Terzani, Tiziano - Un indovino mi disse

estersable88

dreamer member
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Mi sono appena accorta che non avevo postato il mio commento su questo libro. Queste le mie riflessioni dopo la lettura, che risale ormai a un anno e mezzo fa.
Non è facile parlare di questo libro perché si tratta di una lettura assolutamente anomala, di un’esperienza intensa e fuori dagli schemi.
Terzani trasmette, in queste pagine, le tante sensazioni che prova durante il suo viaggio e ci si ritrova, quasi per una costrizione indiretta, a provarle nostro malgrado. Questo libro richiede, anzi ci impone di prenderci il giusto tempo per compiere, insieme all’autore, un viaggio fisico, temporale e soprattutto spirituale senza precedenti.
Tutto nasce da una profezia che un indovino di Hong Kong fa a Terzani nel lontano 1976: nel 1993 il giornalista correrà il rischio di morire perciò non dovrà volare, non dovrà prendere aerei per nessun motivo. Ora, Terzani è ovviamente combattuto tra l’affidarsi alla profezia e il continuare la sua vita regolarmente sfidando la sorte. E se la profezia non fosse vera? E se invece lo fosse? Alla fine Terzani decide di aspettare la fine del 1992 e di decidere sul momento. Allo scoccare del nuovo anno si trova in Laos, una terra in equilibrio precario tra modernità ed antica spiritualità, e decide di non credere troppo alla profezia, ma comunque di non mettercisi contro: non prenderà aerei per quell’anno e sfrutterà la cosa come un gioco, una sfida. Farà i suoi tantissimi viaggi di lavoro spostandosi in macchina, nave, treno, a piedi… così il giornalista si ritrova a percorrere in lungo e in largo un continente, l’Asia, che conosce ed ama profondamente.
Grazie a quella profezia Terzani ha l’occasione per conoscere luoghi nuovi e riscoprire posti già visitati, analizzando da vicino un’Asia che cambia, che si evolve verso il progresso perdendo, però, la sua unicità ed i suoi profondi legami con il passato. Il giornalista però è, in questo libro, anche e soprattutto uomo perché si riscopre attraverso un percorso spirituale che lo porta a cercare, in ogni città o villaggio, un indovino, un veggente, un chiromante. Terzani vuole scoprire, vuole capire cosa ci sia dietro questi culti popolari e si ritrova a contatto con una massa di umanità così varia ed eterogenea da essere meravigliosamente tragica. Un anno lontano dalla modernità e velocità degli aerei porta Terzani a riespandere le distanze, a dilatare il tempo ed a guardare tutto con occhi nuovi, quelli degli uomini e delle donne che abitano quei luoghi.
Si tratta, in buona sostanza, di un viaggio introspettivo e spirituale attraverso un continente in continuo cambiamento ed in rapida, precipitosa discesa verso un’entità globale.
Una lettura che va fatta con la mente svuotata e pronta ad immergersi nel groviglio di emozioni che il libro suscita: per apprezzare a pieno quest’opera, a parer mio, bisogna scegliere il momento giusto e prendersi tutto il tempo necessario per assorbire ogni riga.
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
430 pagine durante le quali l'Autore girovaga per l’Asia incontrando 430 maghi, indovini, streghe, fate, fattucchieri, chiaroveggenti, astrologhi e ciarlatani vari che gli/ci fanno capire che l’Asia sta perdendo tutta la sua storia e spiritualità per correre dietro al progresso e ai soldi, e così facendo perde tutta la sua poesia.

OK.
Premesso che per capire quanto sopra di ciarlatani ne bastavano una decina, peccato che quella poesia si basi sull’indifferenza buddhista verso la sofferenza.
Non saranno come noi (perciò ipocriti e puritani, o ipocriti e scettici a seconda dei gusti), non vivranno sopraffatti dai sensi di colpa e perciò non saranno moralisti, ma il risultato – per me – è un bello schifo.
Lo schifo – appunto – di non sentirsi nè in colpa nè tanto meno responsabili di ciò che fanno loro o i loro simili, col risultato che se in passato morivano (e lasciavano morire gli altri) di fame, lebbra, scabbia, rogna, tigna...perchè erano poveri, ora si lascia morire gli altri (di fame, di lebbra...) perchè troppo occupati a correre dietro al dio denaro.

Onestamente preferisco il Cristianesimo occidentale e tutto ciò che, anche nato da questo, l’ha contrastato: insieme hanno fatto un mondo imperfetto e ipocrita finchè si vuole, ma molto migliore del loro, anzi, non c’è proprio paragone.
Poi magari sbaglio, perciò se dopo essersi reincarnato in un cambogiano, in una thailandese o in un cane del luogo qualcuno vuole darmi torto, sono tutto orecchie.

Alle prime 425 pagine in cui girovaga scettico, anche se a tratti ripetitive, posso dare un 6 su 10, anche un 6,5 e tirandolo per le orecchie un 7, tò!
Però alle ultime 5 in cui si da alla meditazione e scopre come distaccarsi dal mondo della sofferenza, uno 0.
Troppo facile distaccarsi dalla sofferenza tornando a Firenze: avesse provato a distaccarsene vivendo senza bidet e con una ciotola di riso per sempre!
A me, la miseria e l'ingiustizia che ho visto in giro per il mondo, mi hanno fatto un altro effetto.
 
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