Murgia, Michela - Accabadora

elena

aunt member
Mi associo ai complimenti :)
Mi ha colpito in modo particolare la capacità di affrontare un tema così delicato (e dibattutto) con molta semplicità ma, nello stesso tempo, in modo profondo.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Non posso fare altro che associarmi anche io ai complimenti alla Murgia.
La trattazione di temi molto delicati ed attualissimi,eutanasia e pedofilia,è stata fatta dall'autrice in maniera davvero naturale,ma intensa,senza particolari commenti,lasciando quindi al lettore di esprimere la propria opinione a riguardo.
Forse rischia di apparire troppo essenziale,ma se la trama fosse stata ulteriormente sviluppata,ci sarebbe stato il pericolo,secondo me,di appesantire inutilmente la narrazione,rendendola meno scorrevole.
Credo (o almeno spero) che sulla pedofilia siamo tutti d'accordo nel condannarla e giudicarla un'infamia,invece sono sicura che l'argomento "eutanasia" possa trovare giudizi concordi e discordi.
Senza entrare nel merito della discussione,voglio solo ricordare il ruolo dell'accabadora di "ultima madre" che come nella nascita,accompagna le persone anche nella morte.
Davvero particolare è il rapporto che si istaura tra Maria e Bonaria,aldilà di quello di sangue che può legare madre e figlia.E' un personaggio discutibile,ma non condannabile quello di Nicola,che non riesce ad accettare la sua menomazione.
Mi è venuto da fare un confronto con un'altra scrittrice sarda,Milena Agus,i cui romanzi,se ricordo bene, però si svolgono ai nostri giorni ed hanno minor presenza di parole in dialetto sardo.
 

franceska

CON LA "C"
copio incollo da gdl

Quando replicò, gli emerse tra le parole qualcosa di feroce che fece capire a Maria la portata della menzogna riguardo al tempo che aggiusta le cose.
-Ti ha fatto male il continente, Mariedda nostra. Sei diventata arrogante con i peccati degli altri. Non ti è mai venuto il dubbio che forse non c’è niente da perdonare?
Maria gli ricambiò lo sguardo sorpresa e ferita, aprendo la bocca per dire qualcosa. Poi la richiuse senza una parola, e Andrìa allora la incalzò.
-Perché sai, ti vedo così sicura del tuo… magari ti sbagli, e in cielo non si giudica come giudichi tu.


E chi ci dice come si giudica in cielo? Non possiamo saperlo. E’ così naturale e semplice aiutare una nascita, quanto oscuro e complicato assistere una morte… e questo libro ci fa riflettere non poco su questo dilemma. Ma chi ci può giudicare? Nessuno ha il diritto di farlo, se non la nostra coscienza che sa d’aver deciso in ogni caso un gesto d’amore.
Spero che questo libro non inneschi la solita polemica del giusto o sbagliato, ma faccia parlare unicamente di una brava scrittrice come Michela Murgia e di un premio che, per me, è davvero meritato. Bellissimo
 

novella76

New member
Quoto ogni vostro complimento. Degno del suo premio. Mi ha colpito in modo particolare la capacità che ha avuto di trattare un tema così difficile in maniera semplice ma al tempo stesso intensa e toccante. In questo libro così piccolo ho trovato grandi emozioni! La Murgia è stata capace di ridare la naturalezza a un evento come la morte. Un evento doloroso e difficile da accettare ma che rimane pur sempre parte integrande e imprescindibile della Vita stessa.
 

sergio Rufo

New member
Bel libro, davvero. Letto in una giornata piovosa in montagna.
Un tema particolare che da tradizione diventa in questi tempi attuale.
E' la tradizione,come dice Julia, ad essere "inevitabile" nel romanzo della Murgia.
Sensazione? forse e' un libro un pochino femminile.
Comunque merita di essere letto.
 

SALLY

New member
Letto in due giorni,bravissima davvero la Murgia,premio ampiamente meritato,nella lettura succede di inoltrarsi in questo mondo contadino dove temi come la vita,la morte,i rituali sono insiti in ognuno,dove la morte è accettata e aiutata con naturalezza...come il vecchio indiano si lascia morire per non intralciare il gruppo,come la gazzella più vecchia sarà pasto del leone,come i gatti dignitosamente un giorno scompaiono.Non ci sono giudizi,solo una saggia,ancestrale accettazione delle cose della vita.Bellissimo.
 

Kriss

blonde member
Questo libro si legge d’un fiato, ma ti lascia in fondo una bella sensazione di rispetto per la vita e per la dignità umana. Accabadora è colei che addormenta chi ne ha bisogno, è una donna che nonostante la sua ignoranza è un pozzo di saggezza. Ci fa riflettere su cosa è giusto fare e non fare quando si tratta di mettere la parola fine alla nostra vita.
Ci fa pensare all’accanimento terapeutico dei nostri giorni e della nostra civiltà che ci vede più come cavie per la scienza che come esseri con il diritto a spegnersi con dignità. Ambientato nel passato è però incredibilmente attuale.
Consigliatissimo.

