Cos'è il "nulla" e come viene rappresentato...

no, non sono distinte.
Lo zero non è semplicemente un circolino. E' molto di più. E' questa la base di partenza. Lo zero equivale al "nulla".

Sinceramente, non lo so....
Se è cosi, allora mi dovrai spiegarlo per bene, con le parole semplici e gli esempi concretti... a volte sono molto dura a capire alcuni argomenti, e rifiuto apriori gli asiomi dei grandi uomini, specialmente che gli hanno fondato solo per far quadrare alcune sue teorie, che altrimenti li facevano acqua da tutte le parti... scusami, ma con gl'anni sono diventata molto pragmatica... :mrgreen:
 
il nulla secondo me potrebbe essere riferito alla deprivazione sensoriale, in termini sicuramente relativi però, perchè c'è sempre un sistema di riferimento che è la capacità di percezione della persona, oppure alla sindrome del locked in dove la persona è cosciente e sveglia ma non può assolutamente comunicare con l'esterno perchè c'è la paralisi di tutti i muscoli volontari del corpo, anche qui prendendo come riferimento l'interazione con la realtà.

In questo caso Elisa, io credo che si tratta di una negazione di un certo termine... ma, sempre secondo me, la negazione non equivale al 'nulla'... :?
 

Brethil

Owl Member
Se il nostro universo si è generato dal nulla, non è che anche noi possiamo definirci come pezzettini di nulla? :?
 

Lucripeta

New member
In questo caso Elisa, io credo che si tratta di una negazione di un certo termine... ma, sempre secondo me, la negazione non equivale al 'nulla'... :?

Appunto! Il nulla non può essere ne descritto ne provato ne altro.
Penso faccia parte dei concetti ineffabili.

Qualcuno può forse cogliere il presente?
 

sergio Rufo

New member
Devoto o non Devoto?

Prima mi dici che ripetere in generale una teoria filosofica a volte ricorda i pappagalli ( non io e ti ringrazio). Poi ti affidi quasi ciecamente ad un vocabolario per trovare un significato ad una parola. Capisco. Cosi' si corre lo stesso rischio che dicevi prima, ma sono sicuro che non e' il tuo caso.
Ad ogni modo per riprendere il nostro discorso, anche per una parola - allora - si presta la tua giusta osservazione che una teoria va' usata applicandola alla propria logica.
Cosi' per il termine esistere legato al nulla: logicamente, e senza essere filosofi, si capisce da soli che se esistiamo e prima non esistevamo , qualcosa deve essere ben successo. Io ora sono e prima non ero o ero qualcosa d'altro. Mi sembra apodittico questo fatto.
Dunque, arrivo, nasco, affioro, compaio, appaio, faccio capolino, m'affaccio , " emergo" da un qualcosa che non posso definire esattamente sulla base della mia esperienza , ma posso solo arguire per supposizione e per ragionamento teorico anche se questo si puo' prestare a qualsiasi confutazione. E se permetti, tutto questo lo si puo' ragionare senza essere filosofi, anche se quest'ultimi ci possono dare una mano.
Come per un pianista: puuo' suonare benissimo da solo ma se studia un po' di Mozart, non gli fa certo male.
 

asiul

New member
Prima mi dici che ripetere in generale una teoria filosofica a volte ricorda i pappagalli ( non io e ti ringrazio). Poi ti affidi quasi ciecamente ad un vocabolario per trovare un significato ad una parola. Capisco. Cosi' si corre lo stesso rischio che dicevi prima, ma sono sicuro che non e' il tuo caso.
Ad ogni modo per riprendere il nostro discorso, anche per una parola - allora - si presta la tua giusta osservazione che una teoria va' usata applicandola alla propria logica.

perdonami, ma non ho capito...chi è (qui) il tuo interlocutore...moi? :)

Cosi' per il termine esistere legato al nulla: logicamente, e senza essere filosofi, si capisce da soli che se esistiamo e prima non esistevamo , qualcosa deve essere ben successo. Io ora sono e prima non ero o ero qualcosa d'altro. Mi sembra apodittico questo fatto.
Dunque, arrivo, nasco, affioro, compaio, appaio, faccio capolino, m'affaccio , " emergo" da un qualcosa che non posso definire esattamente sulla base della mia esperienza , ma posso solo arguire per supposizione e per ragionamento teorico anche se questo si puo' prestare a qualsiasi confutazione.

