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Segre, Andrea - Io sono Li
Io sono Li, di A. Segre
Ecco un film che ci conosce, che ci conosce bene, e nel quale riconosciamo il nostro Occidente quotidiano.
Un film che fa lirismo sulla brutalità, che “intreccia orchidee” sulla xenofobia squallida ed elementare che trasborda, tra ampie negazioni , furbate politiche e minimizzazioni, dai tombini delle nostre città.
Chi di noi non ha conosciuto / frequentato i discorsi degli attempati “ fioi ” del “ bacaro ” di Chioggia del film, non sa nulla della essenza interpretativa del Veneto attorno al “pericolo cinese”.
Non conosce la volgarità veneta del nostro quotidiano, che tutti i giorni incontriamo nella vita reale (che non è quella da dipartimento universitario….).
Attorno al “ bianco” che “ te zonti ”, che “ te gà da zontar ”, per lo “ spriss ” , si puo’ ricostruire un mondo.
Gli autori lo fanno, e lo fanno bene, pur con qualche piccolo eccesso buonista.
Un ragazza madre, da una città di mare della Cina, arriva nel nostro vivere, senza nemmeno voler sfiorare le nostre categorie; moderna “schiava”, vuol solo tentare di adeguarsi a tutto il possibile per sopravvivere, stando in un canto, silente al mondo, sottomessa ai poteri, distante a tutto, eppur al suo perfetto centro concreto, quello reale.
Film che ha i suoi difetti, lo avremmo voluto piu’vicino alla ruvidezza della prossimità con le cose, meno intriso di lirismo, ma son “difetti” che possiamo mettere da parte innanzi alla piena lucidità che dimostra del quadro generale
“Alla mattina offeso/ alla sera deriso/ Pur umiliato, intreccio orchidee”, recitano i versi (che cito a memoria) del poeta della classicità cinese Qu Yuan con il quale, perfettamente, si apre il film sul destino in balia della corrente di questa “schiava” che incontriamo ogni giorno, e che con “Io sono Li” inizia timidamente ma finalmente a smettere di essere trasparente a noi e al nostro occidente quotidiano.
Riempiamo le sale a questo film civile, e in tutta Italia,
a questo film antifascista, antifascista di fatto.
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Io sono Li, di A. Segre
Ecco un film che ci conosce, che ci conosce bene, e nel quale riconosciamo il nostro Occidente quotidiano.
Un film che fa lirismo sulla brutalità, che “intreccia orchidee” sulla xenofobia squallida ed elementare che trasborda, tra ampie negazioni , furbate politiche e minimizzazioni, dai tombini delle nostre città.
Chi di noi non ha conosciuto / frequentato i discorsi degli attempati “ fioi ” del “ bacaro ” di Chioggia del film, non sa nulla della essenza interpretativa del Veneto attorno al “pericolo cinese”.
Non conosce la volgarità veneta del nostro quotidiano, che tutti i giorni incontriamo nella vita reale (che non è quella da dipartimento universitario….).
Attorno al “ bianco” che “ te zonti ”, che “ te gà da zontar ”, per lo “ spriss ” , si puo’ ricostruire un mondo.
Gli autori lo fanno, e lo fanno bene, pur con qualche piccolo eccesso buonista.
Un ragazza madre, da una città di mare della Cina, arriva nel nostro vivere, senza nemmeno voler sfiorare le nostre categorie; moderna “schiava”, vuol solo tentare di adeguarsi a tutto il possibile per sopravvivere, stando in un canto, silente al mondo, sottomessa ai poteri, distante a tutto, eppur al suo perfetto centro concreto, quello reale.
Film che ha i suoi difetti, lo avremmo voluto piu’vicino alla ruvidezza della prossimità con le cose, meno intriso di lirismo, ma son “difetti” che possiamo mettere da parte innanzi alla piena lucidità che dimostra del quadro generale
“Alla mattina offeso/ alla sera deriso/ Pur umiliato, intreccio orchidee”, recitano i versi (che cito a memoria) del poeta della classicità cinese Qu Yuan con il quale, perfettamente, si apre il film sul destino in balia della corrente di questa “schiava” che incontriamo ogni giorno, e che con “Io sono Li” inizia timidamente ma finalmente a smettere di essere trasparente a noi e al nostro occidente quotidiano.
Riempiamo le sale a questo film civile, e in tutta Italia,
a questo film antifascista, antifascista di fatto.
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