Vladimir
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Le seguenti poesie sono dell'inizio degli anni 10, Majakovskij scrive versi antisimbolisti e non ancora politici:
Le finestre frantumarono l'infernaccio della città
in minuscoli infernucci succhianti con le luci.
Rossicci diavoli, si impennavano le automobili,
facendo esplodere le trombe al proprio orecchio.
E là, sotto l'insegna con le aringhe di Kerc,
in vecchietto stravolto cercava a tastoni i suoi occhiali
e ruppe in lacrime, quando nel tifone del vespro,
un tram di rincorsa sbattè le pupille.
Nei buchi dei grattacieli, ove andava il minerale
e il ferro dei treni ingombrava il passaggio,
un aereo lanciò un grido e cadde
là dove al sole ferito colava l'occhio.
E allora ormai - sgualcite le coltri dei lampioni -
la notte di diede al piacere, oscena e ubriaca,
mentre dietro i soli delle vie in qualche luogo zoppicava,
non necessaria a nessuno, la flaccida luna.
Leggete libri di ferro!
Sotto il flauto d'una lettera indorata
si arrampicheranno marene affumicate
e navoni dai riccioli d'oro.
E se con allegra cagnara
turbineranno le stelle "Maggi",
anche l'ufficio di pompe funebri
moverà i propri sarcofaghi.
Quando poi, tetra e lamentevole,
spegnerà i segnali dei lampioni,
innamoratevi sotto il cielo delle bettole
dei papaveri sui bricchi di maiolica.
Anni 20. La rivoluzione arde. Bisogna distruggere il passato, creare una nuova umanità, le avanguardie rivoluzionarie dell'arte si muovono per creare una nuova arte proletaria e bruciare la vecchia:
A voi,
baritoni ben nutriti,
che dai tempi d'Adamo,
ai giorni nostri
squassate gli strambugi chiamati teatri
con le arie dei Romei e delle Giuliette.
A voi,
pittori,
ingrassati come cavalli,
divorante e annitrenete decoro di Russia,
che, intanati nel fondi degli studi,
tinteggiate all'antica con sangue di drago
fiorellini e copri.
A voi,
che, nascosti da fogli di mistica,
solcate di rughe le vostre fronti,
piccoli futuristi,
piccoli immaginisti,
piccoli acmeisti,
impigliati in un ragnatelo di rime.
A voi,
che avete trasformato in chiome incolte
le lisce pettinature,
in ciocie le scarpine verniciate,
proletcultisti*,
che rattoppate la scolorita marsina di Puskin.
A voi danzatori, suonatori di piffero,
che vi date apertamente
o peccate di soppiatto,
immaginando l'avvenire
come un'enorme razione accademica.
A voi dico
io,
geniale o non geniale,
che ho tralasciate le bagatelle
e lavoro alla Rosta*
a voi dico,
prima che vi scaccino con il calcio dei fucili: smettetela!
Smettetela!
Dimenticate,
sputate
sulle rime
e sulle arie
e sul cespuglio di rose
e su altre malinconiucce
degli arsenali delle arti.
Chi può interessare
che: "Ah il poveretto!
come amava e come fu infelice"?
Maestri,
e non perdicatori zazzeruti
oggi ci sono necessari!
Ascoltate!
Le locomotive gemono,
un soffio spira dalle fessure e dal pavimento:
"Date carbone del Don!
Magnani,
meccanici al deposito!"
Alla sorgente di ogni fiume,
giacendo con una falla nel fianco,
i piroscafi urlano fra i docks:
"Date nafta di Bakù!"
Mentre ci perdiamo in dispute,
cercando il senso recondito,
"Dateci nuove forme!"
è il lamento che pass per le cose.
Non vi sono più sciocchi ad attendere
come un folla di ciondoloni
che esca una parola dalle labbra d'un "maestro".
Compagni,
date un'arte nuova,
tale che tragga la repubblica dal fango.
Le mie preferite:
si dibatteva disumanamente.
Gocce di sangue annerendosi
si gemmavano sulle labbra d'ardesia.
E uscì, a isolarsi nella notte,
vedova la luna.
tra me
e Dio
ci sono numerosissimi dissensi.
Io andavo mezzo nudo,
andavo scalzo,
e lui invece portava
una tonaca ingemmata.
Alla sua vista
mi riusciva appena
trattenere lo sdegno.
Fremevo.
Ora invece Dio è quello che deve essere.
Dio è diventato molto più alla mano.
Guarda da una cornice di legno.
