Wallace, David Foster - Una cosa divertente che non farò mai più

Scusa,e invece sai qualcosa di" Infinite jest"?Chicca.

Io lo sto leggendo proprio in questi giorni. è un libro monumentale (specie nelle dimensioni del volume), dissacrante ma soprattutto tremendamente tecnico. Troverai un sacco di formule chimiche e di spiegazioni logico-matematiche (tipico dello stile di Wallace) che ai più incerti consigliano caldamente di abbandonare l'opera appena a pagina 75...
Lo stile è quello tipico di Wallace, tantissime digressioni e un mistilinguismo pazzesco (si passa da spiegazioni medico-scientifiche al flusso di coscienza di un drogato); e la trama, che non viene per altro approfondita più di tanto è vista da più prospettive differenti in un intreccio continuo di vicende che ti faranno incontrare i personaggi di fantasia più reali che tu possa immaginare. Il ritratto iniziale di Hal Incandenza è davvero strepitoso.
Per molti è semplicemente il delirio lungo 1200 pagine di un folle, per me è un capolavoro. Davvero, non ho mai letto una cosa del genere, di una genialità inarrivabile. Non lo consiglio perchè la sua lettura deve essere continuativa, non è un libro da leggere per rilassarsi insomma, ma è un libro che fa pensare. E anche parecchio.

Ps. Ti consiglio semmai di leggere le sue raccolte di racconti "Oblio" o "Brevi interviste con uomini schifosi". E se non l'hai ancora letto allora DEVI leggere "Questa è l'acqua", quello sì, unanimamente riconosciuto come capolavoro della letteratura contemporanea [anche se si tratta di una raccolta postuma].
 

Apart

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La sensazione del libro è di un addormentamento generale. Passeggeri ed equipaggio vivono in una sorta di torpore, di assuefazione al modello Occidentale. Ma non ci sono controlli o controllori. Si è dentro un modello e si vive senza farsi domande, trascinati dalla corrente (alla deriva!). Wallace è l'unico sveglio. Ma lo scotto di essere sveglio in un mondo di addormentati è l'alienazione. Leggere questo libro è entrare in un mondo di acume e di intelligenza (quello di Wallace sembra quasi un romanzo sociologico), ma anche di malessere. Wallace non vive soltanto il disagio di un'esperienza (la crociera), vive l'inadeguatezza alla vita (occidentale). E da quest'inadeguatezza si evince un malessere profondo. L'unico momento di tutto il racconto in cui forse sembra contento è quando gioca sulla nave a ping pong, cosa che scrive riuscirgli benissimo. Per il resto è tutto un'esperienza negativa (di inadeguatezza), raccontata magistralmente (con sottile ironia) e che ci invita davvero a riflettere (e a svegliarci).
 
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Apart

New member
A bordo della Nadir, così come annuncia pomposamente la brochure a pagina 23, farò (caratteri in oro): "...qualcosa che non fate da molto, moltissimo tempo: Assolutamente Niente".
Quanto tempo è che non fate Assolutamente Niente? Per quanto riguarda me, lo so con precisione. So con precisione quanto tempo è passato dall'ultima volta che ogni mio bisogno è stato esaudito senza possibilità di scelta da qualche forza esterna, senza che dovessi farne richiesta o addirittura ammettere di avere alcun bisogno. E anche quella volta galleggiavo nell'acqua, in un liquido salato, e caldo, ma poi nemmeno troppo - e se per caso ero cosciente, sono sicuro che non avevo paura e che mi stavo divertendo un sacco e che avrei spedito cartoline dicendo a chiunque "vorrei che fossi qui".

(Una cosa divertente che non farò mai più, David Foster Wallace)
 

smemorina

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Divertente ed esasperato.
Non credo farò mai una crociera (nota 1 troppa folla), ma non si sa mai.
L' autore esagera molti vizi normali (nota 2 essere serviti al ristorante, trovare la camera pulita e gli asciugamani piegati) della gente normale, ma che io trovo piuttosto logici dato che si è in vacanza e si è pagato per essere viziati.
Ho letto sopra che l'ironia dell'autore dovrebbe farci riflettere, ma sinceramente non capisco quale sia la differenza tra una crociera e un hotel extra lusso, ma allora, allo stesso modo, dovrebbe farci riflettere la donna che viene a farci le pulizie, la tata che ci guarda il bambino il sabato sera e il postino che ci consegna la posta sotto la pioggia.
Direi di goderci il libro per quello che è: un racconto divertente scritto da un tipo pagato per essere in vacanza su una crociera di lusso (nota 3 ecco forse su questo rifletterei :)
 

velmez

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continuo a rammaricarmi del fatto che un genio del genere si sia suicidato... :W

Ho iniziato a leggere Wallace a partire da Infinite Jest che mi ha stregato, stordito, fatto sragionare e impazzire di soddisfazione allo stesso tempo...
questo è molto più semplice (a parte l'assurdo ricorrere alle note anche per aggiungere semplice punteggiatura, ma d'altra parte non è un autore ruffiano), sicuramente più umano e meno genio, ma molto spassoso.
Certo alla fine non è che ci dica molto sulla crociera (o per lo meno questa è la mia impressione) piuttosto è un'autoanalisi sulle proprie sopportazioni e sui propri dogmi...
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Questo libro è molto triste. Le parti che fanno sorridere non sono divertenti, ma fanno quasi piangere dal mal di vivere.

