Dostoevskij, Fedor M. - Memorie dal sottosuolo

Masetto

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Fidati non è l'incoscio.
"L'incoscio è qualcosa che sfugge al nostro controllo, non ce ne rendiamo direttamente conto. Del sottosuolo, al contrario, ognuno di noi è perfettamente conscio, perché conosciamo benissimo la bassezza della nostra anima. I due concetti si confondono perché non tutti hanno il coraggio di affrontare a viso aperto il proprio sottosuolo, di ammettere di poter essere tanto bassi e cattivi."
Quoto. Anche secondo me non è l'inconscio, perchè il nichilismo del protagonista gli viene da una critica all’uomo e alla società che si mantiene sempre a livello conscio, non nasce da pulsioni che lui non riconosce. (Se ricordo bene... :))
 

Vladimir

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Quoto. Anche secondo me non è l'inconscio, perchè il nichilismo del protagonista gli viene da una critica all’uomo e alla società che si mantiene sempre a livello conscio, non nasce da pulsioni che lui non riconosce. (Se ricordo bene... :))

Ricordi benissimo:). La sua cattiveria e il suo nichilismo sono sempre consci e controllati, cosa che si manifesta ancora di più nella seconda parte.
 

lillo

Remember
Libro notevole nel quale Dostoevskij costruisce un personaggio in cui, a mio parere, morale, etica, riconoscimento del prossimo sono completamente assenti.
Personaggio che sicuramente introduce Freud nella sua analisi del profondo, anche se in questo caso l'inconscio è assolutamente cosciente e presente al personaggio; quanto di peggio, presente negli istinti dell'animale-uomo viene chiaramente alla luce, lanciando l’animo del lettore nell’angoscia più profonda . Secondo il mio parere, l'autore si è cimentato a costruire - da ingegnere qual'era - un tipo psicologico donandogli due soli elementi, l'istinto e la razionalità e sottraendogli tutti gli altri aspetti che compongono la personalità dell'individuo reale; una sorta di esperimento di laboratorio in cui tutte le variabili confondenti vengono eliminate.
In questo libro ritrovo molto anche Nietzsche, con il concetto di superuomo privo di qualsiasi morale ed etica umana.
Ritrovo molto anche la figura di Eichmann, così come descritto nel libro “figli di Eichmann” di Anders Gunther.
 

Maurizio G.

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Il libro di Dostoevskij che preferisco.
Secondo me è un piccolo capolavoro, di una potenza entusiasmante.
Peraltro nella prima parte (quella "filosofica" diciamo) espone un pensiero che poi pervaderà il suo successivo lavoro.
Io sono dell'opinione che in Dostoevskij di "moralistico" ci sia ben poco.
egli omaggia ed esalta l'essere umano in tutte le sue sfaccettature, dando dignità anche all'aspetto più oscuro di ognuno di noi.
Esalta la vita così com'è, in ogni sua espressione.
 

Dallolio

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Ciao a tutti,
vi ringrazio di avermi ricordato questo libro, che lessi due anni fa e che ho riletto in questa giornata uggiosa. La prima parte del racconto è in effetti prolissa, mentre la seconda è scolvolgente... ricordo che quando lessi la scena in cui l'io narrante sputa tutto il suo odio su Liza mettendole in seguito i venti rubli in mani rimasi completamente rapito. Anche il battibecco con Apollon mi ha colpito molto e vi ho visto il migliore Dostoieski, quello che sa rendere in poche pagine un carattere... Apollon mi ha ricodato in qualche modo il padre adottivo di Smerdjakov, il servo dei Karamazov... ve lo ricordate?
 

Maurizio G.

