Kristof, Agota - Trilogia della città di K.

mariolina

New member
la trilogia di ke?

l'idea del romanzo mi ha subito entusiasmata, ecco perchè avevo grandi aspettative verso questa lettura tuttavia...TUNZZZ
una grande delusione... l'ho trovato a tratti sconclusionato, confuso, l'utilizzo di certi termini quasi fastidioso... non so, son rimasta delusa
 

wiktor

Member
ho prenotato la trilogia.intanto ho letto la vendetta e dov è mathias e ho per le mani "IERI" (sono tutte raccolte di racconti brevissimi)molto interessante come scrive,appena arriva mi godrò la trilogia.
tre volte grazie per il consiglio:)
 

wiktor

Member
ho letto "ieri":bellissimo.
una curiosità:
un capitoletto di 3 pagine di questo libro, l unico ad avere un titolo "penso" ("penso" è il titolo del capitolo,non è che sono io che penso :D)a parte l utimo capitolo anch esso di 3 pagine intitolato "i passeggeri del battello" è ripreso tale e quale a da uno dei raccontini della raccolta "la vendetta",come anche il nome (line) dell amata del protagonista è lo stesso del racconto dov è mathias?
lo stesso mathias che el tipo nomina come uno dei personaggi della trilogia
l autrice a quanto pare riprende nei suoi racconti e nei suoi romanzi protagonisti gia da lei elaborati
sono in trepidante attesa di leggere la trilogia
:)
 

wiktor

Member
la citta di k. forse è un omaggio a kafka? ma nella possibilta del doppio (che poi doppio non sarà ) vedo anche tanto poe.
a parte questo condivido tutti i commenti
l inizio è un buco nero dove sprofondi e non c è ne odio ne amore ma la non vita,l uomo trasformato in bestia:dalla guerra,dal lutto,dalla violenza,rimane il dolore che strazia e distrugge la mente trasforma l uomo in un pazzo o in un omicida?.ma soprattutto in un uomo senza morale.per farti un piacere ti puo anche uccidere come fanno gli animali rispetto a piccoli piu deboli e malati.agli animali è permesso e naturale ma a noi?
Per fortuna il romanzo vira e torna indietro, per fortuna nel romanzo c è un altro ( o altri) romanzi narrati dai vari protaginisti (forse) che lasciano uno spazio che noi possiamo riempire
per fortuna è solo un libro bellissimo
 

Biancaneve

New member
Libro sconvolgente, meraviglioso, da leggere tutto d'un fiato. Non ho mai letto niente di simile, è davvero unico. Con finale shock.
 

Meri

Viôt di viodi
Un libro che prende fin da subito e coinvolge molto. Il linguaggio che nella prima parte è crudo, diretto e spiazzante, si ammorbidisce man mano che dall'invenzione si passa alla realtà. L' atteggiamento dei gemelli da piccoli fa intuire che c'è qualcosa di strano nel racconto, di poco reale ( in famiglia ho casi di gemelli e non hanno mai avuto questo affiatamento). Dal racconto però si capisce quanto il bambino soffrisse da piccolo e quanto sentisse la mancanza del fratello.

Per me quello della copertina è Klaus alla finestra del palazzo.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Tranquilla, di sicuro ti è capitato di leggere storie più crude.

Ho superato la metà e...no, non mi è capitato di leggere storie più crude. Almeno che io ricordi.
Mi sta sconvolgendo, se non mi vedrete più vuol dire che mi ha ucciso :mrgreen: Cosa che però può fare solo un libro bellissimo.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Sono d'accordo con quasi tutti voi...di una bellezza agghiacciante, che mette a dura prova la psiche e a momenti anche lo stomaco e le vie respiratorie :mrgreen: ogni pagina è una stilettata ma vale decisamente la pena di soffrire! Per me, che già tendo a mescolare facilmente realtà e fantasia, è stata una lettura stupendamente dolorosa, che mi ha totalmente assorbito, ma che dico?...risucchiato, mi sono totalmente identificata in...chi? Lucas? Klaus? Lucas e Klaus? E' uno di quei libri che cambiano la prospettiva e che ti portano a ripercorrere le tue numerose vite parallele, reali o inventate.
Molto bella l'analisi di Elisa riguardo alla triplice dimensione - realtà, finzione e fantasia: dove finisce l'una e comincia l'altra? Chi è esistito e chi no, cosa è realmente avvenuto? Ma soprattutto: ha importanza? L'autrice è geniale nell'amalgamare i tre aspetti fondendoli completamente tra loro e nel contempo riuscendo a chiudere il cerchio, pur lasciando vari spiragli aperti, in una storia apparentemente priva di linearità.
La crudeltà della guerra viene svelata in modo magistrale, evitando descrizioni o divagazioni, mostrandoci semplicemente e in maniera a tratti apparentemente slegata dalla storia collettiva il livello di brutalità o di negazione di se stesso a cui l'individuo può arrivare.
Bellissima la prima parte, gli esercizi di irrobustimento dello spirito e del corpo, e poi la parte di Mathias...straziante, come del resto tutto, compresa la parte finale.
Vorrei continuare a discutere con voi anche sui dettagli ma riempiremmo il 3d di spoiler :mrgreen:
Uno dei libri più meravigliosi che abbia mai letto in tutta la mia vita, nonostante le sofferenze ringrazio vivamente tutti voi che me l'avete consigliato e fatto conoscere :D
Per la copertina sono andata a guardare, secondo me hai ragione tu isola :wink: anche se dapprincipio anch'io avevo pensato all'insonne.
 
