Ragazze che vogliono essere controllate: quando le vittime di amore tossico sono consenzienti

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Domando: accettare di essere una vittima, è segno di mancanza di carattere o è una cosa più complessa?
 

qweedy

Well-known member
No, non e' mancanza di carattere, secondo me, ma forse e' avere un carattere molto accondiscendente, che tende ad accontentare gli altri, a rendere felici gli altri, mancante di un po' di sano egoismo. Ma probabilmente e' anche piu' complesso di così.
 

Pathurnia

if you have to ask what jazz is you'll never know
Prima risposta delle tante possibili: si accetta di essere una vittima quando si pensa di non valere, o di valere di meno. O si dipende dal giudizio degli altri, o dall'approvazione degli altri.
Se una figlia dice che a star nuda si vergogna, e il padre le dice che non deve vergognarsi, chi ha ragione? Il padre ha ragione in teoria, perché il corpo è naturale, è bello, è libero, ma in pratica lui non sta rispettando il sentimento della ragazza. Le sta dicendo che c'è un modo giusto di sentire, mentre invece tutto quello che può fare è accogliere quello che lei sente. Rispettarlo. Magari discuterne, ma fare sempre in modo che lei sia capace di dire "Per me è così". Che lei sia sempre capace di riconoscere il proprio diritto a provare quel che prova.
(Ovviamente, ogni riferimento a persone realmente esistenti è puramente casuale) :p.
Ma soprattutto ciò che sto dicendo lo dico in spirito di amicizia e simpatia,🤗 anche rischiando di essere tacciata di essere una gran rompic****ni.
Quello che volevo dire è che se una ragazza si abitua a riconoscere il proprio valore, il proprio diritto ad essere come è, non si farà tanto facilmente imporre qualcosa.
Il carattere non è una cosa con cui si nasce, certo l'indole può essere diversa ma il carattere viene forgiato attraverso l'esperienza. Valutare o svalutare quello che una persona pensa, sente o dice sono fattori che determinano il carattere, la capacità di affermare il proprio diritto ad esistere.
E adesso smetto perché domani ho una levataccia e una giornataccia, ma ci sarebbero tante cose da discutere, fermo restando che non ho la Scienza Infusa ma solo qualche nozione, tante esperienze con i giovani con cui parlo e ahimè tanto mazzo che mi son dovuto fare per sopravvivere quando ero ragazza.. e oltre.
Se volete continuiamo. Perché c'è sempre l'immenso problema della pressione sociale del gruppo, e della forza che ci vuole per resistere.
Notte!
P.s.: mo' vi faccio ridere.
Ero una giovane laureata, e dovevano affidarmi una stanza per "fare sportello". La decisione spettava a un Professore, Direttore Galattico eccetera.
Un giorno eravamo nel suo studio io, lui e un giovane medico. A un certo punto, stupita per un contatto fisico imprevisto che avvertivo, esclamai, rivolta al Professore: "Mi scusi dottore saprebbe spiegarmi cosa ci fa la sua mano sul mio sedere?"
Il laido individuo non ebbe nemmeno la decenza di scusarsi, il giovane medico assunse un'aria scandalizzata, non per il collega ma per me che osavo comportarmi in maniera così poco compassata. 😡 Però non avevo subito, cavolo.
E adesso quando vedo le giornaliste palpate in diretta tv, che assumono l'aria imbarazzata e abbozzano, penso che nessuno glie l'ha insegnato, a reagire. Non è accondiscendenza, sono le pastoie di un falso bon ton che è stato insegnato fin da piccole, l'insegnamento di una mite passività pur di non fare scenate.
Come vorrei vedere una di quelle giornaliste mollare un sacrosanto ceffone!
Ciao. A dopo.
 
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Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Se una figlia dice che a star nuda si vergogna, e il padre le dice che non deve vergognarsi, chi ha ragione?
Immagino sia rivolto a me poichè in passato avevo parlato di questa esperienza.
Il mio pensiero è che se la vergogna fosse stata propria di mia figlia, avrei dovuto portarla dall'esorcista per capire come mai, a soli cinque anni, sentisse già il peso del peccato originale; se invece la vergogna è frutto della pressione sociale, allora devo insegnarle ad affrontare a muso duro la società, e infatti, se ricordo bene, contro il parere di mia moglie che invece è educata (e infatti nella vita ha subito) l'avevo esortata a rispondere in maniera estremamente maleducata e poi a fare quello che voleva.

Stessa storia l'altro giorno che in palestra le amiche le hanno detto che aveva le gambe pelose (a sette anni!).
- Cosa hai risposto? -
- Niente -
- Sbagliato. La prossima volta le dici Fatti i cazzi tuoi -
Mia moglie è andata su tutte le furie, ma io ho insistito.
L'educazione, innanzi tutto, non è non rispondere, ma farsi i fatti propri.
Difendersi invece, è un dovere.
Come? Parliamone dopo esserci difesi, non prima.