New member
Ciao a tutti,
vi ringrazio di avermi ricordato questo libro, che lessi due anni fa e che ho riletto in questa giornata uggiosa. La prima parte del racconto è in effetti prolissa, mentre la seconda è scolvolgente... ricordo che quando lessi la scena in cui l'io narrante sputa tutto il suo odio su Liza mettendole in seguito i venti rubli in mani rimasi completamente rapito. Anche il battibecco con Apollon mi ha colpito molto e vi ho visto il migliore Dostoieski, quello che sa rendere in poche pagine un carattere... Apollon mi ha ricodato in qualche modo il padre adottivo di Smerdjakov, il servo dei Karamazov... ve lo ricordate?
certo che me lo ricordo, è vero.
 

Poisk

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I libri brevi mi vengono sempre più difficili da comprendere perché ho sempre troppo poco tempo per entrare bene nella faccenda ma devo ammettere che ancora una volta Dostoevskij non mi ha tradita, a differenza di qualcuno che non ha amato particolarmente la prima parte del libro io l'ho apprezzata parecchio. L'ho trovata scorrevole, nonostante il peso riflessivo, scorrevole come il resto dell'opera e come d'altronde lo stile di Dostoevskij. La trama è ovviamente tipica dell'autore, il personaggio principale è un bel mix di misantropia e vanità, un tipetto niente male, e insomma si ritrova a stendere delle memorie che vorrebbe far parere senza capo né coda, io lo consiglio ciecamente! (Voto: 4)
 

Minerva6

Monkey *MOD*
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Ho iniziato a divorare la prima parte in cui quasi tutte le frasi smuovevano qualcosa dentro di me,nonostante la consapevole sofferenza interiore del protagonista,anzi,forse proprio per quella;poi ho trovato una breve parte centrale che mi ha meno appassionata,ma ho ripreso interesse per la parte finale che ho considerato splendida pur nella sua spirale di negatività.
L'antieroe che propone Dosto ha provocato in me soprattutto pietà,a tratti anche fastidio,ma non ho potuto evitare,in parte,di immedesimarmi in lui e nel suo paradossale pensiero.
Non so se ciò che è presente nel romanzo sia davvero l'Inconscio freudiano,ma di certo è molto simile,ricorda bene lo scavo nel profondo che attuava Freud,anche se qui c'è molta più consapevolezza: è un inconscio cosciente,se mi lasciate passare l'ossimoro :wink:.
Dopo la lettura di questa quarta opera,voglio proseguire con le altre di questo autore,di cui inizialmente avevo timore,ma che ora mi rendo conto che è assolutamente da leggere.


...tacendo e digrignando impotente i denti,voluttuosamente rattrappirti nell'inerzia,fantasticando che,a quanto risulta,non hai neppure con chi arrabbiarti;che non si trova un oggetto,e forse non si troverà mai,che qui c'è una sostituzione,un trucco,una truffa,che qui c'è semplicemente una brodaglia -non si sa perchè e per chi,ma nonostante tutte le cose ignote e i trucchi,il dolore c'è pur sempre,e quanto meno se ne sa,tanto più fa soffrire!

E se l'uomo non amasse solo il benessere? Chissà,forse ama in ugual misura la sofferenza.
Forse la sofferenza gli è altrettanto vantaggiosa del benessere. L'uomo a volte ama disperatamente la sofferenza fino all'ebbrezza;è un fatto.

Ero sempre stato consapevole di questo mio punto debole e talvolta ne avevo molta paura.
"IO ESAGERO TUTTO,QUESTO E' IL MIO DIFETTO",mi ripetevo ogni ora.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Mi è venuta voglia di rileggerlo,ho appena visto sul sito la puntata di Per un pugno di libri di domenica che verteva su questo libro.
Per ora però non se ne parla perchè ho troppi libri da leggere.
Mi dovrò accontentare della mia recensione e delle mie citazioni :wink:.
 