Come fai a sapere che prima di esistere non esistevi? Tu sei solo cosciente (io nemmeno questo) del fatto che esisti. Oggi. Ed in parte ieri. Ma della tua (non) esistenza antecedente al tuo ieri, come puoi esserne certo?

E se permetti, tutto questo lo si può ragionare senza essere filosofi, anche se quest'ultimi ci possono dare una mano.
Come per un pianista: puuo' suonare benissimo da solo ma se studia un po' di Mozart, non gli fa certo male.

Non è una contraddizione? :)
Non ho capito (di nuovo)..scusa...comunque proverò a rispondere ... :wink:

Volontariamente o non, ognuno di noi si serve del pensiero che il tempo e le sue letture (non) hanno immesso nella sua testa.
Servirsi del pensiero filosofico è per me associare il proprio pensiero a chi ha saputo esprimere meglio di altri un concetto altrimenti inespresso.
Come tu hai ben detto...si può certamente "suonare" da soli, ma a meno che tu non sia Mozart, il risultato non sarà mai lo stesso. Per questo a volte è preferibile lasciare alle parole e ai pensieri, che siano di filosofi od altri, lo spazio ed i meriti che gli competono.

Certamente si può ragionare da soli. Di più. E' auspicabile, in molti casi. Ma qualsiasi ragionamento fatto oggi, è frutto di quello antecedente...
 

sergio Rufo

New member
Asiul, tu poni domande difficili.

asiul, se rileggi, guarda che diciamo le stesse cose sull'associazione delle nostre riflessioni personali e alcune letture che , magari, ci permettono di capire meglio cio' che noi facciamo fatica a capire.

Sulla domanda, invece, di come faccio a sapere che non esistevo prima di esistere, ti rispondo:
dato che l'esistenza e' soggettiva - e con questo intendo dire che l'autocoscienza di se 'stessi ci fa percepire immediatamente di esse quello che noi siamo - va da se' che in quanto " io sergio" prima di esserlo non lo ero e ne sono assolutamente consapevole.
L'idea della finitudine appare naturale.
Vediamo nascere gli altri, vediamo morire gli altri e traiamo la conseguenza che in "quanto io sergio e in quanto tu asiul" siamo nati e prima o poi moriremo.
Quindi la consapevolezza della PROPRIA esistenza e' sempre soggettiva, nasce dal soggetto che noi rappresentiamo.

Se poi mi chiedi come faccio a sapere se prima di essere cosi' ero magari cosa' - beh! asiul! - mi chiedi una cosa alla quale non sono in grado di risponderti. Se si sapesse la soluzione di questo arcano, tutta la filosofia e anche tutte le religioni, non avrebbero piu' senso di essere pensate.

Limitiamoci a quello che possiamo dare per certo. In modo Cartesiano, massi!!!!
 

asiul

New member
asiul, se rileggi, guarda che diciamo le stesse cose sull'associazione delle nostre riflessioni personali e alcune letture che , magari, ci permettono di capire meglio cio' che noi facciamo fatica a capire.

..ho riletto !Ma,ora è più chiaro (per me) :)

Sulla domanda, invece, di come faccio a sapere che non esistevo prima di esistere, ti rispondo:
dato che l'esistenza e' soggettiva - e con questo intendo dire che l'autocoscienza di se 'stessi ci fa percepire immediatamente di esse quello che noi siamo - va da se' che in quanto " io sergio" prima di esserlo non lo ero e ne sono assolutamente consapevole.
L'idea della finitudine appare naturale.

...se ho ben capito tu sei consapevole di essere, oggi, sergio. Ma non sei consapevole di (non) esserlo stato anche prima. E' così?
La tua consapevolezza è quella di essere ora, mentre ci parliamo e non di essere fra due ore, domani od oltre. Di conseguenza nemmeno di (non) essere ieri.
L' "autocoscienza" di se stessi,per me, è un abbaglio s-oggettivo. Tutto può essere messo in discussione anche noi stessi. Il nostro esistere. Ma questo è anche un tuo concetto.Credo..

Vediamo nascere gli altri, vediamo morire gli altri e traiamo la conseguenza che in "quanto io sergio e in quanto tu asiul" siamo nati e prima o poi moriremo.
Quindi la consapevolezza della PROPRIA esistenza e' sempre soggettiva, nasce dal soggetto che noi rappresentiamo.

Sì..per fortuna almeno la "morte" è certa per tutti...

