XXXIV G.L. - La dodicesima notte di William Shakespeare

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elisa

Motherator
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completo i commenti :)

isola74: lettura agevole, piacevole, divertente. Promosso a pieni voti

Zefiro: Un testo divertente e riflessivo su ciò che appare e ciò che è: 3,9/5

Bianca: Un racconto molto divertente,dalla trama scorrevole e ricca di colpi di scena con un bel lieto fine

jeanne:
commedia briosa, attuale, molto spessore nascosto dietro all'apparente leggerezza dei dialoghi comici e agli equivoci burleschi alla Marivaux: 3,5/5


SALLY: carino, brioso, un bel lieto fine

asiul:
Leggero quando gioca con/sull’equivoco, amaro quando la burla diventa inganno.Anch'io gli do: 3,9/5



 

Nikki

New member
"perché ben sa ogni figlio d'uomo saggio
qual è la conclusione d'ogni viaggio:
i viaggi si concludon tutti quanti
in un incontro di teneri amanti
".

Buon 2011 a tutti... :)
 

elisa

Motherator
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ho visto l'opera a teatro proprio il 31 dicembre, la versione che ne ha dato il regista è molto giocata sull'ambiguità sessuale, dove i vari personaggi giocano con il proprio doppio o con la propria identità sessuale ed ha impostato le relazioni e il gioco delle parti sulle predisposizioni sadomaso di alcuni protagonisti. Parlando con gli attori, che abbiamo brindato insieme il nuovo anno, non c'è stata nessuna forzatura interpretativa perchè tutto esiste già nel testo ed è bastato sottolinearlo.
 

Nikki

New member
.... a me pare 'na tragedia..

Completato la lettura questa notte.

Io non ho dubbi, questa non è una commedia. Ma capisco che posso sbagliare, perché se in quattro secoli è stata sempre qualificata come commedia un motivo di certo ci sarà (solo che a me sfugge :? ).
Io ho letto una penna amarissima, disillusa, disincantata. Di più, arrabbiata. Furiosa, tanto da prendersela con l'intero genere umano presente e futuro, ossia i lettori e gli spettatori. Per l'eternità. Tutti beffati da uno Shakespeare terribile, quasi fosse il dio amore in persona, sentitosi offeso.

L'opera è una anticipazione di svariati secoli della letteratura più decadente del tardo 900. Una tragedia dove la leggerezza (che non è leggerezza gioiosa, ma scaturisce da una sostanziale miopia verso la vita - anche qui, essere e non essere: due generi di leggerezza che sono e non sono uguali allo stesso tempo) e l'ottusità dei personaggi creano un vero e proprio inferno dei sentimenti.
L'amore fondato esclusivamente sull'aspetto fisico dei protagonisti (che infine si riveleranno totalmente interscambiabili fra di loro): Viola innamorata di Orsino solo per aver udito il suo nome, ancora sulla spiaggia; Orsino che tratta l'amore come un abito, ma è pronto a rinfacciare alle "donne" di vivere l'amore come un appetito saziabile, al pari di quello alimentare; Olivia, inizialmente simbolo della virtù più alta (il gentiluomo di Orsino è ammirato, pensa "chissà di forza d'amore sarà capace questa donna per il suo uomo, se nei confronti del solo fratello si strugge così tanto") tradisce chiunque gli capita a tiro con una leggerezza disarmante (il voto reso al fratello, che viene subito dimenticato di fronte ad un gesto elegante della mano di Viola; la promessa rivolta a Sebastian di non dire a nessuno del loro legame, finché non lo vorrà lui stesso. Sono sufficienti una ventina di versi e sta già chiamando il cappellano a testimoniare di fronte a tutti la cerimonia segreta), e così via.
Nessuno sembra accorgersi di nulla, tutti sembrano pazzi, continuano a riempirsi la bocca con parole altisonanti. Nulla ha più senso, il minimo valore. A questo punto, Shakespeare è furibondo. Fa letteralmente a pezzi la trama. Tanto, cosa conta? Cosa importa? Per voi (spettatori), sembra pensare. Il Capitan Antonio viene portato via dai gendarmi, ma ricompare subito dopo, libero, chiedendo spiegazioni sugli avvenimenti, ma poi sparisce dalla scena, di nuovo, non si capisce che fine fa. Ho letto nelle note che nessun curatore del'opera sembra essersi preoccupato della incongruenza. A me pare creata ad arte, da uno Shakespeare fuori di sé e disperato.