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alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff

elisa

Motherator
Membro dello Staff
anche io ci sono rimasta male che sia morta perchè il romanzo è un capolavoro, crudo e vero
 

alisa

Amelia Member
mannaggia, sono sempre perdite importanti... questo romanzo è uno dei più belli che abbia mai letto.
Un grazie alla mia amica Ale che me lo ha regalato!
RIP Agota
 

Auryn

New member
Uno dei miei preferiti!
Un libro che non riesco a definire "bello" in senso stretto... una lama tagliente, uno sguardo perso nel buio, un pugno nello stomaco...
Incredibilmente cinico, tremendamente potente, assolutamente sorprendente ed emozionante come pochi....
Adoro la Kristof, ho letto tutti i suoi libri. E' un vero peccato ci abbia già lasciati...
Ciao Agota.. :)
 

velmez

Active member
Finito ieri sera
Dunque un romanzo molto particolare... credo di avere dei problemi a darne un giudizio...
[attenzione spoiler]
prima di tutto vorrei dire che mi ha dato molto fastidio il susseguirsi di menzogne: mi sono realmente sentita presa in giro!
sono arrivata al terzo capitolo e avrei voluto abbandonare il libro lì: in fondo quello che Lucas ha scritto per migliorare la storia della sua vita mi ha appassionato così tanto che non volevo credere alla menzogna!
Poi a me questi drammi da ricongiungimento familiare con tanto di incontri non riconosciuti (quando Klaus sta dai nonni acquisiti e vede il bambino claudicante che gira per le osterie di notte...) mi fanno proprio innervosire!
La scrittura è molto particolare: diretta e cruda. Periodi brevi ed episodi sintetici.
Nel complesso comunque mi è piaciuto... non mi è sembrato un capolavoro, ma di sicuro ti entra dentro!
 

Dorylis

Fantastic Member
Sono convinto, Lucas, che ogni essere umano è nato per scrivere un libro, e per nient'altro. Un libro geniale o un libro mediocre, non importa, ma colui che non scriverà niente è un essere perduto, non ha fatto altro che passare sulla terra senza lasciare traccia.

Questo libro di tracce ne lascia anche troppe. Sembra di vivere una situazione paradossale, quasi onirica (da incubo direi) tali sono le crudezze ma effettivamente reale, certi meccanismi narrativi sono un pugno nello stomaco.
Dialoghi serrati, frasi secche, punteggiatura frequente... la prima parte è la migliore. Poi con la seconda assistiamo a un calando lirico fino a venire completamente disorientati nella terza. E adesso, viene da chiedersi. Le ultime pagine danno l'interpretazione dell'intera vicenda ma quello che resta più impresso del romanzo è il senso di solitudine che vi traspare. Da leggere! :D
 

pigreco

Mathematician Member
Questo libro è davvero un trilogia nel vero senso della parola. Ognuno dei libri rimane dentro al lettore per ragioni diverse. Sicuramente il primo e il terzo sono i più forti. Nel primo libro colpisce l'incredibile stile diretto, i dialoghi secchi, la durezza quasi unica dello stile. Stupendo. Successivamente lo stile letterario torna ad essere quello più classicamente "romanzesco" e allora è la trama a farla da padrone. Il culmine è raggiunto nel terzo libro dove le certezze del lettore vengono definitivamente annientate. Davvero una meravigliosa scoperta.
 

pigreco

Mathematician Member
Ieri Baricco nella sua rubrica domenicale "Una certa idea di mondo" su La Repubblica ha parlato (in modo sublime, come sempre quando parla di libri) di questo romanzo. Incollo di seguito l'articolo:

Rinfrascatisi un po’ con Erodoto, come detto, si può tornare ad affrontare anche i testi più impervi. Ad esempio questa Trilogia della città di K, il libro più triste che io abbia mai letto. Ma triste non è la parola esatta, figlia com’è di una sfera sentimentale vagamente borghesuccia e per bene. Solo uno come me può definire triste la Kristof, mi rendo conto. Quindi vado oltre, o almeno cerco di farlo. La Kristof pronuncia l’orrore del mondo, la tragedia dell’esistere e la ferocia dell’umano. E in questo, per quello che ci capisco io, è la migliore. Non c’è nessuno come lei.

