Maria ha quasi vent'anni, è chiusa in un convento da quando ne aveva sette e – abituata a vivere da sempre in quel luogo chiuso protettivo ma limitante - non conosce nulla delle cose del mondo. Così, quando a causa del colera che si diffonde a Catania, viene allontanata dal convento e trascorre alcuni mesi in campagna ha modo di gioire del rigoglio della natura, della libertà dell'aria aperta, del calore della famiglia e della piacevole amicizia dei vicini. Proprio fra questi si annida colui che per Maria sarà la causa di infinita gioia e di tremendo dolore: è Nino, il giovane figlio dei signori Valentini, che fa scoccare nel cuore dell'ingenua educanda la prima, dirompente scintilla dell'amore. Maria è scossa da questo sentimento, ne è sconvolta, completamente assorbita, ma quando l'amore le viene precluso con ogni mezzo il suo corpo e la sua mente si ribellano. Tornata in convento non ancora del tutto ristabilita viene presa per pazza e questo contribuirà in modo definitivo alla sua fine.
E' impressionante la capacità di Verga, bravissimo scrittore ma pur sempre un uomo, di calarsi nel sentire più profondo di una giovane donna e di rendercelo con pagine così vivide e piene di ardimento, impressione acuita poi dalla forma epistolare del romanzo che ne accresce il pathos e la tragicità. La vicenda ci viene, infatti, narrata sottoforma di racconto che la stessa Maria scrive per lettera all'amica e compagna Marianna; attraverso le sue stesse parole possiamo quindi cogliere tutto il crescendo della sua sofferenza. "Storia di una capinera" è un libro d'amore, ma è anche una denuncia sociale riguardo alla condizione della donna nell'Italia di fine Ottocento, obbligata dalle circostanze e dalla sorte avversa a chiudersi in convento senza neppure sapere se si avesse o meno la vocazione; impossibilitata a scegliere della sua vita, a vivere i propri sentimenti e le proprie inclinazioni. E' un romanzo breve, tristissimo, eppure semplicemente meraviglioso. Una lettura da fare assolutamente.