Murakami, Haruki - Kafka sulla spiaggia

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Ho poco da aggiungere.

Vorrei scrivere dell'episodio della mattanza dei gatti, visto che nessuno l’ha fatto nello specifico.

(Non so.. sto SPOILERANDO?? Non ho capito bene quando bisogna avvertire dello spoiler…comunque sappiate che sto per raccontare un episodio del libro…:D)

Un uomo, che si saprà più tardi essere il padre di Kafka, è un pervertito che si diverte a torturare gatti. E, nell’episodio specifico, lo farà di fronte a Nakata, il povero vecchietto del quale avete già parlato.

In questa scena ho scoperto un significato che ho indossato su di me come una specie di brutto vestito: c’è tutto per leggere, in una mente fragile come la mia, la totale mancanza di senso della vita.

Ognuno in letteratura vede quel che vuole: io ho visto un dio che fa cose che non sono né razionali né irrazionali (sono semplicemente frutto del caso, tant’è che nemmeno lui sa spiegare i motivi del suo comportamento). E nemmeno le povere vittime sanno perchè devono soffrire e morire.

Immagino questo signore mangiare mele o pescare nella vasca da bagno. O accarezzare quegli stessi gatti che, qui, invece, tortura in modo orribile.

Nessuno si capisce: Nakata non capisce sé stesso e intende le parole (che non sono parole) solo di alcuni gatti, ignorando totalmente i versi di altri, Kafka non capisce suo padre, i gatti non capiscono cosa gli stia capitando e il padre di Kafka, il mio personalissimo dio, fa cose prive di senso (e vuole essere fermato).

C’è una totale mancanza di comunicazione e ognuno agisce per salvare sé stesso.

(Lettura piuttosto pessimistica, ammetto…ci metto un balletto per sdrammatizzare un attimo...:YY)

Per me libro bellissimo, votato 5. Se Murakami avesse vinto il Nobel ne sarei stato felice.

(e parliamoci per favore, vorrei annegare dicendo qualcosa a qualcuno).
 

Grantenca

Well-known member
L'ho letto un paio di anni fa e ho espresso il mio giudizio che, anche a distanza di tempo, mi sembra abbastanza obbiettivo. C'è però una fatto. Il tempo è un giudice imparziale e, contrariamente a quanto mi è successo per altri testi, i personaggi di questo libro di Murakami sono ancora, nitidamente, stampati nella mia memoria. Ritengo che il fatto sia molto importante, anche se magari si tratta solo di sensazioni personali, per dare un giudizio sul libro. Alla fine anch'io, come il buon Zingaro, speravo che a questo giapponese venisse assegnato il premio Nobel.
 

