C'è sempre qualcuno più a sud.

“La verità attraversa tre fasi: prima la si ridicolizza; poi ci si oppone violentemente; infine, la si accetta come ovvia.” Schopenhauer


Prima i neomeridionalisti venivano presi per i fondelli. Poi si sono confutati violentemente, infine si accetta ciò che è successo come ovvio. Tanto è successo 150 anni fa. Però se io sono costretto a partire e la figlia del signor Brembilla no, voglio che si sappia che non parto perché sono più avventuroso della giovane milanese.

Io sono
E io sono meridionale
Io sono emigrante. Dove emigrante vuol dire che non per mia scelta, ma per motivi estranei alla mia volontà ho stabilito la mia dimora in un luogo che non è la mia Terra.

Togliete le montagne al Divino e vedete cosa vi dirà.

Per ben 13 anni mi sono stati tolti i miei appennini, e non è detto che in un futuro prossimo venturo non mi vengano tolti ancora. E chiedete a Mame la bellezza del Subappennino in primavera.
 

semtex33

reloaded member
Non è esattamente così. Oggi come oggi saremmo tutti contenti di arrivare almeno alla fine del mese. Se ci escono anche le vacanze d'estate, portiamo un cero in chiesa. Ma posso darti come dato certo che ci sono persone con molti più titoli di studio di quelli richiesti a un qualsiasi insegnante di scuola che però, lavorando in azienda a 40 ore settimanali, guadagna meno di un insegnante che 40 ore settimanali non le fa mai.
Detto questo, uscirei dal luogo comune che vuole gli immigrati nei posti di lavoro che gli italiani non vogliono. Se mi guardo intorno dove vivo, gli spazzini sono tutti italiani, portieri e portiere sono italiani, mentre le commesse dell'alimentari all'angolo o il giornalaio sono extracomunitari. Ci sono sì tante persone in Italia che preferiscono fare le mantenute di mamma e papà piuttosto che "umiliarsi" a fare un lavoro che non è all'altezza dei loro studi, ma l'Italia è anche piena di gente di buona volontà che a prescindere dalla sua laurea andrebbe a fare il panettiere per pagare mutuo e bollette. Ogni tanto i telegiornali fanno servizi sensazionali per denigrare i giovani italiani che non accettano i lavori manuali, intervistano i titolari delle aziende disperati perché non trovano elettricisti, tornitori e via dicendo. Peccato che a tanti sfuggano i passaggi in cui quegli stessi titolari dicono che la manodopera la cercano già preparata. Il che significa che chi ha già fatto determinati studi non ha neanche l'opportunità di riciclarsi se non andando a imparare a proprie spese un altro mestiere perché le aziende non si vogliono far carico della sua formazione.

Cacchius sei stata rapida, sarà che sono rallentato dato il momento della giornata (siesta :wink: ).
Quel che dici tu è vero, è un aspetto. Che ci siano limiti alla possibilità di un titolatissimo di riciclarsi è vero. Molto spesso per l'erronea convinzione di chi offre posti di lavoro di dover pagare di più. Un altro aspetto è che cercano lavoro specializzatissimo (peccato che quando raggiungi il titolo non servi più, o che avresti dovuto precorre un diversissimo percorso scolastico a monte). Un altro aspetto è che le previsioni aziendali sono cambiate, sono rapide, nemmeno semestrali, ed il lavoro ne subisce l'influenza. Uff potremmo parlare di miliardi di problemi. Ma in questa discussione l'aspetto che non andava OT era quello che avevo scritto. Non è un luogo comune, è una triste verità, grazie al cielo meno evidente oggi di ieri. Ma il problema resta. Non posso darti torto nemmeno per quanto riguarda i mantenuti :) i problemi li conosciamo tutti. Ma il tutto era per dire che non viene preclusa la crescita professionale al meridionale, ma lo sarebbe per un extracomunitario (anzi lo è). Cartina di tornasole che il problema razzismo risiede ormai prevalentemente altrove (bada bene, non dico che nord e sud oggi siano fratelli e amici, purtroppo).
 

semtex33

reloaded member
“La verità attraversa tre fasi: prima la si ridicolizza; poi ci si oppone violentemente; infine, la si accetta come ovvia.” Schopenhauer


Prima i neomeridionalisti venivano presi per i fondelli. Poi si sono confutati violentemente, infine si accetta ciò che è successo come ovvio. Tanto è successo 150 anni fa. Però se io sono costretto a partire e la figlia del signor Brembilla no, voglio che si sappia che non parto perché sono più avventuroso della giovane milanese.