O

Oblomova93

Guest
Sul libro in sè avete già detto più o meno tutto, quindi vorrei aggiungere una piccola esperienza personale, per quanto banale :wink:..
Lo so che può sembrare esagerato, ma credo sinceramente che questo libro mi abbia, in un certo senso, cambiato la vita.
Avevo 17 anni e le cose non mi andavano troppo bene dato che avevo appena abbandonato il liceo, un mese dopo l'inizio della quarta, tutti gli amici (pochi per la verità) e conoscenti si erano immediatamente dileguati... insomma, per farla breve, mi sentivo un po' una martire esiliata dalla società (quel "rimprovero incarnato" di cui parla Dostoevskij ne I Demoni) e credevo che la mia vita fosse finita ancora prima di cominciare.. Già allora amavo leggere, ma non mi ero mai avventurata tra i cosiddetti "classici", men che meno tra quelli russi che mi spaventavano non poco; fino a che un giorno in biblioteca mi imbattei per caso in questo libriccino vecchio e impolverato (di quelli che avrei potuto trovare nella biblioteca di Hogwarts) dal titolo così misterioso ed evocativo. Lo divorai quella notte stessa e mi lasciò un'impressione senza precedenti. Nero su bianco, in quelle pagine trovai tutta la solitudine, la rabbia e la paura che mi divoravono da mesi: la piega che la mia vita aveva preso assomigliava straordinariamente a quella presa dal protagonista, i miei pensieri assomigliavano spaventosamente ai suoi.. scoprivo così di potermi identificare più facilmente con un personaggio letterario di 150 anni fa che con i miei coetanei e mi sono sentita un po' meno sola.
Da allora sono una Dostoevskij-dipendente, e i tanti temuti classici sono la mia compagnia preferita. E' esagerato dire che l'incontro con Fedor Michaijlovic mi abbia cambiato la vita? Forse, ma io resto convinta che se non ci fosse stato sarei una persona molto diversa, e certamente non migliore.
 

pitchblack

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Un romanzo abbastanza complesso costituito da una prima parte, molto densa, in cui il protagonista parla del sottosuolo. Una seconda parte in cui vengono raccontate, a mo' di appunti, le memorie recondite. Il sottosuolo è la parte sotterranea, nascosta, recondita dell'essere umano, in cui bene e male sono indissolubilmente intrecciati. Non è vero che il protagonista è completamente negativo, in verità non è proprio nulla: nè buono nè cattivo, nè onesto nè mascalzone, nè eroe nè antieroe. Rappresenta una frammistione di qualità positive e negative legate indissolubilmente.
Il rilievo concettuale di questo romanzo è enorme, non tanto per la scoperta dell'inconscio, di cui era nota l'esistenza da tempo, quanto per il fatto che Dostoevskij è il primo a evincere che la stragrande maggioranza delle nostre azioni ha origine inconscia. Nel libro descrive un rapporto 1/20 tra parte raziocinativa e l'intera natura umana. Freud parlerà del mare del conscio e l'oceano dell'inconscio e, nella teoria psicanalitica, parlerà di un rapporto 1/11 (metafora dell'iceberg). Sta qui la potenza dirompente di questo libro in totale polemica con il suo tempo (il Positivismo). Da un assist fondamentale ai filosofi del corpo, e a uno dei grandi maestri del sospetto, il quale a sua volta aprirà la strada al '900, il secolo dell'angoscia, della scelta. Si tratta di un intuizione mostruosa, senza precedenti: nell'uomo prevalgono pulsioni inconscie, non è un animale così razionale come ci si immaginava. E' un essere a due gambe stupido e immorale (qui anticipa il grande demistificatore della morale, il profeta della morte di Dio). Inaugura la crisi della coscienza, delle ideologie ottimistiche. La risonanza in tutta la letteratura e la filosofia successive è gigantesca.
Un'altra importante anticipazione sta nella riflessione in cui il protagonista parla della eccessiva coscienza come di una malattia: ricorda la seconda considerazione inattuale di Nietzsche Sull'utilità e il danno della storia per la vita, in cui egli dirà che l'eccesso di storia impoverisce la vita, la avvelena, la ammorba. Anzi la coscienza è una disgrazia, sebbene l'uomo non vi possa e non vi voglia rinunciare per nessun motivo.
 

