LXXXVI GdL - La campana di vetro di Sylvia Plath

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Finito:

elisa: Il romanzo è nettamente diviso in due parti, la prima quella di formazione di una giovane promessa, piena di belle speranze che però si sente sempre inadeguata di fronte a se stessa e agli avvenimenti che le accadono, le amicizie, il lavoro, la relazione con gli uomini, il desiderio di emanciparsi e di perdere la verginità. La seconda parte, continuazione e risultato della prima, è l'alienazione di tutto quello che lei avrebbe desiderato e la consapevolezza che il suo stare al mondo era troppo difficile e diverso da quello che in realtà lei era, una ragazza che desiderava realizzarsi in senso moderno, libero, senza condizionamenti, e non come la società americana e le pressioni che aveva attorno a sé volevano che lei facesse. E in questo cuneo Esther/Sylvia si è persa. Questo romanzo è di una lucidità sorprendente, si legge l'animo di una donna da dentro, senza finzioni. Per riuscire ad essere se stessa Esther ha fatto una scelta, l'unica che in quel momento le sembrava possibile. Lo considero un capolavoro dell'animo umano.

Valuzza Baguette: L'ho trovato molto particolare come romanzo, un po' sapendo che in parte è narrata la storia dell'autrice e in parte proprio per il modo che ha la Plath di scrivere, molto diretto. La seconda parte, decisamente più tragica, ma anche più toccante mi ha colpita di più. Ho visto poi che ultimamente altri autori si sono ispirati alla vita di questa autrice! Un bel romanzo, sono stata contenta di partecipare al gruppo, anche se ho contribuito poco con i miei commenti.

estersable88: "La campana di vetro" è un libro particolarissimo, che racchiude in sé approcci narrativi assai diversi, tutti volti a raccontarci le diverse sfaccettature caratteriali e sociali di Ester, la protagonista. La troviamo disillusa e smaliziata nei fasti di New York, instabile ed insicura quando torna a casa a Boston, sorprendentemente lucida, ma anche spietata e fragile in clinica... una costante, però, è la sua autoironia che folgora già dalla prima pagina. Il libro tratta temi importanti come il rifiuto delle convenzioni sociali, l'alienazione, la follia. Lettura assolutamente consigliata, anche se tutt'altro che facile.

Minerva6: mi ero fatta un'idea diversa di questo libro, me l'aspettavo più drammatico e cupo, invece, soprattutto fino alla metà, lo stile è anche ironico, tanto che la protagonista ricorda il giovane Holden nel modo di esprimersi. Di certo quello che coinvolge di più durante la lettura è il conoscere la storia personale dell'autrice e fare sempre riferimento a lei. E' preferibile leggerlo in solitaria per le persone come me (e come Esther/Sylvia) che hanno problemi ad affrontare la vita con tutto quello che comporta, altrimenti c'è il rischio di doversi esporre troppo. Comunque mi ha fatto piacere partecipare al GdL e discutere su quello che può essere alla base dell'insofferenza verso tutto ciò che è oltre la nostra intimità e che ci può lacerare dentro se non siamo capaci di uscire da quella campana che ci avvolge e ci fa credere di essere al sicuro al suo interno.

Spilla: Prima di tutto devo dire che una vera "sofferenza" non l'ho trovata. Esther non soffre, altrimenti lei/Sylvia si sarebbe salvata. Esther, a quanto ho visto io, non riesce proprio a sentire. Ecco perché, alla fine, non può più andare avanti. Poi, qua e là, qualche emozione magari emerge, ma si tratta sempre di qualcosa di marginale, a cui la stessa autrice non sa, non può dare spazio e voce. E questo è terrificante. Anche le emozioni altrui, se la raggiungono, sono al massimo fastidiose ed oppressive, Esther non se ne fa mai carico. Le osserva, punto. La campana di vetro sta in questa mancanza di contatto con tutto, con se stessa per prima. È questa la cosa inaccettabile. La giovane soffre di mal di vivere, e così sarebbe stato in qualunque altra condizione. Non esistono colpevoli (lei peraltro, non condanna e non rimprovera nessuno), la sua è una inadeguatezza, straziante e invincibile, alla vita. Il mio giudizio su questo libro oscilla tra gli estremi comprensione/coinvolgimento e rabbia/rifiuto. La Plath sa scrivere, ma questo libro non mi sembra un assoluto capolavoro, e come hanno detto altri forse sarebbe stato dimenticato senza il suicidio dell'autrice. È, questo sì, una straordinaria testimonianza di alienazione, di impossibilità di entrare in contatto con cose e persone. Ma non è una lettura da farsi a cuor leggero...