Io sono
E io sono meridionale
Io sono emigrante. Dove emigrante vuol dire che non per mia scelta, ma per motivi estranei alla mia volontà ho stabilito la mia dimora in un luogo che non è la mia Terra.

Togliete le montagne al Divino e vedete cosa vi dirà.

Per ben 13 anni mi sono stati tolti i miei appennini, e non è detto che in un futuro prossimo venturo non mi vengano tolti ancora. E chiedete a Mame la bellezza del Subappennino in primavera.

Giusto per raccontare anche le mie vicissitudini, almeno parzialmente,
anche io sono meridionale (almeno d'origine),
anche mio padre ha seguito il lavoro ed è stato sradicato dalla sua Palermo (e mia madre con lui)
anche io ho seguito il lavoro (ebbene si, figlio di emigrati, emigrante dentro ormai pure io perché cresciuto così.. e sono cresciuto là dove si crede che ci siano ancora le miriadi di possibilità che magari esistevano ma che ora si stanno rarefacendo),
e anche io ESATTAMENTE come te voglio che si parli e riparli per non dimenticare, per non perdere, per essere coscienti del problema, per poterlo risolvere.
 

mame

The Fool on the Hill
Ma il tutto era per dire che non viene preclusa la crescita professionale al meridionale, ma lo sarebbe per un extracomunitario (anzi lo è). Cartina di tornasole che il problema razzismo risiede ormai prevalentemente altrove

Mica vero. Io lavoro ogni giorno a contatto con egiziani e indiani laureati, che vengono in Italia in missione perché altrimenti lavorano nel loro paese.
 

Frundsberg

New member
Probabilmente non riesco a spiegarmi bene. E' un mio limite.
Ho un amico senegalese. Mi spiegava che nella maggior parte dei paesi africani le zone interne sono poverissime e la gente tende a migrare nei centri urbani, con le conseguenti megalopoli che si stanno formando.
Sem mi parla di emigrazione del nord-Italia, tu mi parli di emigrazione dell'Oklahoma, io ti aggiungevo quella del Minnesota senza aver mai letto Furore, ma aver visto solo In mezzo scorre il fiume (da proporre come prossimo film da vedere insieme). Mettici anche quella dei messicani negli Stati Uniti e non dimentichiamo quella di Abramo da Ur dei Caldei fino in Egitto.
L'emigrazione meridionale è diversa, nei numeri prima di tutto, nei tempi. I numeri parlano di oltre 20 mln di emigranti all'estero. I numeri non tengono conto dell'emigrazione (chiamamoli flussi sud-nord e nord sud; per ogni 30000 persone dal sud verso nord, il nord ci invia un semtex) interna. L'Italia è l'unica nazione ad aver usato per il suo boom industriale la manodopera interna. I tedeschi hanno manodopera turca, inglesi e france hanno pescato nelle loro colonie ed ex colonie (ti dice niente?). Qui da noi il nord ha pescato nel sud.
Nei tempi. Tutte le emigrazioni che abbiamo citate sono ben delimitate nel tempo. Quella meridionale no. Mame si parte ancora oggi, da 150 anni, anzi 140, prima eravamo briganti (non capisco perché un polacco che nello steso perido lottava contro l'invasore russo era un eroico insorto e un duosiciliano che lottava contro l'invasione piemontese fosse chiamato brigante), poi siamo diventati emigranti. Ed è un flusso ininterrotto, tu ne sei l'emblema. E se prima si esportavano braccia, adesso l'emigrazione fa più male, perché vanno via i cervelli. 52000 all'anno negli ultimi cinque anni. Mame tu sei una di quella. La tua emigrazione ci ha impoverito due volte. La prima economica, perché la tua formazione è stata sostenuta/cosostenuta dai tuoi, la seconda, quella che fa più male, è di cultura. Il nord con te ha acquistato a costozero un'alta professionalità.
Non ho mai negato che il razzismo fosse da tutte le parti, ma nemmeno mi va di leggere la frase di Frundsberg quando parla di aver conosciuto altri generi di razzismo. Sei lodevole nella tua conoscenza Frundsberg, ma è lacunosa, perché altrimenti avresti dovuto anche conoscere il razzismo che spingeva le truppe piemontesi a brutalizzare intere popolazioni. Sai cosa diceva il D'Azeglio, uno dei padri dell'Unità d'Italia: "Meglio andare a letto con un lebbroso che con un meridionale" E non mancava occasione per ribadire che per loro noi eravamo solo "carne che puzza". Vogliamo parlare dei morti? Prendiamo il più grande genocidio che si conosce, quello ebraico, le cifre parlano di sei milioni di morti. Prendiamo quello armeno ad opera dei turchi, qui siamo sul milione. Stessa cifra in Ruanda. Per la pacifica annessione del Meridione, alcuni giornali dell'epoca parlarono di un milione di morti.
Nerst Terroni è diverso da Saviano. E poi non voler conoscere ciò che ci circonda, non significa che quello non esista. Non conoscere Sandokan non implicava la sua non esistenza. Terroni ha il merito di divulgare con linguaggio giornalistico, ciò che scrivevano i Fortunato, i Gramsci, i Salvemini e in epoca più recente i Zitara. Tutta questa gente non è contro l'Unità, quella andava fatta, ma come dicevo ad una mia amica, "il modo ancor m'offende". Siamo stati una colonia.


