Caparco, Enrichetta - Tracce Invisibili di Universi Paralleli

Enriquez

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La famiglia negli anni del boom economico raccontata da un bambino di sei anni

Cari lettori,
Ecco la continuazione dei pensieri di Ludovico Campo di sei anni.
E le sue riflessioni, ancora una volta, riferite al gioco, sono uno squarcio sulla famiglia di allora, agli albori del boom economico. Una famiglia fortunata rispetto a tante altre, che però rasenta ugualmente tragedie e vive drammi in continuazione per la mancanza di asili, scuole materne e altri servizi per l’infanzia:.una realtà che i bambini anche oggi continuano a vivere .
Buona Lettura
Enriquez alias Enrichetta Caparco


Prima con Antonella ci giocavo tanto.
Prima, prima dico; quando ero piccolo.
Prima che la mamma ci dividesse: io da una nonna e Antonella dall’altra nonna.
- Può stare con me mia sorella ? - ho chiesto a Nonna Natalia e lei mi ha risposto che aveva già Ciccio.
Ciccio è sempre stato con la nonna Natalia, perché sua mamma è morta.
Io allora sono andato a stare da Nonna Carlotta che prima, prima abitava in via Riva Rossa alla barriera di Milano.
Sognavo sempre la mamma.
Sognavo che stavamo abbracciati come quando ero in colonia, quella volta che piangevo tanto che lei era rimasta con me sino a quando avevo chiuso gli occhi perché cascavo dal sonno..
Insomma in Via Riva Rossa la mamma mi mancava tanto. A dire la verità ero anche geloso di mia sorella grande che. era con lei e Papà.
Carlotta - aveva detto Mamma – non ci distrugge casa - . e un po’ di ragione ce l’aveva pure, perché con Antonella, quando stavamo ancora a Borgo Vittoria, si giocava “a: “Te lo faccio apposta”. Guastavamo tutto quel che faceva quella di turno.
Quella di turno.
Era il papà a chiamarla così: in casa faceva le faccende al posto di mamma e dopo un po’, non ci sopportava più e se ne andava.
Io ero piccolino quando mamma ha cominciato a prendere il tram per andare in magazzino a vendere le collane. :
- Bambini adesso dovete fare i bravi, quando Mamma non c’è - aveva detto Papà
Così dopo Lucia è arrivata Enrica e poi Irma e Dialma e dopo, dopo una vecchia che si chiamava “nonna”… Ma forse no; beh non mi ricordo come si chiamava.
Veniva dal Polesine dove aveva piovuto così tanto che le case erano tutte a bagno. E lei tutte le sere quando ci metteva a letto diceva: - Sogni d’oro bambini fortunati che avete un lettino, che da me i bimbi non ce l’hanno più.
Quelle di turno venivano tutte dal Veneto – non so bene cosa è il Veneto ma fa niente - avevano le valige con dentro i vestiti, mica le collane!. Si magari una collana c’era pure.
La Mamma le metteva a dormire in sala, dove dormiva già Carlotta.
E tutte, tranne la vecchia, ci picchiavano.
Ah, è con Lucia che è successa “la disgrazia”.
Aveva messo per terra un pentolone con l’acqua bollente per lavarci la roba. E io ci ho fatto cadere dentro che si è bruciata il culetto: lei gridava forte e Antonella io piangevo tutto spaventato.
Lucia allora è andata dai vicini che avevano il telefono e hanno chiamato la mamma.
Dopo l’mbulanza ha portato via Antonella, e anche la mamma. La mamma era tornata a casa, s’intende.
Lucia l’hanno mandata via e la mamma ha detto a quella di turno nuova:
- Se picchia i bambini, la licenzio subito.-
Enrica non ci picchiava, ci chiudeva in cucina.
Un giorno siamo usciti sul balcone per vedere se era andata via.
- Scavalco la ringhiera e la vado a cercare – . ha detto Carlotta
– Guarda che cadi!- ha detto Antonella.
- No che non cado: ci sono gli appigli sono leggera io. Mi attacco agli appigli del muro e subito sto in cortile, poi corro alla coperativa vedrai che Enrica è là. –
- Così aveva portato il panchetto vicino alla ringhiera e ci era salita sopra:
- Sennò come faccio a scavalcarla – aveva detto.
: - Carlotta scendi subito dal palchetto!- urlava la mamma di Bruna e anche la signora Pautasso era uscita sul balcone. E dopo sono uscite tutte le altre mamme; urlavano così tanto che Carlotta si è presa paura ed è scesa dal palchetto.
Ah, con Antonella si giocava al “Te lo faccio apposta” perché ci stava proprio antipatica quella di turno.
Quando al mattino mamma scendeva le scale, Antonella usciva sul balcone, senza il palchetto è ovvio: “Mamma immi ciao” gridava e non c’era verso di farla tornare in casa se la mamma non la salutava con la mano, che quel “Ciao” serviva per farla tornare a casa la sera sana e salva.
- Facciamo la guerra a tutte le streghe che ci obbligano a mangiare la minestra, avevo detto io. Che poi ci avevo anche provato a dire che la minestra mi faceva male al dito - ma niente, quelle di turno ce la davano lo stesso.
Così avevamo tirato giù il lampadario della sala, tanto non ci potevano più picchiare e nemmeno chiudere in cucina, ah, ah. Siccome si era spenta la luce si vedeva poco, ma siamo riusciti lo stesso a staccare le tende della sala. Poi a forza di saltare sopra al divano si è rotta la fodera. Allora con un cucchiaio si faceva uscire la cosa bianca che ci stava dentro.
Carlotta scuoteva l testa e quella di turno piangeva. Però adesso che sono grande sono tornato a casa mia e non lo faccio più quel gioco; anche perché c’è una maestra al posto di quella di turno e la mamma viene sempre a controllarci, adesso che il magazzino è nell’ altro isolato.
Papà ha detto: - E’ finita la pacchia. -
 
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