darida

Zingaro di Macondo

Ondine: Lo stile narrativo mi piace molto, è asciutto, diretto, ironico verso se stessa e verso gli altri, rivelando un carattere intimamente vivace, intelligente, intuitivo, perspicace, da attenta osservatrice. Rileggere questo romanzo mi è sembrato come rifare un tuffo spaventoso per la seconda volta, questa volta con meno paura perché sapevo cosa trovavo, l’emozione provata è stata diversa dalla precedente ma comunque intensa, tanto che ad un certo punto pensavo di interrompere la lettura. Il malessere di Esther lo vedo come un segnale di vuoti irrisolti, carenze affettive, mancanza di empatia da parte di chi la circonda, che, magari senza volerlo, le chiede di essere troppo, le chiede indirettamente di uniformarsi a schemi comportamentali in cui questa ragazza non si riconosce, tanto che il suo corpo comincia a ribellarsi, dopo essersi a lungo piegato alle aspettative altrui. Il romanzo lascia una speranza finale e, pensando a come sono andate le cose nella realtà, viene voglia di fermare il tempo all’ultima pagina, chiudere il libro ed illudersi che Sylvia sia ancora lì, sulla soglia tra il passato ed un nuovo presente da vivere.

Tanny: La lettura mi è piaciuta ma sinceramente non mi ha entusiasmato, il tema è stato trattato in modo diretto e con semplicità nonostante la psiche umana sia un argomento molto delicato e profondo, questo secondo me è uno dei punti di forza di questo romanzo, ne riconosco la forza narrativa che lo ha portato al successo cosa che a mio avviso non è dovuto soltanto al fatto che sia una sorta di autobiografia e che la tragica fine dell'autrice abbia contribuito a renderla indelebile; il fatto che non mi ha fatto apprezzare a pieno questo romanzo è una questione strettamente personale, solitamente quando leggo un libro cerco sempre di immedesimarmi nella storia, ma in questo caso la protagonista con me è caratterialmente agli antipodi, per questa ragione non sono riuscito ad entrare totalmente nella vicenda e l'ho letta con troppo distacco, non sono riuscito a "far mia" la storia.


In lettura:

Roberto89
 
Ultima modifica:

Ondine

Logopedista nei sogni
Commento finale

Mi ha sempre affascinato scoprire la motivazione per cui Sylvia Plath decide di scrivere questo romanzo con lo pseudonimo di Victoria Lucas, immagino per tutelare i personaggi citati e forse anche per vedere lei stessa dal di fuori, per autoanalizzarsi, essendo appassionata di psicopatologia.
Lo stile narrativo mi piace molto, è asciutto, diretto, ironico verso se stessa e verso gli altri, rivelando un carattere intimamente vivace, intelligente, intuitivo, perspicace, da attenta osservatrice.
Rileggere questo romanzo mi è sembrato come rifare un tuffo spaventoso per la seconda volta, questa volta con meno paura perché sapevo cosa trovavo, l’emozione provata è stata diversa dalla precedente ma comunque intensa, tanto che ad un certo punto pensavo di interrompere la lettura.
Il malessere di Esther lo vedo come un segnale di vuoti irrisolti, carenze affettive, mancanza di empatia da parte di chi la circonda, che, magari senza volerlo, le chiede di essere troppo, le chiede indirettamente di uniformarsi a schemi comportamentali in cui questa ragazza non si riconosce, tanto che il suo corpo comincia a ribellarsi, dopo essersi a lungo piegato alle aspettative altrui.
Il romanzo lascia una speranza finale e, pensando a come sono andate le cose nella realtà, viene voglia di fermare il tempo all’ultima pagina, chiudere il libro ed illudersi che Sylvia sia ancora lì, sulla soglia tra il passato ed un nuovo presente da vivere.
 

