Pirandello, Luigi - Uno, nessuno e centomila

shvets olga

Member
Non riesco a finirlo (onestamente,ho provato farlo).Il libro (almeno la meta che ho letto) l'ho trovo banale e noioso.Quanti anni ha Moscarda? 40!!!
Mi sembra che qualunque adolescente gia porre la simile questione e fino a 40 anni gia dovrebbe trovare la risposta e chiarezza.
:)
 

mariangela rossi

New member
Non riesco a finirlo (onestamente,ho provato farlo).Il libro (almeno la meta che ho letto) l'ho trovo banale e noioso.Quanti anni ha Moscarda? 40!!!
Mi sembra che qualunque adolescente gia porre la simile questione e fino a 40 anni gia dovrebbe trovare la risposta e chiarezza.
:)

puoi spiegare meglio?
 

shvets olga

Member
Mi permetto inserire alcuni citazioni dal libro che per me sono banali :)

"Avrei potuto, è vero, consolarmi con la riflessione che, alla fin fine, era ovvio e comune il mio caso, il quale provava ancora una volta un fatto risaputissimo, cioè che notiamo facilmente i difetti altrui e non ci accorgiamo dei nostri. Ma il primo germe del male aveva cominciato a metter radice nel mio spirito e non potei consolarmi con questa riflessione.

Ripeto, credevo ancora che fosse uno solo questo estraneo: uno solo per tutti, come uno solo credevo d'esser io per me. Ma presto l'atroce mio dramma si complicò: con la scoperta dei centomila Moscarda ch'io ero non solo per gli altri ma anche per me, tutti con questo solo nome di Moscarda, brutto fino alla crudeltà, tutti dentro questo mio povero corpo ch’era uno anch'esso, uno e nessuno ahimè, se me lo mettevo davanti allo specchio e me lo guardavo fisso e immobile negli occhi, abolendo in esso ogni sentimento e ogni volontà.

L'idea che gli altri vedevano in me uno che non ero io quale mi conoscevo; uno che essi soltanto potevano conoscere guardandomi da fuori con occhi che non erano i miei e che mi davano un aspetto destinato a restarmi sempre estraneo, pur essendo in me, pur essendo il mio per loro (un "mio" dunque che non era per me!); una vita nella quale, pur essendo la mia per loro, io non potevo penetrare, quest'idea non mi diede piú requie.

Egli poteva esser veduto, non vedermi. Era per me quel che io ero per gli altri, che potevo esser veduto e non vedermi. Aprendo gli occhi però, lo avrei veduto cosí come un altro?
«È diverso ora il mio caso, o è lo stesso? Finché tengo gli occhi chiusi, siamo due: io qua e lui nello specchio. Debbo impedire che, aprendo gli occhi, egli diventi me e io lui. Io debbo vederlo e non essere veduto. È possibile? Subito com'io lo vedrò, egli mi vedrà, e ci riconosceremo. Ma grazie tante! Io non voglio riconoscermi; io voglio conoscere lui fuori di me. È possibile? Il mio sforzo supremo deve consistere in questo: di non vedermi in me, ma d'essere veduto da me, con gli occhi miei stessi ma come se fossi un altro: quell'altro che tutti vedono e io no. Su, dunque, calma, arresto d'ogni vita e attenzione!

Riflessioni:

1a - che io non ero per gli altri quel che finora avevo creduto di essere per me;

2a - che non potevo vedermi vivere;

3a - che non potendo vedermi vivere, restavo estraneo a me stesso, cioè uno che gli altri potevano vedere e conoscere; ciascuno a suo modo; e io no;


4a - che era impossibile pormi davanti questo estraneo per vederlo e conoscerlo; io potevo vedermi, non già vederlo;

5a - che il mio corpo, se io considerato da fuori, era per me come un’apparizione di sogno, una cosa che non sapeva di vivere e che restava lí, in attesa che qualcuno se la prendesse;

6a - che, come me lo prendevo io, questo mio corpo, per essere a volta a volta quale mi volevo e mi sentivo, cosí se lo poteva prendere qualunque altro per dargli una realtà a modo suo;

7a - che infine quel corpo per se stesso era tanto niente e tanto nessuno, che un filo d'aria poteva farlo starnutire, oggi, e domani portarselo via.