«Atterrite queste popolazioni» era l'ordine. In soli nove mesi, cifre ufficiali (quindi
false per difetto, visto quel che vanno rivelando i documenti dimenticati), quasi
novemila fucilati, poco meno di undicimila feriti, oltre seimila incarcerati, quasi
duecento preti, frati, donne e bambini uccisi. Prendiamole pure per buone, queste
cifre: in nove mesi. L'ultimo "brigante" oppositore fu ucciso dodici anni dopo, in
Calabria. «Intere popolazioni meridionali vennero sottoposte a una spietata
repressione militare, di cui si è persa ogni traccia, perché la documentazione relativa è
stata scientificamente distrutta, ma che provocò - secondo calcoli attendibili - almeno
centomila morti» ha scritto Giordano Bruno Guerri. Per altri, le cifre sono molto
maggiori; Lorenzo Del Boca (Indietro Savoia!) riporta conteggi sino a sette volte
tanto, parla di «sterminio di massa». È stato stimato che a opporsi in armi furono dagli
ottantamila ai cen-totrentacinquemila; che almeno altrettanti si prestarono a sostenerli,
rifornirli, a spiare per loro; e potevano farlo, perché avevano l'appoggio palese della
popolazione e meno palese dei possidenti. Fu necessario eliminarli tutti o quasi.
Antonio Ciano (ne Le stragi e gli eccidi dei Savoia riunisce notizie sugli eccidi,
riportate da diversi autori) somma, ai "briganti" fucilati, le vittime di rappresaglie, o
lasciate a spegnersi nei campi di concentramento, o di stenti e malattie nelle carceri o
fra i senzatetto; tanti impazzirono, si suicidarono. La carneficina arriverebbe, così, a
un milione di morti. Più o meno il numero di vittime che è costata l'importazione della
democrazia bushana in Iraq, da dove sono fuggiti quattro milioni di persone (dal
nostro Sud, da tre a cinque volte tanto) e sono state distrutte città, come Falluja, per
snidare i terroristi (nemmeno questo ci suona nuovo).
La rivista «Civiltà Cattolica» sostenne che il numero dei cadaveri lasciati dai
liberatori superò quello dei voti al plebiscito (strappati con la punta del pugnale e con
le minacce del moschetto), che furono più di un milione. Su nove milioni di abitanti.
Più morti che nei recenti conflitti etnici dei Balcani, calcola Erminio De Biase, in
L'Inghilterra contro il Regno delle Due Sicilie. Nel 1860 ci venne a trovare un
fratello. Era Caino. «Non si perda tempo a far prigionieri» aveva scritto Cavour al suo
re. E se ne facevano, li fucilavano per rappresaglia, come i lancieri a Montebello, che
uccisero sessantuno meridionali, per vendicare la morte di un loro capitano.



