Levi, Primo - La tregua

klosy

Cicciofila Member
A me Se questo è un uomo è sembrato molto più triste in verità...


Invece a me La tregua è sembrato più triste e pessimista rispetto al primo libro, e -ad essere sinceri- mi è piaciuto anche meno.

Provo a spiegare le motivazioni della prima considerazione:
In Se questo è un uomo il protagonista è impegnato in una lotta continua per la sopravvivenza, in un luogo circoscritto come quello del Lager, senza avere notizie certe degli avvenimenti esterni;
ne' probabilmente gli sarebbero interessate, dato che la sua quotidianità è quella del campo di concentramento.
C'è però la speranza di riuscire a conquistare la libertà, prima o poi.

Durante il viaggio di ritorno in Italia, descritto ne La tregua, la speranza di ricostruire un' esistenza libera è affievolita dallo scontro con la realtà, quella dei paesini dell'Europa dell'Est e quella (ancora più sconcertante) dell'Italia, profondamente trasformata negli ultimi anni.
C'è la paura di non riuscire più ad integrarsi nella società "normale";
secondo me è emblematica la scena in cui viene descritta la difficoltà ad abituarsi a guardare avanti mentre si cammina, e non a terra, nella perenne ricerca di qualcosa da raccogliere, rubare, barattare, vendere.
Forse si tratta di semplice paura nel futuro.

Perdonatemi se ho scritto delle castronerie (soprattutto tu, Kafka) ma quello che ho descritto è ciò che questo libro mi ha lasciato.
 
Invece a me La tregua è sembrato più triste e pessimista rispetto al primo libro, e -ad essere sinceri- mi è piaciuto anche meno.

Provo a spiegare le motivazioni della prima considerazione:
In Se questo è un uomo il protagonista è impegnato in una lotta continua per la sopravvivenza, in un luogo circoscritto come quello del Lager, senza avere notizie certe degli avvenimenti esterni;
ne' probabilmente gli sarebbero interessate, dato che la sua quotidianità è quella del campo di concentramento.
C'è però la speranza di riuscire a conquistare la libertà, prima o poi.

Durante il viaggio di ritorno in Italia, descritto ne La tregua, la speranza di ricostruire un' esistenza libera è affievolita dallo scontro con la realtà, quella dei paesini dell'Europa dell'Est e quella (ancora più sconcertante) dell'Italia, profondamente trasformata negli ultimi anni.
C'è la paura di non riuscire più ad integrarsi nella società "normale";
secondo me è emblematica la scena in cui viene descritta la difficoltà ad abituarsi a guardare avanti mentre si cammina, e non a terra, nella perenne ricerca di qualcosa da raccogliere, rubare, barattare, vendere.
Forse si tratta di semplice paura nel futuro.

Perdonatemi se ho scritto delle castronerie (soprattutto tu, Kafka) ma quello che ho descritto è ciò che questo libro mi ha lasciato.
Castronerie?
Hai detto benissimo Klosy, benissimo.
Come può un uomo tornare alla "normalità" se non ha fatto altro che organizieren"?
Ad Auschwitz questo verbo, nello slang del campo grande, significava appunto: raccogliere,rubare,barattare, vendere.
 

Bag End

Tolkien Society Member
Ho letto sia La tregua che Se questo è un uomo, diversi anni fa', prima di visitare Auschwitz e Dachau. Non sono sicura di avere la forza di rileggerli.
 

Bag End

Tolkien Society Member
Anch'io ho sempre paura di rileggerli.
Poi mi vinco.
E' come pregare.

Io non prego, sono atea.
Non è la paura che mi blocca, ma l'angoscia. La visita ad Auschwitz, più di quella a Dachau, è stata come un viaggio attraverso l'inferno. Dopo esserne uscita tutto sembrava diverso.
 
Io non prego, sono atea.
Non è la paura che mi blocca, ma l'angoscia. La visita ad Auschwitz, più di quella a Dachau, è stata come un viaggio attraverso l'inferno. Dopo esserne uscita tutto sembrava diverso.
Tragicamente l'universo concentrazionario semplificava la realtà.
Paradossalmente.
Tregua ora, guerra sempre.
 

