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La città di Orano, assediata dalla peste, è metafora molteplice.
Della condizione umana, assediata dalla morte che la rende assurda.
Della polis libera che cerca senso e valore nella cultura condivisa, assediata dalla guerra e dalle ideologie totalitarie.
Della libertà e della solidarietà, assediate dalla violenza cieca delle ideologie totalitarie che sembra poterne annullare il valore salvifico.
La trama ruota intorno ad alcuni personaggi:
Il Dottor Rieux, che combatte la peste senza permettere ad altro di distrarlo dal compito, ma conservando al centro dell'attenzione, come valori preziosi per la sua lotta, tutti i propri affetti: la madre e l'amico Tarrou anzitutto.
Il giornalista Rambert, che rinuncerà a lasciare la città, perché ormai ha compreso il valore supremo della solidarietà, superiore alla libertà stessa.
L'impiegato Grand, con cui Rieux discute di arte e letteratura. Quando la peste toglie l'assedio, Grand e Rieux sono fra i pochi sopravvissuti. E proprio in quel momento Grand risolve il suo problema di stile, che fino ad allora gli aveva impedito di andare oltre l'incipit del suo romanzo (la lezione che Camus mette in bocca a Grand è tale da essere preziosa per ogni aspirante scrittore).
Padre Paneloux, che si aggrappa alla sua fede per cercare di dar senso all'assurdo, in confronto con Rieux che non vuole speranze consolatorie in un altro mondo, ma amicizia e verità.
E' fra i libri più grandi del Novecento. Fu riconosciuto subito come tale, e valse all'ancor giovane Camus il Pemio Nobel per la Letteratura.
Credo che chi non lo ha ancora letto, debba farlo. Si può non amare questo libro (anche se mi riesce difficile capire come), ma ignorarlo è come ignorare le opere di Dostoevskij, o di Kafka: senza le premesse poste da questi tre geni, non si può comprendere la condizione moderna, non si può neppure cominciare a cercare di capire chi siamo, noi contemporanei, e come siamo arrivati ad essere quello che siamo.
Della condizione umana, assediata dalla morte che la rende assurda.
Della polis libera che cerca senso e valore nella cultura condivisa, assediata dalla guerra e dalle ideologie totalitarie.
Della libertà e della solidarietà, assediate dalla violenza cieca delle ideologie totalitarie che sembra poterne annullare il valore salvifico.
La trama ruota intorno ad alcuni personaggi:
Il Dottor Rieux, che combatte la peste senza permettere ad altro di distrarlo dal compito, ma conservando al centro dell'attenzione, come valori preziosi per la sua lotta, tutti i propri affetti: la madre e l'amico Tarrou anzitutto.
Il giornalista Rambert, che rinuncerà a lasciare la città, perché ormai ha compreso il valore supremo della solidarietà, superiore alla libertà stessa.
L'impiegato Grand, con cui Rieux discute di arte e letteratura. Quando la peste toglie l'assedio, Grand e Rieux sono fra i pochi sopravvissuti. E proprio in quel momento Grand risolve il suo problema di stile, che fino ad allora gli aveva impedito di andare oltre l'incipit del suo romanzo (la lezione che Camus mette in bocca a Grand è tale da essere preziosa per ogni aspirante scrittore).
Padre Paneloux, che si aggrappa alla sua fede per cercare di dar senso all'assurdo, in confronto con Rieux che non vuole speranze consolatorie in un altro mondo, ma amicizia e verità.
E' fra i libri più grandi del Novecento. Fu riconosciuto subito come tale, e valse all'ancor giovane Camus il Pemio Nobel per la Letteratura.
Credo che chi non lo ha ancora letto, debba farlo. Si può non amare questo libro (anche se mi riesce difficile capire come), ma ignorarlo è come ignorare le opere di Dostoevskij, o di Kafka: senza le premesse poste da questi tre geni, non si può comprendere la condizione moderna, non si può neppure cominciare a cercare di capire chi siamo, noi contemporanei, e come siamo arrivati ad essere quello che siamo.