Se poi mi chiedi come faccio a sapere se prima di essere cosi' ero magari cosa' - beh! asiul! - mi chiedi una cosa alla quale non sono in grado di risponderti. Se si sapesse la soluzione di questo arcano, tutta la filosofia e anche tutte le religioni, non avrebbero piu' senso di essere pensate.

Limitiamoci a quello che possiamo dare per certo. In modo Cartesiano, massi!!!!

Non possiamo dare "nulla" per certo..massì..comunque ho capito! Grazie Sergio! :)

PS solo un appunto..io "asiul" in quanto sono, mi chiamo Luisa (lo preferisco ad asiul) ...è l'unica certezza di cui sono consapevole :wink:
 

asiul

New member
poche idee e confuse

cerchiamo di fare ordine...

Si è passatti dalla mia volontà di conoscere l'evoluzione, la rapprensentazione e la storia dello "zero", come mancanza, assenza, vuoto. Insomma il "nulla" Ad un parlare di esistenza e alla negazione, anche soltanto dell'idea dell'esistenza dello zero=nulla.

mi autocito....

by Luisa: L'intento di questo thread (il mio) è quello raccogliere un insieme di "nulla". Di cercare nella storia di questo numero, lo zero, la sua evoluzione, la sua rappresentazione. Nell'arte (tutta) ed in ogni altra forma di espressione del pensiero umano. Che sia esso scientifico e/o non.


La mia domanda era ben più semplice di quanto accaduto...

Come e perchè si è evoluto lo "zero" nella storia. Tutta la storia. E come è stata rappresentata o tentata la sua raffigurazione.

Faccio un esempio:

Gli Egizi erano dei geni in fatto di geometrie. Le Piramidi..avete presente?
Nemmeno Fuksas (probabilmente) riuscirebbe a far durare così tanto un suo progetto. Sebbene usi lo zero.:)mrgreen:)
Eppure sembra (non per me) che nei loro papiri non ci fosse alcun simbolo che raffigurasse lo zero. Non lo usavano? Com'è possibile!

Potevano insegnare la geometria anche a Pitagora , ma di zero, nemmeno l'ombra.

La mia idea è che come succede spesso in questi casi, ci sia stato un problema di traduzione. Hanno rovinato testi in francese, figuriamoci cosa potrebbero fare con un papiro...(ovviamente è una battuta):mrgreen:

Sul serio, credo che questo popolo conoscesse il concetto di zero, ma che lo rappresentasse probabilmente, a se stesso, in un modo a noi sconosciuto.

Ecco questo è un piccolissimo esempio di ciò che volevo chiedervi.

Un esempio da cui partire per raccogliere (dietro involontario suggerimento di un genio, non io :)) un archivio di informazioni sullo "zero".
 
Ultima modifica:

sergio Rufo

New member
ok, Luisa/asiul, certamente anche noi stessi che esistiamo in questo momento e' un fatto discutibile. Anzi, non ci sono fatti ma solo interpretazioni. Il "chi" interpreta e' difficile da stabilire. Perche' anche il concetto di coscienza e' limitativo: coscienza di essere? ma non basterebbe assolutamente, perche' essere e coscienza in quel preciso momento sarebbesro la stessa cosa e non potremmo distinguer-ci.
Occore una autocoscienza che rifletta noi medesimi nel momento che siamo coscienti di percepire...Ma e' un discorso lungo, che ci allontana dalla tua discussione.

Mah! magari un giorno se ne parla.

Piuttosto: come si apre una discussione in questo forum?
 

asiul

New member
ok, Luisa/asiul, certamente anche noi stessi che esistiamo in questo momento e' un fatto discutibile. Anzi, non ci sono fatti ma solo interpretazioni. Il "chi" interpreta e' difficile da stabilire. Perche' anche il concetto di coscienza e' limitativo: coscienza di essere? ma non basterebbe assolutamente, perche' essere e coscienza in quel preciso momento sarebbesro la stessa cosa e non potremmo distinguer-ci.
Occore una autocoscienza che rifletta noi medesimi nel momento che siamo coscienti di percepire...Ma e' un discorso lungo, che ci allontana dalla tua discussione.

Mah! magari un giorno se ne parla.

Piuttosto: come si apre una discussione in questo forum?