Roberto89

MODerato
Membro dello Staff
Fino a capitolo IX

La struttura narrativa è un po' confusa, o sono io che non sto riuscendo a seguirla.
Alcuni tratti di Esther mi sembrano più che "naturali" seppure non rientrano nella norma delle persone comuni. Lei è da un lato già costretta (finalmente un po' di elementi passati hanno fatto luce su di lei) e dall'altro sembra fare di tutto per non cambiare; non lotta, se non in rare occasioni, e anche quando lo fa finisce o per esagerare o per pagarne le conseguenze. I suoi rapporti con gli uomini (aggiungo, con gli uomini che finisce per capitare...) mi sembra rispecchino la sua stessa natura.

Comunque mi chiedo: com'è possibile che così tante persone crescano in modo "anomalo", per usare un termine volutamente provocatorio, senza che nessuno se ne accorga?
Il mondo dà per scontato che tutti debbano saper camminare con le loro gambe e tutti allo stesso modo, poi alla fine quando qualcuno "esplode" ci si chiede perché.
 

Roberto89

MODerato
Membro dello Staff
Capitolo 14

Ormai sembra ovvio come andrà a finire... dal capitolo dieci il tono e l'andatura sono cambiati, trovo di nuovo piacere a leggere. La cosa che trovo più interessante sono le cose che Esther dovrebbe o vorrebbe dire e invece tace. Ma tutto è ormai negativo e lo leggo solo con la domanda: "Quando riuscirà a farlo?"
 

Tanny

Well-known member
Il libro l'ho finito e mi scuso per essere stato poco partecipe al gruppo.

La lettura mi è piaciuta ma sinceramente non mi ha entusiasmato, il tema è stato trattato in modo diretto e con semplicità nonostante la psiche umana sia un argomento molto delicato e profondo, questo secondo me è uno dei punti di forza di questo romanzo, ne riconosco la forza narrativa che lo ha portato al successo cosa che a mio avviso non è dovuto soltanto al fatto che sia una sorta di autobiografia e che la tragica fine dell'autrice abbia contribuito a renderla indelebile; il fatto che non mi ha fatto apprezzare a pieno questo romanzo è una questione strettamente personale, solitamente quando leggo un libro cerco sempre di immedesimarmi nella storia, ma in questo caso la protagonista con me è caratterialmente agli antipodi, per questa ragione non sono riuscito ad entrate totalmente nella vicenda e l'ho letta con troppo distacco, non sono riuscito a "far mia" la storia.
 

Roberto89

MODerato
Membro dello Staff
Finito

Commento finale: Una lettura interessante, ma non così profonda come poteva essere. Il libro inizia direi molto bene, il tono è da subito negativo ma si fa leggere anche per questo; a un certo punto però la narrazione rallenta, diventa inspiegabilmente confusa, noiosa. E non credo siano i personaggi a mancare, ma proprio lo stile narrativo che muta e perde vigore. Poi il ritmo cambia di nuovo, ma c'è un netto contrasto tra la protagonista e ciò che viene narrato: da ciò che leggi diresti che Esther si sta riprendendo, che piano piano fa progressi e diviene via via più pronta per ritornare in società; dalla protagonista però ti accorgi che nulla è cambiato, lei è sempre la stessa ragazza sotto la stessa campana, pronta a togliersi la vita al prossimo evento negativo (e il ritorno in società direi che ne porterà parecchi, incluso il giudizio delle persone). Lei crede di essere uscita da sotto la campana solo perché è ciò che gli altri sostengono e vogliono, ma non lo sente davvero, almeno questa è la mia impressione.

In breve, il libro secondo me ha una potenzialità inespressa. Forse per motivi editoriali Sylvia ha cambiato il finale e/o alcuni elementi interni, perché sembrano estranei alla protagonista, appiccicati quasi per forza. O forse sono io che non riesco a leggere nella storia ciò che lei voleva trasmettere. Comunque, il fatto che lei si sia tolta la vita poco tempo dopo la pubblicazione del libro ce lo fa inevitabilmente vedere sotto un'altra luce.

Ps: nel 2018, stando a Wikipedia, dovrebbe uscire il film tratto dal libro.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
commenti finali

elisa: Il romanzo è nettamente diviso in due parti, la prima quella di formazione di una giovane promessa, piena di belle speranze che però si sente sempre inadeguata di fronte a se stessa e agli avvenimenti che le accadono, le amicizie, il lavoro, la relazione con gli uomini, il desiderio di emanciparsi e di perdere la verginità. La seconda parte, continuazione e risultato della prima, è l'alienazione di tutto quello che lei avrebbe desiderato e la consapevolezza che il suo stare al mondo era troppo difficile e diverso da quello che in realtà lei era, una ragazza che desiderava realizzarsi in senso moderno, libero, senza condizionamenti, e non come la società americana e le pressioni che aveva attorno a sé volevano che lei facesse. E in questo cuneo Esther/Sylvia si è persa. Questo romanzo è di una lucidità sorprendente, si legge l'animo di una donna da dentro, senza finzioni. Per riuscire ad essere se stessa Esther ha fatto una scelta, l'unica che in quel momento le sembrava possibile. Lo considero un capolavoro dell'animo umano.

