Steinbeck, John - Furore

MadLuke

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Questo romanzo, Nobel per la letteratura nel 1962, è un altro di quei monumenti all’animo umano, caratteristici della letteratura nordamericana contemporanea. La grandezza dell’uomo nei piccoli gesti, l’irriducibilità della speranza, la tenacia oltre ogni ragionevolezza, la rassegnazione come attaccamento alla vita.
L’opera si sviluppa su due binari, il primo è la narrazione dell’ordalia della famiglia Joad, una delle tante famiglie povere che ai tempi della Grande Depressione, dagli stati poveri del mid-west, furono costrette a emigrare lungo la Route 66 verso la California, nella speranza, o nell’illusione, di trovare un posto dignitoso dove vivere. Il secondo, che miscela ampiamente i tratti del saggio di storia e sociologia, raccontare in ottica più ampia le condizioni dei disperati braccianti della frutta emigranti, e di quel contorno di politici, attivisti politci, uomini delle forze dell’ordine, latifondisti, banchieri, borghesi e altri umili lavoratori, le cui vite in qualche modo ne vengono a contatto. Ne emerge così un preciso documento di cronaca e denuncia, e al tempo stesso un affresco estremamente vivido, viscerale, di una miseria umana che era umiliazione dello spirito prima che delle condizioni di vita materiali. Una considerazione dell’umanità che per la prima volta subordina anche la dignità dell’uomo alla produzione capitalistica. Come poi avrebbe dimostrato anche ne “La valle dell’Eden”, Steinbeck dimostra di saper discettare colla stessa disinvoltura di filosofia e Chevrolet, di balli per abbordare le ragazze e meandri della mente degli uomini e donne.
Questo è lo scenario su cui si muovono i membri della famiglia protagonista, ognuno mosso, secondo il mio parere, da valori differenti, che sono paradigma dei valori che muovono ogni uomo. Pa’ è il capo famiglia, la gerarchia riconosciuta sembra costituire il pilastro della sua vita. Ma’ la generosa matriarca che in ogni gesto o parola effonde il suo impegno per l’unica cosa che per lei conti: tenere unita la famiglia. Lo zio John tormentato dal rimorso e desiderio di oblio. Al è l’ardore giovanile, e per soddisfarlo non esita mai a subordinare perfino i legami familiari. L’ex predicatore Casy, amico di famiglia, è quello più dichiaramente alla ricerca del senso della vita e che avverte forte le contraddizioni della corporeità. Poi vi è Tom, il figlio maggiore che taluni indicano come vero protagonista del romanzo, per certi versi dotato di un equilibrio interiore che manca agli altri personaggi. E’ secondo me quello che semplicemente più di tutti si fa guidare dallo “stato di necessità”, suo e dei suoi cari, senza altra motivazione che derivi da sovrastrutture sociali (siano esse familiari, legali o religiose). Trovo in questo si origini il suo pragmatismo che poi di fatto lo induce a compiere sempre “ciò che è meglio”.
Lungo la narrazione dei vari episodi che costituiscono il viaggio della famiglia e dell’animo umano attraverso l’assurda, è il caso di dirlo, miseria del tempo (che poi è di tutti i tempi, quando di un popolo, quando di un altro) prende sempre più forma, e cresce, quella forza ribollente come magma sotto la superficie, che da il titolo all’opera (specialmente nella traduzione italiana). “Furore” è quel termine che io trovo perfettamente calzante per esprimere il moto divino che non può fare a meno di ribellarsi all’ingiustizia e ai soprusi che invece sono propri degli uomini. L’ultimo scatto del cuore che non può accettare impunemente la sovversione e l’obnubliamento dell’ordine morale, della bellezza, della speranza. E’ violenza, ma non cieca. E’ invece quel tratto divino che si esprime a più riprese nell’Antico Testamento, e che talvolta emerge nei grandi eventi storici come la rivolta di Spartaco, i vari moti e guerre d’indipendenza, o la Rivoluzione Francese o quella d’Ottobre, e che è invece è rifiutato dal Cristianesimo che riconosce come unica natura divina l’amore e la misericordia.
Il finale, amaro e positivo al tempo stesso, trovo si ponga così nello stesso solco di Cormac McCarthy, per cui tanto più in basso si spinge la miseria dell’uomo, tanto più forte brilla quell’irriducibile speranza che rimanda a una Provvidenza cui, nonostante la sua inspiegabile latitanza e insondabilità, in realtà nulla sfugge e tutto benedice.
 

MonicaSo

Well-known member
Un libro stupendo! Lo leggi e lo vivi.
Il finale: per gli ottimisti è un'apertura verso tempi migliori; per i pessimisti (come me) la visione disperata di un mondo che non può cambiare.
 

Roberto89

MODerato
Membro dello Staff
Per me è il primo libro di Steinbeck, spero non sia anche l'ultimo ma al momento ho bisogno di una pausa dai suoi libri. Questa è stata una di quelle letture in cui capisci che l'autore ha qualcosa da dire, capisci anche cosa e ti trovi d'accordo, ma non riesci lo stesso ad apprezzare la storia che viene raccontata. Almeno per mè è stato così.

Senza entrare nei dettagli della trama, ho trovato la lettura imprgnativa perché più che sulla famiglia Joad il libro si concentra su una classe di persone e un periodo storico, i Joad sono solo un esempio fra tanti ai quali l'autore non ci permette di affezionarci più di tanto, anche se ci accompagnano per tutto il libro e quindi non possiamo fare a meno di affezionarci. Non c'è un vero protagonista (non in carne e ossa almeno), perché i protagonisti in questo romanzo sono impersonali, sono gli stati d'animo e le vicende che accomunano tutto un gruppo di personaggi, di cui come dicevo la famiglia Joad è solo un esempio.

Anche la mancanza di un vero finale ha contribuito a lasciarmi questa sensazione di vuoto, probabilmente voluta dall'autore, ma difficile da accettare dopo tante pagine. Nulla si sa di Tom nella parte finale del romanzo, cosa che mi ha lasciato un po' deluso.

Resta comunque tutta la parte letteraria del romanzo, sulla quale non mi dilungo (e non saprei entrare nel dettaglio), e che dà valore alla storia: se la trama in sé è carente, l'intento letterario resta forte, anche attuale per certi versi; forse se la trama fosse stata accorpata con più forza al resto sarei riuscito ad apprezzarlo meglio. Le tre stelle quindi non sono dovute a qualche vero difetto del libro ma alla mia personale esperienza di lettura, al quel senso di vuoto lasciato dal finale che come dicevo forse è voluto dall'autore ma che io personalmente non sono riuscito ad apprezzare.

Voto: 3 stelle su 5
 

gamine2612

Together for ever
Avevo letto questo romanzo ai tempi delle superiori in quanto mia sorella maggiore lo doveva leggere per l'università ed era a casa.
Ne avevo visto anche il film, un ricordo di polvere, tribolazioni ed angherie.
A questo punto me lo ricordavo troppo vagamente quindi ho deciso di rileggerlo anche in ragione di un corso tematico che inizierò a breve.
Con questi presupposti ho portato particolare attenzione durante la lettura dei , dettagli della natura, degli uomini, del periodo storico in cui si svolge. Non aggiungo alla trama di più di quanto specificato nei post precedenti.
Risultato interessante e molto empatico, quindi lo consiglio, ma solamente se avete l'animo predisposto a questo genere.
 
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