Su Primo Levi

Grazie Elisa.
Ecco la frase che a me è parsa molto grave.
Tutti nel nostro piccolo avremmo potuto fare qualcosa.
Ma invece di guardare gli altri, Tu che ti definisci suo amico cosa hai fatto per aiutarlo?

L'ho intesa in un'accezione negativa ed ostica.
"Invece di guardare gli altri"... Io non ho guardato e giudicato gli altri, io al contrario ho parlato di noi. La prima persona plurale indica anche il sottoscritto.Non si trattava di una critica da un piedistallo, tut'altro.
"Tu che ti definisci suo amico": questa espressione non può essere colta che negativamente. Uno non si "definisce" amico. Lo è o non lo è.
Il definirsi si intende spesso, in questi contesti, come farsi grandi...
Io non ho voluto farmi grande di niente.
Come ho detto a proposito di altro argomento, a me che uno metta in dubbio ciò che Primo ha rappresentato per me o, addirittura, che sostenga che mi "bullisca" (sic)...non fa né caldo né freddo.
Guardate che avere avuto come amico Primo non è stato come "conoscere una star"... (Da qualche parte lassù qualcuno sorriderà sotto la barba a punta).
Quando si passeggiava per Torino per "andare a sperperare in libri", rigorosamente di sabato dopo le 18,00, difficilmente capitava che qualcuno si fermasse a chiedere al signore piccolino col colbacchetto invernale: "Scusi, è lei o non è lei"?
E' capitato una volta, ed il passante era un bambino delle elementari con una madre che sembrava una virago : "Chiedi: scusi signore...ti dico chiedi...su, coraggio, chiedi e digli che classe fai"...
No, l'apoteosi era entrare in libreria...
A Torino Levi era il "Dutur", e basta.
Entravi con lui e lo osservavi diventare felice davanti alle "novità della settimana" che, con abilità mercantile, il libraio ( a Torino ogni libraio, e soprattutto ogni libraio ambulante, ha una storia) gli tendeva.
E' riduttivo definire Primo un chimico.
Certo, nel suo narrato spesso compare l'asetticità voluta, ed involuta, dell'uomo di scienze.
Ma è un angolo di riflessione.
Un porto sicuro in cui rifugiarsi.
Personalmente sono convinto che l'errore di Primo sia stato tornare ad Auschwitz con Mollica.
Quel documentario lo cambiò.
Aveva nel corso delle riprese un intervistatore molesto a fare domande moleste.
Talvolta fuori luogo.
Lo spaesamento nel piazzale del campo grande, mi ricordo di Primo con le mani nelle tasche della giacca che si guardava intorno, non lo dimenticherò mai.
Intendiamoci, Mollica non aveva idea di cosa avrebbe fatto...d'altronde Levi era già tornato ad Auschwitz una volta.
Ma la seconda fu diverso.
Ho ragione di credere terribilmente diverso.
Avevano modificato gli angoli del suo passato e smussato le pietre angolari dei suoi ricordi.
Senza dirgli nulla.
Non ho più visto questo intervistatore, io avevo 19 anni.
Ma ecco un pezzo di quel ritorno.
http://it.youtube.com/watch?v=RIDgjeaJM_I
 

Morgan@

New member
Ovviamente il mio "intervento" è di parte conoscendo, rispetto a voi tutti, "un pò di più" kafka, ma se c'è una cosa che posso assicurare, senza prevenzione o condizionamenti di sorta, è che quando parla di Primo Levi lo fa mettendosi a nudo, spogliandosi di tutti gli orpelli possibili e comprensibili.
E' sempre un racconto figlio di un'esperienza che cambia la vita.
 
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