I meridionali si lamentano sempre e i carcerati si dicono tutti innocenti.
Non ho mai parlato di divisone perché io non vorrei dividermi. Finora gli unici che hanno parlato di secessione sono quelli che da questa Unità hanno guadagnato tutto.
Potrei dirti ancora, che io l’Unità d’Italia l’ho pagata con sangue e soldi. Non vado indietro nel tempo ricordando i miei compaesani e forse parenti morti per rappresaglia dopo che “feroci briganti” avevano ammazzato in uno scontro a fuoco il brigadiere Falini. Chissà perché se la rappresaglia avviene sul Sand Creek si consumano fiumi di inchiostro per biasimarla. Se la rappresaglia avviene nel Sannio o nel Subappennino dauno si parla di gloriosa operazione delle forze dell’ordine per ristabilire la legalità in terre selvagge. E al Falini che magari aveva compiuto atti non ortodossi nei confronti delle popolazioni inermi viene data anche la medaglia d’argento.
Potrei ricordarti i morti meridionali durante la prima guerra mondiale, tra cui due miei prozii:
“ […] guerra del 1915-1918 (seicentomila morti e altrettanti feriti in tutto, la metà
meridionali, che erano solo un terzo della popolazione: le divisioni del Sud venivano
mandate al massacro, sui loro cadaveri passavano quelle del Nord. La "Catanzaro" si
ammutinò);”.
E si continuò a lucrare economicamente su quella guerra:
Ma arriva la guerra e tutto si ferma: c'è da liberare le residue terre irredente italiane
(ce le avevano offerte gratis, in cambio della non belligeranza, ma la pace non è un
affare, la guerra sì). È il glorioso '15-'18 che farà mormorare il Piave e ognuno, nel
paese, è chiamato a svolgere il suo ruolo: i meridionali a morire in trincea, il resto
d'Italia a incassare profitti bellici. Quando si faranno i conti, si scoprirà che il Sud ha
reso il più alto tributo di sangue e incassato il 7,4 per cento delle spese per i
rifornimenti alle forze armate; al Nord e al Centro, va il 92,6 per cento, con lo stato
che paga a incontrollati prezzi "bellici", anticipa i soldi, concede contributi per nuovi
impianti, per ammodernare le aziende, crearne ex novo, esenta dalle tasse... Già prima
della guerra, i due terzi di tutti gli stanziamenti militari erano spesi nella valle del Po e
praticamente tutte le forniture per la Marina militare assegnate alla sola Liguria (i più
grandi, numerosi e moderni cantieri navali erano in Campania, ma l'Italia unita non li
vide; e quelli chiusero uno dopo l'altro).
Potrei anche convenire con te, e dirti: se stiamo così male con quello che tu definisci "compagno di viaggio" e nello stesso tempo vi restiamo avvinghiati (sei così sicuro che non sia il contrario? fino a prova contraria da Nord a Sud scendono 50miliardi di euro, da sud a nord ne salgono almeno 70 mlr), perché non ce ne andiamo. Va bene, facciamo i conti, saldiamoli e ognuno per la sua strada. Ma quanto converrebbe al Nord fare i conti con il Meridione?
"Napoli è uno scrigno; re Francesco se ne va a Gaeta lasciando tutto: l'oro del regno,
opere d'arte, musei ricolmi di tesori, milioni di ducati del patrimonio personale e la
dote della moglie (quando i Savoia furono costretti all'esilio, nel 1946, diciotto treni
partirono per la Svizzera: solo bagaglio a mano...). Angela Pellicciari riporta la
denuncia del deputato Boggio, massone, amico e collaboratore di Cavour: «Somme
ingenti, somme favolose scompaiono colla facilità e rapidità stessa colla quale furono
agguantate dalle casse borboniche».
Che fine fa quella montagna d'oro? E quanto grande era davvero? Francesco
Saverio Nitti, che ebbe accesso ai documenti, contò più di 443 milioni di lire-oro (dei
664 di tutta l'Italia messa insieme): quasi metà dello spaventoso deficit del Piemonte.
Per capire di cosa stiamo parlando, ho chiesto al professor Vincenzo Gulì (è
l'argomento da lui maggiormente studiato): a cosa corrisponderebbero, oggi? Ecco la
sua risposta: «A circa duecento miliardi di euro, applicando la rivalutazione e
l'interesse legale. Se poi si aggiungono i 33 milioni di ducati del conto personale del
re Borbone si arriva a 270 miliardi di euro. In materia economica, però, è doveroso
non fermarsi al mero interesse legale. Anche perché il tasso di rendimento per i
capitali dell'ex regno era stato ben superiore, sino al 1861. Un plausibile raddoppio
dei soli interessi dei capitali iniziali porta al valore più realistico di circa cinquecento
miliardi. Non basterebbero le entrate del bilancio statale 2009 ("appena" 463 miliardi
di euro), per estinguere questo primo debito con i popoli meridionali».