Il personaggio chiave, il vero protagonista, l'unica persona "seria" insomma, è il giullare/Buffone. Vive di versi e parole, indirizzandoli ad un pubblico assolutamente incapace di coglierne il senso. Esemplari sono i dialoghi con ser Tobia e il "cavalier" Andrea. Il Giullare gioca con loro come un gatto con i topi: li tira per la coda, li acchiappa e li lascia andare. Tutto per il suo diletto, uno scaccianoia. Ma loro non se ne avvedono, ufficialmente è lui che sta intrattenendo loro e la ottusità delle loro menti funge da muro invalicabile che copre i sottili giochi di parole schermitori del Giullare.
E ancora, Orsino (mi pare) gli richiede una canzone d'amore gradevole che attenui le sue pene... salvo poi scoprire (noi lettori) che la canzone richiesta è quasi degna di una funzione funebre. E così via. Tutti sembrano vedere un significato diverso da quello reale, sembrano tutti stupidi, limitati! Il Giullare non ne fa una malattia, anzi si diverte fra sé e sé, nella sua solitudine e chiede soldi ogni volta che può. Totalmente solo e incompreso, ma almeno pagato! Sembra essere tutto qui il destino di un uomo che sa vedere e intendere la realtà.

E quale è questa realtà? Semplicemente terribile: la realtà è e non è allo stesso tempo.
Shakespeare sembra intendere qualcosa che va oltre la mera contrapposizione essere/apparire (ossia, ciò che appare non è). Non è questione di "apparire" diversamente. Ciò che ontologicamene è, allo stesso tempo ontologicamente non è. Come due gemelli perfettamente identici. Ciascuno è se stesso, ma non è l'altro. Anche se possono essere scambiati. Perché in effetti sono identici di aspetto (se uno veste i panni dell'altro).
Come quando viviamo un sentimento, lo condividiamo con una persona, ma ci accorgiamo che lo stesso sentimento è dall'altro vissuto in maniera completamente diversa. In particolare, con completa assenza di serietà. La serietà ... sembra forse essere questo il discrimine fra ciò che è e, allo stesso tempo, non è.

Shakespeare è il Giullare, che si fa beffa dei propri committenti, senza che questi se ne accorgano. E chiede compensi per le sue beffe. Gli è stata commissionata una commedia, confeziona un'opera che farà ridere tutti, ma che è in realtà una disperatissima tragedia. E anche il titolo, non si preoccupa di nascondere la reale natura dell'opera. Quel che voi volete. Come dire, volete divertirvi? Leggete in questi atti quel che voi volete, e intitolate come voi volete...tanto non capirete comunque di cosa sto parlando.

Forse la tragedia più amara e disperata di tutta la produzione Shakesperiana. Disperatamente geniale. 5/5
 
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jeanne

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ieri vi ho pensati tutti perche' sono andata a vedere a teatro Volpone di Ben Johnson, dello stesso periodo di Shakespeare. e' stato un suo 'rivale'. il mio pensiero e' quindi andato subito al gruppo di lettura! buon anno a voi!:)
 

elisa

Motherator
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ricapitolando


isola74: lettura agevole, piacevole, divertente. Promosso a pieni voti

Zefiro: Un testo divertente e riflessivo su ciò che appare e ciò che è: 3,9/5

Bianca: Un racconto molto divertente,dalla trama scorrevole e ricca di colpi di scena con un bel lieto fine

jeanne:
commedia briosa, attuale, molto spessore nascosto dietro all'apparente leggerezza dei dialoghi comici e agli equivoci burleschi alla Marivaux: 3,5/5


SALLY: carino, brioso, un bel lieto fine

asiul:
Leggero quando gioca con/sull’equivoco, amaro quando la burla diventa inganno.Anch'io gli do: 3,9/5


Nikki: Disperatamente geniale. 5/5

 

elisa

Motherator
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c'è ancora qulcuno che lo sta leggendo? che domenica altrimenti si chiude :)
 
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