Ci sono tutti i segnali del futuro suicida, inutilmente mascherati da un’ironia grottesca e amarissima. David Foster Wallace, attraverso la sua amabile penna, ci descrive, attimo dopo attimo, la vita su una nave da crociera.

Tra persone che non sanno dire il vero motivo per cui stanno facendo una crociera (se non perché una crociera va fatta almeno una volta nella vita), episodi surreali di una vita impossibile, ma visivamente presente (le addette alla pulizia intervengono a pulire la camera di David sempre nell’esatto istante in cui lui esce), lo scrittore osserva un mondo goffo, iper caricaturale che non riesce a fuggire da se stesso, nemmeno quando tutto intorno a lui è studiato appositamente per far sì che si dimentichi della sua stupida vita.

Bellissimo, votato 5/5
 

Trillo

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In questo reportage narrativo, Wallace ci racconta il suo viaggio a bordo di una nave da crociera extralusso, appositamente commissionatogli da una prestigiosa rivista. Fra le sue fisse e le sue fobie, l'autore ci presenta i dettagli di quella (quasi) perfetta macchina da vizio, intrecciandoli a delle precise e sagaci analisi sui meccanismi manipolativi di marketing e sull'influenzabilità della mente umana anche se ben conscia dei paradossi e delle bassezze in cui viene incanalata, il tutto senza risparmiare neppure se stesso.

A questo proposito, secondo me è significativo il modo in cui lui ribattezza la nave da crociera: "Nadir", contrapponendolo al nome vero, "Zenith". Infatti, se quest'ultimo nome è particolarmente azzeccato nel suo evocare l'apice di relax, divertimento e spensieratezza che si può raggiungere in una crociera extralusso, il nome "Nadir" che Wallace irriducibilmente utilizza come vero nome di quel diabolico mezzo galleggiante è allo stesso modo assolutamente perfetto per indicare la bassezza umana che gli impeccabili meccanismi della nave sottendono e che si riflettono su diversi livelli: nelle subdole strategie pubblicitarie, nelle regole ferree a cui è sottoposto il personale di bordo, negli sprechi e nei comportamenti sempre meno virtuosi dei croceristi (ribattezzati appunto "nadiriti") indotti attraverso l'intera macchina viziatrice dell'assoluto far niente. Ogni minima cosa è già pensata, programmata ed esaudita prima che il loro pensiero ne possa sfiorare l'idea. Già da prima di salire a bordo, la pubblicità si preoccupa di costruire la percezione del sogno dei futuri nadiriti, al punto che Wallace stesso dice:
"Ogni volta che ho alzato gli occhi verso il cielo, non ho visto il cielo che vedevo, ma l'immensa volta di lapislazzuli del cielo".

Il progressivo abituarsi a questo stato di rilassamento fisico e mentale fa sì che ogni cosa cominci sempre più a sembrare dovuta e giustamente pretesa, così pian piano si insinua una forma di intransigenza, scontentezza, avidità ed egoismo che spinge ancor più verso il fondo morale ogni nadirita, compreso l'autore. E la trasformazione che si impossessa di lui, contrapponendosi alla consapevolezza e all'assurdità di ciò che gli sta accadendo, ne dipingono un quadro grottesco ma emblematico.
Questo cambiamento così reale comincia però a scontrarsi con l'irrealtà di quel piccolo mondo galleggiante. Tutto ad un tratto, tanti piccoli elementi cominciano a svelarlo per quello che è: una falsa e brutta copia del mondo reale. Quella nave che sembrava una madre premurosa che si prende cura delle sue creature comincia a rivelarsi come una padrona di casa insofferente e priva di affetto, il legno che la adorna non è che un'ottima imitazione di quello reale, le bibite offerte non sono altro che un tentativo mal riuscito di sostituirsi a quelle originali, e tanti altri piccoli ma significativi esempi. E questo mix di insoddisfazione e disillusione che si va al contempo a sovrapporre alla tristezza e al timore di ritornare alla vita reale, finiscono per indurre uno stato di disperazione in coloro che come l'autore non si lasciano annebbiare da quello stato di fallace euforia che si impossessa dei nadiriti. Quella nave che era sembrata fonte di vita, protezione e spensieratezza, appare definitivamente come l'autore ci aveva suggerito all'inizio: una "macchina di morte e decadenza"... Un Nadir del pensiero e dell'animo.

In generale il reportage è scritto in modo eclettico, frizzante, fuori dagli schemi, e scorre piacevolmente. Però qualcosa mi è mancato, forse un maggiore approfondimento di certe tematiche, così come di esperienze e punti di vista diversi.
 
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