Conclusioni:

Queste due per il momento:

1a - che cominciai finalmente a capire perché Dida mia moglie mi chiamava Gengè;

2a - che mi proposi di scoprire chi ero io almeno per quelli che mi stavano piú vicini, cosí detti conoscenti, e di spassarmi a scomporre dispettosamente quell'io che ero per loro.
Mi si può opporre:

«Ma come mai non ti venne in mente, povero Moscarda, che a tutti gli altri avveniva come a te, di non vedersi vivere; e che se tu non eri per gli altri quale finora t'eri creduto, allo stesso modo gli altri potevano non essere quali tu li vedevi?»

Rispondo:

Mi venne in mente. Ma scusate, è proprio vero che sia venuto in mente anche a voi?
Insomma, se qualche volta appena appena avvertite di non essere per gli altri quello stesso che per voi; che fate? (Siate sinceri). Nulla fate, o ben poco. Ritenete al piú al piú, con bella e intera sicurezza di voi stessi, che gli altri vi hanno mal compreso, mal giudicato; e basta. Se vi preme, cercherete magari di raddrizzare quel giudizio, dando schiarimenti, spiegazioni; se non vi preme, lascerete correre, scrollerete le spalle esclamando: "Oh infine, ho la mia coscienza e mi basta."

M'ero creduto finora un uomo nella vita. Un uomo, cosí, e basta. Nella vita. Come se in tutto mi fossi fatto da me. Ma come quel corpo non me l'ero fatto io, come non me l'ero dato io quel nome, e nella vita ero stato messo da altri senza mia volontà; cosí, senza mia volontà, tant'altre cose m'erano venute sopra dentro intorno, da altri; tant'altre cose m'erano state fatte, date da altri, a cui effettivamente io non avevo mai pensato, mai dato immagine, l'immagine strana, nemica, con cui mi s’avventavano adesso.
Fu un attimo, ma l'eternità. Vi sentii dentro tutto lo sgomento delle necessità cieche, delle cose che non si possono mutare: la prigione del tempo; il nascere ora, e non prima e non poi; il nome e il corpo che ci è dato; la catena delle cause; il seme gettato da quell'uomo: mio padre senza volerlo; il mio venire al mondo, da quel seme; involontario frutto di quell'uomo; legato a quel ramo; espresso da quelle radici.
"
 

Masetto

New member
l'uomo del XX è vittima di un sistema sociale disgregato, i valori in cui credere non esistono, vuoto e solitudine lo circondano, si affida solo a strumenti tecnologici che non fanno altro che aumentare il senso del nulla che lo circonda.
Vero, ma tutto ciò non avviene perché uno non sa come appare agli occhi degli altri o perché non sa come apparirà domani ai suoi stessi occhi, che sono le cose sulle quali Pirandello si sofferma di più. A te personalmente, sono fonte di angoscia queste due cose? Non ti sembra invece che il vuoto e la solitudine ci vengano piuttosto dal non saper più dare un senso alla nostra vita?
O magari non glielo sappiamo più dare proprio perchè non sappiamo più chi siamo? Direi di no; mai nella storia l'uomo è giunto a conoscersi del tutto eppure ha ugualmente elaborato fior di filosofie e religioni ed anche oggi il non vedere fino in fondo a noi stessi non è sufficiente a dimostrare inconfutabilmente falsi tutti questi "sistemi".
O, più radicalmente ancora, Pirandello vuol dire che niente è sicuro? Se è così, non mi pare che sia riuscito a dimostrarcelo oltre ogni ragionevole dubbio...



La vita è filosofia, ogni giorno quando pensiamo, agiamo, applichiamo la nostra filosofia e scegliamo di vivere a seconda del pensiero che ci guida, così fa Moscarda, esasperando la concezione relativistica dell'autore, portando agli estremi il pensiero contemporaneo, dimostrando l'assurdo del vivere, la disgregazione di valori che erano le fondamenta dell'epoca passata, ma siamo comunque in letteratura...in filosofia l'autore avrebbe creato dei postulati su cui dibattere, qui non c'è teoria ma solo smarrimento dell'essere uomo.
E l’espressione di questo “smarrimento dell’essere uomo”, su cui appunto verte il libro, non è anch’esso una filosofia, scusa? Io direi proprio di sì, appunto perché “la vita è filosofia, ogni giorno quando pensiamo, agiamo, applichiamo la nostra filosofia e scegliamo di vivere a seconda del pensiero che ci guida”. Si tratta sempre d’una “visione del mondo”, quindi, in senso lato, di una filosofia…

