Camus, Albert - Lo straniero

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
spoiler

Questo breve romanzo lo avevo letto -ma solo alcuni brani- ai tempi del Liceo, in lingua originale e poi tradotti, però non ricordavo molto della storia. Avevo presente una scena in spiaggia, però o non ho prestato attenzione durante la lettura oppure il ricordo era falsato :boh:.
Il modo di fare del protagonista all'inizio mi dava fastidio, ma poi mi sono resa conto anche io che a volte è inevitabile lasciarsi trasportare dalle circostanze esterne, più lotti contro di loro e più ti vengono addosso quindi forse è meglio essere apatici ed accettare quello che succede, magari si soffre di meno :boh:. M. però apatico lo era già prima di uccidere l'arabo e proprio per il suo prendere le cose troppo alla leggera è finito nei guai, non era molto legato alla mamma (o forse non era capace di dimostrare il suo affetto), non era coinvolto più di tanto nella sua relazione amorosa, è diventato amico di una persona equivoca e quindi a causa sua si è trovato con una pistola ed ha sparato... se fosse stato più attento non gli sarebbe successo nulla? Chi può dirlo? Il destino ci riserva sempre delle grosse sorprese, indipendentemente dal nostro carattere...
Storia scorrevole, all'apparenza semplice e banale ma che fa riflettere sul ruolo del caso nella vita dell'uomo... siamo padroni di noi stessi o siamo solo delle pedine mosse dal destino?
 

Grantenca

Well-known member
spoiler.
Non è un personaggio simpatico Meursault, il protagonista di questo libro. E' un impiegato francese che lavora ad Algeri, presumibilmente negli anni 30-40. Ci viene presentato il giorno che riceve la notizia della morte della madre, che ha ricoverato in un ospizio per anziani, non essendo in grado di sostenerla personalmente. Le sue considerazioni sull'avvenimento, la sua totale mancanza di emozioni e anche il suo ritorno alla vita di tutti i giorni ci presentano una persona che pensa soprattutto a se stessa cercando di vivere con le minori preoccupazioni possibili. Si intuisce che abbia un certo successo nei rapporti con l'altro sesso, dovuto probabilmente più alla sua presenza che ad una reale ricchezza di sentimenti. Poi alcuni avvenimenti casuali (l'incontro e l'amicizia con un vicino di casa piuttosto equivoco, una lite con un gruppo di arabi, forse un eccesso di vino consumato a tavola, lo coinvolgono nell' omicidio di uno di questi arabi senza motivi validi apparenti. In quell'Algeria non doveva essere difficile per un francese discolparsi da un fatto pur così grave tenuto conto della personalità della vittima e del fatto che aveva, comunque, estratto un coltello; bastava forse un po' accondiscendenza alle richieste del pubblico ministero e mostrare un atteggiamento riconducibile in qualche modo ad una sorta di pentimento cristiano, ma Meursault non cerca giustificazioni e ricerca di comprensione; la causa, dice, è stato l'accecante sole di mezzogiorno. Questo atteggiamento lo porterà alla rovina. Meursault è ateo, totalmente, e il suo atteggiamento ci fa percepire una persona del tutto arida e superficiale, che non apprezza la vita. Ma non è così; il tempo passato in cella, il drammatico colloquio con un religioso, il suo terrore tutte le notti prima dell'alba, momento quello in cui lui sa che vengono prelevati i prigionieri per condurli al patibolo, ci fanno capire come egli ami con forza questa sua vita, seppur modestissima, i tramonti e la prima sera di Algeri con i suoi colori e suoi profumi e i suoi amori. E forse è il fatto di essere totalmente ateo che gli fa apprezzare e amare ancora di più la modesta quotidianità che gli offrirebbe questo mondo.
Un libro che comunque consiglio.
 
Ultima modifica:

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Confesso che non mi è facile commentare il romanzo di Camus perché nella sua lucida essenzialità è un romanzo perfetto, perfetto nel senso di completo, che riesce ad arrivare in molti modi al lettore, lasciandolo, come succede a me, interdetto. Perché il protagonista è dall'inizio alla fine sotto giudizio, il finale non fa altro che confermare quello che si sa sin dall'inizio, una persona così non può restare in vita, perché la vita è fatta di compromessi, appartenenze, convenzioni, relazioni e di tutto questo pare che il protagonista se ne infischi. Esistere è di per sè una sofferenza, uno squilibrio, un male necessario, questo ci dice sin dall'inizio con un funerale che sembra quasi inutile quanto assurdo. Ebbene Camus mi ha messo con le spalle al muro, questo è uno di quei testi che richiedono infinite riletture e appena girata l'ultima pagina già volevo iniziarlo di nuovo per coglierne i molteplici significati.
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
Sono molto, ma molto delusa da questa lettura: si tratta di un libro che ho deciso di affrontare dopo anni di tentennamenti e paure. Pensavo che fosse troppo “di livello” per me, ma mi affascinava sin dai tempi del liceo, così ho voluto provare a leggerlo. Di certo non me l’aspettavo così!
Piatto, privo di sobbalzi o stimoli, con personaggi sfuggenti e mal caratterizzati e con un protagonista abulico, anaffettivo, profondamente solo. Il libro si apre con la morte della madre di Meursault, il protagonista, con la veglia funebre all’ospizio ed i momenti successivi alla morte. Già dalla scena d’apertura possiamo farci un quadro soddisfacente della stranezza del protagonista che sembra non provare alcun sentimento coerente, sembra che nulla possa coinvolgerlo più di tanto.
Anche le persone che incontra sono rendez-vous assolutamente estemporanei e fugaci, nessuna amicizia storica o nessun impegno sentimentale apprezzabile. Fondamentalmente Meursault è solo e contento di esserlo, è un isolato sociale vittima del teorema dell’assurdo e dell’assurdità di vivere.
Una lettura da fare poiché si tratta di un classico molto noto, ma io non mi sento di consigliarlo o bocciarlo completamente.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Spoiler

Mi riallaccio al commento di estersable, che ho appena letto, perché mi ha permesso di soffermarmi sulla fuggevolezza dei personaggi, e allora ho pensato che forse l'autore li ha descritti così di proposito, per mostrarceli come Meursault li vede: sfuggenti e poco profondi come, ai suoi occhi, lo è ogni cosa.
Mi riesce difficilissimo commentare questo libro, tanto pulito nello stile quanto complesso nella sostanza. Ho provato, nei confronti dell'insensibilità dello straniero - straniero al mondo, straniero agli altri, straniero a se stesso -, sconcerto e diffidenza, misti a una vaga simpatia per il candore e anticonformismo di Meursault.
Ho provato curiosità e comprensione nei confronti di Marie che, seppure anche lei apparentemente sfuggente, mostra nettamente la sua personalità nel momento in cui fa una scelta: quella di stargli vicino pur conoscendo bene il suo lato sconcertante, che forse è anche l'unico evidente.
E ho provato indignazione nel momento in cui la colpa di aver mostrato indifferenza al funerale della madre supera, agli occhi di chi giudica, quella di aver ucciso un uomo: la morbosità delle domande, l'insistenza nel metterlo in difficoltà, gli sguardi di disapprovazione. Lo squallore della società: ciò da cui il protagonista rifugge al punto da annullare ogni sentimento e ogni partecipazione a una vita che gli è estranea.
Eppure ogni mattina in carcere, superata l'alba, prova felicità: anche oggi non sono venuti a prenderlo per portarlo alla ghigliottina, ha guadagnato altre ventiquattro ore. Rimpiange di non aver raccolto informazioni, prima, sul modo di sfuggire alla condanna; comprende la madre che, vicina alla fine, ha trovato un fidanzato, segno del desiderio di ricominciare. Forse l'incombenza della morte risveglia in lui l'amore per la vita, o forse, nella sua abulia, in fondo l'ha sempre amata, ma acquista una consapevolezza finora latente solo dopo la discussione col prete: " Quasi che quella grande rabbia mi avesse purgato dal male, svuotato della speranza, di fronte a quella notte carica di segni e di stelle mi aprivo per la prima volta alla tenera indifferenza del mondo. Nel riconoscerlo così simile a me, finalmente così fraterno, ho sentito di esser stato felice, di esserlo ancora."
Un libro e un personaggio di cui intuisco l'importanza, la singolarità, la profondità, ma che mi ha lasciato addosso sensazioni fluttuanti e fuggevoli. Credo che sia un romanzo da rileggere in diversi momenti e in diverse fasi della vita.
 

