), che in effetti sono presenti, ma che qui, secondo me, si integrano talmente bene con l'intrinseco valore dell'opera, che a sottolinearle troppo si finirebbe per svilire la ricchezza di quello che è prima di tutto un indiscusso capolavoro letterario. A raccontarci di questo capolavoro sono lo stile pulito, cristallino, la capacità di dar vita a personaggi che, se sono "veicolo" di qualcosa, lo sono solo dopo essere stati prima di tutto se stessi, con la semplicità e la vividezza magnificamente resi dall'uso, nei discorsi diretti, di un linguaggio essenziale e immediato. In questo senso, in questo connubio fra contenuto e resa letteraria, mi ha ricordato un altro capolavoro che è La storia della Morante.

La socialità in Furore non nasce tanto dalla denuncia politica, quanto dalla dimensione collettiva che sorge spontanea nel momento in cui la necessità, la privazione, l'irrinunciabile bisogno di mantenere integra la propria dignità di persone, spingono questa folla di diseredati a unirsi l'uno con l'altro, a superare gli egoismi individuali per acquisire, con sempre maggior consapevolezza, la dimensione del "noi" che sola può combattere l'aridità e la miseria interiore dei pochi "io" che si spartiscono la ricca California. E quel passaggio dall'io al noi è tutt'altro che semplice, tutt'altro che scontato... seguendo le tribolate vicende della famiglia Joad nel suo viaggio verso la "terra promessa", la prima sensazione è quella di un continuo e inarrestabile sgretolamento.
Mà − personaggio straordinario, ancestrale − vede i membri della sua famiglia disperdersi, uno dopo l'altro, e si rende conto che tutto sta cambiando. Non si abbatte, quello no... il suo gesto è quello di chi scuote dolorosamente il capo e... non capisce, non capisce..., per poi subito dopo rimboccarsi le maniche e ricominciare daccapo, un passo dopo l'altro, senza farsi troppe illusioni, senza andare troppo in là con l'immaginazione. Radicata a terra, Mà, la Madre Terra. In lei il superamento della dimensione individuale non scaturisce dal di fuori (come accadrà con Tom), ma è qualcosa di radicato dentro, di ancestrale appunto, sebbene si riveli e si rafforzi proprio con l’aumentare delle difficoltà e la necessità crescente, per la famiglia, di un punto di riferimento stabile, di un appiglio cui aggrapparsi per non crollare. Bellissimo il suo rapporto con la figlia, Rose of Sharon: una madre "compiuta" − tenera e forte, amorevole e irriducibile − che protegge e sostiene la figlia che sarà futura madre, e per questo deve imparare prima di tutto ad essere lei stessa roccia. E che ti credi, Rosasharn, che sei l'unica ad aver aspettato un bambino? Smettila di lamentarti e muoviti, vieni ad aiutarci.

Dall'altra parte Tom, la controparte maschile di Mà. Da una parte la forza della compassione, dall'altra quella del "furore"... a rialzare la testa non basta la miseria: serve la rabbia che nasce dalla disperazione, serve quel "Grapes of Wrath," letteralmente "l'uva dell'ira" che "negli animi degli affamati da semi sono diventati acini, e gli acini grappoli ormai pronti per la vendemmia".
Bello che a incarnare il secondo fulcro di questo romanzo non sia "Pà", ma Tom, il figlio. La madre − perché è la Madre Terra che ci nutre, perché è alla Madre Terra che si torna − e il germoglio, perché è da lui, giovane e forte, che nascerà la nuova pianta, perché la vita continua, perché − come dice Mà alla fine − "è tutto come un fiume, che ogni tanto c’è un mulinello, ogni tanto c’è una secca, ma l’acqua continua a scorrere, va sempre dritta per la sua strada. La gente non muore mai fino in fondo. La gente continua come il fiume: magari cambia un po’, ma non finisce mai." E questo, alla fine, lo capirà anche Rose of Sharon, prima tutta racchiusa nella sua dimensione "egoistica" e del tutto naturale: una mamma che contiene e protegge il suo bambino... lui è l'unico bambino che esiste, e lei l'unica madre, fino a quando non si renderà conto anche lei che essere madre racchiude una vocazione molto più grande.... Da qui il finale, così forte, così sconvolgente, di quelli che non puoi dimenticare, sebbene non sia che uno solo dei tanti preziosi "pezzetti" che compongono questo mosaico straordinario, questo ritratto indimenticabile di Storia.
 