Valuzza Baguette: L'ho trovato molto particolare come romanzo, un po' sapendo che in parte è narrata la storia dell'autrice e in parte proprio per il modo che ha la Plath di scrivere, molto diretto. La seconda parte, decisamente più tragica, ma anche più toccante mi ha colpita di più. Ho visto poi che ultimamente altri autori si sono ispirati alla vita di questa autrice! Un bel romanzo, sono stata contenta di partecipare al gruppo, anche se ho contribuito poco con i miei commenti.

estersable88: "La campana di vetro" è un libro particolarissimo, che racchiude in sé approcci narrativi assai diversi, tutti volti a raccontarci le diverse sfaccettature caratteriali e sociali di Ester, la protagonista. La troviamo disillusa e smaliziata nei fasti di New York, instabile ed insicura quando torna a casa a Boston, sorprendentemente lucida, ma anche spietata e fragile in clinica... una costante, però, è la sua autoironia che folgora già dalla prima pagina. Il libro tratta temi importanti come il rifiuto delle convenzioni sociali, l'alienazione, la follia. Lettura assolutamente consigliata, anche se tutt'altro che facile.

Minerva6: mi ero fatta un'idea diversa di questo libro, me l'aspettavo più drammatico e cupo, invece, soprattutto fino alla metà, lo stile è anche ironico, tanto che la protagonista ricorda il giovane Holden nel modo di esprimersi. Di certo quello che coinvolge di più durante la lettura è il conoscere la storia personale dell'autrice e fare sempre riferimento a lei. E' preferibile leggerlo in solitaria per le persone come me (e come Esther/Sylvia) che hanno problemi ad affrontare la vita con tutto quello che comporta, altrimenti c'è il rischio di doversi esporre troppo. Comunque mi ha fatto piacere partecipare al GdL e discutere su quello che può essere alla base dell'insofferenza verso tutto ciò che è oltre la nostra intimità e che ci può lacerare dentro se non siamo capaci di uscire da quella campana che ci avvolge e ci fa credere di essere al sicuro al suo interno.

Spilla: Prima di tutto devo dire che una vera "sofferenza" non l'ho trovata. Esther non soffre, altrimenti lei/Sylvia si sarebbe salvata. Esther, a quanto ho visto io, non riesce proprio a sentire. Ecco perché, alla fine, non può più andare avanti. Poi, qua e là, qualche emozione magari emerge, ma si tratta sempre di qualcosa di marginale, a cui la stessa autrice non sa, non può dare spazio e voce. E questo è terrificante. Anche le emozioni altrui, se la raggiungono, sono al massimo fastidiose ed oppressive, Esther non se ne fa mai carico. Le osserva, punto. La campana di vetro sta in questa mancanza di contatto con tutto, con se stessa per prima. È questa la cosa inaccettabile. La giovane soffre di mal di vivere, e così sarebbe stato in qualunque altra condizione. Non esistono colpevoli (lei peraltro, non condanna e non rimprovera nessuno), la sua è una inadeguatezza, straziante e invincibile, alla vita. Il mio giudizio su questo libro oscilla tra gli estremi comprensione/coinvolgimento e rabbia/rifiuto. La Plath sa scrivere, ma questo libro non mi sembra un assoluto capolavoro, e come hanno detto altri forse sarebbe stato dimenticato senza il suicidio dell'autrice. È, questo sì, una straordinaria testimonianza di alienazione, di impossibilità di entrare in contatto con cose e persone. Ma non è una lettura da farsi a cuor leggero...

