Il romanzo collettivo

Vangoggha

New member
- Si parteeee!!! urlai con lo stesso entusiasmo che puo' avere un giocatore di calcio quando riceve una pallonata in mezzo alle gambe.
Speravo che il cane occupasse il posto accanto al mio, ma la cara suocera si accomodò in prima fila, togliendomi l'unica speranza di affrontare questo viaggio senza doverla guardare ogni tanto.
Ora, non penserete veramente che io mi sarei sacrificato senza avere un secondo scopo!?!?!?
Ce l'avevo eccome!
Da un anno aspettavo questo momento. Da un anno progettavo tutto nei minimi particolari.
Veterinari più vicini ce n'erano all'infinito ma scelsi proprio quel guaritore di animali per un motivo ben preciso: si trova nella cittadina più sperduta e tetra che io abbia mai visto.
Una cittadina di pochissimi abitanti, le cui abitazioni terrorizzano certamente più dell'enorme distesa di tombe, alcune aperte, altre bruciate, sparse nel grosso cimitero locale dove nessuno osava metter piede.
L'inquietante atmosfera della lugubre cittadina rende agli occhi un aspetto senza tempo ed abbandonato: non vi sono molte macchine nel mezzo della strada, gli alberi hanno smesso di respirare, gli unici colori presenti sono il grigio e il nero.
Anche il sole non fa visita a questo posto da anni: tutto sembra essere stato travolto dall'apocalisse. In realtà molto del paese sembra morto da un pezzo.
La bellezza di questo posto è la totale assenza di non morti per la strada. Soltanto un veterinario ed uno squallido bar accendono l'illusione che possa esistere vita.
Questo era il luogo giusto per svelare a mia suocera il mio segreto.
L'avrebbe scoperto nel modo più inaspettato ed agghiacciante, una rivelazione che avrebbe per sempre tolto quel sorriso acido e maligno che soltanto lei possedeva.
 

HOTWIRELESS

d'ya think i'm stupid?
ma la bestia (intesa come suocera) doveva aver intuito dalla mia insolita disponibilità, che gatta ci covava.
la vedevo come seduta sulle spine, chiusa in un claustrofobico e per lei innaturale mutismo, guardare di qua e di là attraverso i vetri dell'auto. erano già due aree di servizio che mi buttava lì un falsamente pressante "pipì ? " alla prima e un ormai poco speranzoso "fame..." alla seconda.
quando comparve la segnaletica stradale che annunciava l'approssimarsi della terza, iniziò una strana ginnastica con le gambe, accompagnata da sincrone torsioni del busto a destra a sinistra e rotazioni della testa. vedendo che non abboccavo, dopo qualche caloria decise che non fosse il caso di chiedere troppo alle sue artritiche articolazioni, e se ne uscì con un quasi indignato "sgranchire gambe !".
sapevo della sua innata pigrizia, della quale affidabile testimone era il suo peso oltre il quintale, e mentre mi chiedevo cosa stesse tramando, un grande tabellone di pubblicità/progresso mi folgoro': SONO LA VOSTRA FAMIGLIA. NON ABBANDONATELI IN AUTOSTRADA !
sicuramente l'identificazione animali/famiglia in lei era particolarmente coinvolgente, e si intuiva nella calma che aveva preso da un po' ad ostentare, la determinazione a far sì che per una volta sarebbe stata la bestia ad abbandonare la famiglia.
con fare suadente le dissi che oramai mancava poco alla meta, e valeva la pena risparmiarsi lo schifo di una piazzola -turisti sudati, camionisti ubriachi, e cose così-, per godersi poi un vero ristorante al paese... premuroso le porsi la thermos col caffè ancora ben caldo. sorseggio' con aria sconfitta e... crollò abbandonata ammucchiata sul sedile, russando rumorosamente. (devo ricordarmi di acquistarne altro, di questo sonnifero: un vero portento!)
ora solo i minuti ci separavano da quello strano veterinario, dove una bestia sarebbe stata guarita e l'altra soppressa...
già: ma quale delle due era il cane ?!?
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Finalmente il mio piano cominciava a funzionare... la suocera dormiva ancora sul sedile dell'auto, ignara di quello che sarebbe accaduto.
Speravo di non dover rivelarle il mio tremendo segreto, e mentre pensavo a come avrei potuto fare scendevo dall'auto e mi avviavo verso l'ambulatorio del veterinario. In quei pochi passi che mi separavano dalla porta d'ingresso mille pensieri mi balenarono in mente, nutrivo fiducia in Giacomo, il mio amico d'infanzia che aveva scelto di curare gli animali, a differenza di me che, pur amando questi esseri a quattro zampe, ho sempre avuto la fobia del sangue e quindi avevo preferito gli studi di antropologia soprattutto quelli legati alle ricerche sulle scimmie.
Giacomo, l'unico a conoscere cosa mi era successo quella maledetta notte sul Monte Kanlaon di qualche anno fa, mi aveva promesso di aver trovato la cura miracolosa per risolvere il mio "male" e io ero completamente nelle sue mani. Se invece avesse fallito, mia suocera sarebbe stata la prima a sapere -forse a sue spese- se ci fossimo dovuti trattenere fino al giorno dopo in questo paesino sperduto.
Amomongo... è lui l'altro nome che mi porto dietro da allora.
 

