Tozzi, Federigo - Con gli occhi chiusi

Dorylis

Fantastic Member
Con gli occhi chiusi è un romanzo dello scrittore italiano Federigo Tozzi pubblicato nel 1919 che può considerarsi il progenitore del romanzo esistenzialista.
La storia narra le vicende di un adolescente e dei suoi primi incontri con l'amore e la realtà della vita.
Pietro Rosi, il protagonista, è un giovane di costituzione fragile che ama sognare, figlio di un oste che possiede il podere di Poggio a' Meli e di una donna delicata e vinta dalle difficoltà della vita.
Alla morte prematura della madre, il giovane Pietro inizia a voler bene ad una giovane contadina di nome Ghisola che ha incontrato nella tenuta del padre e a questo amore egli si abbandona ad occhi chiusi credendo che Ghisola possa dominare i suoi tormenti e dare un senso alle sue aspirazioni tanto confuse.
Ma Ghisola non ha la sensibilità di Pietro e non sta troppo a pensare alle cose. Per lei la realtà non è qualcosa di nebuloso ma di chiaro dentro la quale sa muoversi con disinvoltura. A Firenze Ghisola incontra Alberto,un uomo più maturo di lei, e senza troppo pensarci ne diventa l'amante rimanendo presto incinta. Ma Alberto la abbandona e Ghisola cerca di sedurre Pietro nell'intenzione di farsi sposare e di giustificare così la sua iniziale gravidanza. Pietro però vuole rispettare la ragazza e non comprendendo le stranezze di Ghisola ne soffre.
Ghisola intanto, visto che i suoi tentativi sono falliti, va in un luogo dove accolgono le partorienti. Pietro la cerca e quando la trova finalmente capisce, gli occhi si aprono mettendo fine all'illusione e quindi anche alla sua inquieta adolescenza.
« "Ella si alzò: - Non chiudere...Non ci ode nessuno. Allora egli, voltandosi a lei con uno sguardo pieno di pietà e di affetto, vide il suo ventre. Quando si riebbe dalla vertigine violenta che l'aveva abbattuto ai piedi di Ghisola, egli non l'amava più »

Scritto in modo scorrevole non è un libro pesante. Non mi è piaciuto tantissimo a causa dei personaggi: li ho trovati vuoti e inespressivi. 7/10
 
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ayla

+Dreamer+ Member
Non mi è piaciuto, l'ho trovato molto noioso e concordo sui personaggi,il protagonista poi era veramente ingenuo!!!!
 

nici

New member
l'ho letto tanto tempo fa per la scuola..ma con tutta la buona volontà non mi è piaciuto per niente. Personaggi insignificanti e vuoti, il protagonista poi è veramente un caso disperato!
 

francesca

Well-known member
La vicenda del romanzo è abbastanza semplice, i temi sono tipici di molti scrittori italiani del primo novecento, quali Cassola, Pratolini…vicende di paese, di rioni, piccole quotidianità della vita di persone semplici, divise fra meschinità e tensioni di riscatto.
Così è anche questo romanzo di Tozzi, quasi un romanzo di formazione che racconta l’ “educazione sentimentale” di Pietro Tosi figlio di un gretto oste di Siena, interessato solo al profitto, e di una inadeguata e svenevole madre che muore ben presto.
Pietro si rivela un inetto, che si oppone al padre solo con questa sua incapacità di prendere veramente delle decisioni, sia sulle sue aspirazioni professionali, che sulle proprie inclinazioni politiche e sui propri sentimenti e innamoramenti. Sembra quasi che il legame che lo lega a Ghisola, nipote di due braccianti del podere del padre, sia qualcosa che subisce.
Ma in realtà i personaggi e le loro vicende passano in secondo piano rispetto alle scelte narrative dell’autore.
Già durante la lettura che ho trovato molto pesante, mi ero più volta fermata stupita da quello che leggevo, perché la descrizione dei sentimenti provati dai personaggi, delle loro piccole vicende si fondono tutt’uno con la descrizione dell’ambiente circostante, sia esso Siena, la campagna intorno, il cielo stellato, un albero, un tratto di strada. Ho più volte intuito che tutte le descrizioni continue e numerose di cui è disseminato il libro non sono semplici descrizioni a servizio della narrazione in modo tipico, cioè per ricreare nel lettore le sensazioni visive e figurarsi i personaggi calati in precise realtà. Ma rimandano ad altro, a qualcosa di più profondo, perché pur essendo minuziosissime rendono i luoghi descritti difficilmente visualizzabili, incredibilmente “personali”.
La prefazione di Celati ( per abitudine leggo sempre le prefazioni dopo, perché preferisco affrontare ogni lettura senza preconcetti o imbeccamenti e magari ripensarci dopo) mi ha confermato che è proprio questo stile la caratteristica innovativa della scrittura di Tozzi.
L’io interiore dei suoi personaggi si riversa nell’ambiente circostante, ne condiziona la descrizione, e fra sensazioni, sentimenti e i luoghi in cui i personaggi li vivono e li provano non c’è soluzione di continuità.
Siamo abituati di solito a pensare che l’ambiente esterno condizioni il nostro umore e in parte le nostre scelte: in Tozzi avviene esattamente il contrario, le sue descrizioni sono specchio dell’umore e di ciò che i suoi personaggi stanno vivendo.
Ammetto che è un modo di scrivere molto interessante e anche originale. Ma sinceramente l’ho trovato molto faticoso, proprio per la difficoltà di seguire l’autore là dove ci vorrebbe portare, nei meandri dell’anima dei suoi personaggi.

Francesca
 
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