darida

Zingaro di Macondo

Ondine: Lo stile narrativo mi piace molto, è asciutto, diretto, ironico verso se stessa e verso gli altri, rivelando un carattere intimamente vivace, intelligente, intuitivo, perspicace, da attenta osservatrice. Rileggere questo romanzo mi è sembrato come rifare un tuffo spaventoso per la seconda volta, questa volta con meno paura perché sapevo cosa trovavo, l’emozione provata è stata diversa dalla precedente ma comunque intensa, tanto che ad un certo punto pensavo di interrompere la lettura. Il malessere di Esther lo vedo come un segnale di vuoti irrisolti, carenze affettive, mancanza di empatia da parte di chi la circonda, che, magari senza volerlo, le chiede di essere troppo, le chiede indirettamente di uniformarsi a schemi comportamentali in cui questa ragazza non si riconosce, tanto che il suo corpo comincia a ribellarsi, dopo essersi a lungo piegato alle aspettative altrui. Il romanzo lascia una speranza finale e, pensando a come sono andate le cose nella realtà, viene voglia di fermare il tempo all’ultima pagina, chiudere il libro ed illudersi che Sylvia sia ancora lì, sulla soglia tra il passato ed un nuovo presente da vivere.

Tanny: La lettura mi è piaciuta ma sinceramente non mi ha entusiasmato, il tema è stato trattato in modo diretto e con semplicità nonostante la psiche umana sia un argomento molto delicato e profondo, questo secondo me è uno dei punti di forza di questo romanzo, ne riconosco la forza narrativa che lo ha portato al successo cosa che a mio avviso non è dovuto soltanto al fatto che sia una sorta di autobiografia e che la tragica fine dell'autrice abbia contribuito a renderla indelebile; il fatto che non mi ha fatto apprezzare a pieno questo romanzo è una questione strettamente personale, solitamente quando leggo un libro cerco sempre di immedesimarmi nella storia, ma in questo caso la protagonista con me è caratterialmente agli antipodi, per questa ragione non sono riuscito ad entrare totalmente nella vicenda e l'ho letta con troppo distacco, non sono riuscito a "far mia" la storia.

Roberto89: Una lettura interessante, ma non così profonda come poteva essere. Il libro inizia direi molto bene, il tono è da subito negativo ma si fa leggere anche per questo; a un certo punto però la narrazione rallenta, diventa inspiegabilmente confusa, noiosa. E non credo siano i personaggi a mancare, ma proprio lo stile narrativo che muta e perde vigore. Poi il ritmo cambia di nuovo, ma c'è un netto contrasto tra la protagonista e ciò che viene narrato: da ciò che leggi diresti che Esther si sta riprendendo, che piano piano fa progressi e diviene via via più pronta per ritornare in società; dalla protagonista però ti accorgi che nulla è cambiato, lei è sempre la stessa ragazza sotto la stessa campana, pronta a togliersi la vita al prossimo evento negativo (e il ritorno in società direi che ne porterà parecchi, incluso il giudizio delle persone). Lei crede di essere uscita da sotto la campana solo perché è ciò che gli altri sostengono e vogliono, ma non lo sente davvero, almeno questa è la mia impressione. In breve, il libro secondo me ha una potenzialità inespressa. Forse per motivi editoriali Sylvia ha cambiato il finale e/o alcuni elementi interni, perché sembrano estranei alla protagonista, appiccicati quasi per forza. O forse sono io che non riesco a leggere nella storia ciò che lei voleva trasmettere. Comunque, il fatto che lei si sia tolta la vita poco tempo dopo la pubblicazione del libro ce lo fa inevitabilmente vedere sotto un'altra luce.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Lascio ancora aperto, anche se tutti l'abbiamo finito.

Mancano però i commenti finali di darida e ZdM e qualche altra cosa che magari ci verrà in mente da aggiungere nei prossimi giorni.

E ricordo a chi è veloce nella lettura che ha tempo fino alla fine del mese per leggerlo e commentarlo qui :wink:.

Il 1° luglio poi partiremo con La chimera di Vassalli (potete prenotarvi qui http://www.forumlibri.com/forum/showthread.php?t=3974&page=8)
 