Cold Deep

Vukodlak Mod
Quella mattina il viaggio in metropolitana mi sembrava più angosciante del solito, forse per il violinista che chiedeva qualche spicciolo o per quella coppia che non smetteva di fissarmi, speravo di uscire presto da quella trappola di acciaio e sudore.
Ma l'illusione di essere per una volta vivo, vacillo' quando il violinista ignoro' del tutto la mia moneta indirizzandomi un "Insensibile!"... E la coppia traslo' il suo artificioso sguardo suadente su altri passanti, sperando fossero più malleabili per il plagio subliminale che indirizzavano a 360 gradi dal manifesto pubblicitario. Ma a me non garbava di aggiungere altro "intorno a me": già forte ho la sensazione di vivere accerchiato!
Come pensare al futuro, a domani migliore di oggi? Tutti i fallimenti e le delusioni di questi anni mi spingevano a odiare tutto quello che avevo intorno... "Non importa in quanti pezzi il tuo cuore si è spezzato; il mondo non si ferma, aspettando che tu lo ripari". Dove avevo letto quella frase? E perchè ora mi stava ossessionando il cervello?
Fu così che decisi comunque di salire su quel treno.
Ne avevo persi così tanti nella mia vita, che a quel punto dovevo rischiare di mettermi nelle mani di altri, sulla carta esperti in materia di viaggi. Certo era avvilente pagare per questo, ma almeno avevo la garanzia di arrivare da qualche parte. Al massimo con un ritardo. Rassicurante.
Ed ecco che arrivammo alla fermata più preoccupante: da uno degli sporchi finestrini, tra un graffito e un organo umano disegnato con un taglierino, vidi indistintamente le centinaia di persone che si accalcavano sulla banchina con sguardo famelico verso le carrozze, o forse verso di me? Tra tutta quell'amalgama umana intravidi una figura bellissima, con capelli castani ricci che contornavano un viso angelico che sembra guardare proprio verso di me, ma questo maledetto vagone continuò la sua marcia fermandosi solo venti metri più in la.
Lasciai fare al destino, se mi fosse stato propizio avrei potuto aver riscontro della mia impressione positiva.
Al contrario quell'apparizione si sarebbe mescolata per sempre alla folla dei frettolosi che salivano.
Posai un piede sulla banchina plasticosa e levai lo sguardo al luccicante soffitto di mica. Una moltitudine di occhi alteri, quelli dei Poltrol, scortarono il mio incedere verso l'esterno; una luce calorosa mi accolse. La presenza dei Poltrol, i nuovi corpi di polizia addetti al controllo e all'individuazione degli individui sospetti, si era resa necessaria a causa dei gravi scontri avvenuti nel 2020.
Purtroppo c'era un problema. I sensori di questi cloni-poliziotto erano tarati su organismi vivi. Tutt'altra cosa si stavano invece rivelando gli innumerevoli umanoidi che stavano prendendo d'assalto il treno... camminata incerta e barcollante, bulbi oculari penzolanti fuori le orbite, capelli staccati a ciuffi, abiti stracciati, versi grotteschi: si, erano non-vivi. Zombie.
Solo lei era viva. Movenze da pantera. Generale impietoso di quell'orribile armata. Labbra sensuali ... lorde di sangue.
Una Vampira!
Il treno si mise finalmente in movimento, quando oramai ero quasi rassegnato ad un atroce destino.
Osservavo con sentimenti contrastanti gli zombie volare in pezzi sulla pensilina, respinti dalle vetture che cercavano assurdamente di fermare protendendosi verso il binario.
Ma la scena non mi sembrava completa. Mancava ...
Lei si materializzo' all'improvviso alla porta del mio scompartimento. Qualcosa le stava accadendo. Qualcosa di strano e per me inatteso.
Comunque nulla di buono per lei.
Il sangue dei non-vivi che aveva dovuto dilaniare per poter salire la stava intossicando, e presto sarebbe divenuta una di loro. Ma i suoi occhi neri mi fissavano, e nella loro profondità sempre più remota vidi in flash-back scorrere tutto il mio passato, quello che non conoscevo, pellicola in rewind 16x, come comiche della Belle Epoque all'incontrario; tanto contrario da non esservi nulla di comico.
