Il mondo nuovo è annoverato fra i libri fondamentali del genere distopico, e non posso che riconoscerne le motivazioni. Non mi fermerò sulla descrizione della società inventata da Huxley, cosa che è già stata fatta tante volte e anche meglio di quanto io possa fare; preferisco scrivere di una cosa che mi ha colpito: qui mi pare, ancor più che nella società descritta per esempio in 1984, d’esser davanti ad una utopia. Oltre a sembrare molto meno dura la morsa della società sul singolo*, mi sembra evidente una cosa: la felicità. L’uomo finalmente vive in condizioni dignitose e, anche i più umili, sono condizionati per gioire del proprio lavoro, del proprio status, etc…
Ne consegue, e questo diviene particolarmente lampante nel dialogo fra il “selvaggio” e Mond, che Huxley quasi propone la consapevolezza della rinuncia: l’uomo è finalmente prospero e felice, finalmente non teme né soffre la fame, la guera, la morte, la vecchiaia e via discorrendo, ma tutto ciò, da tanti agognato e desiderato, può avvenire solo al grande costo di perdere la libertà anche del proprio essere e sentire. E, con questa ottica, sia la felicità che la libertà assumo un valore diverso agli occhi del lettore, a me la cosa ha abbastanza spiazzato. Voi, posto che di fatto la decisione è stata imposta ai protagonisti del libro, cosa scegliereste potendo decidere, libertà o felicità?
*per quanto essa rimanga ferrea e, probabilmente, anche più profonda vista la manipolazione attiva e continua condotta ancora prima della nascita.