Murgia michela - l'accabadora
Ricorda molto la “Iannara” perché descrive una realtà di miseria e ignoranza; è ambientato in Sardegna negli anno '50 e la protagonista è una bambina che viene ceduta dalla madre a una vecchia sarta; questa è un’accabadora, cioè colei che porta una morte pietosa nei casi in cui non c'è più speranza e una grande sofferenza.
“Come gli occhi della civetta, ci sono pensieri che non sopportano la luce piena. Non possono nascere che di notte, dove la loro funzione è la stessa della luna, necessaria a smuovere maree di senso in qualche invisibile altrove dell’anima. Di questi pensieri Bonaria Urrai ne aveva diversi, e aveva imparato nel tempo a prendersene cura, scegliendo con pazienza in quali notti farseli sorgere dentro. “
“Andrea Bastiù, freddo di terrore, osservò dallo spiraglio della porta, l’anima femmina e nera parlare con suo fratello , prima di vederla chinarsi con il cuscino in mano. Non vengono a fare quello le anime. O forse sì, invece. Ed è per questo che sua madre diceva che la porta bisognava chiuderla, ma chiuderla bene, non tenerla socchiusa a fare invidia ai morti con il respiro, perché poi vengono ed ecco, te lo rubano via dentro un cuscino.”
“I primi ricordi vennero fuori così, per sensazione o distrazione, repentini e sempre di notte. Poi la memoria cominciò ad accadere di giorno, quando non era possibile prendersela con gli inganni del sonno se in certe inclinazioni del sole nel soggiorno riconosceva la luce della casa di Bonaria Urrai; lentamente, tornarono a uno a uno, visi, voci e luoghi dell’infanzia in cui era cresciuta, e Maria si scoprì ad abitarli senza chiedere permesso. Quando cuciva sovrappensiero, associava ai gesti lenti della mano l’eco di altri ricami, tracciati altrove tempo prima, su stoffe diverse ma non in un’altra vita, per quanto si fosse ripetuta per molti mesi il contrario.”