Come in un documentario scientifico, mille e mille epoche proponevano le rispettive tipiche ambientazioni che conosciamo, abiti, gente, veicoli, architetture...
Ed ogni volta c'era lei. Con me.
E sempre mancava il finale, sostituito da una nuova vita, un altro set.
E sempre quando stavamo per scambiarci un bacio. Quel bacio. Il primo. Nei secoli.
Ma oggi è diverso... Sarà questo treno, ma sento che il viaggio stavolta può iniziare.
Mi morde, mi bacia, mi stringe, mi strazia, e un grande vortice spazio-temporale ci risucchia nell'infinito, fino ad essere ingoiati da un gigantesco buco nero.
Morte o rinascita?
Ma che importa, nessuno ha mai saputo dare la risposta. So soltanto che ora siamo qui, insieme, tra questa vegetazione rigogliosa, mille colori, acque pure di scroscianti ruscelli, cielo di un celeste divino.
E non abbiamo più bisogno di nulla.
Puri spiriti.
Solo e soltanto AMORE.
Proprio mentre mi godevo quel bacio, la sveglia cominciò a suonare, prima piano, poi con sempre maggiore insistenza. La sveglia. La mente mi riportò all'improvviso nel mio letto, per fortuna era tutto solo un brutto sogno, un incubo. Niente Poltrol, niente zombi, niente vampiri. Quell'illusione di scampato pericolo durò, però, solo qualche altro secondo, poi fui troppo sveglio per rimanere ancorato a quell'illusione, una di quelle tre cose, purtroppo, non era un incubo, ma la realtà nella quale vivevo ormai da anni.
Giusto il tempo di mettere a fuoco il mondo dal sogno ed immediatamente nella mia mente si presentò, in tutto il suo terrore, la mattinata che mi aspettava appena fuori dalla porta di casa: portare mia suocera con il suo adorabile cane dal veterinario che dista solamente quaranta chilometri da qui. Affrontare zombi al confronto sarebbe come rivedere vecchi amici.
Sia chiaro fare 40 km da solo con il cane non sarebbe stato un problema, perché il cane di suo non è mai stato un problema. Il cane diventava un problema solo in combinazione con mia suocera, un po' come le fragole che diventano un problema per il girovita solo in combinazione con la panna. Mia suocera, no, lei non diventa un problema in combinazione con il cane, lei è un problema a prescindere dal cane, dal cielo nuvoloso, e dalle notizie del telegiornale. Mia suocera più che la panna sulle fragole, ben visibile, è l'aglio nelle ceni eleganti. Una disgrazia subdola.
Rimuginai tutte le scuse ancora disponibili, per evitarmi quel viaggio, ma non me ne restavano molte e quelle credibili erano ancora meno ...
Ma una volta che mi trovai davanti quel musetto peloso (e non mi riferisco a mia suocera, anche se di peli non ne ha meno del cane) non riuscii a resistere e decisi di affrontare quei famigerati 40 km per portare dal veterinario Pulcinella, o meglio Pulci -come lo chiama lei- un mastino napoletano che le fa compagnia da 5 anni, dopo la morte del marito e viene trattato molto meglio della buonanima.
Sacrificare qualche ora del mio tempo per la salute di quella adorabile bestiola (parlo sempre del cane) comunque mi sarebbe servito per godere del rientro a casa tra le braccia della mia riconoscente mogliettina. Peccato però che gli auricolari del mio ipad non sarebbero bastati ad allontanare il ringhiare che avrebbe riempito l'abitacolo (e stavolta sto parlando di mia suocera).
- Si parteeee!!! urlai con lo stesso entusiasmo che puo' avere un giocatore di calcio quando riceve una pallonata in mezzo alle gambe.
Speravo che il cane occupasse il posto accanto al mio, ma la cara suocera si accomodò in prima fila, togliendomi l'unica speranza di affrontare questo viaggio senza doverla guardare ogni tanto.
Ora, non penserete veramente che io mi sarei sacrificato senza avere un secondo scopo!?!?!?
Ce l'avevo eccome!
Da un anno aspettavo questo momento. Da un anno progettavo tutto nei minimi particolari.
Veterinari più vicini ce n'erano all'infinito ma scelsi proprio quel guaritore di animali per un motivo ben preciso: si trova nella cittadina più sperduta e tetra che io abbia mai visto.