Roberto89

MODerato
Membro dello Staff
Ne approfitto per aggiungere una cosa che avevo notato ma poi dimenticato. È implicita nel mio commento finale, ma ci tengo a (ri)condividerla: del romanzo mi è piaciuto, specie all'inizio, la capacità della scrittrice di entrare nell'animo della protagonista (evidentemente conoscendo sé stessa). Forse è ciò che preferisco del libro, per quanto io non sia una donna :mrgreen:; magari non riesco ad andare nel profondo, ma l'autrice mi ha trasmesso molto e, in piccola misura, mi ha anche aiutato a conoscermi meglio. Se quindi ho quasi abbattuto il romanzo come tale, il conenuto resta pur sempre molto buono e capace di trasmettere qualcosa. Sempre meglio di un libro tecnicamente impeccabile ma arido di quel vero contenuto che ti fa meditare anche quando il libro è chiuso ormai da un pezzo.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
anche io trovo che in questo romanzo ci sia tanta vita e poca letteratura, la vita come letteratura non è facile, spesso ci si guarda l'ombelico invece Sylvia Plath riesce a rendere universale un modo di approcciare la vita, un pensiero, un'esistere.
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Commento finale.

Mai come in questo romanzo la letteratura si fa carne. Non si può leggere "La campana di Vetro" senza farsi carico del dolore dell'autrice. Se la Plath, poche settimane dopo la pubblicazione, non si fosse suicidata , questo libro sarebbe profondamente diverso. L'autrice ha dato luce alle sue parole, scolpendole con un atto definitivo e romantico, coraggioso e vile al tempo stesso. E' un romanzo di formazione, per così dire, ma di formazione in senso moderno. Non parla di un'evoluzione, bensì di una drammatica involuzione. Ci sono continue lamentele, addossate agli altri come se gli altri non facessero parte del vissuto della protagonista. Si piange addosso di continuo, dicendo tutto e il contrario tutto. In certe pagine si respira un senso di inferiorità piuttosto antipatico, salvo poi riprendere la lettura con incomprensibili salti di egocentrismo. La Plath, si direbbe oggi, era ambivalente e sociopatica. In fondo, non è altro che la storia di una depressione, nella sua forma più disperata, nel suo atto conclusivo, e chi non ha mai passato momenti simili, faticherà a cogliere il succo di questo romanzo.

Votato 4/5
 

darida

Well-known member
Questo libro è pregno della storia personale dell'autrice, anche troppo, mi risulta impossibile darne un giudizio distaccato e francamente credo che gran parte del successo sia da attribuire al triste epilogo.Come ha appena scritto Zingaro (e forse anche altri...) è la narrazione di una grave forma di depressione.Non avendo, per mia fortuna, confidenza con l'argomento, a volte non ho compreso più di tanto le ragioni,se così si possono chiamare, dell'enormita' del disagio. Sono anche propensa a sposare la tesi (già citata ma non ricordo da chi....) che il gesto finale possa non essere stato del tutto voluto. Oppure continuo a non cogliere la sofferenza nella sua totalità e banalizzo.

:boh: più che altro ho provato dispiacere per una vita interrotta troppo presto...
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
questo gdl è stato veramente intenso, ci siamo ritrovati tutti a comprendere la sofferenza reale di una donna che è riuscita a descrivere il suo sentire in modo così credibile in un "romanzo" che in questo caso è vita vera. Ciao Sylvia, per quanto mi riguarda, difficilmente ti dimenticherò!

plath1.jpg
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
elisa: Il romanzo è nettamente diviso in due parti, la prima quella di formazione di una giovane promessa, piena di belle speranze che però si sente sempre inadeguata di fronte a se stessa e agli avvenimenti che le accadono, le amicizie, il lavoro, la relazione con gli uomini, il desiderio di emanciparsi e di perdere la verginità. La seconda parte, continuazione e risultato della prima, è l'alienazione di tutto quello che lei avrebbe desiderato e la consapevolezza che il suo stare al mondo era troppo difficile e diverso da quello che in realtà lei era, una ragazza che desiderava realizzarsi in senso moderno, libero, senza condizionamenti, e non come la società americana e le pressioni che aveva attorno a sé volevano che lei facesse. E in questo cuneo Esther/Sylvia si è persa. Questo romanzo è di una lucidità sorprendente, si legge l'animo di una donna da dentro, senza finzioni. Per riuscire ad essere se stessa Esther ha fatto una scelta, l'unica che in quel momento le sembrava possibile. Lo considero un capolavoro dell'animo umano.

