28° Poeticforum - Le poesie che amiamo

alessandra

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Un'altra sosta


Appoggiami la testa sulla spalla:
ch'io ti accarezzi con un gesto lento,
come se la mia mano accompagnasse
una lunga invisibile gugliata.
Non sul tuo capo solo: su ogni fronte
che dolga di tormento e di stanchezza
scendono queste mie carezze cieche,
come foglie ingiallite d'autunno
in una pozza che riflette il cielo.

Antonia Pozzi
Milano, 23 aprile 1929

Bellissima, come avete già detto si nota l'essenza della donna e il suo spirito protettivo...mi fa pensare ad una coppia "anziana" (nel senso del tempo trascorso insieme) e solida, come ce ne sono poche o almeno così credo.
 

alessandra

Lunatic Mod
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Con gli occhi spenti
e la mente offuscata
avanzo senza meta
nella confusa moltitudine
di nessuno.

Marzati

Mi piace molto, nella sua semplicità. Un bel contrasto tra la maturità dello stile, l'intelligenza dei versi e il senso di sperdimento espresso, tipicamente giovanile (anche se talvolta non abbandona nemmeno gli adulti, affatto :mrgreen:). "La confusa moltitudine di nessuno" vuole esprimere il senso di solitudine in mezzo alla gente?
 

maclaus

New member
La solitudine e la mancanza di speranza mi appaiono evidenti...
Possibile che in un ragazzo così giovane ci siano sentimenti così "pesanti"?
Spero per Marzati che non sia autobiografica...:)
 

Marzati

Utente stonato
Le mie “poesie” sono scritte per me solo, sono il frutto di una introspezione personale. Questa è, poi, ancora più particolare: fu la prima che scrissi, e tutt’ora a tratti la amo, a tratti la odio. Ho deciso di pubblicarla, pubblicando una parte del mio animo a tutti celata, forte dell’anonimato ma soprattutto curioso di vedere se e cosa fa provare agli altri. Ho lavorato sulle parole, sull’ atmosfera e i campi semantici ma soprattutto sul messaggio, che avete tutti colto (il che non so se indichi le mie capacità, o ne dimostri l’assenza). Ho affrontato il tema del dolore e della confusione interiore e quasi totale, dello smarrimento e della solitudine mostruosa che attanaglia l’uomo.
Confusa moltitudine di nessuno, un ossimoro, nonché il pezzo forte del componimento. Indica la totale indifferenza degli altri a me, quasi l’essere essere in mezzo a tanti che è come se non ci fossero; può anche essere interpretato come il simbolo dell’incomprensione. Aggiungo solo che la poesia è stata scritta seguendo due orizzonti: quello collettivo, afferente al disagio giovanile che in questi termini si esprime e che coinvolge tutti; quello individuale, afferente alla mia interiorità, al mio personale sentire.
Spero di non essermi dilungato troppo, né di essermi dato arie da poeta che, ahimè, non sono. Vi ringrazio per aver letto la mia creatura. :)
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
La solitudine e la mancanza di speranza mi appaiono evidenti...
Possibile che in un ragazzo così giovane ci siano sentimenti così "pesanti"?
Spero per Marzati che non sia autobiografica...:)

A me invece sembrano sentimenti tipici della sua età... Marzati ha la fortuna di avere una maturità e una capacità espressiva che gli consentono di definirli e persino di metterli su carta, come ha fatto qui prima in versi e poi spiegandoli (benissimo :mrgreen:) e magari, in qualche modo, di esorcizzarli, spero :)
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Scusate il ritardissimo, ecco la prossima poesia, ancora di Antonia Pozzi :)

Sventatezza


Ricordo un pomeriggio di settembre,
sul Montello. Io, ancora una bambina,
col trecciolino smilzo ed un prurito
di pazze corse su per le ginocchia.
Mio padre, rannicchiato dentro un andito
scavato in un rialzo di terreno,
mi additava attraverso una fessura
il Piave e le colline; mi parlava
della guerra, di sè, dei suoi soldati.
Nell'ombra, l'erba gelida e affilata
mi sfiorava i polpacci: sotto terra,
le radici succhiavan forse ancora
qualche goccia di sangue. Ma io ardevo
dal desiderio di scattare fuori,
nell'invadente sole, per raccogliere
un pugnetto di more da una siepe.
 

shvets olga

Member
Scusate il ritardissimo, ecco la prossima poesia, ancora di Antonia Pozzi :)

Sventatezza


Ricordo un pomeriggio di settembre,
sul Montello. Io, ancora una bambina,
col trecciolino smilzo ed un prurito
di pazze corse su per le ginocchia.
Mio padre, rannicchiato dentro un andito
scavato in un rialzo di terreno,
mi additava attraverso una fessura
il Piave e le colline; mi parlava
della guerra, di sè, dei suoi soldati.
Nell'ombra, l'erba gelida e affilata
mi sfiorava i polpacci: sotto terra,
le radici succhiavan forse ancora
qualche goccia di sangue. Ma io ardevo
dal desiderio di scattare fuori,
nell'invadente sole, per raccogliere
un pugnetto di more da una siepe.