Una cittadina di pochissimi abitanti, le cui abitazioni terrorizzano certamente più dell'enorme distesa di tombe, alcune aperte, altre bruciate, sparse nel grosso cimitero locale dove nessuno osava metter piede.
L'inquietante atmosfera della lugubre cittadina rende agli occhi un aspetto senza tempo ed abbandonato: non vi sono molte macchine nel mezzo della strada, gli alberi hanno smesso di respirare, gli unici colori presenti sono il grigio e il nero.
Anche il sole non fa visita a questo posto da anni: tutto sembra essere stato travolto dall'apocalisse. In realtà molto del paese sembra morto da un pezzo.
La bellezza di questo posto è la totale assenza di non morti per la strada. Soltanto un veterinario ed uno squallido bar accendono l'illusione che possa esistere vita.
Questo era il luogo giusto per svelare a mia suocera il mio segreto.
L'avrebbe scoperto nel modo più inaspettato ed agghiacciante, una rivelazione che avrebbe per sempre tolto quel sorriso acido e maligno che soltanto lei possedeva.
ma la bestia (intesa come suocera) doveva aver intuito dalla mia insolita disponibilità, che gatta ci covava.
la vedevo come seduta sulle spine, chiusa in un claustrofobico e per lei innaturale mutismo, guardare di qua e di là attraverso i vetri dell'auto. erano già due aree di servizio che mi buttava lì un falsamente pressante "pipì ? " alla prima e un ormai poco speranzoso "fame..." alla seconda.
quando comparve la segnaletica stradale che annunciava l'approssimarsi della terza, iniziò una strana ginnastica con le gambe, accompagnata da sincrone torsioni del busto a destra a sinistra e rotazioni della testa. vedendo che non abboccavo, dopo qualche caloria decise che non fosse il caso di chiedere troppo alle sue artritiche articolazioni, e se ne uscì con un quasi indignato "sgranchire gambe !".
sapevo della sua innata pigrizia, della quale affidabile testimone era il suo peso oltre il quintale, e mentre mi chiedevo cosa stesse tramando, un grande tabellone di pubblicità/progresso mi folgoro': SONO LA VOSTRA FAMIGLIA. NON ABBANDONATELI IN AUTOSTRADA !
sicuramente l'identificazione animali/famiglia in lei era particolarmente coinvolgente, e si intuiva nella calma che aveva preso da un po' ad ostentare, la determinazione a far sì che per una volta sarebbe stata la bestia ad abbandonare la famiglia.
con fare suadente le dissi che oramai mancava poco alla meta, e valeva la pena risparmiarsi lo schifo di una piazzola -turisti sudati, camionisti ubriachi, e cose così-, per godersi poi un vero ristorante al paese... premuroso le porsi la thermos col caffè ancora ben caldo. sorseggio' con aria sconfitta e... crollò abbandonata ammucchiata sul sedile, russando rumorosamente. (devo ricordarmi di acquistarne altro, di questo sonnifero: un vero portento!)
ora solo i minuti ci separavano da quello strano veterinario, dove una bestia sarebbe stata guarita e l'altra soppressa...
già: ma quale delle due era il cane ?!?
Finalmente il mio piano cominciava a funzionare... la suocera dormiva ancora sul sedile dell'auto, ignara di quello che sarebbe accaduto.
Speravo di non dover rivelarle il mio tremendo segreto, e mentre pensavo a come avrei potuto fare scendevo dall'auto e mi avviavo verso l'ambulatorio del veterinario. In quei pochi passi che mi separavano dalla porta d'ingresso mille pensieri mi balenarono in mente, nutrivo fiducia in Giacomo, il mio amico d'infanzia che aveva scelto di curare gli animali, a differenza di me che, pur amando questi esseri a quattro zampe, ho sempre avuto la fobia del sangue e quindi avevo preferito gli studi di antropologia soprattutto quelli legati alle ricerche sulle scimmie.
Giacomo, l'unico a conoscere cosa mi era successo quella maledetta notte sul Monte Kanlaon di qualche anno fa, mi aveva promesso di aver trovato la cura miracolosa per risolvere il mio "male" e io ero completamente nelle sue mani. Se invece avesse fallito, mia suocera sarebbe stata la prima a sapere -forse a sue spese- se ci fossimo dovuti trattenere fino al giorno dopo in questo paesino sperduto.
Amomongo... è lui l'altro nome che mi porto dietro da allora.
 