MadLuke

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Il romanzo è di fatto diviso in due parti: la prima è una sorta di saggio che l'autore scrive parlando "a braccio" con il lettore, spiegando quindi la sua personale visione degli individui. Questa implica secondo lui la suddivisione in due grandi categorie: gli uomini d'azione e quelli consapevoli. I primi sono quelli destinati a compiere grandi gesta e forgiare la storia, in quanto indomiti condottieri che vanno fino in fondo agli obiettivi che si pongono, semplicemente perché non si arrischiano mai a chiedersi il motivo ultimo del loro agire.
La seconda categoria, quella cui lui stesso ritiene di appartenere, sono le persone più intelligenti, riflessive, consapevoli, che proprio per questo rimangono intrappolati nelle loro stesse elucubrazioni mentali, al punto da esserne paralizzati, cadere nella trappola dell'accidia e da quel "sottosuolo" della società, assistere impotenti allo sperpero della propria vita. Per questa ragione l'autore stesso invidia le persone che appartengono alla prima categoria, e al tempo stesso il suo orgoglio e complesso di superiorità intellettuale gli impedisce di cambiare.

La seconda parte del romanzo è invece costituita da un racconto in cui l'autore da bella mostra dei suoi tratti peggiori: il gusto per lo scherno e l'umiliazione, il compiacersi di infierire sulle altre persone che già soffrono, la mal tolleranza nei confronti delle proprie mancanze. Il merito di questa seconda parte sta a mio avviso nel saper mostrare come la lenta morte di una persona, non si compia nel suo decesso alla fine della propria vita, ma costituisca invece una lunga, lenta e inesorabile sequela di bassezze che misura più o meno grande accomuna la vita di chiunque. Paradossalmente la peggiore espressione del proprio spirito non si compie nelle plateali crudeltà o sopraffazioni; è invece l'insieme di tante piccole inazioni di cui ci rendiamo colpevoli, dei meschini piaceri in cui ci gongoliamo e le omissioni al fine di conservare il nostro quieto vivere. Tanti pensieri, parole e gesti che peraltro in gran parte sfuggono anche al giudizio della morale comune, ma che inesorabilmente ci relegano nel "sottosuolo" della vita autentica.
 