L'ho regalato ad un paio di persone, ma una non l'ha mai letto, l'altra ha fatto una fatica immane per finirlo. Io l'ho letto una miriade di volte, vorrei vivere come Baldassarre e ho conosciuto sia una Marta che una Bess. E sposerò una giacomina.
Eh, probabilmente, caro amico dal nobile casato genovese, probabilmente sarò lacunoso.
Lasciami dire, tuttavia, che il paragone con il genocidio ebraico o, ancora, armeno, io lo trovo forzato e inelegante.
Si tratta di fenomeni completamente diversi, completamente.
Io vengo da una terra in cui pochissimo tempo fa i crimini di guerra si sono visti e contati a dozzine.
Al giorno.
Che vuoi farci, o Embriaco della stirpe degli Embriaci...
Mi ritiro dal dibattito che, perdonami, trovo sterile.
Ciao, e tutte le mie scuse.
F.
 

Quelo

Ineffabile
Baldassare, ma se questi settentrionali ti hanno combinato così tante sciagure, perchè non mandarli finalmente a quel paese e ricostituire qualcosa di simile al regno di Franceschiello?

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E che ci vorrà mai? Abbiamo l'esempio Cecoslovacco di pochi anni fa. Ognuno se ne va per la sua strada salutandoci da buoni amici e facendosi scambievolmente gli auguri...
Altrimenti questo lamentarsi e tutte queste contumelie del proprio compagno di viaggio e contemporaneamente rimanergli avvinghiati è, come dire... sospetto...

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I meridionali si lamentano sempre e i carcerati si dicono tutti innocenti.

Non ho mai parlato di divisone perché io non vorrei dividermi. Finora gli unici che hanno parlato di secessione sono quelli che da questa Unità hanno guadagnato tutto.
Potrei dirti ancora, che io l’Unità d’Italia l’ho pagata con sangue e soldi. Non vado indietro nel tempo ricordando i miei compaesani e forse parenti morti per rappresaglia dopo che “feroci briganti” avevano ammazzato in uno scontro a fuoco il brigadiere Falini. Chissà perché se la rappresaglia avviene sul Sand Creek si consumano fiumi di inchiostro per biasimarla. Se la rappresaglia avviene nel Sannio o nel Subappennino dauno si parla di gloriosa operazione delle forze dell’ordine per ristabilire la legalità in terre selvagge. E al Falini che magari aveva compiuto atti non ortodossi nei confronti delle popolazioni inermi viene data anche la medaglia d’argento.
Potrei ricordarti i morti meridionali durante la prima guerra mondiale, tra cui due miei prozii:
“ […] guerra del 1915-1918 (seicentomila morti e altrettanti feriti in tutto, la metà
meridionali, che erano solo un terzo della popolazione: le divisioni del Sud venivano
mandate al massacro, sui loro cadaveri passavano quelle del Nord. La "Catanzaro" si
ammutinò);
”.


E si continuò a lucrare economicamente su quella guerra:
Ma arriva la guerra e tutto si ferma: c'è da liberare le residue terre irredente italiane
(ce le avevano offerte gratis, in cambio della non belligeranza, ma la pace non è un
affare, la guerra sì). È il glorioso '15-'18 che farà mormorare il Piave e ognuno, nel
paese, è chiamato a svolgere il suo ruolo: i meridionali a morire in trincea, il resto
d'Italia a incassare profitti bellici. Quando si faranno i conti, si scoprirà che il Sud ha
reso il più alto tributo di sangue e incassato il 7,4 per cento delle spese per i
rifornimenti alle forze armate; al Nord e al Centro, va il 92,6 per cento, con lo stato
che paga a incontrollati prezzi "bellici", anticipa i soldi, concede contributi per nuovi
impianti, per ammodernare le aziende, crearne ex novo, esenta dalle tasse... Già prima
della guerra, i due terzi di tutti gli stanziamenti militari erano spesi nella valle del Po e
praticamente tutte le forniture per la Marina militare assegnate alla sola Liguria (i più
grandi, numerosi e moderni cantieri navali erano in Campania, ma l'Italia unita non li
vide; e quelli chiusero uno dopo l'altro).