Grantenca

Well-known member
Intimidito, forse perché fresco di lettura, ecco come mi sento a commentare in poche parole questo libro. L’ho trovato magnifico sia sotto l’aspetto letterario , già a cominciare dal “folgorante” incipit , che sotto molti altri angoli di visione. E’ la “saga” di una famiglia di agricoltori dell’Oklahoma , che viveva in dignitosa povertà e come molte altre famiglie di quei posti e di quei tempi è stata travolta dalla carestia e dal progresso, che, con le meccanizzazione delle lavorazioni agricole ha distrutto la piccola proprietà e la mezzadria favorendo il grande latifondo. Unica alternativa per sfuggire la più nera miseria è la California, il mito dell’ovest, il paese dove ai lati delle strade cresce la più bella e appetitosa frutta che tutti possono cogliere, e dove tutti vivono felici e contenti. E così anche la famiglia Joad, con tutte le sofferenze di chi amava profondamento la sua casa e quel pezzo di terra che gli consentiva di vivere dignitosamente taglia le proprie radici e parte per inseguire “il mito”. Che mito ovviamente non è, anzi….E qui si parla di persone, uomini e donne, persone normali e non super uomini o super donne, dei componenti della famiglia e dei loro incontri. Una descrizione mirabile dove fatti e personaggi sono descritti con una profondità e nitidezza che poche volte ho riscontrato e che restano scolpiti nella memoria del lettore. Sono descritte anche le reazioni e visioni diverse delle varie generazioni (nonni, genitori, figli grandi, figli piccoli) alle medesime calamità e su tutto giganteggia il personaggio della “mamma” in tutti i suoi risvolti, e soprattutto come collante per l’unità della famiglia. E’ un libro che, forse, alle nuove generazioni può apparire “datato” ma che analizza anche comportamenti della società ancora attuali, come la stupidità umana che per l’avidità di tenere alto il prezzo dei prodotti ne distrugge una grande quantità quando ci sono persone, ai lati della strada, che stanno morendo di fame. Voglio dire che leggere questo libro può essere anche una piccola scuola di vita per chi ha l’età della ragione. Ho solo il rimpianto di averlo letto un po’ tardi, ma mi consolo pensando che avrei anche potuto, per ignoranza, non leggerlo mai.
 

c0c0timb0

Pensatore silenzioso 😂
Abbiamo già discusso, se non ricordo male, in un'altra discussione, della traduzione dello "sconosciuto" Coardi. Ho letto "Furore" un sacco di anni fa (e l'ho riletto nella nuova traduzione di Perroni) ed è stata l'illuminazione che mi ha portato ad eleggere John Ernst Steinbeck Jr. a furor di emozioni il mio scrittore preferito in assoluto!

Ma mi sono intrufolato per chiedervi questo: nella nuova veste di "Furore" hanno pubblicato anche "La valle dell'Eden". Nuova traduzione anche per questo immenso, bellissimo e biblico romanzo. Ebbene chiedo, vale la pena acquistarlo? Siccome la mia copia è sparita :W (nessuno si porterà più via libri in prestito da casa mia!) e aveva la traduzione del buon De Angelis, che a me piace, non conosco il motivo della nuova traduzione di Maria Baiocchi e Anna Tavaglini, che entrambe non conosco. Qualcuno di voi ne ha acquistato una copia di questa ultima edizione Bompiani, cosicché mi possa consigliarne l'acquisto o meno? O ne conosce la qualità?

Scusate l'off topic.
 

Jane Eyre

Member
Abbiamo già discusso, se non ricordo male, in un'altra discussione, della traduzione dello "sconosciuto" Coardi. Ho letto "Furore" un sacco di anni fa (e l'ho riletto nella nuova traduzione di Perroni) ed è stata l'illuminazione che mi ha portato ad eleggere John Ernst Steinbeck Jr. a furor di emozioni il mio scrittore preferito in assoluto!

Ma mi sono intrufolato per chiedervi questo: nella nuova veste di "Furore" hanno pubblicato anche "La valle dell'Eden". Nuova traduzione anche per questo immenso, bellissimo e biblico romanzo. Ebbene chiedo, vale la pena acquistarlo? Siccome la mia copia è sparita :W (nessuno si porterà più via libri in prestito da casa mia!) e aveva la traduzione del buon De Angelis, che a me piace, non conosco il motivo della nuova traduzione di Maria Baiocchi e Anna Tavaglini, che entrambe non conosco. Qualcuno di voi ne ha acquistato una copia di questa ultima edizione Bompiani, cosicché mi possa consigliarne l'acquisto o meno? O ne conosce la qualità?