Masetto

New member
A me Se questo è un uomo è sembrato molto più triste in verità...

Sì, a molti sembra così.

Mi pare ci siano motivi molto forti per pensarlo.
Riporto quanto dicevo più su:

Questo libro è il ribaltamento ideologico del lager: il lager è stato possibile perchè il prigioniero vi è stato "disumanizzato", gli sono state sistematicamente tolte l'identità e la possibilità di comunicare con l'esterno, lo si è ridotto ad un essere perennemente affamato e in lotta per la sopravvivenza, dai suoi aguzzini è stato sempre considerato un essere "diverso" e quindi inferiore, indegno di pietà, peggio di un animale. Come avrebbero potuto infatti guardie e impiegati dei lager martoriare costantemente delle persone se vi avessero visto la lora umanità?
E Levi secondo me, nei personaggi de La tregua, evidenzia proprio il lato umano: ci fa vedere che anche i ladri, i truffatori, i mezzi matti, le persone più diverse da sè che incontra sono prima di tutto esseri umani, capaci di sentimenti buoni e di azioni positive. E' insomma il suo un modo di scardinare le fondamenta del lager e della discriminazione.


Tutto ciò mi sembra una risposta seria e positiva al lager, una reazione che indica una possibilità di superamento del trauma che in Se questo è un uomo ancora non c'era.

Invece a me La tregua è sembrato più triste e pessimista rispetto al primo libro, e -ad essere sinceri- mi è piaciuto anche meno.

Provo a spiegare le motivazioni della prima considerazione:
In Se questo è un uomo il protagonista è impegnato in una lotta continua per la sopravvivenza, in un luogo circoscritto come quello del Lager, senza avere notizie certe degli avvenimenti esterni;
ne' probabilmente gli sarebbero interessate, dato che la sua quotidianità è quella del campo di concentramento.
Gli sarebbero interessate eccome invece. Pensa se le scarse notizie sull'andamento della guerra che arrivavano lì dentro non gli interessavano! O pensa se non avrebbe voluto sapere che ne era dei suoi familiari...

Durante il viaggio di ritorno in Italia, descritto ne La tregua, la speranza di ricostruire un' esistenza libera è affievolita dallo scontro con la realtà, quella dei paesini dell'Europa dell'Est e quella (ancora più sconcertante) dell'Italia, profondamente trasformata negli ultimi anni.
C'è la paura di non riuscire più ad integrarsi nella società "normale"
Queste disillusioni e paura ci sono, sì, sono umanissime e Levi è bravissimo anche perchè non le tace. Ma non si arrende a queste difficoltà, non si ritira nel suo guscio come hanno fatto altri reduci. Lui porta testimonianza di quanto gli è accaduto, e in ogni suo compagno vede prima di tutto un essere umano, proprio quello che non vi volevano vedere i nazisti.

secondo me è emblematica la scena in cui viene descritta la difficoltà ad abituarsi a guardare avanti mentre si cammina, e non a terra, nella perenne ricerca di qualcosa da raccogliere, rubare, barattare, vendere.
Forse si tratta di semplice paura nel futuro.
Mica Levi è diventato un ladro o un truffatore poi!

Come può un uomo tornare alla "normalità" se non ha fatto altro che organizieren?
Ad Auschwitz questo verbo, nello slang del campo grande, significava appunto: raccogliere,rubare,barattare, vendere.
Non è tornato quello di prima, certo. Ma non è diventato un egoista; proprio il contrario! Ha sofferto per tutta la vita per quello che gli è successo nel lager, ma non si è arreso a questo! Ha parlato, ha raccontato, ha continuato a vedere nell'altro un amico e non è diventato un disprezzatore dell'umanità.
"Quale conquista rappresenta, nella storia del pensiero umano, il giungere a vedere nella natura non più un modello da seguire, ma un blocco informe da scolpire, o un nemico a cui opporsi!" dice nel terzo capitolo. Perchè lui, scrivendo così, a questo progresso del pensiero umano ci crede, se lo augura, ed è disposto a darsi da fare per ciò.

