XCI GdL - I promessi sposi di A. Manzoni

alessandra

Lunatic Mod
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Lo so che ormai i nostri Promessi stanno festeggiando le nozze d'argento, ma eccomi qui :mrgreen:
Allora, non voglio ripetere (ma lo sto facendo) i commenti sulla grandezza del romanzo. Sia per quanto riguarda la perfetta fotografia del momento storico-politico e sociale del luogo e del momento, sia per l'universalità dei temi trattati e per l'approfondita ed efficace caratterizzazione dei personaggi. Renzo e Lucia, i meno significativi, subiscono comunque un'evoluzione, in particolare Renzo che, durante un percorso irto di difficoltà sia in senso metaforico che letterale, da ragazzo impulsivo e "testa calda" diventa uomo ragionevole. Lucia, trovandosi tra le grinfie dell'Innominato o, comunque, tra quelle che ritiene tali, mostra una determinazione inaspettata. A suo modo, continua a dimostrarla con l'attaccamento a quello che oggi verrebbe ritenuto dai più (e, probabilmente, anche allora, forse dalla sua stessa madre) un voto assurdo. Il Manzoni rispetta la fede di Lucia, ma i personaggi che realmente incarnano il suo modo di concepire la religione secondo me sono Fra Cristoforo e il cardinal Federigo, i quali hanno assunto i reali principi fondanti del cristianesimo come guida per la vita. L'autore si fa beffe, invece, delle superstizioni ma anche di un certo modo di concepire la fede e la religione: non manca la figura, efficacissima, del religioso - Don Abbondio - che agisce, o meglio non-agisce, in base a principi egoistici che poco hanno a che vedere con quelli cristiani; non manca la rappresentazione di quella parte dell'umanità - la famiglia della monaca di Monza e soprattutto il padre - che vede nel convento una sistemazione o, peggio, la possibilità di un ruolo di potere, giungendo a rovinare la vita della propria figlia. Insomma, il Manzoni è un uomo di fede ma non un bigotto: le storture le vede, eccome.
Anche i personaggi apparentemente minori o comunque meno presenti, come Perpetua, restano comunque indimenticabili.
La parte della conversione dell'Innominato, seppur troppo veloce, è una delle cose più belle che abbia mai letto.
Invece mi ha lasciato un po' perplessa il finale, un po' sbrigativo e troppo "romanzato"; non mi aspettavo un assestamento così frettoloso della situazione, dopo la tragedia della peste.
In ogni caso, resta un grande capolavoro e un libro da leggere anche nelle scuole, ma non nei primi anni delle superiori.
 
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