“Moscarda esaspera la concezione relativistica dell'autore, portando agli estremi il pensiero contemporaneo, dimostrando l'assurdo del vivere, la disgregazione di valori che erano le fondamenta dell'epoca passata”: è vero; solo che secondo me doveva fermarsi agli enunciati; la sua finale autoesclusione dal mondo non serve a niente, anzi se presa alla lettera è addirittura puerile…
 
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mariangela rossi

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Vero, ma tutto ciò non avviene perché uno non sa come appare agli occhi degli altri o perché non sa come apparirà domani ai suoi stessi occhi, che sono le cose sulle quali Pirandello si sofferma di più. A te personalmente, sono fonte di angoscia queste due cose? Non ti sembra invece che il vuoto e la solitudine ci vengano piuttosto dal non saper più dare un senso alla nostra vita?
O magari non glielo sappiamo più dare proprio perchè non sappiamo più chi siamo? Direi di no; mai nella storia l'uomo è giunto a conoscersi del tutto eppure ha ugualmente elaborato fior di filosofie e religioni ed anche oggi il non vedere fino in fondo a noi stessi non è sufficiente a dimostrare inconfutabilmente falsi tutti questi "sistemi".
O, più radicalmente ancora, Pirandello vuol dire che niente è sicuro? Se è così, non mi pare che sia riuscito a dimostrarcelo oltre ogni ragionevole dubbio...




E l’espressione di questo “smarrimento dell’essere uomo”, su cui appunto verte il libro, non è anch’esso una filosofia, scusa? Io direi proprio di sì, appunto perché “la vita è filosofia, ogni giorno quando pensiamo, agiamo, applichiamo la nostra filosofia e scegliamo di vivere a seconda del pensiero che ci guida”. Si tratta sempre d’una “visione del mondo”, quindi, in senso lato, di una filosofia…

“Moscarda esaspera la concezione relativistica dell'autore, portando agli estremi il pensiero contemporaneo, dimostrando l'assurdo del vivere, la disgregazione di valori che erano le fondamenta dell'epoca passata”: è vero; solo che secondo me doveva fermarsi agli enunciati; la sua finale autoesclusione dal mondo non serve a niente, anzi se presa alla lettera è addirittura puerile…

Bè direi che ogni pensiero che guida la vita dell'uomo può essere considerato in senso lato filosofia, di certo per Filosofia si intende un sistema logico di pensiero che arriva a trarre delle conclusioni, giuste o sbagliate che siano... Kant con le sue analisi è un filosofo, non lo è Pirandello che si limita ad esternare un malessere dell'io disgregato e annullato in una società borghese e agiata, in un romanzo che si chiude con la non accettazione del diverso, di chi va contro le regole sociali e, pertanto, viene considerato pazzo!
Più che di un atto conclusivo filosofico, penserei ad una conclusione politica...se non stai alle regole di questa società di facciata, di maschere irreali, sei fuori dal gioco, sei il diverso che deve essere allontanato con la forza! Pensaci... non è poi tanto puerile come finale!
 

Masetto

New member
direi che ogni pensiero che guida la vita dell'uomo può essere considerato in senso lato filosofia, di certo per Filosofia si intende un sistema logico di pensiero che arriva a trarre delle conclusioni
D’accordo ;) . Diciamo che io intendevo la parola nel senso più ampio :)



Più che di un atto conclusivo filosofico, penserei ad una conclusione politica...se non stai alle regole di questa società di facciata, di maschere irreali, sei fuori dal gioco, sei il diverso che deve essere allontanato con la forza! Pensaci... non è poi tanto puerile come finale!
Insomma sarebbe una conclusione solo simbolica. Può essere, solo che queste cose Pirandello le aveva già dette più volte. Per esempio Il berretto a sonagli finisce con un personaggio costretto a rinchiudersi in manicomio appunto perché non accetta le “maschere”. Io mi aspettavo qualcosa di più da un libro che nelle intenzioni di Pirandello voleva essere la “summa” del suo pensiero :boh:
 

mariangela rossi

New member
D’accordo ;) . Diciamo che io intendevo la parola nel senso più ampio :)