...volentieri!

nel frattempo ti dico come aprire una discussione:

vai nella sezione che ti interessa...in alto a sinistra troverai scritto " + invia nuova discussione"...scrivi titolo e contenuto... e nulla più....tutto qui....:D
 
Mi interessa molto il tuo primo quesito, Luisa, considerato che questo argomento è alla base del TUTTO/NULLA della cultura Maya.
Lo zero, equivalente alla simbologia che rappresenta il seme, non è il nulla ma il pieno, tanto da essere considerato il "moltiplicatore su base binaria".
Non è facile spiegarti qui il metodo con cui i Maya - non solo prima della conquista spagnola ma anche in alcune comunità ancor oggi - conteggiano i raccolti e "fanno di conto" ma è molto affascinante scoprire che il moltiplicatore è costituito proprio da quello che noi individuiamo come lo zero.
Posto questo simbolo sopra ai punti e collocati in caselle verticali produce una moltiplicazione esponenziale.

So di non essere stata chiara ed è difficile spiegarlo senza aver prima fatto un preambolo sulla complessità della civiltà maya, ma ci basti pensare che il concetto circolare (come lo zero, no?) è un tutto pieno anzichè un tutto vuoto.

Questo seme è ancora utilizzato dai maya per i calcoli quotidiani. Appena trovo qualche link ve lo posto.
 

asiul

New member
Mi interessa molto il tuo primo quesito, Luisa, considerato che questo argomento è alla base del TUTTO/NULLA della cultura Maya.
Lo zero, equivalente alla simbologia che rappresenta il seme, non è il nulla ma il pieno, tanto da essere considerato il "moltiplicatore su base binaria".
Non è facile spiegarti qui il metodo con cui i Maya - non solo prima della conquista spagnola ma anche in alcune comunità ancor oggi - conteggiano i raccolti e "fanno di conto" ma è molto affascinante scoprire che il moltiplicatore è costituito proprio da quello che noi individuiamo come lo zero.
Posto questo simbolo sopra ai punti e collocati in caselle verticali produce una moltiplicazione esponenziale.

So di non essere stata chiara ed è difficile spiegarlo senza aver prima fatto un preambolo sulla complessità della civiltà maya, ma ci basti pensare che il concetto circolare (come lo zero, no?) è un tutto pieno anzichè un tutto vuoto.

Questo seme è ancora utilizzato dai maya per i calcoli quotidiani. Appena trovo qualche link ve lo posto.

Conosco il sistema vigesimale dei Maya. È molto interessante e se vorrai ampliare l’argomento, te ne sarò grata. Questa come quella Egizia ed altre sono delle popolazioni affascinanti.
Sai che gli Egizi si servivano di una numerazione fatta da una sequenza di simboli. Corrispondente a 1,10,100,10000 e 1 milione. Che per pura questione stilistica erano rappresentati in ordine decrescente. In realtà la posizione dei simboli non davano informazione numerica e quindi non avevano necessità di usare il simbolo dello zero. Si servivano di un sistema additivo. Dove ogni simbolo indipendentemente dalla posizione che occupava aveva un suo valore intrinseco. Per questo per loro non vi era la possibilità di rappresentare il "vuoto". Semplicemente non lo rappresentavano. Era uno svantaggio certo. Perché tale numerazione non si prestava ad una rappresentazione di grandi cifre. Un po' quello che succedeva ai Romani. ( a volte prima di leggere un numero a tre cifre ci metto un bel po’ ( :mrgreen:)).

Poi ci furono i Sumeri, ma anche loro niente simbolo a rapresentare lo zero, solo una numerazione sessangesimale. Questa aveva due fondamenti il 10 e il 60.
La scelta del 10 si riferiva al numero delle dita della mano (ottimo spunto), mentre il 60 (più complesso) è legata alle loro osservazioni astronomiche.
Anche il loro era un sistema di simboli. Avevano un simbolo per 1, il 10, 60, 300 e 3600.
In base alla posizione di questi simboli si evinceva la numerazione.
Questo fino al 2000 a.C. quando comparve il sistema pisizionale Babilonese che utilizzava le varie potenze di 10 anziché di 60.

Oddio è tardi..continueremo un’altra volta:wink:
 

Dory

Reef Member
no, non sono distinte.
Lo zero non è semplicemente un circolino. E' molto di più. E' questa la base di partenza. Lo zero equivale al "nulla".