Riuscite a immaginare la somma (che ti compri con quei soldi)? Io no. Per dire: la
ricchezza stimata della famiglia Agnelli è di qualche miliardo di euro; quella del
gruppo Berlusconi di una decina. Ma ne parliamo poi, ché il conto è incompleto: non
sono considerati i beni che vennero razziati in enti, case, chiese, regge (e quello,
ormai, lo sanno Dio e i ladri). Ma, soprattutto, non viene calcolato l'oro circolante. Di
che si tratta? Gli altri stati emettevano carta-moneta, il cui valore era garantito dalle
riserve in oro accumulate. Il sistema si reggeva sulla convertibilità: quando vuoi, vai
in banca, gli ridai la loro carta e ti prendi l'oro equivalente. In teoria. Nel regno delle
Due Sicilie, la moneta in circolazione portava con sé il suo valore: era d'oro. E le
riserve servivano al ripascimento del circolante che andava fuori dal giro, usato per
altri scopi o perso. A quanto ammontava quest'altra quantità di oro? «Alcuni parlano
del doppio dei famosi cento milioni di ducati-oro della riserva; e soltanto la metà
(dato verificato) sarebbe poi passata per il cambio in lire. Si tratta, quindi, di circa altri
mille miliardi di euro {e il totale dell'oro sottratto sale a millecinquecento; nda), che
furono assorbiti dal Nord negli anni seguenti, con il drenaggio fiscale antimeridionale,
come accadde pure alla nuova ricchezza prodotta a Sud in lire. Bisognerebbe andare a
vedere le entrate fiscali del bilancio dello stato e la parte versata dal Mezzogiorno; ma
il tutto sarebbe molto approssimativo. Sono senz'altro superiori altri danni; e lì si parla
di migliaia di miliardi di euro.»
Un conteggio complesso, che il professor Gulì sta facendo. Ne aspetteremo i
risultati. Un'idea, non verificabile, del possibile totale, mi è stata data dall'erede
dell'ultimo direttore generale del ministero dell'Interno borbonico. Ma posso dirne
poco, perché quando ho chiesto di vedere i documenti, la corrispondenza è stata
interrotta. Questo signore vive in Gran Bretagna e conserva il diario del suo avo, che
dovrebbe finire nel patrimonio di una grande università, forse degli Stati Uniti, dopo
un primo studio in quella di Cambridge. Fra quelle pagine sarebbe riportata la
direttiva di Cavour per trasferire l'oro al Nord; e ci sarebbero indicazioni sull'entità del
furto. L'ordine di grandezza che mi è stato riferito è colossale; non credo abbia molto
senso dirlo, senza spiegare in base a quali dati ci si arrivi. E mi attengo, per ora, al
certo, l'oro delle riserve, più quello circolante: 1.500 miliardi di euro.
Come si fa a capire quant'è? La ricchezza prodotta nel 2008 da tutt'Italia è stata di
1.273 miliardi di euro. Ma questo non ci aiuta molto. Io ho un metodo, in questi casi:
scendo di un ordine di grandezza alla volta, sino a che capisco. Se fossero "soltanto"
150 miliardi di euro? Sarebbe la ricchezza che l'Italia intera produce in un mese e
mezzo. Mah... non mi sembra un gran passo avanti: voi quanto guadagnate al mese?
Siamo ancora lontani. Calo di un altro ordine di grandezza: 15 miliardi di euro. Con
questa somma si fanno almeno una legge finanziaria "tosta" o due-tre di quelle
"leggere": staremmo a posto per uno o più anni, senza nuove tasse e tagli a scuola,
sanità, servizi. Ancora un gradino giù, 1,5 miliardi: un terzo della somma (4,5
miliardi) con cui Berlusconi e Tremonti volevano lanciare "un nuovo Piano Marshall"
per risolvere la questione meridionale (lasciate stare che non l'hanno fatto: mica ci
abbiamo creduto; è solo per avere un'idea delle cifre).
Ora comincio a capire cosa sono 1.500 miliardi di euro: sono poco meno di 350
questioni meridionali risolte (e allora, perché non s'è fatto, manco una volta? Che
domande: ci hanno messo un secolo e mezzo per crearla e poi la distruggono? E di
che campano?). Naturalmente, non è vero che con 4,5 miliardi di euro fai il "nuovo
Piano Marshall" (ribattezzato, per modestia, "Progetto Berlusconi"), che riequilibra il
paese. Diciamo il doppio? O, per andar larghi, il triplo e qualcosa? Okay: 15 miliardi
di euro. All'anno. Ce n'è per un ponte sullo Stretto ogni sei mesi e ne rimane per le
strade e ferrovie che vorrebbero fare, dicono, "invece" del ponte ("invece", né le une
né l'altro...): 15 miliardi ogni anno. Per cento anni. Vi sembra troppo, per eliminare il
divario Nord-Sud? E perché non vi è sembrato troppo quando ve li siete presi? Mi sa
che comincio a capire cosa sono 1.500 miliardi di euro...