Ho la netta impressione che questo libro mi sarebbe piaciuto moltissimo, uno di quei casi di “romanzo breve gioiello” che così spesso ultimamente sto avendo la fortuna di incontrare, se solo… se solo lo avessi letto direttamente. Eh già, perché questa volta devo ammetterlo esplicitamente: aver ascoltato Il ballo nell’interpretazione (perché questa è la lettura: un atto di interpretazione) di Margherita Buy, in alcuni punti me lo ha fatto quasi detestare. Colpa del tono eccessivamente “drammatico”, nel senso proprio di “teatrale”, scelto dall’attrice. Perché va bene l’interpretazione – ripeto: è naturale che sia così – ma qui la Buy ha scelto proprio la via della recitazione, che non mi è piaciuta per nulla: di volta in volta sussurrava, piagnucolava, gridava, calandosi nei panni ora della figlia, ora della madre.
Quello fra le due donne è un rapporto esemplare nella sua negatività: la madre, frivola e ipocrita, riversa i propri complessi di inferiorità sociale nel disprezzo per la figlia, per la quale è assolutamente incapace di provare qualsiasi tenerezza, qualsiasi forma di affetto. La figlia, mai amata, detesta la genitrice che per lei è un’estranea e insieme la compatisce.
Da una parte Rosine, la madre, vittima e carnefice insieme: vittima della sua stessa superficialità, del suo arrivismo, della sua crudeltà, che la spingono a “vendicarsi” più o meno consapevolmente sulla figlia, della quale evidentemente non tollera la grazia, la bellezza e la “fortuna” di essere nata in una famiglia già ricca. Dall’altra Antoinette: quella che era solo una vittima di colpo si trasforma nell’artefice del crollo – mondano e poi anche intimo, profondo – di sua madre.
La Nemirovsky è stata bravissima soprattutto nel sviluppare una dinamica tanto delicata e tanto complessa in uno spazio narrativo così breve. Non parlo solo di numero di pagine, è la scelta calibrata di un solo evento, il ballo, oggetto dei desideri (ambizioni per una, sogni romantici per l’altra) di entrambe la donne ad essere geniale. Insomma, un vero peccato perché gli ingredienti c’erano tutti e alla fine quello che ho mal sopportato è stato proprio l’atto “fisico” di ascoltare la storia (che in un audiolibro è tutto…). Ciò non toglie che, riuscendo a distinguere il valore del romanzo dalla circostanza del mio approccio, sono molto soddisfatta di questa che era la prima opera che leggevo di Irene Nemirovsky e che, quindi, è certo che non resterà l’ultima.