Insomma sarebbe una conclusione solo simbolica. Può essere, solo che queste cose Pirandello le aveva già dette più volte. Per esempio Il berretto a sonagli finisce con un personaggio costretto a rinchiudersi in manicomio appunto perché non accetta le “maschere”. Io mi aspettavo qualcosa di più da un libro che nelle intenzioni di Pirandello voleva essere la “summa” del suo pensiero :boh:
Condivido con te.... lo stesso tema è svolto più volte e proprio perchè l'autore non sa trovare una soluzione razionale e filosofica, il personaggio preferisce impazzire e staccarsi da un mondo a lui alieno :wink:
 

~ Briseide

Victorian Lady
Questo è un libro molto particolare, riflessivo e lento, che può essere interpretato e vissuto in maniera assolutamente soggettiva. Soggettiva non solo per la nostra diversità, ma anche in relazione a momenti diversi nella nostra vita, tanto graffiano nel profondo le digressioni di Pirandello. Difficle dunque commentarlo senza lasciarsi influenzare dal modo in cui si specchiano quelle righe col nostro vissuto: viene toccato un tema estremamente delicato e profondo, quale è la propria identità. Pirandello riesce a trasmettere benissimo le sue considerazioni, utilizzando al solito l'arma dell'ironia che denuda con grande abilità la drammaticità della complessa inconoscibilità del nostro io, drammatica al punto da far quasi male, se ci si mette in totale sintonia con l'autore. Se il nostro animo insomma, è predisposto a lasciarsi travolgere da quei pensieri, tristi quanto veritieri.
Il modo in cui è scritto rispecchia il flusso di coscienza ed il vuoto della solitudine che riecheggia nel protagonista; tuttavia in alcuni punti l'ho trovato un po' inutilmente prolisso. Si è battuto il chiodo troppo su concetti già brillantemente esposti, facendo perdere di ritmicità al libro, ragion per cui ho preferito il Pirandello de 'Il fu Mattia Pascal', caratterizzato comunque da lentezza nello scorrere, ma mai da monotonia. Questa solo è la ragione del mancato punteggio pieno; dunque 4/5.
 

risus

New member
La prima metà del libro si avvicina più ad un saggio filosofico, la seconda più ad un romanzo... quindi un'opera forse non immediata e che può risultare di difficile approccio...
Le prime pagine vanno senz'altro lette con un pizzico di attenzione in più e forse con lentezza, vanno assaporate perchè ci si accorga di quanto sono sublimi e di quanti spunti di riflessione regalano... spunti che oggi si possono anche considerare banali, scontati ma solo perchè c'è stato qualcuno che più di ottanta anni fa ci ha illuminato certi meandri dell'animo umano e ci ha invitato discretamente a riflettere su dubbi che da sempre ci portiamo dentro...
e poi il modo pirandelliano di fare filosofia è delizioso, pieno di ironia (anche amara), coinvolge e ci fa sentire tutt'uno con i protagonisti dei suoi scritti, tutt'uno con Mattia Pascal come con Vitangelo Moscarda... una filosofia arguta, che va riletta una volta in più ma che poi non si può che condividere perchè ci si ritrova sempre, ci si rispecchia...
Mi piacerebbe riportare molti passaggi del libro che mi hanno colpito ma sarebbero davvero tanti e probabilmente buttati così non renderebbero nemmeno granchè... non vi resta che leggerlo, tra l'altro è breve e per niente pesante (nonostante la filosofia che potrebbe risultare un boccone indigesto per alcuni:mrgreen: )... e poi lo dovete proprio conoscere questo Vitangelo Moscarda!!!!... e Gengè, e l'usurajo...
:mrgreen::mrgreen::mrgreen:
 

pigreco

Mathematician Member
Gran bel romanzo: l'ho letto a molti anni di distanza rispetto a "Il fu Mattia Pascal" e faccio quindi fatica a fare un qualsiasi tipo di raffronto. Da quel che posso ricordare "Il fu Mattia Pascal" è più "romanzo", la trama e le vicende del protagonista la fanno da padrone. In questo libro invece azione e avvenimenti si alternano a pagine di riflessione e di pensiero. Lo trovo un testo di grande profondità e senza tempo, un picco elevatissimo della storia della nostra letteratura. Non si può dire che tutte le parti scorrano allo stesso modo, talvolta la lettura non è propriamente immediata e scorrevole. Credo però che ogni lettore che si rispetti (non solo italiano) debba passare in una qualche fase della sua vita da questo romanzo.
 

