Finito - spoilerone
Come faccio a commentare questo libro? Come prima reazione viene da dire "bellissimo ma non ci ho capito niente"
Ho ripreso diverse parti una seconda volta, perché talvolta la chiave sta in una frase o in una parola. Criptico e folle, sconvolgente, non come L'urlo e il furore - e meno ostico, poiché utilizza molto di meno i salti temporali - ma altrettanto allucinato e complesso, nonostante la semplicità della trama, pur se surreale e grottesca, il linguaggio a tratti scarno, a tratti ricercato, letterario, talvolta quasi onirico.
Addie Bundren sta morendo. Il marito Anse e i cinque figli - Cash, Darl, Jewel, Dewey Dell e Vardaman; già dai nomi si nota la singolarità, una Mary o un John no?
- raccontano a turno la loro visione del mondo in quel momento: per ciascuno, a intermittenza, un flusso di pensieri e di coscienza, intervallato anche dai monologhi dei conoscenti e vicini di casa. Senza minimamente scavare, apparentemente, nei sentimenti più profondi legati alla morte della madre, o della moglie. Ma descrivendo la situazione così come è, quasi dall'esterno: le vicissitudini della bara che deve essere portata a Jefferson, paese natale di Addie, poiché ella così voleva; i tormenti interiori che ciascuno si porta dietro, chi da una vita, chi da qualche settimana come Dewey Dell. Odio, invidia, segreti torbidi e mai confessati, ma intuiti. Ira, tormento, ansia e perdita.
Anse vuole portare a compimento il desiderio della moglie, ma non si intravede in lui un coinvolgimento emotivo. La miseria domina la vita di Anse e dei suoi figli e spesso desideri materiali semplici per altri, ma a loro negati - come quello di Anse di farsi i denti "per mangiare come gli altri" - prevalgono insistentemente su tutto il resto. E la tragedia nella famiglia Bundren coincide, quasi beffardamente, con la tragedia atmosferica: un'inondazione senza precedenti trascina via i ponti del fiume che i Bundren, con la bara, devono attraversare per arrivare a Jefferson. La bara,che sembra quasi assumere sembianze vitali, verrà persa, recuperata, diverse volte si salverà per miracolo, nel fiume e non, in una grottesca avventura che durerà nove giorni, fino alla meritata sepoltura del cadavere ormai in putrefazione. Dopo, nulla sarà più come prima, per nessuno dei Bundren.
Faulkner non indugia affatto sulla descrizione psicologica dei personaggi: ma il suo genio sta anche nel fatto che noi, alla fine del libro, li conosciamo perfettamente, tramite i loro monologhi. Conosciamo la lucida follia di Darl, i tormenti di Dewey Dell, il coraggio di Cash, l'indifferenza di Anse. La rabbia e il dolore di Jewel e la rabbia ossessiva di Darl verso di lui. Conosciamo Vardaman, i suoi desideri di bambino - il trenino visto nella vetrina - e il suo dolore già di adulto. Bellissimi i suoi monologhi, a tratti sconclusionati e confusi come possono essere i pensieri di un bambino, a tratti maturi e a suo modo lucidi: il modo in cui Faulkner esprime la sua visione del mondo, della morte.
E conosciamo Addie e la sua colpa; il suo amore per alcuni, la sua indifferenza per altri, l'odio che si porta dentro fin da prima di conoscere Anse. Addie che dal profondo della sua bara sembra prendersi gioco di tutti, che sembra metterli alla prova, vedere fino a che punto sono pronti a seguire la sua volontà. Addie che sembra volersi prendere la sua ultima, sadica soddisfazione nei confronti di chi non ha mai amato. Addie che sostiene che la gente usi parole come maternità, paura, amore, solo perché non ne conosce il significato, e che chi, come lei, ne conosce l'essenza non abbia bisogno di dare i nomi alle cose.
Vorrei parlare ancora di questo libro, ma temo che cercherei di riassumerlo tutto in maniera sconclusionata, avevo ragione sul fatto che sarebbe stato un monologo, purtroppo per il momento nessuno lo sta leggendo, attendo con curiosità di leggere i vostri commenti.