Scusate l'off topic.
Ciao, io personalmente no, ma una persona che conosco io l'ha letto recentemente in ebook ed è rimasto molto soddisfatto dalla nuova traduzione :wink:
 

bonadext

Ananke
Il trionfo della narrativa proletaria

Furore è un romanzo storico, un'affresco realistico sull'America durante la Grande Depressione.
I temi trattati sono molto attuali, la povertà, una politica disastrosa, lo sfruttamento, la paura verso lo straniero, ecc., ma nonostante i temi “forti” risulta un libro di facile lettura, per tutti, le pagine scorrono via veloci e alla fine mi è rimasta l'idea di aver letto un bel romanzo e niente più!
L'ultima pagina mi ha sconcertato, anche se risulta poco credibile.

A mio parere non è quel capolavoro che tanti acclamano... troppo semplice per essere considerato un capolavoro!

Voto 4
 

c0c0timb0

Pensatore silenzioso 😂
furore è un romanzo storico, un'affresco realistico sull'america durante la grande depressione.
I temi trattati sono molto attuali, la povertà, una politica disastrosa, lo sfruttamento, la paura verso lo straniero, ecc., ma nonostante i temi “forti” risulta un libro di facile lettura, per tutti, le pagine scorrono via veloci e alla fine mi è rimasta l'idea di aver letto un bel romanzo e niente più!
L'ultima pagina mi ha sconcertato, anche se risulta poco credibile.

a mio parere non è quel capolavoro che tanti acclamano... Troppo semplice per essere considerato un capolavoro!

voto 4
grrrrrrrrrr!!!
 

ila78

Well-known member
Terminato ieri. Che dire? Wow.
Non sono assolutamente d'accordo sul fatto che sia un libro "semplice", certo è scorrevole e si legge velocemente senza troppi grattacapi di comprensione, tuttavia i contenuti sono incredibilmente "densi", ci sarebbe da fare delle riflessioni su ogni capitolo, a partire dal fatto che siamo nell'America degli anni '20 ma, aimè, la drammaticità degli eventi e degli argomenti come il razzismo, la diffidenza verso il "diverso" che invade la "tua" terra e ti porta via il lavoro, potrebbero essere riportati uguali ai giorni nostri.
I personaggi sono delineati in maniera sublime: sono poveri, poverissimi e disperati ma una straordinaria dignità trasuda da ogni pagina, da ogni dialogo; un vero e proprio mito in questo senso è 'Ma, una donna eccezionale e il vero pilastro della famiglia Joad mi sembrava di vederla: una donna segnata dal lavoro e dalla fatica ma di una forza e di una bellezza dirompente, del tutto in contrasto con l'altra donna: Rosasharn che , al contrario, non mi è piaciuta per niente: bambinetta viziata sempre lì a piagnucolare. Degli uomini ovviamente il meglio è Tom ma anche il predicatore non scherza e ci regala perle di saggezza non indifferenti, e a me non è dispiaciuto neanche Al in un certo senso il più "moderno" e proiettato verso il futuro, utopico, ma non fa niente.
Unico appunto negativo: la scena finale, ho capito che vuole essere una metafora suprema del "non arrendersi" ma l'ho trovata un po' forzata e poco verosimile.
Comunque un libro meraviglioso. Da leggere e rileggere. Voto 5/5
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Terminato ieri. Che dire? Wow.
Non sono assolutamente d'accordo sul fatto che sia un libro "semplice", certo è scorrevole e si legge velocemente senza troppi grattacapi di comprensione, tuttavia i contenuti sono incredibilmente "densi", ci sarebbe da fare delle riflessioni su ogni capitolo, a partire dal fatto che siamo nell'America degli anni '20 ma, aimè, la drammaticità degli eventi e degli argomenti come il razzismo, la diffidenza verso il "diverso" che invade la "tua" terra e ti porta via il lavoro, potrebbero essere riportati uguali ai giorni nostri.
I personaggi sono delineati in maniera sublime: sono poveri, poverissimi e disperati ma una straordinaria dignità trasuda da ogni pagina, da ogni dialogo; un vero e proprio mito in questo senso è 'Ma, una donna eccezionale e il vero pilastro della famiglia Joad mi sembrava di vederla: una donna segnata dal lavoro e dalla fatica ma di una forza e di una bellezza dirompente, del tutto in contrasto con l'altra donna: Rosasharn che , al contrario, non mi è piaciuta per niente: bambinetta viziata sempre lì a piagnucolare. Degli uomini ovviamente il meglio è Tom ma anche il predicatore non scherza e ci regala perle di saggezza non indifferenti, e a me non è dispiaciuto neanche Al in un certo senso il più "moderno" e proiettato verso il futuro, utopico, ma non fa niente.
Unico appunto negativo: la scena finale, ho capito che vuole essere una metafora suprema del "non arrendersi" ma l'ho trovata un po' forzata e poco verosimile.
Comunque un libro meraviglioso. Da leggere e rileggere. Voto 5/5

Sono contenta che ti sia piaciuto. Non avevo dubbi ma sono contenta! :)
 

malafi

Well-known member
Posso aggiungere ben poco a tutti i commenti.