Va ricordato che una delle ambizioni che si ama attribuire alla letteratura sarebbe proprio questa: una maestria intransigente che si spinge nel cuore fetido del mondo e riesce a pronunciarlo. Per molti, nella sua accezione più alta, la letteratura è, o dovrebbe essere, questo. Una sorta di contronarrazione che smaschera la giuliva rappresentazione del mondo che altre narrazioni ci danno. Ma vorrei ricordare che un simile precetto è rispettato da moltissima alta letteratura con una non evidentissima ma innegabile approssimazione. Diciamo in modo piuttosto blando e conciliatorio. Ma te ne rendi conto solo quando incontri la Kristof: la leggi e molti libri che sono, indubbiamente, ferite aperte, o suturate con atroce dolore, sfumano a blando entertainment. E’ incredibile come tutto Céline diventi lo sfogo di un allegro barbone, se solo stai un po’ a mollo nella Trilogia della città di K, Proust uno che aveva tempo da vendere, Salinger un innocuo scrittore per ragazzi e Faulkner un trombone sudista. Non lo sono, ma quando stai con la Kristof, lo sembrano. Perfino La strada di McCarthy (un libro il cui orrore è inarrivabile) finisce per risultarti intollerabile: se hai bisogno di liberare tutto quell’armamentario di ferocia e situazioni limite per pronunciare l’orrore dell’umano allora scrivere non è il tuo mestiere.

Ora la domanda è: come fa (faceva, ahimé) quella donna a ottenere un simile risultato assurdo? Immagino che la risposta sarebbe molto complessa, ma io ne conosco una fettina: ci riusciva perché scriveva in quel modo. Con un rigore inarrivabile. Con un controllo totale. Con una sicurezza di sé sconcertante (non becchi mai un aggettivo aggiunto lì per insicurezza). Con una forza invisibile. Con una fiducia incrollabile nell’esattezza delle parole semplici. Con un disgusto continuo per tutto ciò che non è strettamente necessario. Con un’idea monastica di bellezza. Per farvi un’idea, prendete le prime righe del terzo libro e leggete. Fate caso ai verbi. Il novanta per cento sono, semplicemente, il verbo essere. E’, sono. C’è, ci sono. Ora provate a raccontare una qualsiasi storia, o a descrivere una situazione qualsiasi, usando praticamente solo il verbo essere. Vi regalo anche il verbo avere, se proprio non ci riuscite. Tanto l’esperimento non cambia: provate a dire il mondo con quei due verbi (tutta la storia letteraria potrebbe essere riassunta nell’affinamento tecnico con cui siamo riusciti a sostituirli). Pensate un racconto in cui sempre il verbo più esatto che potete trovare è il verbo essere: benvenuti nel mondo della Kristof.

Naturalmente si potrebbe tradurre tutto questo nel termine «freddezza», ma per come la vedo io la Kristof è la scrittrice che, anzi, ha smascherato definitivamente la freddezza come stilema letterario. Secondo me lei ha insegnato una volta per tutte che esiste effettivamente un processo possibile di sottrazione, nello scrivere, e che esso ha due risultati possibili: nei mediocri, la freddezza, nei grandi scrittori, la verità. (Va da sé che, vivendo in un mondo presidiato dai mediocri, le due cose risultano spesso, e tragicamente, equivalenti). La Kristof era tutto tranne mediocre.

Il che, peraltro, introduce una domanda che ha a che vedere con quell’effetto verità che trasuda dalle sue pagine. La domanda è: ma è vero? Ma l’umano è davvero quell’orrore? Non sarà anche quella una proiezione letteraria, uno stilema, una forma di retorica ben camuffata? A essere cattivi come i suoi personaggi, la domanda te la devi fare. Ecco come risponde la Kristof: ci sono due umani uno di fronte all’altro e a un certo punto uno dice che lui scrive. Cosa?, chiede l’altro. Non ha importanza, dice il primo. Ma l’altro insite: mi piacerebbe sapere se scrive delle cose vere o delle cose inventate. Ed ecco la risposta. «Le rispondo che cerco di scrivere delle storie vere, ma, a un certo punto, la storia diventa insopportabile proprio per la sua verità e allora sono costretto a cambiarla. Le dico che cerco di raccontare la mia storia, ma che non ci riesco, non ne ho il coraggio, mi fa troppo male. Allora abbellisco tutto e descrivo le cose non come sono accadute, ma come avrei voluto che accadessero». Ed ecco, in questo modo, enunciata una splendida teoria della letteratura. Scrivere libri significa puntare i piedi davanti alla verità, dopo averla vista. E’ la magnificenza di un passo indietro, animale e di danza. Ovviamente dovrebbe essere proibito a chi non dispone della paura e dell’eleganza necessarie.
 
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