Potrei anche convenire con te, e dirti: se stiamo così male con quello che tu definisci "compagno di viaggio" e nello stesso tempo vi restiamo avvinghiati (sei così sicuro che non sia il contrario? fino a prova contraria da Nord a Sud scendono 50miliardi di euro, da sud a nord ne salgono almeno 70 mlr), perché non ce ne andiamo. Va bene, facciamo i conti, saldiamoli e ognuno per la sua strada. Ma quanto converrebbe al Nord fare i conti con il Meridione?

"Napoli è uno scrigno; re Francesco se ne va a Gaeta lasciando tutto: l'oro del regno,
opere d'arte, musei ricolmi di tesori, milioni di ducati del patrimonio personale e la
dote della moglie
(quando i Savoia furono costretti all'esilio, nel 1946, diciotto treni
partirono per la Svizzera: solo bagaglio a mano...
). Angela Pellicciari riporta la
denuncia del deputato Boggio, massone, amico e collaboratore di Cavour: «Somme
ingenti, somme favolose scompaiono colla facilità e rapidità stessa colla quale furono
agguantate dalle casse borboniche».
Che fine fa quella montagna d'oro? E quanto grande era davvero? Francesco
Saverio Nitti, che ebbe accesso ai documenti, contò più di 443 milioni di lire-oro (dei
664 di tutta l'Italia messa insieme): quasi metà dello spaventoso deficit del Piemonte.
Per capire di cosa stiamo parlando, ho chiesto al professor Vincenzo Gulì (è
l'argomento da lui maggiormente studiato): a cosa corrisponderebbero, oggi? Ecco la
sua risposta: «A circa duecento miliardi di euro, applicando la rivalutazione e
l'interesse legale. Se poi si aggiungono i 33 milioni di ducati del conto personale del
re Borbone si arriva a 270 miliardi di euro. In materia economica, però, è doveroso
non fermarsi al mero interesse legale. Anche perché il tasso di rendimento per i
capitali dell'ex regno era stato ben superiore, sino al 1861. Un plausibile raddoppio
dei soli interessi dei capitali iniziali porta al valore più realistico di circa cinquecento
miliardi. Non basterebbero le entrate del bilancio statale 2009 ("appena" 463 miliardi
di euro), per estinguere questo primo debito con i popoli meridionali».
Riuscite a immaginare la somma (che ti compri con quei soldi)? Io no. Per dire: la
ricchezza stimata della famiglia Agnelli è di qualche miliardo di euro; quella del
gruppo Berlusconi di una decina. Ma ne parliamo poi, ché il conto è incompleto: non
sono considerati i beni che vennero razziati in enti, case, chiese, regge (e quello,
ormai, lo sanno Dio e i ladri). Ma, soprattutto, non viene calcolato l'oro circolante. Di
che si tratta? Gli altri stati emettevano carta-moneta, il cui valore era garantito dalle
riserve in oro accumulate. Il sistema si reggeva sulla convertibilità: quando vuoi, vai
in banca, gli ridai la loro carta e ti prendi l'oro equivalente. In teoria. Nel regno delle
Due Sicilie, la moneta in circolazione portava con sé il suo valore: era d'oro. E le
riserve servivano al ripascimento del circolante che andava fuori dal giro, usato per
altri scopi o perso. A quanto ammontava quest'altra quantità di oro? «Alcuni parlano
del doppio dei famosi cento milioni di ducati-oro della riserva; e soltanto la metà
(dato verificato) sarebbe poi passata per il cambio in lire. Si tratta, quindi, di circa altri
mille miliardi di euro {e il totale dell'oro sottratto sale a millecinquecento; nda), che