Ho anche un maschio, un po' più grande.
Gli ho insegnato le stesse cose, per esempio quando gli adulti gli domandavano perchè avesse una bicicletta rosa o quando a scuola veniva bullizzato perchè balbetta.
Prima siamo andati dai prof e quando abbiamo visto che sono un branco di vigliacchi bravi solo a fare discorsi, contro il parere di mia moglie, ho detto chiaramente a mio figlio come fare.
Mio figlio (che è troppo bravo) lasciò correre fino a maggio, e quando durante la lezione di musica un suo compagno si alzò per descrivergli i suoi amplessi con mia moglie, mio figlio scattò, gli diede due pugni in faccia e buttatolo a terra, lo prese a calci.
Arrivò il prof che dimostrò molta coerenza, e così come era stato vigliacco prima a non dire nulla al bullo, non disse nulla mio figlio.
Non venne più bullizzato, anzi, adesso che è in terza, difende quelli di prima e seconda.

So che il mio punto di vista è estremamente discutibile, perciò insisto e ne approfitto per collegarmi alla discussione sull'autodifesa femminile e ricordare a tutte (ma anche ai maschi), che se una vuole difendersi, deve essere disposta a fare del male; se no, se alza le mani senza fare male, se tira fuori lo spray al peperoncino e ne spruzza poco per non irritare, se tira fuori la pistola e non spara subito, finisce che ne prende il doppio di quelle che ne avrebbe prese, e visto che di Sante Marie Goretti ce ne sono già state abbastanza, in caso di estrema necessità, è meglio essere pronti a diventare cattivi, anzi, peggio degli altri.

Il carattere non è una cosa con cui si nasce, certo l'indole può essere diversa ma il carattere viene forgiato attraverso l'esperienza.
Non so se il carattere sia anche una cosa innata, però penso si forgi (appunto) superando ed elaborando la sofferenza, e a tal proposito, il supporto chiaro, netto e forte della Famiglia sia fondamentale, anche e soprattutto quello del Padre, che proprio in quanto maschio che ama e protegge, ha il dovere di insegnare a mandare a quel paese la (presunta) società patriarcale, e non a subirla.
 
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Ondine

Logopedista nei sogni
@Carcarlo
vado un attimo off topic ma vorrei sapere se nella scuola di tuo figlio c'è la figura di uno psicologo, non ho figli e non sono aggiornata sull'ambiente scuola.
Se ai miei tempi ci fosse stata la figura dello psicologo per me sarebbe stata la salvezza, spero che al giorno d'oggi questa figura sia presente.
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
@Carcarlo
vado un attimo off topic ma vorrei sapere se nella scuola di tuo figlio c'è la figura di uno psicologo, non ho figli e non sono aggiornata sull'ambiente scuola.
Se ai miei tempi ci fosse stata la figura dello psicologo per me sarebbe stata la salvezza, spero che al giorno d'oggi questa figura sia presente.
Ciao @Ondine,
scusa se ho latitato tanto nel risponderti, ma un po' che sono stato proprio preso, un po' che ci ho voluto pensare bene, un po' che si va proprio sul personale...perciò alla fine abbozzo come segue

A scuola si può far richiesta di supporto psicologico all'atto dell'iscrizione.
Cosa voglia dire, non lo so, comunque non è che uno ha un problema e ne può parlare con lo psicologo; soprattutto, non è che poi lo psicologo te lo risolve.
Che poi non capisco perchè uno dovrebbe parlare con lo psicologo che non frequenta la scuola quando ci sono professori, professori di sostegno, professori di religione, vice-preside, preside e compagnia bella: ma loro, cosa ci stanno a fare?

Comunque troverei sbagliato portare mio figlio dallo psicologo per una questione come questa.
Semmai, dallo psicologo, dovrebbero portarci i bulli e le loro famiglie.
Mi ricorda quella volta che un trans mi spiegò che lui dallo psicologo ci andava spesso, ma non per imparare a convivere con l'uomo che sentiva dentro di se, ma per riuscire a convivere con i cafoni che aveva sul lavoro, nel condominio...

Le persone sensibili e/o intelligenti dovremmo affrontare il bullismo come tante altre situazioni in cui si viene a creare un debole, facendo branco, un branco di forti, un branco più forte del branco dei bulli, un branco che rassicuri e faccia sentire forte chi merita di sentirsi tale.
Onestamente non capisco perchè i prof, con tutta la loro retorica e prosopopea siano così indifferenti; l'unica spiegazione che riesco a darmi, è che Dante non li avrebbe accettati nemmeno all'inferno.

Comunque, visto che alla fine bisogna guardare al sodo, io a mio figlio ho dato una spiegazione su come fare; mia figlia invece, siccome è femmina, sta ricevendo un'indottrinamento a proposito.

Quel che mi dispiace oltremodo, è quando, soprattutto i disabili o le ragazze, essendo ancora più esposte, sono costrette a cambiare scuola come a volte accade; io non lo accetto.
 

Pathurnia

if you have to ask what jazz is you'll never know
Ragazzi, dopo questi sviluppi della discussione non ho più dubbi, interrogativi, problemi irrisolti, salvo forse il sesso degli angeli, l'esistenza del vuoto (cfr.https://storiografia.me/2013/11/10/la-scoperta-del-vuoto/) e la musica ritmica del popolo Inca nella versione di Giovanni Pierluigi da Palestrina.


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