:)
 

Ira

Retired member
Bello, un libro che si legge in un fiato, scritto molto bene. Contenuti profondi a volte scabrosi ma trattati con infinità sensibilità dall'autrice.
Quoto tutte le recensioni lasciagte da ha letto questo libro prima di me. Li ringrazio tutti per averlo consigliato.
 

stellonzola

foolish member
Una scrittura piacevole e scorrevole. Un tema profondo e difficile trattato con leggerezza, ma non con superficialità. Mi ha toccato a fondo.
Per lavoro mi trovo spesso a contatto con la sofferenza e la morte (sono infermiera). Credo che questo libro affronti difficili argomenti quali eutanasia, suicidio, accompagnamento alla morte, dolore, con una serenità che non vuole dare giudizi e non vuole schierarsi. Questa donna fa l'"accabadora" come fosse un'eredità della tradizione. Lo fa perché è stata investita dal destino di questo compito, che non le è lieve e non le piace, ma si fa perché qualcuno lo deve fare...
Sembra quasi una triste favola d'altri tempi.
Mi ha fatto riflettere profondamente su temi che credevo già affrontati e già risolti, ponendomi domande determinanti e lasciandomi spiazzata e senza risposte...
Mi lascia addosso un'idea di dolcezza e di nostalgia.
 
In principio il non accorgersi neanche di essere considerata una nullità, la rinascita con una donna che si prende cura di te e ti fa sentire importante, la trasformazione in una creatura sensibile e "giusta", l'accorgersi infine che la vita in certe vicende bestiali ha il potere nefasto di iniettare veleno nella purezza e nell'ingenuità. Quest'opera ti lascia un misto di dolcezza, di malinconia, di grandi domande, di paura, di EMOZIONI insomma. E oggi haimè è più che raro. E il pensiero che alla fine pure l'essere più perfetto, più probo,possa pensare che abbia avuto soltanto illusioni dall'esistenza e che quindi debba piegarsi ad azioni crudeli mi rende anche triste.
 
Ciao Franceska, prima di tutto grazie infinite per aver letto anche il mio post. Hai ragione per Maria è stato un gran gesto d'amore ma proviamo a pensare se sia lo stesso anche per chi ci ha dato la vita.
 

franceska

CON LA "C"
Ciao Franceska, prima di tutto grazie infinite per aver letto anche il mio post. Hai ragione per Maria è stato un gran gesto d'amore ma proviamo a pensare se sia lo stesso anche per chi ci ha dato la vita.

Ciao Raffaele, cosa ti posso rispondere? :boh: Io lo reputo comunque un gesto d’amore, non potrei immaginare diversamente, anzi, un complicatissimo gesto d’amore e, come ho scritto nel mio commento più su, penso che dovremmo limitarci a considerare la bellezza del racconto senza innescare interrogativi a cui è difficile trovare risposte.
 
copio incollo da gdl

Quando replicò, gli emerse tra le parole qualcosa di feroce che fece capire a Maria la portata della menzogna riguardo al tempo che aggiusta le cose.
-Ti ha fatto male il continente, Mariedda nostra. Sei diventata arrogante con i peccati degli altri. Non ti è mai venuto il dubbio che forse non c’è niente da perdonare?
Maria gli ricambiò lo sguardo sorpresa e ferita, aprendo la bocca per dire qualcosa. Poi la richiuse senza una parola, e Andrìa allora la incalzò.
-Perché sai, ti vedo così sicura del tuo… magari ti sbagli, e in cielo non si giudica come giudichi tu.


E chi ci dice come si giudica in cielo? Non possiamo saperlo. E’ così naturale e semplice aiutare una nascita, quanto oscuro e complicato assistere una morte… e questo libro ci fa riflettere non poco su questo dilemma. Ma chi ci può giudicare? Nessuno ha il diritto di farlo, se non la nostra coscienza che sa d’aver deciso in ogni caso un gesto d’amore.
Spero che questo libro non inneschi la solita polemica del giusto o sbagliato, ma faccia parlare unicamente di una brava scrittrice come Michela Murgia e di un premio che, per me, è davvero meritato. Bellissimo

Ciao Franceska, ho letto con più attenzione questo tuo post e devo dire che convengo con te, nessuno e niente va giudicato! Hai un contatto facebook ? (se ti fa piacere dialogare con più frequenza rispondimi su raffaeleromanzi@libero.it. Saluti.
 

skitty

Cat Member
“Fillus de anima. E' così che li chiamano i bambini generati due volte, dalla povertà di una donna e dalla sterilità di un'altra”.
Già dall'incipit questo si rivela un libro delicato, una storia intensa narrata con un linguaggio dolce e amaro allo stesso tempo, nella sua spontaneità ed intensità delle immagini presentate e descritte.

