Capisco bene che il titolo del 3d non poteva essere diverso. Fare le pulci al linguaggio in qualcosa che giocoforza deve rientrare in poche righe non ha senso.
Vorrei solo sollevare un punto di conversazione: dovremmo intenderci su cosa intendiamo per "bello", giusto per chiacchierare se vi va. Forse il libro "scritto meglio"? Se così fosse dovremmo piegare il nostro giudizio ai contesti formali del tempo in cui fu scritto. Il linguaggio e l'arte erano percepiti diversamente negli anni '20 rispetto a fine secolo, ad esempio.
O forse intendiamo il libro più importante del secolo? E ancora più importante in che senso? Dal punto di vista "storico"? Dal punto di vista del cambiamento che ha prodotto? Un libro spesso si fa ricordare anche in termini di rivoluzione. Prima di Tizio le cose stavano diversamente.
Io credo che vi siano molti libri dall'alto valore letterario, ma che in fondo non hanno portato novità rilevanti nel panorama letterario dell'epoca. Così come viceversa.
I libri (o romanzi, meglio) scritti settanta, ottanta anni fa non credo possano essere paragonati a ciò che è stato scritto subito prima del nuovo secolo o comunque cinquanta anni dopo. Per lo stesso motivo per cui troviamo una netta distinzione fra i romanzi dell'epoca vittoriana e l'avvento dei vari Fitzgerald, Dos Passos e altri. Da noi è uguale.
La storia si ripete. Oggi, come nel '900 rispetto al secolo precedente, le cose appaiono prive di scopo a tal punto che non si riesce più a capire da che parte gira il mondo. Proprio per la mancanza di coerenza e di certezze, il punto di vista narrativo si è spostato, almeno mi sembra, in una specie di analisi della sfera soggettiva. Il disfacimento di un'intera società ha fatto la fortuna di alcuni grandi scrittori che con le sue opere sono diventati e rimasti famosi a tutt'oggi. Vedi certi importanti nomi europei. Forse Kafka, Mann...
Fra gli autori citati in questa discussione, forse il solo Calvino si differenziava e estraniava dal comune obiettivo di scandagliare all'interno del personaggio; almeno in molte delle sue opere. Nessuno fa più un esame alla società. Tutti si buttano ad analizzare la psiche dell'individuo. Il che mi piacerebbe anche molto, in certi casi. Ma ormai c'è solo chi lo fa con storie già scritte, chi con racconti inventati (più o meno indovinati), chi con romanzi che vorrebbero uscire dagli schemi e che invece finiscono quasi sempre nell'esagerazione o nell'inverosimile (e a volte pure in una pseudo fantascienza).
Non sto dicendo che non vengono più scritti buoni libri. C'è ancora della roba tosta in giro, ogni tanto la si trova. Solo che il panorama odierno, se sintetizzi gli aspetti fondamentali per rispondere alle tue domande, sembra che oramai detti quello che gli odierni scrittori sono "costretti" a mettere nero su bianco.
Sono degli inetti, degli incapaci? No. Non vedo però nessuno con la capacità di evitare di lasciar trasparire la propria coscienza. Cosa che, a mio personale parere, al lettore gliene importa forse poco: lo vediamo da soli il male, il disfacimento. Dove sta il marcio.
Non sto dicendo nemmeno che vorrei nuove tecniche narrative o sperimentali. Non ti dico neanche cosa vorrei dalla letteratura del duemila, non te/ve ne fregherebbe.
Credo solo che in questo momento, o periodo, una nuova forma di romanzo sia impossibile.
Ci furono tempi in cui nella tasca interna della giacca, si girava con "L'antologia di Spoon River", poi con "La prossima volta, il fuoco" o "Sulla strada" (ma questo in America), più tardi ancora con Bukowski o con "Mosca sulla vodka" (il famoso viaggio in treno di Erofeev).
Alla fin fine non siamo sempre condizionati nelle nostre scelte? Cosa riteniamo bello in un romanzo? Siamo davvero in grado di decidere da soli? Anche dell'importanza di un romanzo incide moltissimo il periodo in cui è stato scritto.
Prima di Tizio le cose stavano diversamente. Tu scrivi, ad un certo punto. Ti do ragione, se intendi in ambito letterario.
Ma Tizio avrebbe davvero potuto scrivere quel capolavoro se quell'evento di cotanta importanza a livello mondiale, sociale non fosse accaduto? Un forse credo sia d'obbligo, ad esser buoni. Sebbene io dubiti fortemente.
Forse preferisco ancora romanzi apparentemente facili ma che contengono molto a livello psicanalitico (sebbene io ami molto anche la narrativa di un certo tipo), come per esempio "Herzog" di S. Bellow, "Il commesso" di B. Malamud...
Per quanto riguarda la tua frase che ho messo in grassetto, non credi che il linguaggio e l'arte fossero davvero migliori allora, invece che solamente percepiti diversamente?
Non intendo spingere a leggere solo la letteratura tradizionale, ma sul piano del linguaggio non trovo molto di entusiasmante. E mi spiace enormemente.