Cold Deep

Vukodlak Mod
Mentre varcavo la soglia dell'ambulatorio, pensavo con ansia e rinnovato terrore a quella notte sulla montagna che mi ha cambiato la vita, radicando in me un qualcosa di diverso e spaventoso. La sala d'attesa non era vuota come aspettavo, seduti su quelle scomode poltroncine semiditrutte dalle unghie dei gatti c'erano delle figure inizialmente indistinte che mi fissavano con sguardi vuoti e assenti. Diressi un educato buonasera verso quei grigi personaggi ricevendo in cambio solo un flebile coro di risposte. Mentre sedevo facendo attenzione a non pestare le code dei tre cani, di cui una giurerei squamosa, di una signora dal fare colto e distaccato, uno dei presenti si alzò tenedosi alla parete fissandomi con gli occhi sgranati per poi aprire la porta andandosene via lasciando sul posto il trasportino con dentro il suo gatto. Probabilmente aveva un'improvvisa voglia di fumare o scappare in un paese dove non esiste estradizione. Da dove ero seduto vedevo la porta dello studio di Giacomo e speravo si aprisse presto; la signora Tre-Cani seguiva il mio sguardo tenendo stretti i guinzagli dei suoi mastini che erano indaffarati a dormire e mormorava una nenia, come una preghiera silenziosa che prevedesse l'utilità di farmi uscire pazzo. Finalmente, dopo quelli che sembrarono anni, la porta oggetto delle mie brame si socchiuse svelando una stanza ben illuminata, moderna, con poltrone più moderne ed integre di quelle dove eravamo relegati. Lo stridore della porta sul pavimento fece saltare all'unisono i cani dormiglioni, quasi come un orrendo cerbero a guardia delle anime dietro quell'apertura.
 

bouvard

Well-known member
Appena vidi la porta aprirsi cercai di fiondarmi nella stanza ben illuminata, con uno scatto degno di quello un amante che, sul punto di essere scoperto, raccoglie i vestiti e si dilegua da un letto che non è il suo, e con quell'ansia angosciante di chi sente in testa solo il ticchettio continuo, assordante, paralizzante, dei minuti che passano.
- "Ehi lei, dove pensa di scappare? " qualcuno mi aveva ringhiato dietro quelle parole, mentre con una spallata mi aveva ricacciato sulla mia sedia. Non so se a stordirmi di più fosse stata la forza inaspettata con cui ero stato spinto, o quella voce. Aveva qualcosa di familiare quella voce. Fu solo un attimo, poi ritornai padrone dei miei pensieri e capii che non era la voce di mia suocera. Il cervello gioca davvero brutti scherzi quando è sotto pressione. Aveva la stessa rabbia, la stessa abitudine di gridare anche se gli stavi affianco, ma non era mia suocera.
- " Pensa di poter fare quello che vuole solo perché è più giovane di me? I miei tesorucci stanno soffrendo da morire, perciò si rimetta a sedere e aspetti il suo turno" - e la signora tanto colta e distinta mi passò davanti ed entrò nell'altra stanza, mi sembrò che persino quei tre ammassi di pelo che si portava dietro mi guardassero con un sogghigno beffardo.
Ma quella svampita si rendeva conto del pericolo che correva a farmi aspettare? No, non se ne rendeva conto, nessuno se ne rendeva conto, ma fra poco tutti se ne sarebbero resi conto ...
 

wolverine

New member
ahahahah! questo romanzo è di un'assurdità che è davvero divertente! troppo forte :mrgreen: ok, ci provo...

e dopo avrebbero rimpianto la loro decisione. il pericolo maggiore ero io, non il ritardo
 

Dallolio

New member
Sì, ero io il problema, sapevo ciò che poteva accadere negli accessi del mio maledetto male; riconobbi i sintomi dell'inizio di un intenso attacco ... tali assalti del male si facevano preannunziare da un dolce ricordo... in questi momenti parvemi rivedere nonna Lucia, alta, solenne, vestita di nero... ella mi ripeteva la sua nenia:

Sette paia di scarpe ho consumate
Di tutto ferro per te ritrovare:
Sette verghe di ferro ho logorate
Per appoggiarmi nel fatale andare:
Sette fiasche di lacrime ho colmate,
Sette lunghi anni, di lacrime amare:
Tu dormi a le mie grida disperate,
E il gallo canta, e non ti vuoi svegliare.

Anche questa volta non fece eccezione: il mio male iniziò e...
 
Alto