Tragicamente l'universo concentrazionario semplificava la realtà.
Paradossalmente.
Tregua ora, guerra sempre.
Guerra, ma non resa!
 
Non sono molto d'accordo su alcune cose che sostieni Masetto.
Ciononostante un libro è proprietà di due persone: di chi l'ha scritto e di chi lo legge.
Non credo si debbe mai interferire in questo equilibrio.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Io non ho vissuto La tregua come più triste di Se questo è un uomo ma più ineluttabile. Nel senso che se l'esperienza del campo di concentramento, pur tragica, è delimitata ad un certo periodo della tua vita, il fatto che questa esperienza condizioni pesantemente la tua vita al rientro nella normalità e di conseguenza ti porti dietro per sempre il segno del campo, questo lo senti come un destino beffardo e tragico, la tua sopravvivenza ed il tuo essere vivo deve essere continuamente dimostrato e conquistato, prima di tutto a te stesso.
 

elena

aunt member
Quando si tratta di tragedie umane, di dignità calpestata, di lotta per la sopravvivenza mi risulta estremamente difficile fare paragoni……. per questo non riesco a giudicare se sia più triste questo libro o Se questo è un uomo: li ho trovati entrambi dolorosi perché privi della speranza nella restituzione dell’individualità posseduta prima dell’orrore. Penso non riesca a nutrire questa speranza l’uomo disumanizzato dal lager né nel momento contingente in cui si trova al cospetto del Male Assoluto né in un qualunque momento successivo in quanto nulla ma più sarebbe potuto avvenire di così buono e puro da cancellare il nostro passato, e che i segni dell’offesa sarebbero rimasti in noi per sempre, e nei ricordi di chi vi ha assistito, e nei luoghi ove avvenne, e nei racconti che ne avremmo fatti.
Mi ha angosciato il pensiero di uomini talmente distrutti al loro interno da non avere più la capacità di lasciarsi cullare da propri sogni o credere nella realtà degli stessi: E’ questo il frutto più immediato dell’esilio, dello sradicamento: il prevalere dell’irreale sul reale.
E anche la conclusione del libro è straziante: tornato ad una situazione di apparente normalità (molto apparente, vista la tragica fine) Levi continua a percepire come presente (sogno esterno) la vita nel Lager, in un continuo sovrapporsi di reale e surreale: Tutto è ora volto in caos: sono solo al centro di un nulla grigio e torbido, ed ecco, io so che cosa questo significa, ed anche so di averlo sempre saputo: sono di nuovo in Lager, e nulla era vero all’infuori del Lager.
Bellissima rappresentazione di un’angosciante vicenda umana, dipinta con la grande sensibilità di Levi che riesce sempre e comunque a cogliere l’uomo nella sua interezza, nei suo pregi, nei suoi difetti ma soprattutto suo complesso mondo interiore.
 
Ultima modifica:

lettore marcovaldo

Well-known member
Amo molto le opere di Primo Levi.
Credo che La tregua , per certi versi, non si possa separare da "Se questo un uomo". Riassumendo potremmo dire che uno è la descrizione della discesa agli inferi, mentre il secondo è il racconto del ritorno alla vita.
C'è sempre un ricordo delle sofferenze subite, quel qualcosa che non lascerà mai la memoria di uno che si è trovato tra i salvati.
Eppure mi sembra che in ogni avvenimento descritto, ci sia, insopprimibile, la voglia e la "fame" di tornare alla vita.
 

frasquita

New member
concordo, anche io ho un legame d'amore profondissimo con questo libro meraviglioso anche più che con 'se questo è un uomo'... le ultime pagine poi sono definitive, credo riassumano egregiamente l'opera e il pensiero di Levi
 

EgidioN

New member
lessi "se questo è un uomo" e "la tregua" insieme nello stesso libro, e forse è anche per questo che li trovo l'uno indispensabile all'altro per avere il quadro completo della sua storia. mi sono piaciuto molto e mi sono sentito pervadere da ogni tipo d'emozione! da avere, da leggere, da consigliare...affinchè nessuno dimentichi!
 