furono assorbiti dal Nord negli anni seguenti, con il drenaggio fiscale antimeridionale,
come accadde pure alla nuova ricchezza prodotta a Sud in lire. Bisognerebbe andare a
vedere le entrate fiscali del bilancio dello stato e la parte versata dal Mezzogiorno; ma
il tutto sarebbe molto approssimativo. Sono senz'altro superiori altri danni; e lì si parla
di migliaia di miliardi di euro.»
Un conteggio complesso, che il professor Gulì sta facendo. Ne aspetteremo i
risultati. Un'idea, non verificabile, del possibile totale, mi è stata data dall'erede
dell'ultimo direttore generale del ministero dell'Interno borbonico. Ma posso dirne
poco, perché quando ho chiesto di vedere i documenti, la corrispondenza è stata
interrotta. Questo signore vive in Gran Bretagna e conserva il diario del suo avo, che
dovrebbe finire nel patrimonio di una grande università, forse degli Stati Uniti, dopo
un primo studio in quella di Cambridge. Fra quelle pagine sarebbe riportata la
direttiva di Cavour per trasferire l'oro al Nord; e ci sarebbero indicazioni sull'entità del
furto. L'ordine di grandezza che mi è stato riferito è colossale; non credo abbia molto
senso dirlo, senza spiegare in base a quali dati ci si arrivi. E mi attengo, per ora, al
certo, l'oro delle riserve, più quello circolante: 1.500 miliardi di euro.
Come si fa a capire quant'è? La ricchezza prodotta nel 2008 da tutt'Italia è stata di
1.273 miliardi di euro. Ma questo non ci aiuta molto. Io ho un metodo, in questi casi:
scendo di un ordine di grandezza alla volta, sino a che capisco. Se fossero "soltanto"
150 miliardi di euro? Sarebbe la ricchezza che l'Italia intera produce in un mese e
mezzo. Mah... non mi sembra un gran passo avanti: voi quanto guadagnate al mese?
Siamo ancora lontani. Calo di un altro ordine di grandezza: 15 miliardi di euro. Con
questa somma si fanno almeno una legge finanziaria "tosta" o due-tre di quelle
"leggere": staremmo a posto per uno o più anni, senza nuove tasse e tagli a scuola,
sanità, servizi. Ancora un gradino giù, 1,5 miliardi: un terzo della somma (4,5
miliardi) con cui Berlusconi e Tremonti volevano lanciare "un nuovo Piano Marshall"
per risolvere la questione meridionale (lasciate stare che non l'hanno fatto: mica ci
abbiamo creduto; è solo per avere un'idea delle cifre).
Ora comincio a capire cosa sono 1.500 miliardi di euro: sono poco meno di 350
questioni meridionali risolte (e allora, perché non s'è fatto, manco una volta? Che
domande: ci hanno messo un secolo e mezzo per crearla e poi la distruggono? E di
che campano?). Naturalmente, non è vero che con 4,5 miliardi di euro fai il "nuovo
Piano Marshall" (ribattezzato, per modestia, "Progetto Berlusconi"), che riequilibra il
paese. Diciamo il doppio? O, per andar larghi, il triplo e qualcosa? Okay: 15 miliardi
di euro. All'anno. Ce n'è per un ponte sullo Stretto ogni sei mesi e ne rimane per le
strade e ferrovie che vorrebbero fare, dicono, "invece" del ponte ("invece", né le une
né l'altro...): 15 miliardi ogni anno. Per cento anni. Vi sembra troppo, per eliminare il
divario Nord-Sud? E perché non vi è sembrato troppo quando ve li siete presi? Mi sa
che comincio a capire cosa sono 1.500 miliardi di euro...
 

EgidioN

New member
Lamentarsi e prendere coscienza sono atteggiamenti simili ma non uguali.