Valuzza Baguette: L'ho trovato molto particolare come romanzo, un po' sapendo che in parte è narrata la storia dell'autrice e in parte proprio per il modo che ha la Plath di scrivere, molto diretto. La seconda parte, decisamente più tragica, ma anche più toccante mi ha colpita di più. Ho visto poi che ultimamente altri autori si sono ispirati alla vita di questa autrice! Un bel romanzo, sono stata contenta di partecipare al gruppo, anche se ho contribuito poco con i miei commenti.

estersable88: "La campana di vetro" è un libro particolarissimo, che racchiude in sé approcci narrativi assai diversi, tutti volti a raccontarci le diverse sfaccettature caratteriali e sociali di Ester, la protagonista. La troviamo disillusa e smaliziata nei fasti di New York, instabile ed insicura quando torna a casa a Boston, sorprendentemente lucida, ma anche spietata e fragile in clinica... una costante, però, è la sua autoironia che folgora già dalla prima pagina. Il libro tratta temi importanti come il rifiuto delle convenzioni sociali, l'alienazione, la follia. Lettura assolutamente consigliata, anche se tutt'altro che facile.

Minerva6: mi ero fatta un'idea diversa di questo libro, me l'aspettavo più drammatico e cupo, invece, soprattutto fino alla metà, lo stile è anche ironico, tanto che la protagonista ricorda il giovane Holden nel modo di esprimersi. Di certo quello che coinvolge di più durante la lettura è il conoscere la storia personale dell'autrice e fare sempre riferimento a lei. E' preferibile leggerlo in solitaria per le persone come me (e come Esther/Sylvia) che hanno problemi ad affrontare la vita con tutto quello che comporta, altrimenti c'è il rischio di doversi esporre troppo. Comunque mi ha fatto piacere partecipare al GdL e discutere su quello che può essere alla base dell'insofferenza verso tutto ciò che è oltre la nostra intimità e che ci può lacerare dentro se non siamo capaci di uscire da quella campana che ci avvolge e ci fa credere di essere al sicuro al suo interno.

Spilla: Prima di tutto devo dire che una vera "sofferenza" non l'ho trovata. Esther non soffre, altrimenti lei/Sylvia si sarebbe salvata. Esther, a quanto ho visto io, non riesce proprio a sentire. Ecco perché, alla fine, non può più andare avanti. Poi, qua e là, qualche emozione magari emerge, ma si tratta sempre di qualcosa di marginale, a cui la stessa autrice non sa, non può dare spazio e voce. E questo è terrificante. Anche le emozioni altrui, se la raggiungono, sono al massimo fastidiose ed oppressive, Esther non se ne fa mai carico. Le osserva, punto. La campana di vetro sta in questa mancanza di contatto con tutto, con se stessa per prima. È questa la cosa inaccettabile. La giovane soffre di mal di vivere, e così sarebbe stato in qualunque altra condizione. Non esistono colpevoli (lei peraltro, non condanna e non rimprovera nessuno), la sua è una inadeguatezza, straziante e invincibile, alla vita. Il mio giudizio su questo libro oscilla tra gli estremi comprensione/coinvolgimento e rabbia/rifiuto. La Plath sa scrivere, ma questo libro non mi sembra un assoluto capolavoro, e come hanno detto altri forse sarebbe stato dimenticato senza il suicidio dell'autrice. È, questo sì, una straordinaria testimonianza di alienazione, di impossibilità di entrare in contatto con cose e persone. Ma non è una lettura da farsi a cuor leggero...

darida: Questo libro è pregno della storia personale dell'autrice, anche troppo, mi risulta impossibile darne un giudizio distaccato e francamente credo che gran parte del successo sia da attribuire al triste epilogo. E' la narrazione di una grave forma di depressione. Non avendo, per mia fortuna, confidenza con l'argomento, a volte non ho compreso più di tanto le ragioni, se così si possono chiamare, dell'enormita' del disagio. Sono anche propensa a sposare la tesi che il gesto finale possa non essere stato del tutto voluto. Oppure continuo a non cogliere la sofferenza nella sua totalità e banalizzo. Più che altro ho provato dispiacere per una vita interrotta troppo presto...

