Zingaro di Macondo
The black sheep member
Film per soli “tarantiniani” convinti, tra i quali rientro di buon grado.
Il genio “splatter-sociologico” del regista esplode in tutte le sue forme passate. Dialoghi surreali spassosissimi fanno da cornice ad una trama originale e ben orchestrata. Tocchi di regia da maestro, con richiami ai grandi registi western che fecero del campo lungo e del campo stretto i loro cavalli di battaglia. La prima parte è fortemente psicologica, una guerra di nervi tra i vari personaggi che si ammazzano a parole senza toccarsi. La seconda parte è sangue, sangue a volontà, una violenza che se non fosse in mano a Tarantino rischierebbe di essere gratuita e poco digeribile.
E richiama anche sé stesso, con una trama che ricorda da vicino quella de “Le iene”, riuscendo nell'impresa di rielaborare con fantasia e grande mestiere i grandi del passato, sè stesso compreso.
Il bianco dell’inverno non ha nulla da invidiare, in quanto a forza espressiva, a quello di John Carpenter ne “La cosa”, film che ha ispirato Tarantino nell’idea dell'ambiente, neutro e caldo al tempo stesso.
I personaggi sono sconosciuti, nel senso che per tutta la durata del film (tre ore che volano via), non si riesce a capire chi finga di essere chi non è e chi invece sia davvero chi lo spettatore pensi. Tarantino gioca e il gioco gli riesce bene, inutile tentare di capire in anticipo chi siano i buoni e chi i cattivi, anche perché le due categorie si sciolgono in un finale per niente scontato. Pieno di "coup de teatre" che spezzano in continuazione una trama che sembra perennemente sul punto di essere svelata.
Non è un western, non è un action movie, non è un dramma e non è una commedia. E’ un “Tarantino”, uno dei suoi più riusciti.
Consigliatissimo!
Il genio “splatter-sociologico” del regista esplode in tutte le sue forme passate. Dialoghi surreali spassosissimi fanno da cornice ad una trama originale e ben orchestrata. Tocchi di regia da maestro, con richiami ai grandi registi western che fecero del campo lungo e del campo stretto i loro cavalli di battaglia. La prima parte è fortemente psicologica, una guerra di nervi tra i vari personaggi che si ammazzano a parole senza toccarsi. La seconda parte è sangue, sangue a volontà, una violenza che se non fosse in mano a Tarantino rischierebbe di essere gratuita e poco digeribile.
E richiama anche sé stesso, con una trama che ricorda da vicino quella de “Le iene”, riuscendo nell'impresa di rielaborare con fantasia e grande mestiere i grandi del passato, sè stesso compreso.
Il bianco dell’inverno non ha nulla da invidiare, in quanto a forza espressiva, a quello di John Carpenter ne “La cosa”, film che ha ispirato Tarantino nell’idea dell'ambiente, neutro e caldo al tempo stesso.
I personaggi sono sconosciuti, nel senso che per tutta la durata del film (tre ore che volano via), non si riesce a capire chi finga di essere chi non è e chi invece sia davvero chi lo spettatore pensi. Tarantino gioca e il gioco gli riesce bene, inutile tentare di capire in anticipo chi siano i buoni e chi i cattivi, anche perché le due categorie si sciolgono in un finale per niente scontato. Pieno di "coup de teatre" che spezzano in continuazione una trama che sembra perennemente sul punto di essere svelata.
Non è un western, non è un action movie, non è un dramma e non è una commedia. E’ un “Tarantino”, uno dei suoi più riusciti.
Consigliatissimo!
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