Molto filosofica e tenera poesia, leggerezza, sconsideratezza e l'angoscia,il dolore. Padri e figli, connessione tra passato e futuro.
Ho una foto in cui avevo 3 anni e mio padre mi tiene stretto, lui è ancora giovane nella foto, guardava al futuro, credeva che il comunismo sarà nel 1980 :wink:, io vivevo nel presente nella mia felice e spensierata infanzia, non pensavo al futuro e non guardavo al passato…
Tra dieci, venti anni mio padre ha guardato sempre più al passato. Lui poteva e voleva raccontarmi "della guerra, di sè, dei suoi…", ma
"io ardevo
dal desiderio di scattare fuori…"

Io tutta ero in futuro.
Tra poco sarò anziana ed io e mio padre gia insieme guardiamo al passato. Spesso gli chiedo raccontarmi della sua vita… si stanca presto di parlare e tace…
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Trovo che questa poesia abbia un'enorme forza espressiva ... sembra quasi di vedere il quadretto davanti, di sentire lo scoraggiamento del padre di fronte al naturale desiderio della figlia di fuggire e di occuparsi di faccende infantili, e contemporaneamente la forza vitale della figlia che scalpita ...
 

Marzati

Utente stonato
Scusate il ritardissimo, ecco la prossima poesia, ancora di Antonia Pozzi :)

Sventatezza


Ricordo un pomeriggio di settembre,
sul Montello. Io, ancora una bambina,
col trecciolino smilzo ed un prurito
di pazze corse su per le ginocchia.
Mio padre, rannicchiato dentro un andito
scavato in un rialzo di terreno,
mi additava attraverso una fessura
il Piave e le colline; mi parlava
della guerra, di sè, dei suoi soldati.
Nell'ombra, l'erba gelida e affilata
mi sfiorava i polpacci: sotto terra,
le radici succhiavan forse ancora
qualche goccia di sangue. Ma io ardevo
dal desiderio di scattare fuori,
nell'invadente sole, per raccogliere
un pugnetto di more da una siepe.
Prima di tutto, le parole di Olga ancora mi hanno colpito, credo che abbiano la stessa "forza espressiva" (come, giustamente, ha detto Alessandra) della poesia. Concentrandosi su quest' ultima... l'ho trovata molto bella, leggero il modo in cui è stata scritta, e bello ciò di cui parla: c'è la forza dell'evento bellico, nella sua deflagrante potenza che è ancora rimasto impresso nelle menti (è il mio cuore/ il paese più straziato, scrisse Ungaretti) e nei luoghi (sotto terra/le radici succhiavano forse ancora/qualche goccia di sangue; figura tra l' altro bellissima, che sembra indicare come questi posti, forse, siano stati segnati per lungo tempo da questa tragedia, e forse lo sono tutt'ora). Ma c'è anche la figura della bambina, che quasi indenne da questo avvenimento è spinta da una forza vitale ad esistere e a vivere ancora, forse simboleggiando la rinascita e la guarigione, che giungono anche dopo catastrofi di grande portata come la guerra. Infine c'è il tempo, inesorabile, maestoso....
 

maclaus

New member
Ringrazio veramente col cuore chi mi ha fatto conoscere questa autrice, di cui, nel frattempo ho "esplorato" e conosciuto il mondo poetico...
E ancora non riesco a capacitarmi del fatto che si sia suicidata a soli 26 anni...
In ogni parola, in ogni immagine delle sue liriche, trovo una forza e un significato particolare.
La forza vitale della bambina di questa poesia ancor di più mi lascia perplesso per quello che sarà l'epilogo triste della sua breve vita...
 

Grantenca

Well-known member
Scusate il ritardissimo, ecco la prossima poesia, ancora di Antonia Pozzi :)

Sventatezza


Ricordo un pomeriggio di settembre,
sul Montello. Io, ancora una bambina,
col trecciolino smilzo ed un prurito
di pazze corse su per le ginocchia.
Mio padre, rannicchiato dentro un andito
scavato in un rialzo di terreno,
mi additava attraverso una fessura
il Piave e le colline; mi parlava
della guerra, di sè, dei suoi soldati.
Nell'ombra, l'erba gelida e affilata
mi sfiorava i polpacci: sotto terra,
le radici succhiavan forse ancora
qualche goccia di sangue. Ma io ardevo
dal desiderio di scattare fuori,
nell'invadente sole, per raccogliere
un pugnetto di more da una siepe.

Veramente una bellissima poesia, che descrive in modo sensibile e perfetto la distanza che deve esserci tra le generazioni, per consentire il progresso e la nuova vita. Le cose importanti per noi devono essere quelle che noi viviamo, i nostri ricordi, non quelli dei nostri genitori.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Vi presento la prossima poesia da commentare:wink:

Il Male

Mentre gli sputi rossi della mitraglia
sibilano senza posa nel cielo blu infinito;
scarlatti o verdi, accanto al re che li schernisce
crollano i battaglioni in massa in mezzo al fuoco,

mentre un'orrenda follia, una poltiglia
fumante fa di centomila uomini,
- Poveri morti! Nell'estate, nell'erba e nella gioia
tua, o natura! tu che santamente li creasti!