@ Baldassarre: Ma hai intenzione di citarci tutto il libro?
 

ulysse

New member
Ho lavorato al Nord quanto al Sud dell'Italia e l'unica cosa che accomuna i due versanti è la chiesa e basta.
Già solo questo fattore dovrebbe far riflettere chi si cimenta in revisionismi storici con passione o per amore o
semplicemente per capire. Questo collante , la chiesa, ha di fatto annullato le coscienze e la cultura sia dei meridionali
quanto quelle dei settentrionali facendo dimenticare cosa e chi sopratutto ha contribuito all'unione, sia tutto che era il paese prima dell'unità d'Italia. Fare oggi. con ancora il potere ben saldo nelle mani del Vaticano, una ricerca sui fatti tragici,
grotteschi, o semplicemente storici del nostro paese è inutile. A meno che questo non venga fatto a livello storico ed
imparziale, senza "tifare" per l'uno o l'altro versante.
I problemi attuali,sociali, politici, di qualità della vita ect ect, che patiscono gli italiani tutti, siano essi del sud o del nord,
sono gravissimi. Ma guarda caso ancora oggi, come ieri, basta una festa patronale, un santo, o la domenica in chiesa per
tutti, per dimenticare ogni problema. Sarà un caso?
 

mame

The Fool on the Hill
"A Torino il commissario aveva incontrato perfino dei pugliesi, dei calabresi, che parlavano dall'alto in basso dei 'terroni'. Era come un morbo locale e inevitabile, la malaria, la febbre gialla: dopo un po' che stavano qui, tutti cominciavano a cercare qualcuno che fosse più a sud di loro, anche solo di mezzo chilometro."
Fruttero & Lucentini, "La donna della domenica".
 

irene

Reader
Mi inserisco troppo tardi in questa discussione..
Forse nel paese di Baldassarre sono tutte anime buone, ma vorrei far notare che anche tra gli stessi meridionali ci sono pregiudizi a non finire... In quanto napoletane, io e mia madre fino a qualche tempo fa (e siamo in Basilicata da 13 anni) siamo state guardate come creature strane, e ugualmente sentiamo dire dei pugliesi, ad esempio, che rubano e sono cafoni, dei campani che sono tutti camorristi, e ci si "scontra" perfino tra paesi vicini...
Inoltre, anche nella ridente cittadina di Palazzo san Gervasio è stato allestito il campo profughi per accogliere i disperati, e, curiosa coincidenza, una ragazza ucraina (non era il paese da cui vengono le sfasciafamiglie?) che da molti anni vive lì mi ha confidato che da quelle parti non si poteva più stare, la zona era diventata invivibile, le persone avevano paura di passarci vicino. Non so come sia la situazione nel paese di Baldassarre, nè come sia ora a Palazzo, ma ovviamente spero sia migliorata...
Tutto questo per dire che non è una questione di nord o sud. Non si possono condannare le persone (io in primis) che temono gli immigrati, siano essi africani, terroni, italiani in america etc, perchè molti immigrati sono disperati, e rubano e uccidono per sopravvivere, stuprano (di questo però non sono tanto sicura) e chi più ne ha,più ne metta. Detto questo, resta il fatto che quando torno a Napoli odio dovermi stringere la borsa addosso per paura che me la rubino, o evitare certe zone per chi ci gira, o vedere gente che chiede l'elemosina o che cerca di venderti occhiali da sole falsi dappertutto, ma questo accadrebbe anche a roma o milano o new york. Per mostrare buoncuore dobbiamo chiudere gli occhi e le orecchie alle notizie quando ci dicono che un extracomunitario ha ucciso/rubato/violentato/spacciato droga? Il mio pregiudizio non è contro il diverso, ma contro chi si comporta male.
E sono del parere che, quando sei riuscito a raggiungere il "paradiso", almeno cerca di non renderlo più brutto e pericoloso di quanto già è!
 
Ultima modifica:

Nerst

enjoy member
Credo che irene si riferisse al gravissimo disagio sociale in cui queste persone immigrate riversano.
E' quest' ultimo che porta ad atti mostruosi come lo stupro (ovviamente, di fondo c' è un disturbo mentale/comportamentale)
 
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