I

i0ri

Guest
Il viaggio di ritorno è veramente sensazionale, incredibile come Levi ricordi tutto al dettaglio, anche le caratterizzazione di determinati personaggi, magari secondari e ininfluenti, mi ha lasciato a bocca aperta per la quantità dei particolari e per l'analisi accurata (ricordo che La tregua è stato scritto diversi anni dopo Se questo è un uomo), mi sembra quasi un paradosso il fatto che si sia laureato in chimica a pieni voti..
Dunque Levi è stato in grado di trasformare una tragedia di epoca nazista in un'esperienza di vita trasmettendocela sottoforma di romanzo, perciò è innegabile il mio più grande ossequio nei confronti di questo magnifico autore (nonchè immensa persona quale si è rivelata essere durante la prigionia e il ritorno a Torino); perciò tutti i miei più distinti ringraziamenti..
 

Bianca

The mysterious lady
Un libro bello e interessante,testimonia una delle più grandi tragedie della storia,descrive la fine della prigionia dei deportati di Aschwitz,con la liberazione da parte del comando russo e il ritorno verso casa.Attraverso gli occhi dell'autore,che è stato uno dei pochi sopravvissuti ai lager,si vivono le storie dei vari protagonisti, i rapporti umani,la serenità e la speranza di un presto ritorno a casa,che non sarà più come prima perchè il ricordo terribile dei lager lo segnerà per sempre.
 

Meri

Viôt di viodi
Bellissimo libro, a differenza di Se questo è un uomo, in questo racconto si sente però la speranza del ritorno a casa, l'ho letto in modo più sereno.
 

Holly Golightly

New member
L'ho finito qualche giorno fa... l'ho letto con molta più tranquillità e con più piacere di Se questo è un uomo. Lo so, lo so che è quello il libro che lascia qualcosa, che segna... ma per me La Tregua è il vero capolavoro di Primo Levi. Brillante, rilassante, un autore più forte, più sicuro di sé, una lingua immensamente più ricca e più viva, meno scientifica...
E' tragico, quasi quanto il primo, ma c'è un divenire, c'è un ritornare, c'è la speranza di ritornare uomini, con tutti i segni del passato, ma quello che Levi è in questo libro è finalmente un uomo. Li ho letti a pochi mesi di distanza, ma ho preferito molto di più questo... talmente "strano" da dovermi far ricordare, a più riprese, che era una storia vera. Mi è piaciuto anche il modo in cui Levi ha trattato il vero storico, quello della realtà sovietica durante le battute finali della guerra. Non ho trovato in nessun libro e in nessun manuale di storia, la precisione di Levi.
E pollici in alto anche per l'aspetto linguistico.. Levi usa la lingua in una maniera rigorosa, ma al tempo stesso flessibile, sciolta, una lingua che si adatta a ogni singola parola. E' evidente la formazione scientifica dell'autore, eppure l'esattezza del linguaggio non è un difetto, è un gran pregio.
Infine, spettacolare è anche il graduale ritorno al personaggio a tutto tondo, partendo dai tipi descritti nella realtà del lager. Da una rassegna di tipi umani, è stato in grado di arrivare a un personaggio picaresco del livello di Cesare...

Insomma, ho molto gradito e consiglio :D
 

ila78

Well-known member
Finito ieri sera. Che dire? E' meno "tragico" di "Se questo è un uomo" anche se la prima parte, nell'infermeria del campo presenta alcune parti pesantuccie da digerire, vedi il bambino Urbinek che muore senza aver mai visto un albero. Comunque è bello almeno quanto l'altro, si vede la luce alla fine del tunnel ma è chiaro che la vita di chi ha vissuto quell'esperienza non sarà mai più la stessa. La parte finale dell'ultimo capitolo quando racconta che si sdraia nel letto di casa sua e si spaventa perchè affonda nel materasso e l'incubo ricorrente sulla sveglia di Auschwitz mi ha messo i brividi....:paura:
voto 5/5 assolutamente da leggere e rileggere
 
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