Jessamine

Well-known member
Ho iniziato a leggere questo libriccino quasi per caso, perché partecipando ad un gioco letterario mi è capitato in sorte di dover "adottare" Dostoevskij, e di dover quindi leggere qualche cosa di suo. Di tempo per leggere qualche mattone (per mero numero di pagine) ne avevo ben poco, così ho letto rapidamente le trame delle sue opere più brevi, e mi sono decisa per questo.
Qualche volta mi capita (be', a dire il vero è piuttosto raro, ma qualche volta è successo) di imbattermi in libri che, oltre ad avere un indubbio valore a livello letterario di cui certamente milioni di altre persone più qualificate potrebbero e hanno parlato in maniera più significativa di quanto potrei fare io, sono anche in grado di andare a toccare corde puramente emotive, di andare a premere in quei punti della mia emotività in maniera tale da quasi raddoppiare ai miei occhi il loro valore. Mi è capitato raramente, solo con "La campana di vetro" della Plath, "Le onde" dell Woolf, e, anche se in maniera un po' diversa, anche con alcuni romanzi di Fitzgerald. Ecco, a questo mio personale e del tutto irrazionale "pantheon" credo proprio di dover aggiungere queste "Memorie dal sottosuolo".
Potrei quindi dire tante cose, parlare di come questo romanzo sia diviso in due parti: nella prima sono riportate le riflessioni apparentemente spontanee del protagonista, è una parte piuttosto lenta, che bisogna assaporare poco alla volta per comprendere a fondo, fermandosi spesso a riflettere. Il protagonista qui si presenta come un uomo cattivo, un uomo malato, malvagio, che è perfettamente cosciente della sua cattiveria e se compiace, quasi se ne vanta, senza nemmeno voler provare a cambiare. E nonostante questo all'inizio possa apparire surreale, quasi grottesco, proseguendo nella lettura ci si rende conto che forse questo personaggio altri non è che un essere umano, con le sue debolezze e i suoi difetti, senza filtri, senza la maschera che sempre, più o meno consapevolmente, tutti gli uomini si trovano ad indossare. La seconda parte è invece molto diversa, è molto più narrariva, e il protagonista si trova a raccontare alcuni episodi appartenenti al suo passato, episodi in cui vorrebbe dimostrare ciò che aveva affermato all'inizio, ossia la corruzione della sua condotta. E certo non si può dire che agisca "bene", in maniera retta e luminosa, ma al tempo stesso è impossibile non provare molta simpatia (etimologicamente parlando) nei confronti di questo ometto piccolo piccolo, delle sue nefandezze, dei suoi brutti pensieri e delle meschinità dietro a cui si nasconde quasi fossero una corazza. Ed è qualcosa di naturale, perché i suoi pensieri sono qualcosa di estremamente coerente con la natura umana più istintiva, quella dove la ragione viene per un attimo messa da parte. Ed è forse in questi momenti che ci sentiamo (o per lo meno, io mi sento) così pericolosamente vicina a questo essere vissuto per quarant'anni nel sottosuolo. Perché poi forse non sempre ci comportiamo in maniera simile, o cediamo ai richiami del sottosuolo, perché qualcosa interviene, perché siamo anche (e lo sottolineerei, anche) esseri razionali. E poi magari ci aggrappiamo a queste ultime risoluzioni razionali, e chiudiamo gli occhi, distogliamo lo sguardo, cerchiamo di concentrarci su altro per scacciare il pensiero di quel marcio che abbiamo respinto, ma che è stato comunque l'impulso primario, quello più, mi verrebbe da dire, naturale.
Dostoevskij non si vergogna di guardare l'essere umano per quello che davvero (e con questo non voglio dire che l'uomo sia solamente sottosuolo, perché altrimenti personaggi come Lisa non avrebbero ragione d'esistere, ma di nuovo vorrei sottolineare l'importanza di un "anche") e di guardare fino in fondo, senza disogliere mai lo sguardo. Il modo in cui questo guardare mi ha colpito, quello che mi ha portato a vedere anche dentro di me, be', lo terrò per me, ma devo dire che è forse proprio questo quello che mi ha lasciata più sconvolta e provata dopo la lettura di queste poche pagine.
È una lettura preziosissima, e forse non riuscirò mai (né, credo, vorrò) a spiegare in maniera lucida, ma insomma, è una lettura che consiglierei a chiunque avesse voglia di affrontare un po' della polvere che ha accumulato ai margini della propria coscienza.
 
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portaimpronte

New member
grazie per la condivisione.preziosissima>è una lettura che consiglierei a chiunque avesse voglia di affrontare un po' della polvere che ha accumulato ai margini della propria coscienza.
bellissima frase
 

Nefertari

Active member
L'unica parola che mi viene in mente per descrivere questo libro è incredibile. Sì, perchè è incredibile il protagonista, il suo carattere terribile, i suoi difetti e la facilità e l'onestà con cui li ammette senza nascondersi dietro ad un dito. A tratti antipatico e odioso e a tratti quasi commovente nel riconoscere e ammettere i suoi lati negativi.
 