- C'è un dio che ride sulle tovaglie di damasco
degli altari, nell'incenso e nei grandi calici d'oro,
che s'addormenta cullato dagli Osanna,

- e si risveglia, quando madri chine
sulla loro angoscia, piangendo sotto i vecchi cappelli neri
gli danno un soldo legato nel loro fazzoletto.
 

Marzati

Utente stonato
Vi presento la prossima poesia da commentare:wink:

Il Male

Mentre gli sputi rossi della mitraglia
sibilano senza posa nel cielo blu infinito;
scarlatti o verdi, accanto al re che li schernisce
crollano i battaglioni in massa in mezzo al fuoco,

mentre un'orrenda follia, una poltiglia
fumante fa di centomila uomini,
- Poveri morti! Nell'estate, nell'erba e nella gioia
tua, o natura! tu che santamente li creasti!

- C'è un dio che ride sulle tovaglie di damasco
degli altari, nell'incenso e nei grandi calici d'oro,
che s'addormenta cullato dagli Osanna,

- e si risveglia, quando madri chine
sulla loro angoscia, piangendo sotto i vecchi cappelli neri
gli danno un soldo legato nel loro fazzoletto.
Il male, cosa è? Qualcosa di prettamente umano. Non è la natura che lo crea, e forse è proprio l'uomo. Viene immortalata l' immonda sofferenza delle persone che, a causa dei propri simili, vengono massacrate, distrutte. La poesia è cruda, e per questo ancor più dolorosa. Bella la seconda strofa, il legame tragico in questa follia fra uomo e natura.
 

shvets olga

Member
Quando la Russia ha occupato la Crimea e invase alcuni territori in Ucraina orientale (ogni giorno ci sono morti e feriti), sapete che abbiamo aspettato? Ci aspettavamo che le madri degli uomini russi che sono venuti in Ucraina per uccidere gli ucraini sarano protestare contro la Guerra.
E allora? Sono in silenzio tollerano regime criminale di putin. I sacerdoti russi consacrano armi, i preti ortodossi dalla Russia sono venuti a uccidere gli ortodossi in Ucraina e li "danno un soldo legato nel loro fazzoletto".
L’umiltà e remissività passiva nei confronti del regime criminale è complicità.
 

Marzati

Utente stonato
Quando la Russia ha occupato la Crimea e invase alcuni territori in Ucraina orientale (ogni giorno ci sono morti e feriti), sapete che abbiamo aspettato? Ci aspettavamo che le madri degli uomini russi che sono venuti in Ucraina per uccidere gli ucraini sarano protestare contro la Guerra.
E allora? Sono in silenzio tollerano regime criminale di putin. I sacerdoti russi consacrano armi, i preti ortodossi dalla Russia sono venuti a uccidere gli ortodossi in Ucraina e li "danno un soldo legato nel loro fazzoletto".
L’umiltà e remissività passiva nei confronti del regime criminale è complicità.
Mi permetto di intervenire a riguardo, sperando di non essere indelicato. Quello che sta avvenendo è tristissimo e profondamente ingiusto, mi chiedo come tutto questo accada, come tutto questo possa ancora accadere. Purtroppo l' uomo è così, non cambia, e la beffa è che qui in Italia (come in tante altre nazioni occidentali, ne son sicuro), nazione libera, nazione che per costituzione ripudia la guerra, questi drammi arrivano solo raramente, e subito vengono dimenticati, e vengono dimenticati dai buonpensanti, dai religiosi, dai politici, dalle persone. Mi viene da pensare ora, e non è frivolezza, come sia potente la poesia, come possa parlare, dal passato, del futuro; come possa avvicinare persone distanti.
Un saluto fatto col cuore.
Marzati.
 

maclaus

New member
Tutte le guerre sono uguali. Tutto il male che compie l'uomo contro il suo simile è uguale in ogni parte del mondo...
Che la si chiami guerra di liberazione, rivoluzione, invasione, ritorsione...
E' solo uomo contro uomo.
E ogni uomo, quando è guidato dall'istinto di sopravvivenza nella battaglia, compie ogni tipo di nefandezza contro il suo simile.
Quando l'uomo perde il suo "senso verticale" e guarda solo in orizzontale non avrà mai timore: timore di uccidere il proprio simile, quindi uccidere se stesso.
E' solo il timore di Dio che, talvolta (per chi ce l'ha), frena la bestialità dell'uomo... e quindi il male.
Solo se si guarda al cielo si può sperare di non desiderare le cose terrene e quindi la sopraffazione del proprio simile.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Non posso dire niente di più di quanto sia stato detto qui sopra.
La poesia è molto cruda, un pugno nello stomaco, ha un linguaggio quasi "fisico", colpisce nel segno e ferisce il lettore, come è giusto che sia.
 
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