Il motivo per cui non sono d'accordo che lo zero sia uguale al nulla è che lo zero come numero non indica un'assenza totale ma un'assenza relativa. Esempio, nel cesto ci sono zero mele, se ho dieci caramelle e ne distribuisco zero a dieci bambini, io avrò sempre dieci caramelle e i bambini non ne avranno nessuna (perché hanno fatto i cattivi e non meritano caramelle :mrgreen::mrgreen:), quest'anno ho raccolto zero sacchi di grano perché una violenta tempesta ha distrutto tutto il campo.
Il nulla invece è un concetto che riguarda l'assoluta non esistenza di qualsiasi cosa, è un concetto più astratto, più filosofico.
Almeno così la vedo io.
 

asiul

New member
Il motivo per cui non sono d'accordo che lo zero sia uguale al nulla è che lo zero come numero non indica un'assenza totale ma un'assenza relativa. Esempio, nel cesto ci sono zero mele, se ho dieci caramelle e ne distribuisco zero a dieci bambini, io avrò sempre dieci caramelle e i bambini non ne avranno nessuna (perché hanno fatto i cattivi e non meritano caramelle :mrgreen::mrgreen:), quest'anno ho raccolto zero sacchi di grano perché una violenta tempesta ha distrutto tutto il campo.
Il nulla invece è un concetto che riguarda l'assoluta non esistenza di qualsiasi cosa, è un concetto più astratto, più filosofico.
Almeno così la vedo io.


Ok, Dory provo a risponderti. Io sono una profana in materia. Se dovessi dire delle sciocchezze autorizzo gli esperti a correggermi...:mrgreen:

In generale potrebbe essere così.
Quello che tu stai rappresentando è un insieme vuoto. La grandezza di questo insieme, la sua cardinalità è lo zero. Il suo contenuto è in un certo senso il “nulla”; quindi con il “nulla” possiamo indicare, sebbene in termini informali, questo insieme vuoto.

Ricapitolando. La dimensione dell’insieme vuoto è lo zero. L’insieme vuoto contiene il “nulla” ergo (informalmente) lo zero potrebbe essere il “nulla”. Non per matematici e fisici certo.

Per i primi la totale assenza di qualcosa è un insieme di zero elementi, il “vuoto”.
Es. L’insieme degli elefanti rosa, ad esempio, è l’insieme vuoto e il loro numero è zero.

Per i secondi, non c’è un’assenza totale di qualcosa, poiché anche in un “vuoto” sussiste della materia o campi fisici anche piccolissimi, dunque niente “vuoto” assoluto.

Si può solo supporre l’esistenza del nulla, dimostrarlo è praticamente impossibile.
Del resto come si può dimostrare con certezza l’esistenza di qualcosa che (forse) non esiste? Non possiamo nemmeno dimostrare il contrario. Ossia la sua non esistenza. Si può forse soltanto affermare che a volte questo “nulla” è qualcosa ed altre volte non lo è. A dirlo, non io, è lo stesso
Karl Menninger in una sua citazione:
“Che tipo di folle simbolo è questo [lo zero] che significa proprio il nulla? E’ una cifra o non lo è? 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 stanno tutti per numeri che si possono capire, ma 0? Se è nulla, allora dovrebbe essere nulla e basta. Ma qualche volta è nulla e qualche altra volta è qualcosa: 3 + 0 = 3 e 3 - 0 = 3, qui zero è nulla, nel risultato non c’è più; e quando viene collocato prima di un numero, non lo cambia: 03 = 3, e anche qui lo zero è nulla, nulla figura! Ma scrivete lo zero dopo un numero, ed esso moltiplica allora improvvisamente il numero per 10: 30 = 3 x 10. Così ora zero diventa qualcosa, qualcosa di incomprensibile ma potente, se pochi “nulla” possono mutare un piccolo numero in uno grandissimo. Chi può capire questo?”.
 

Zefiro

da sudovest
lo zero rappresenta il nulla?

Se si parla di “rappresentazione del nulla” personalmente trovo notevole assai questo ultimo intervento di Luisa. perché, a mio parere, va molto a ridosso del cuore della faccenda. Provo ad aggiungere qualcosa “ad integrandum”.

Messa un po’ più formalmente, la questione su cui si arrovellano tutt’ora i matematici, fisici,logici e filosofi, vista intermini insiemistici, che forse è la prospettiva la più intuitiva, è la seguente.

S(0, 1, 2, 3) è un insieme di cardinalità 4, ha quattro elementi. S(0) ha cardinalità 1, contiene un solo elemento, anche se è lo zero. E’ chiaro dove poggia questo approccio: sull’assuntoche lo zero sia un numero come tutti gli altri, cosa che del resto è ben lecita secondo le teorie che sposano la natura “numerica” dello zero. Le cose si complicano un po’ quando consideriamo S( ) cioè l’insieme vuoto, che (sic!) ha cardinalità “0” appunto. Di qui la domanda: ma lo zero è veramente un numero comme tutti gli altri?