estersable88

dreamer member
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Tengo a precisare sin da subito che ciò che scriverò di seguito è ben lontano dall'essere una recensione: è solo un commento, una semplice traccia personale su un libro che ho appena terminato di leggere per la seconda volta e che per la seconda volta mi ha lasciato spiazzata ed amareggiata.
Lessi questo libro per la prima volta cinque anni fa, in un momento in cui la mia mente era – per la verità, stranamente – improntata alla positività. Ne conservavo un ricordo sfuocato, ma certamente negativo, quasi un senso di ripulsa, di ribellione verso le sensazioni negative che mi suscitava. Forse da qui è scaturita l'esitazione a riprenderlo in mano, a provare ad addentrarmici di più, durata fino ad ora; tuttavia perdurava in me anche un profondo senso di colpa, quasi avessi trattato ingiustamente queste memorie, che mi pungeva la mente ingiungendomi di rileggerle ancora. Alla fine questa seconda sensazione ha prevalso e eccomi di nuovo alle prese con Memorie dal sottosuolo, eccomi di nuovo a confrontarmi con la negatività, l'angoscia, la profonda tristezza che questo romanzo mi lascia dentro. Non riesco a connettermi con l'animo del narratore, non riesco a metabolizzarne le intenzioni né l'obiettivo… Non mi è nuova l'analisi dei comportamenti e dei pensieri più vili e abietti dell'uomo, di solito mi affascina compenetrare i segreti movimenti della mente umana, ma qui c'è qualcosa di troppo oscuro e inspiegabile per me, qualcosa da cui sono portata istintivamente ad allontanarmi. E tutto ciò è strano, perché mi affascina il concetto di "sottosuolo", solitamente mi appassiona chi analizza sé e gli altri, ma non in questo caso. E forse è proprio per questo che, nella mia prima lettura, non ho scritto nulla a proposito di questo libro, per non tenere traccia di ciò che mi ha spinto ad allontanarmene, a girare le spalle a questo racconto. Me ne dispiaccio anche, e soprattutto, perché non posso non riconoscere l'indubbio valore letterario e psicologico di queste pagine così nere. Agli altri, a voi, consiglio comunque di leggerlo perché, anche se io non riesco a tollerarlo, so che si tratta di un libro straordinario.
 

Roberto89

MODerato
Membro dello Staff
Difficile per me riuscire a scrivere qualcosa di chiaro, e ancora meno completo, su questo libro.
Inizio col dire che non mi è piaciuto (parlo dell'esperienza di lettura più che del contenuto) come altri dello stesso autore, probabilmente per il fatto che non si basa su una trama ben precisa ma è diviso in due, una prima parte più riflessiva e la seconda in forma di diario.
Al centro c'è l'uomo del sottosuolo, come in altri romanzi dello stesso autore, ma qui trattato più come tema filosofico. Il protagonista si fa esempio delle sue riflessioni in queste memorie scritte non per essere lette ma forse per bisogno personale. Al centro della sua vita c'è la sofferenza, cercata e amata, lenita solo nella seconda parte dalla presenza di una donna, altro tema comune, che però poi sparisce, maltrattata invece che accettata come parte di una rinascita, come ad esempio in Delitto e castigo.
Gran parte del romanzo si basa sulla presunta superiorità di pensiero del protagonista che però nulla vale nella società, dove le regole sono altre.
Evidente anche il richiamo all'interiorità, ma qui l'interiore non è seppellito come per chi vive in società e vuole esserne parte, e nemmeno ascoltato in brevi momenti nella vita, quelli più importanti o difficili, ma il protagonista lo abbraccia del tutto, come se fosse il suo vero io, e pretende che chi gli sta intorno si adatti alla sua visione del mondo.
Questo non per dire che le sue riflessioni siano inutili; forse l'autore evidenzia in questo romanzo l'incapacità del protagonista di conciliare le due cose, la vita esteriore fatta di amici, colleghi, parenti, ecc., e quella interiore, fatta di dubbi, perplessità, delusioni, bisogno e desiderio di esistere, a volte al di sopra o nonostante gli altri.

Voto: 7/10, sarebbe stato un 8 se le riflessioni fossero state meglio miscelate in una narrazione di sfondo.
 
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