Stavolta ho voluto proporre qualcosa di diverso in quanto questo brano non è una canzone ma una poesia musicata.
E' un brano contenuto all'interno dell'album Fleurs (1999) e lo amo molto, mi piace la musica, credo ci siano strumenti medievali.
Mi piace anche la storia che c'è dietro questa poesia.
Posto il testo intero di questa poesia, la sua parafrasi e la spiegazione generale sperando sia cosa gradita (scusate se occupo tantissimo spazio).
Franco Battiato riprese in questa sua canzone le prime quattro strofe di una poesia di Bondie Dietaiuti, poeta del tredicesimo secolo, questa canzone per me è musicata divinamente, anche se non conosco il nome degli strumenti (mi sembrano archi), dietro il testo si nasconde una corrispondenza d’amorosi sensi, non a lieto fine.
Questa poesia è la risposta "per le rime" a una poesia d'amore di Brunetto Latini, "S'eo son distretto jnamoratamente".
La poesia del Latini esprime un amore piuttosto veemente, mentre la risposta di Bondie (che pur essendo colto al punto da poter scrivere poesie, non doveva essere un personaggio potente, visto che porta un tipico nome e cognome da trovatello: "Buongiorno, Che Dio t'aiuti") prende prudentemente le distanze.
Latini parla d'amore, Dietaiuti ostenta deferenza, rispetto, riconoscenza... e senso delle distanze.
La sua situazione è precaria ("i tempi gli hanno fatto danno" e lui è "caduto in una grave colpa") e a quanto pare non può rifiutare l'amicizia di Latini, ma non pare condividerne il trasporto amoroso e cerca, per quanto può, di spegnere le fiammate amatorie ostentando di credere che il Latini provi per lui "un grande amor" (nonostante sappia che non è né sapiente né potente né nobile) per pura benevolenza altruistica e cortesia.
Forse Dietaiuti si sente non degno di ricambiare i sentimenti del Latini o forse semplicemente non lo ricambia, storia triste quando i sentimenti non sono corrisposti.
Amor, quando mi membra
li temporal' che vanno,
che m'han tenuto danno,
già non è maraviglia s'io sconforto,
però c'alor mi sembra
ciascuna gioia affanno,
e lealtate inganno,
e ciascuna ragion mi pare torto.
E paremi vedere
fera dismisuranza,
chi buono uso e leanza
voglia a l[o] mondo già mai mantenere,
poi che 'n gran soperchianza
torna per me piacere,
e 'n gran follia savere,
per ch'io son stato, lasso, in grande er[r]anza.
.
Ma lo 'ncarnato amore
di voi che m'ha distretto,
fidato amico aletto,
mi sforza ch'io mi deg[g]ia rallegrare.
Dunqua mi trae d'er[r]ore,
ché 'l tuo valor perfetto
mi dà tanto diletto,
che contro a voglia aducemi a cantare.
Però m'ha confortato
e sto di bona voglia
.................. [-oglia].
de lo noioso tempo intrebescato;
ma par che 'n gioi' s'acoglia
l'affanno c'ho portato,
guardando al tuo trovato,
amico, che d'er[r]anza mi dispoglia.
.
Ma par ca per usag[g]io
avenga spessamente
c'omo ch'è canoscente,
per molto senno ch'ag[g]ia e cortesia,
ch'ello pregia non sag[g]io:
così similemente
m'ave[n] di te, valente,
discreto e sag[g]io e nobil tut[t]avia,
ca più ch'io non son degno
e non ho meritato
sono da te pregiato,
onde di grande amor m'ha' fatto segno.
E como se' 'nsegnato,
dotto e di ric[c]o ingegno!
Per ch'io allegro mi tegno,
veg[g]endo te di gran savere ornato.
.
La salamandra ho 'nteso,
agendo vita in fuoco,
che fora viva poco
se si partisse da la sua natura;
del pesce sono apreso
che 'n agua ha vita e gioco,
e, se parte di loco,
ag[g]io visto c'ha vita pic[c]iol' ora.
Ed ogne altro alimento
notrica un animale,
ciò ho 'nteso, lo quale,
se se'n parte, che viene a finimento:
così tanto mi vale
lo tuo inamoramento,
che mi dà alegramento,
e sanz'esso dubierei aver male.
Canzon, va' immantenente
a quelli che 'n disparte
dimora in altra parte,
ed èmi ciascun giorno prosimano;
ed imprimieramente
salutal da mia parte,
poi digli che non parte
lo meo core da lui, poi sia lontano;
digli che 'n pensagione
mi tiene e 'n alegranza,
tanto mi dà baldanza,
lo meo core ch'e stato ['n] sua magione,
ca vi fe' adimoranza
per certo in istagione:
dunqua ben fa ragione,
poi ch'è suo propio, se 'l guarda ed avanza.
Amore, quando ricordo
i tempi che corrono
che mi han fatto danno
non è strano se mi scoraggio
perché allora mi sembra
che ogni gioia sia affanno,
e lealtà sia inganno,
ed ogni ragione un torto.
E mi pare di vedere
crudele eccesso <verso>
chi i buoni costumi e lealtà
volesse conservare al mondo,
poiché si trasforma in grave eccesso
per me il piacere,
e in gran follia il sapere,
dato ch'io son caduto, oimè, in una grave colpa.
.
Ma l'amore incarnato
di voi, che mi ha avvinto,
fidato ed eletto amico,
mi obbliga a rallegrarmi.
Dunque mi fa uscire dall'errore
perché il tuo valore perfetto
mi dà tanto diletto
che contro il mio volere mi spinge a cantare.
Perciò mi ha confortato
ed ora sono felice
.......................... -oglia.
infastidito dal periodo disgustoso,
ma mi pare che si rifugi nella gioia
l'affanno che ho provato,
guardando la tua poesia,
amico, che mi spoglia dall'incertezza.
.
Ma pare che di consueto
avvenga spesso
che un uomo sapiente,
per gran saggezza e cortesia
apprezzi un non sapiente:
così, similmente,
mi accade con te, valente,
discreto e saggio, ed anche nobile,
dato che più di quanto io sia degno
ed abbia meritato
sono da te stimato,
per cui son fatto segno d'un grande amore.
E come sei cortese,
e dotto, di ricco ingegno!
Per questo io sono felice,
vedendoti ornato da grande sapienza.
.
Ho sentito dire che la salamandra,
vivendo nel fuoco,
viva poco al di fuori di esso
se agisce contro la sua natura;
del pesce ho imparato
che in acqua ha vita e sollazzo
e, se esce da lì,
ho visto che gli resta pochissima vita.
E qualunque sia l'alimento
che nutre un animale
ho appreso, che se esso
ne fa a meno, arriva alla fine;
altrettanto giova a me
il tuo innamoramento,
che mi fa rallegrare
e senza esso temo finirei male.
Canzone, vai subito
da colui che lontano
vive in un altro luogo,
ma mi è vicino ogni giorno,
e per prima cosa
salutalo da parte mia,
e poi digli che non si separa
il mio cuore da lui, anche s'è lontano;
digli che penso a lui
e mi mantengo lieto,
tanto mi dà coraggio
il mio cuore, che è stato a dimora da lui,
e vi ha abitato
certo al momento opportuno:
dunque fa bene,
dato che è il suo, se lo custodisce e pregia.