Mi rendo conto che possa sembrare paradossale definire bellissimo un libro che è, ad ogni pagina, un pugno nello stomaco, eppure io trovo ugualmente appropriato questo aggettivo per definire questo libro.
Niente di nuovo sul fronte occidentale è bellissimo perché è uno di quei pochi libri sulla guerra capaci di non cadere mai nella retorica delle frasi fatte, nel facile sentimentalismo, anzi nel suo essere diretto, brutale, franco, non fa alcuna concessione al sensazionalismo, all'affettazione e tanto meno alle sdolcinature.
E', al contrario, un libro che a leggerlo fa male, perché ci sbatte in faccia quei particolari, quella quotidianità di gesti e problemi che, generalmente, non associamo alla guerra, ma soprattutto fa male perché non ci presenta la guerra dal punto di vista di soldati "di mestiere" o comunque di persone adulte abituate ai sacrifici e alle sofferenze, ma ce la presenta attraverso un gruppo di "ragazzini" di diciannove anni. Ragazzini che fino al giorno prima avevano come principale preoccupazione quella di preparare degli esami, di studiare e che all'improvviso sono catapultati in una realtà più grande di loro. Già per un adulto sarebbe difficile spiegare o giustificare il senso di una guerra, la sua utilità, ma diventa addirittura impossibile per chi è appena uscito dalla spensierata fanciullezza.
"Io sono giovane, ho vent'anni: ma della vita non conosco altro che la disperazione, la morte, il terrore, e la insensata superficialità congiunta con un abisso di sofferenze. Io vedo dei popoli spinti l'uno contro l'altro, e che senza una parola, inconsciamente, stupidamente, in una inconsapevole obbedienza si uccidono a vicenda. Io vedo i più acuti intelletti del mondo inventare armi e parole perché tutto questo si perfezioni e duri più a lungo (...) Per anni e anni la nostra occupazione è stata uccidere, è stata la nostra prima professione nella vita. Il nostro sapere della vita si limita alla morte. Che accadrà, dopo? Che sarà di noi?"
Già, ammesso che sopravvivano all'inferno delle trincee, cosa succederà dopo a questi ragazzi? L'innocenza si perde facilmente, e una volta persa non si recupera più. Finché si è in guerra si uccide per istinto, senza fermarsi a riflettere sulle proprie azioni, perché la morte del nemico è la tua salvezza, il tuo continuare a rimanere in vita un piccolo passo in avanti verso il ritorno alla normalità, alla tua vita di prima. Ma, quando ti trovi solo di fronte al fuoco nemico, ti rendi conto che, in effetti a guerra finita, non ci sarà più la vita di prima a cui tornare, non ci potrà più essere, perché ci sarà sempre il peso dei ricordi, degli amici morti e dei nemici che hai ucciso. Ma nemici di chi poi? Non tuoi, perché neppure conoscevi quelle persone, che a ben guardarle non erano per niente diverse da te e dai tuoi compagni ...
Un libro da leggere perché come scrisse Primo Levi "Chi dimentica il passato è condannato a riviverlo" e poiché nel passato di ogni popolo c'è almeno una guerra, bisognerebbe ricordare per non rivivere più questa esperienza, di cui questo libro dimostra tutta l'inutilità ed insensatezza.
Non ho mai dato, nei miei commenti, un voto al libro letto, ma questa volta lo faccio 5/5.