greenintro

Active member
Ho riletto questo classico della letteratura novecentesca di ispirazione filosofica, in cui viene magistralmente trattata la personalità del protagonista, Mersault, incarnante nella massima coerenza l'uomo che assume in ogni aspetto dei suoi comportamenti la postura di chi ha accettato i presupposti ideologici del nichilismo. Nichilismo inteso come assenza di un qualunque riconoscimento di una scala di valori relativamente a cui rapportarsi in chiave emozionale alla vita. Tutto per lui sfuma nell'indifferenza radicale, nell'irrilevanza dei criteri in base a cui agire in un modo o in un altro, sentire una certa emozione e non un'altra. Ecco che la morte della madre sarà vissuta in una completa apatia sentimentale, mera faccenda burocratica da risolvere con una serie di azioni meccaniche, ecco come si può commettere un crimine senza alcuna minima consapevolezza delle motivazioni che spingono ad agire. Eppure Mersault non è una macchina, un automa, Camus, uno dei campioni dell'Esistenzialismo, non avrebbe consentito che la coerenza con la visione nichilista debba condurre alla negazione dell'umano sostituito dalla macchina. Invece l'etica viene sostituita dall'estetica: Mersault non è privo di introspezione, ma nel suo vissuto le sensazioni fisiche colmano il vuoto lasciato dall'assenza di sentimenti valoriali. Al posto della tristezza per la morte della madre subentra il fastidio del caldo soffocante che annega il volto apparentemente senz'anima del protagonista nel sudore, una fisicità espressa con grande intensità ed analiticità, punto dove le doti stilistiche del Camus scrittore entrano in connessione con le idee del Camus letterato-filosofo. Per questo aspetto specifico devo dire che ho trovato una possibile analogia con Il Libro dell'Inquietudine di Pessoa, anche lì centrale l'idea dell'impossibilità di un senso dell'esistenza conduce all'abbandonarsi al recepire estetico ogni sensazione per come la sì vive nell'immediato, rifiutando ogni concezione di progettualità dell'esistere, e forse non è un caso che in entrambi i casi l'ambientazione fisica è contrassegnata dal caldo, dal sole mediterraneo che, in Portogallo o in Algeria, sembra ispirare torpore, apatia all'uomo, compiacimento dell'abbandonarsi alla quiete, in quanto ogni affaccendarsi risulta privo di senso. Inevitabile che un personaggio del genere incontri lo scandalo, l'incomprensione della società, dell'ambiente circostante: il processo al crimine commesso è in realtà un processo ontologico, un processo al suo modo di essere, alla sua vita, non a un fatto specifico. Estraneità (da qui "Lo Straniero"), che Mersault sembra accettare con incuriosita rassegnazione. Apatia emotiva che sembra squarciarsi nel finale, nello sfogo rabbioso contro il prete, ma non nel senso di un rinnegamento della condotta psicologica tenuta per tutto il romanzo, ma come semplice esplicitazione dell'ideologia nichilista a cui lui è in fondo sempre stato fedele, ma che prima teneva come "sottofondo" non attenzionato, presupposto silenzioso, che nello stimolo dello scontro con l'avversario ideologico per eccellenza del nichilista, il prete, la morale religiosa, diventa contenuto riflesso e consapevole che trova un linguaggio. Perché piangere la morte di una madre se non esiste un criterio etico generale in base a cui la vita sia valutabile preferibile alla morte? Perché dispiacersi dell'ingiustizia nella storia, se ciò altro non è che la compagna fedele dell'insensatezza del destino dell'esistenza, se uomo e mondo trovano una paradossale armonia nell'essere accomunati dall'assurdo?
 

qweedy

Well-known member
Un piccolo capolavoro, trasmette molto bene l'assurdità esistenziale e il senso di solitudine, di estraneità, di precarietà dell'uomo.
In fondo il protagonista pare un uomo realizzato, ha un lavoro, una fidanzata, va al cinema, va al mare, ha dei rapporti cordiali con i vicini di casa, non sembra un disadattato, eppure si sente indifferente ed estraneo a tutto.
L'essere umano, che razionalmente sarebbe proiettato verso certezze, vive una realtà di incertezza. Per tale ragione il protagonista decide di estraniarsi e di non opporsi, quindi, all’esistenza stessa accettando incondizionatamente il proprio destino senza sconforto.
Mi colpisce che venga giudicato non per l'atto che ha compiuto, ma per come è.

Molto interessante la prefazione di Saviano.

“Ebbene allora morrò”. Più presto che molti altri, evidentemente. Ma tutti sanno che la vita non val la pena di essere vissuta, e in fondo non ignoravo che importa poco morire a trent’anni oppure a settanta…

«Avevo vissuto in un modo e avrei potuto vivere in un altro. Avevo fatto questo e non avevo fatto quello. Non avevo fatto quella cosa ma avevo fatto quest’altra. E dopo? [..] Che m’importava della morte degli altri, dell’amore di una madre, che m’importava del suo Dio, delle vite che si scelgono, dei destini che si eleggono, se poi era un unico destino a eleggere me e con me miliardi di privilegiati che, come lui, si dicevano miei fratelli? Capiva, lo capiva adesso? Tutti erano privilegiati. C’erano solo privilegiati. Un giorno anche gli altri sarebbero stati condannati. Anche lui sarebbe stato condannato. Che importava se, accusato di omicidio, fosse stato giustiziato per non aver pianto al funerale della madre?»
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
Credo che sia un romanzo da rileggere in diversi momenti e in diverse fasi della vita.
Leggendo i commenti successivi al mio, lo credo fortemente anch'io. Non mi rassegno al fatto che questo libro mi abbia delusa così tanto. Sospetto di aver sbagliato il momento della lettura o forse l'edizione, perché le frasi che voi avete estrapolato mi colpiscono e, se non l'avessi già letto, mi indurrebbero alla lettura. Tra molti, molti anni, credo che lo rileggerò.
 
Alto