Porto solo questa esperienza: lessi questo libro un estate quando frequentavo il liceo su 'consiglio' della prof di italiano. Non lo apprezzai, per usare un eufemismo.

Riletto 45 anni dopo, beh l'ho trovato un grande romanzo. Che fa riflettere su individualismo vs collettività.

Riporto questa frase che trovo bellissima e che credo non sia invecchiata malgrado i suoi 70 anni e soprattutto malgrado la valutazione ex post di come si sono concretizzate le ideologie marxiste.

E' così che comincia: da 'io' a noi'. Se riusciste a capire questo, voi che possedete le cose che il popolo deve avere, potreste salvarvi. Se riusciste a separare le cause dagli effetti, se riusciste a capire che Paine, Marx, Jefferson e Lenin erano effetti e non cause, potreste sopravvivere.
Ma questo non potete capirlo.
Perchè il fatto di possedere vi congela per sempre in 'io' e vi separa per sempre dal 'noi'.


Trovo l'ultima frase in grassetto di una verità quasi spietata che ci inchioda al muro delle nostre responsabilità.
 

Modi

New member
splendido

Secondo me uno dei pilastri della letteratura americana, da leggere più volte per coglierne i diversi aspetti.
Splendido
 

qweedy

Well-known member
Molti ritengono Furore (premiato nel 1940 con il Premio Pulitzer) il romanzo simbolo della grande depressione americana degli anni trenta.La vicenda narra la storia della famiglia Joad, che è costretta ad abbandonare la propria fattoria e a tentare di emigrare in California dove spera di ricostruirsi un avvenire. Nella stessa situazione si trovano molte altre famiglie, sfrattate dalle abitazioni dove avevano vissuto per generazioni perché le banche a cui avevano chiesto i prestiti non rinnovano i crediti e confiscano i terreni spedendo le "trattrici" a spianare tutto comprese le capanne di legno.

Un libro straordinario, bellissimo e angosciante. Voto 5/5

P.S. Vedo che i traduttori dei libri di Steinbeck sono Montale, Vittorini, Pavese!
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
Angosciante, realistico, attualissimo. “Furore” è con ragione considerato una pietra miliare della letteratura americana e, aggiungo io, mondiale. Sì, perché sebbene racconti la storia della famiglia Joad, una delle tante famiglie che trasmigravano dall’Est all’Ovest degli Stati Uniti in famelica ricerca di un lavoro, di un posto dove stare e di un po’ di dignità, questa storia racconta, in realtà, le storie di tutti gli immigrati del mondo.
Storie di dolore e di coraggio, di tragedie umane e di vita vera, vita di persone senza nome, senza volto, senza tempo. Perché da che mondo e mondo la disperazione, la fame, la voglia di riscatto, l’amor proprio, la necessità di provvedere per sé e per i propri cari, hanno spinto e spingeranno sempre esseri umani a lasciarsi alle spalle una vita di ricordi e a spostarsi per cercare fortuna o anche solo un po’ di stabilità. E’ questo ciò che cercava la famiglia Joad quando lasciò, con nonni, cani e vettovaglie al seguito, la terra nell’Oclahoma da cui era stata scacciata per trasferirsi in California, attraversando a bordo di un camion scalcagnato la Route 66, passando fiumi e deserti per raggiungere il paese dove crescono le arance. Ma una volta giunti miracolosamente a destinazione l’accoglienza non è certo quella che ci si aspetterebbe da chi cerca braccianti per coltivare la sua terra… E le battaglie per sopravvivere non sono finite e non finiranno mai finché sorgerà il sole.
Un capolavoro di umanità, un libro senza tempo che osserva una realtà che tutti conosciamo e la racconta con occhio cinico e realista. Steinbeck alterna nella narrazione le vicende degli Joad e delle digressioni utili per generalizzare e contestualizzare: di solito non amo molto questi intermezzi nel racconto di una storia, ma in questo caso le digressioni sono pezzi di storia perfettamente inseriti nella narrazione e sono utilissimi a fornirci una visione d’insieme. Un libro che consiglio a tutti, anche con un occhio alla situazione che a tutt’oggi viviamo nel nostro paese: leggere queste pagine può aiutare chi ancora ha delle remore verso gli immigrati a capire la loro condizione e forse ad essere un po’ meno duro con i giudizi.
Ad ogni modo, a mio parere “Furore” è un libro bellissimo.
 
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