“Quanti anni avesse Tzia Bonaria allora non era facile da capire, ma erano anni fermi da anni, come fosse invecchiata d'un balzo per sua decisione e ora aspettasse pazientemente di esser raggiunta dal tempo in ritardo”.
“Ci sono posti dove la verità e il parere della maggioranza sono due concetti sovrapponibili, e in quella misteriosa geografia del consenso, Soreni era una piccola capitale morale”.

Ho trovato commovente innanzitutto il rapporto tra la bambina e la vecchia, e la sincerità e l'apertura che di rimando si sono schiuse in Maria.

Mi è piaciuta molto l'ambientazione nel paese rurale sardo, dove la gente è famiglia, e ora ferisce, ora aiuta, nel perpetrare di tradizioni ed azioni antiche.

“Non dire mai: di quest'acqua io non ne bevo. Potresti trovarti nella tinozza senza manco sapere come ci sei entrata”.
L'operato dell'accabadora resta misterioso, e secondo la mia opinione, è impossibile emettere un giudizio negativo o positivo sui gesti da lei compiuti: ci si limita a prendere atto degli eventi, a vederne l'amore e le buone intenzioni, a valutarne le conseguenze gravi... ma resta impossibile per me dire è giusto, o è sbagliato.

Avrei gradito che il romanzo durasse molto di più, secondo me c'erano ancora tante cose da dire, e anche il finale lo immaginavo un po' differente, ma forse è proprio questo lasciare in sospeso che colpisce e spinge ad approfondire dentro di noi i temi proposti.
Voto: 4
 

DoppiaB

W I LIBRI !
Mi vengono in mente due aggettivi per descrivere questo libro: delicato e intenso.

Leggendo mi interrogavo se fosse giusto o meno il ruolo dell'accabadora, poi sono arrivata a leggere questa frase:“Non dire mai: di quest'acqua io non ne bevo. Potresti trovarti nella tinozza senza manco sapere come ci sei entrata”. e ho smesso di interrogarmi su cosa è giusto e su cosa è sbagliato!
 

Spilla

Well-known member
skitty;214995 Mi è piaciuta molto l'ambientazione nel paese rurale sardo ha scritto:
Vero! Quel che delude è che sembra mancare qualcosa, dà un vago senso di incompletezza. Per il resto è una lettura affascinante e scorrevole. Mia madre, ultrasettantenne lettrice istintiva, lo ha divorato. Da qualche anno io, con laurea ecc., mi confronto sempre di più con i gusti di lei, che ha fatto la quinta elemantare. Il più delle volte concludo che ha assolutamente ragione, e la sua analisi è perfetta:D
Leggendo mi interrogavo se fosse giusto o meno il ruolo dell'accabadora, poi sono arrivata a leggere questa frase:“Non dire mai: di quest'acqua io non ne bevo. Potresti trovarti nella tinozza senza manco sapere come ci sei entrata”. e ho smesso di interrogarmi su cosa è giusto e su cosa è sbagliato!
Lo stesso è stato per me!
 

MCF

New member
Murgia michela - l'accabadora

Ricorda molto la “Iannara” perché descrive una realtà di miseria e ignoranza; è ambientato in Sardegna negli anno '50 e la protagonista è una bambina che viene ceduta dalla madre a una vecchia sarta; questa è un’accabadora, cioè colei che porta una morte pietosa nei casi in cui non c'è più speranza e una grande sofferenza.

“Come gli occhi della civetta, ci sono pensieri che non sopportano la luce piena. Non possono nascere che di notte, dove la loro funzione è la stessa della luna, necessaria a smuovere maree di senso in qualche invisibile altrove dell’anima. Di questi pensieri Bonaria Urrai ne aveva diversi, e aveva imparato nel tempo a prendersene cura, scegliendo con pazienza in quali notti farseli sorgere dentro. “

“Andrea Bastiù, freddo di terrore, osservò dallo spiraglio della porta, l’anima femmina e nera parlare con suo fratello , prima di vederla chinarsi con il cuscino in mano. Non vengono a fare quello le anime. O forse sì, invece. Ed è per questo che sua madre diceva che la porta bisognava chiuderla, ma chiuderla bene, non tenerla socchiusa a fare invidia ai morti con il respiro, perché poi vengono ed ecco, te lo rubano via dentro un cuscino.”

“I primi ricordi vennero fuori così, per sensazione o distrazione, repentini e sempre di notte. Poi la memoria cominciò ad accadere di giorno, quando non era possibile prendersela con gli inganni del sonno se in certe inclinazioni del sole nel soggiorno riconosceva la luce della casa di Bonaria Urrai; lentamente, tornarono a uno a uno, visi, voci e luoghi dell’infanzia in cui era cresciuta, e Maria si scoprì ad abitarli senza chiedere permesso. Quando cuciva sovrappensiero, associava ai gesti lenti della mano l’eco di altri ricami, tracciati altrove tempo prima, su stoffe diverse ma non in un’altra vita, per quanto si fosse ripetuta per molti mesi il contrario.”
 
Alto