La confusione nasce appunto dalla natura di numero dello zero da un lato, e la sua capacità di rappresentare la cardinalità dell’insieme vuoto, o, in termini meno matematicamente meno formali e più filosofici, il nulla.

Banalizzando di parecchio, ma parecchio davvero, a tutt’oggi le linee di pensiero in cui si divide il mondo scientifico sono due:
1) su nulla e zero ci abbiamo capito bene poco e quindi a parte studiare e ricercare ancora ben poco possiamo dire di conclusivo
2) L’insieme vuoto, e quindi lo zero che è la sua cardinalità sono, al momento almeno “la miglior rappresentazione possibile” del nulla.

La (famosissima) citazione di Menninger riportata da Luisa è forse la migliore è più onesta formulazione di domanda sull’argomento che sia mai stata fatta, perché coglie, appunto, questa sorta di doppia natura. Dimostrare come diavolo sia possibile che al contempo “qualcosa” possa essere (o non essere!) “nulla” è altro affare, tutt’ora aperto.

Un ultimo commento, sempre ad integrandum, al post di Luisa, e per la gioia degli amanti dei sofismi, sul passo: “Si può solo supporre l’esistenza del nulla, dimostrarlo è praticamente impossibile”. Solo osservare che, in termini rigorosi , dimostrare “l’impossibilità” di qualcosa in matematica è ben possibile. E molto vi si ricorre nella tecnica per esempio delle dimostrazioni per assurdo. O volendo banalizzare ancor di più, il teorema di Pitagora per esempio: dimostra per esclusione che in un triangolo rettangolo è “impossibile” che la somma delle aree dei quadrati costruiti sui cateti sia maggiore (o minore) del quadrato costruito sull’ipotenusa poiché infatti dimostra che tali aree sono uguali.

In verità quando si riesce a dimostrare l’impossibilità di qualcosa (il suo non essere) è un gran risultato, invero dello stesso rango di una dimostrazione di possibilità.

L’una e l’altra via, in termini di rappresentazione del nulla, ci sono ancora precluse.

Oh… beh… mi è venuto un intervento un po’ pedante e … me ne scuso.. spero d’esser riuscito a dire e si capisca… :boh:
 

Dory

Reef Member
Si può forse soltanto affermare che a volte questo “nulla” è qualcosa ed altre volte non lo è. A dirlo, non io, è lo stesso [/SIZE][/FONT]
Karl Menninger in una sua citazione:
“Che tipo di folle simbolo è questo [lo zero] che significa proprio il nulla? E’ una cifra o non lo è? 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 stanno tutti per numeri che si possono capire, ma 0? Se è nulla, allora dovrebbe essere nulla e basta. Ma qualche volta è nulla e qualche altra volta è qualcosa: 3 + 0 = 3 e 3 - 0 = 3, qui zero è nulla, nel risultato non c’è più; e quando viene collocato prima di un numero, non lo cambia: 03 = 3, e anche qui lo zero è nulla, nulla figura! Ma scrivete lo zero dopo un numero, ed esso moltiplica allora improvvisamente il numero per 10: 30 = 3 x 10. Così ora zero diventa qualcosa, qualcosa di incomprensibile ma potente, se pochi “nulla” possono mutare un piccolo numero in uno grandissimo. Chi può capire questo?”.


Alla luce di quanto detto in questa citazione e anche dall'integrazione di Zefiro, continuo a pensare ancora di più che lo zero e il nulla non sono la stessa cosa. Di fatto lo zero "è qualcosa" e, al limite, è la migliore rappresentazione che possiamo avere del nulla. Il "giochino" che fa Menninger mettendo lo zero prima o dopo il 3 per dire che davanti non ha senso e dopo ce l'ha, boh, mi sembra non dimostri niente. Scusatemi se io, povera pesciolina insignificante :mrgreen:, mi permetto i dire che Menninger porta un esempio inutile, ma il modo di scrivere i numeri è una convenzione e non ha nessun significato al di là di questa convenzione. Basta cambiare base e il numero cambia pur avendo lo stesso significato quantitativo, ad esempio il 6 in base 2 si scrive 0110, ed ecco che lo zero ha senso sia messo prima che dopo. Grazie a questo noi ora possiamo stare sul forum, il PC, non ve lo devo dire certo io, funziona grazie al senso dello 0.
 
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