Jessamine

Well-known member
Non sono nuova alla lettura di Murakami ho letto un discreto numero di sue opere, ma devo dire che ultimamente non sto più ricavando molte soddisfazioni da questo autore.
Certo, premetto che, a mio parere, Murakami con la penna ci sa fare, eccome. Sa scrivere molto bene, ha una prosa scorrevole ma mai scontata, e soprattutto è capace di conquistare il lettore, di incantarlo, ammaliarlo e trascinarlo con sé per tutta la durata della lettura. E questo, a mio parere, è un merito grandissimo. Tuttavia, se dal punto di vista stilistico non sono rimasta delusa dal buon giapponese nemmeno questa volta, i contenuti mi hanno convinta davvero poco. D'accordo, io non sono una grandissima amante di opere oniriche e surreali, quindi il problema forse sta un po' da entrambe le parti, però mi ritrovo di nuovo a fare la stessa riflessione che già avevo fatto al termine dell'ultimo suo libro che ho letto, "La ragazza dello Sputnik": per quanto si può andare avanti a scrivere libri dove le situazioni si inseguono, i personaggi si somigliano (mondi più o meno paralleli, distorsioni della realtà, confusione su cosa sia onirico e cosa no, ragazzini problematici, personaggi suggestivi, una fissazione per il sesso morbosa), risolvendo il tutto con elementi surreali che libro dopo libro diventano del tutto prevedibili? Non lo so. Io francamente inizio a trovarlo vagamente noioso, e il fatto che questo romanzo presentasse elementi particolarmente assurdi (va bene parlare con i gatti, van bene pietre che aprono passaggi per strane dimensioni, va bene tutto, ma la pioggia di sardine proprio no) mi è sembrato accentuare ancora di più quest'aspetto, quasi Murakami fosse alla disperata ricerca del prossimo colpo di scena sorprendente. Ma non può essere tutto sempre sopra le righe, perché altrimenti si rischia di perdere la credibilità.
Questo romanzo racconta, con capitoli alternati, la storia di uno strano vecchino che, in seguito ad un curioso incidente avuto da bambino (incidente a cui inizialmente si dà molta importanza, al punto da portare testimonianze di medici e militari, ma di cui alla fine Murakami sembra dimenticarsi completamente) ha perso le capacità intellettive, guadagnandoci però la possibilità di parlare con i gatti, che un giorno si imbarca in uno strano viaggio in compagnia di un camionista appena conosciuto. In parallelo, abbiamo la fuga da casa del quindicenne Tamura Kafka, che fugge da una casa priva di affetti e da una profezia (o una maledizione?) edipica.
Ovviamente le strade dei due, seppur indirettamente, finiscono per incrociarsi, in mezzo ad un tripudio di citazioni cultuali, personaggi assurdi e al contempo terribilmente piatti, eventi straordinari che non hanno alcuna logica (nemmeno nell'economia del racconto, perché alla fine nulla si chiude, nulla si spiega, nulla sembra avere un senso almeno per la struttura del romanzo).
Certamente, un romanzo che pur non convincendoti minimamente a livello di trama ti tiene incollato alle pagine qualcosa di buono (forse anche più di qualcosa) lo deve pur avere, ma temo che io e Murakami si stia iniziando a viaggiare su binari sempre più distanti. Lo trovo un bravissimo scrittore, senza dubbio, ma a livello contenutistico questa volta non mi ha lasciato proprio nulla.
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
Hurrah! Ce l'ho fatta, 10 punti in più per me! Sono riuscita a portare a termine, con soddisfazione, questa lettura cominciata un paio d'anni fa e poi interrotta. E dire che stavo per lasciar perdere anche stavolta e la causa sarebbe stata la stessa del primo tentativo: una sopraggiunta, insopprimibile noia. Però, nonostante l'abbiocco, avvertivo che in questo libro c'era qualcosa di bello, che sarebbe valsa la pena di continuare… così mi sono fatta forza ed eccomi qui… ed è stato più piacevole del previsto!
Kafka sulla spiaggia non è un libro consueto: la vicenda raccontata è assolutamente assurda e particolare, come d'altronde accade in quasi tutti i libri di narrativa giapponese. Parallelamente si sviluppano due storie, quella di Tamura Kafka – un quindicenne che scappa da casa e si ritrova nella cittadina di Takamatzu dove incontra Sakura, Oshima e la signora Saeki – e quella del vecchio Nakata – un uomo con disturbi mentali dovuti ad un misterioso incidente avvenuto durante la guerra. Due storie destinate a sovrapporsi inesorabilmente, legate a doppio filo come sono. Un viaggio, per entrambi, costellato di incontri fortuiti e fortunati: Nakata incontra tante persone che lo aiuteranno nel suo peregrinare e trova un amico sincero nel giovane camionista Hoshino; Kafka incontra il signor Oshima che lo aiuterà fraternamente nella fuga e nel difficile periodo che seguirà, e la signora Saeki con la quale nascerà un rapporto decisamente sui generis. Un libro in cui vita e morte si fondono, si corteggiano e si respingono; spazio, tempo, dimensionalità sono concetti labili e relativi; sogno, realtà, concretezza, astrattismo si mescolano in una storia da non comprendere, ma da gustare come viene, così come ce la racconta Murakami. E a forza di star dietro a gatti, pietre e strane apparizioni, si arriverà a fine lettura con un senso di nostalgia per coloro che ci hanno accompagnato fino alla fine del racconto. Non so se questo sia il migliore dei romanzi di Murakami: non è quello che mi è piaciuto di più, però è un libro denso di concetti filosofici e di insegnamenti di vita, perciò merita davvero di essere letto, anche più volte per gustarne al meglio il fondo. Consigliato… nonostante la falsa partenza.
 

isola74

Lonely member
E' stata una lettura a fasi alterne: è iniziata benissimo, la prima parte mi ha interessato molto, e l'ho trovata piena di spunti di riflessione. Ad un certo punto, però, come mi succede sempre con la letteratura giapponese, qualcosa si è interrotto e sono stata trascinata in un libro totalmente diverso, sempre più visionario e surreale, fino alla fine . Credo che questo aspetto, seppur presente in maniera latente sin dall'inizio (è ovvio che la maggior parte degli eventi siano a dir poco strani) sia portato troppo all'esasperazione, almeno per i miei gusti.
Non credo che darò altre occasioni a Murakami, almeno per un po', il mio preferito resta A sud del confine a ovest del sole.
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
E' stata una lettura a fasi alterne: è iniziata benissimo, la prima parte mi ha interessato molto, e l'ho trovata piena di spunti di riflessione. Ad un certo punto, però, come mi succede sempre con la letteratura giapponese, qualcosa si è interrotto e sono stata trascinata in un libro totalmente diverso, sempre più visionario e surreale, fino alla fine . Credo che questo aspetto, seppur presente in maniera latente sin dall'inizio (è ovvio che la maggior parte degli eventi siano a dir poco strani) sia portato troppo all'esasperazione, almeno per i miei gusti.
Non credo che darò altre occasioni a Murakami, almeno per un po', il mio preferito resta A sud del confine a ovest del sole.
Isola hai mai letto autori giapponesi meno "visionari"? Io amo la letteratura giapponese ma sinceramente Murakami non mi piace proprio!
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Forse la letteratura giapponese non è fatta per me o io non sono fatta per lei ....non mi piace nemmeno Banana yoshimoto che piace a tutti🤦🏻‍♀️
La Yoshimoto? Per carità! Posso darti un consiglio prima di rinunciare? Perché n,in leggi un autore classico, come Kawabata o Mishima o Tanizaki? Con tutto rispetto non c'è nemmeno paragone!
 
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