Zingaro di Macondo: Mai come in questo romanzo la letteratura si fa carne. Non si può leggere "La campana di Vetro" senza farsi carico del dolore dell'autrice. Se la Plath, poche settimane dopo la pubblicazione, non si fosse suicidata , questo libro sarebbe profondamente diverso. L'autrice ha dato luce alle sue parole, scolpendole con un atto definitivo e romantico, coraggioso e vile al tempo stesso. E' un romanzo di formazione, per così dire, ma di formazione in senso moderno. Non parla di un'evoluzione, bensì di una drammatica involuzione. Ci sono continue lamentele, addossate agli altri come se gli altri non facessero parte del vissuto della protagonista. Si piange addosso di continuo, dicendo tutto e il contrario tutto. In certe pagine si respira un senso di inferiorità piuttosto antipatico, salvo poi riprendere la lettura con incomprensibili salti di egocentrismo. La Plath, si direbbe oggi, era ambivalente e sociopatica. In fondo, non è altro che la storia di una depressione, nella sua forma più disperata, nel suo atto conclusivo, e chi non ha mai passato momenti simili, faticherà a cogliere il succo di questo romanzo.

Ondine: Lo stile narrativo mi piace molto, è asciutto, diretto, ironico verso se stessa e verso gli altri, rivelando un carattere intimamente vivace, intelligente, intuitivo, perspicace, da attenta osservatrice. Rileggere questo romanzo mi è sembrato come rifare un tuffo spaventoso per la seconda volta, questa volta con meno paura perché sapevo cosa trovavo, l’emozione provata è stata diversa dalla precedente ma comunque intensa, tanto che ad un certo punto pensavo di interrompere la lettura. Il malessere di Esther lo vedo come un segnale di vuoti irrisolti, carenze affettive, mancanza di empatia da parte di chi la circonda, che, magari senza volerlo, le chiede di essere troppo, le chiede indirettamente di uniformarsi a schemi comportamentali in cui questa ragazza non si riconosce, tanto che il suo corpo comincia a ribellarsi, dopo essersi a lungo piegato alle aspettative altrui. Il romanzo lascia una speranza finale e, pensando a come sono andate le cose nella realtà, viene voglia di fermare il tempo all’ultima pagina, chiudere il libro ed illudersi che Sylvia sia ancora lì, sulla soglia tra il passato ed un nuovo presente da vivere.

Tanny: La lettura mi è piaciuta ma sinceramente non mi ha entusiasmato, il tema è stato trattato in modo diretto e con semplicità nonostante la psiche umana sia un argomento molto delicato e profondo, questo secondo me è uno dei punti di forza di questo romanzo, ne riconosco la forza narrativa che lo ha portato al successo cosa che a mio avviso non è dovuto soltanto al fatto che sia una sorta di autobiografia e che la tragica fine dell'autrice abbia contribuito a renderla indelebile; il fatto che non mi ha fatto apprezzare a pieno questo romanzo è una questione strettamente personale, solitamente quando leggo un libro cerco sempre di immedesimarmi nella storia, ma in questo caso la protagonista con me è caratterialmente agli antipodi, per questa ragione non sono riuscito ad entrare totalmente nella vicenda e l'ho letta con troppo distacco, non sono riuscito a "far mia" la storia.

Roberto89: Una lettura interessante, ma non così profonda come poteva essere. Il libro inizia direi molto bene, il tono è da subito negativo ma si fa leggere anche per questo; a un certo punto però la narrazione rallenta, diventa inspiegabilmente confusa, noiosa. E non credo siano i personaggi a mancare, ma proprio lo stile narrativo che muta e perde vigore. Poi il ritmo cambia di nuovo, ma c'è un netto contrasto tra la protagonista e ciò che viene narrato: da ciò che leggi diresti che Esther si sta riprendendo, che piano piano fa progressi e diviene via via più pronta per ritornare in società; dalla protagonista però ti accorgi che nulla è cambiato, lei è sempre la stessa ragazza sotto la stessa campana, pronta a togliersi la vita al prossimo evento negativo (e il ritorno in società direi che ne porterà parecchi, incluso il giudizio delle persone). Lei crede di essere uscita da sotto la campana solo perché è ciò che gli altri sostengono e vogliono, ma non lo sente davvero, almeno questa è la mia impressione. In breve, il libro secondo me ha una potenzialità inespressa. Forse per motivi editoriali Sylvia ha cambiato il finale e/o alcuni elementi interni, perché sembrano estranei alla protagonista, appiccicati quasi per forza. O forse sono io che non riesco a leggere nella storia ciò che lei voleva trasmettere. Comunque, il fatto che lei si sia tolta la vita poco tempo dopo la pubblicazione del libro ce lo fa inevitabilmente vedere sotto un'altra luce.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Anche io ringrazio tutti voi per il raro privilegio di questa lettura condivisa :HIPP
 
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