Nerst

enjoy member
Che dire, lettura immancabile.
Il romanzo sfrutta un episodio anche un pò umoristico per poi diventare un trattato filosofico sull' essere, anzi sui diversi esseri che siamo agli occhi degli altri. Mi ha fatto pensare che più persone possono descriverci in modi diversi a seconda di come appariamo ai loro occhi, dipende dalle circostanze in cui siamo immersi. Ma se è vero, allora abbiamo più identità e cambiamo sempre.
Il messaggio del libro che ho colto è proprio questo, siamo in un mutare ed un divenire continui. Straordinario l' epilogo: solo la vita ci permette di cambiare, la morte al contrario è statica e il nostro nome è morte. Dobbiamo morire ogni giorno per rinascere.
Bellissimo. Ha ancora molto da dirmi la lettura terminata.
 
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mb70

New member
uno nessuno centomila

rileggo ora dopo vent'anni, mi è sembrato un messaggio attuale e moderno anche oggi, per me in estrema sintesi significa che non esiste "una" realtà ma infinite e tutte dello stesso rango. In linea con i nostri tempi.
 

Reid

Member
Anch'io l'ho appena finito pochi giorni fa, se devo essere sincero, nonostante mia sia piaciuto enormemente il suo significato morale, a tratti lo trovato pesantuccio.
 

MadLuke

New member
Per Mariangela e Masetto: a me sembra evidente che vi siate persi un consistente pezzo del pensiero di Pirandello, a dispetto del fiume di parole in cui vi siete entrambi profusi. E dire che l'autore l'ha scritto chiaramente, non c'era proprio nulla da "interpretare":

<<Ebbene, da quella risata mi sentii ferire all’improvviso come non mi sarei mai aspettato che potesse accadermi in quel momento…: ferire addentro in un punto vivo di me che non avrei saputo dire né che né dove fosse; tanto finora m’era apparso chiaro ch’io alla presenza di quei due, io come io, non ci fossi, e ci fossero invece il “Gengè” dell’una e il “caro Vitangelo” dell’altro; nei quali non potevo sentirmi vivo… Fuori d’ogni immagine di me quale mi figuravo potesse essere per gli altri; un “punto vivo” in me s’era sentito ferire così addentro, che perdetti il lume degli occhi .>>
[..]
<<Quel punto vivo che s’era sentito ferire in me… era Dio senza alcun dubbio: Dio che s’era sentito ferire in me, Dio che in me non poteva più tollerare che gli altri a Richieri mi tenessero in conto d’usuraio. .>>

Come fate a non capire? Davanti alla digregazione dei valori, ma anche del tessuto famigliare, l'unico punto fermo del protagonista, è Dio, la realtà assoluta che nessuna persona o circostanza puà negare o sopprimere... Altro che relativismo!

Ciao, Luca.
 

wolverine

New member
come non apprezzare questo autore italiano? è fantastico! apprezzo tutto ciò che lui ha scritto ed in particolare 'il fu mattia pascal' che per me è stato il primo dei suoi libri, avevo 7 anni quando ho letto per la prima volta la sua opera e da quel momento non ho più smesso.:D
 

Spilla

Well-known member
Uno dei libri che hanno cambiato la nostra percezione di noi stessi... straordinario!!! :ad:
 

DoppiaB

W I LIBRI !
Avevo iniziato a leggere questo libro qualche anno fa, ma lo abbandonai subito. Mi fece innervosire la questione del naso,di come noi ci vediamo, di come gli altri ci vedono ecc. ecc.
L'ho ripreso per la sfida senza troppa convinzione ma questa volta l'ho letto tutto. E' un libro geniale! contorto e divertente. Di certo Pirandello scrive grandi verità. Noi siamo quello che siamo perché viviamo con gli altri, ci conosciamo attraverso gli altri,senza gli altri siamo tutti e nessuno, o meglio uno, nessuno e centomila e si rischia di impazzire.

"Ma sì, è tutto qui" pensavo "in questa sopraffazione. Ciascuno vuole imporre agli altri quel mondo che ha dentro,come se fosse fuori, e che tutti debbano vederlo a suo modo, e che gli altri non possono esservi se non come li vede lui"
 

viki

New member
Sono una grande stimatrice del pensiero di Pirandello ed in particolare questa è l'opera che preferisco:ad:
 

isola74

Lonely member
Lettura profondissima, con talmente tante sfaccettature che qualcuna mi sarà sfuggita sicuramente....
Il protagonista si pone le domande che ogni uomo almeno una volta nella vita si è posto, esasperandole ed esasperandosi.
Da rileggere.
 
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