La tonaca di tela.
Compagno Dio,
mettiamoci una pietra sopra!
Vedete,
perfino l'atteggiamento verso di voi è un po' cambiato.
Vi chiamo "compagno",
mentre prima
"signore".
(Anche voi ora avete un compagno),
Se non altro,
adesso
avete un'aria un po' più da cristiano.
Bene,
venite qualche volta a trovarmi.
Degnatevi di scendere
dalle vostre lontananze stellate.
Da noi l'industria è disorganizzata,
i trasporti anche.
E voi,
dicono,
vi occupavate di miracoli.
Prego,
scendete,
lavorate un po' con noi.
E per non lasciare gli angeli con le mani in mano,
stampate
in mezzo alle stelle,
che si ficchi bene negli occhi e nelle orecchie:
chi non lavora non mangia.
Personalmente non ho mai trovato un poeta così potente. Majakovskij ardeva dentro; la sua forza poetica era pari a quella fisica. Era alto due metri, fortissimo, e recitava le sue poesie con una voce, che i contemporanei descrivono simile a un tuono. Lui è stato un volto di quel bolscevismo che credeva sul serio nella nuova umanità comunista. Negli anni 20 ci fu un movimento artistico riguardante tutte le arti che voleva sul serio creare una nuova arte per una nuova umanità: Lenin al governo, Majakovski, Esenin e Chlebnikov in poesia, Malevic e Chagall in pittura, Tatlin in architettura, Mejerchol'd nella regia teatrale, Ejzenstejn e Gerasimov nel cinema. Forse se questo movimento avesse potuto svilupparsi l'URSS avrebbe potuto essere davvero un faro per un'umanità diversa. Purtroppo lo stalinismo ha ucciso tutto questo, portando solo gelo, paura, miseria e morte.
*proleccultisti: il Proletku'lt era un'organizzazione che era stata creata dopo la rivoluzione per dare ai contadini un'instruzione elementare.
*Rosta: era l'agenzia telegrafica russa. Majakovskij lavorava alla sezione addetta alla propaganda.
P.S.
Scusate il posto chilometrico
L'infernaccio della città
Le finestre frantumarono l'infernaccio della città
in minuscoli infernucci succhianti con le luci.
Rossicci diavoli, si impennavano le automobili,
facendo esplodere le trombe al proprio orecchio.
E là, sotto l'insegna con le aringhe di Kerc,
in vecchietto stravolto cercava a tastoni i suoi occhiali
e ruppe in lacrime, quando nel tifone del vespro,
un tram di rincorsa sbattè le pupille.
Nei buchi dei grattacieli, ove andava il minerale
e il ferro dei treni ingombrava il passaggio,
un aereo lanciò un grido e cadde
là dove al sole ferito colava l'occhio.
E allora ormai - sgualcite le coltri dei lampioni -
la notte di diede al piacere, oscena e ubriaca,
mentre dietro i soli delle vie in qualche luogo zoppicava,
non necessaria a nessuno, la flaccida luna.
Alle insegne
Leggete libri di ferro!
Sotto il flauto d'una lettera indorata
si arrampicheranno marene affumicate
e navoni dai riccioli d'oro.
E se con allegra cagnara
turbineranno le stelle "Maggi",
anche l'ufficio di pompe funebri
moverà i propri sarcofaghi.
Quando poi, tetra e lamentevole,
spegnerà i segnali dei lampioni,
innamoratevi sotto il cielo delle bettole
dei papaveri sui bricchi di maiolica.
Anni 20. La rivoluzione arde. Bisogna distruggere il passato, creare una nuova umanità, le avanguardie rivoluzionarie dell'arte si muovono per creare una nuova arte proletaria e bruciare la vecchia:
Ordine n° 2 all'armata delle arti
A voi,
baritoni ben nutriti,
che dai tempi d'Adamo,
ai giorni nostri
squassate gli strambugi chiamati teatri
con le arie dei Romei e delle Giuliette.
A voi,
pittori,
ingrassati come cavalli,
divorante e annitrenete decoro di Russia,
che, intanati nel fondi degli studi,
tinteggiate all'antica con sangue di drago
fiorellini e copri.
A voi,
che, nascosti da fogli di mistica,
solcate di rughe le vostre fronti,
piccoli futuristi,
piccoli immaginisti,
piccoli acmeisti,
impigliati in un ragnatelo di rime.
A voi,
che avete trasformato in chiome incolte
le lisce pettinature,
in ciocie le scarpine verniciate,
proletcultisti*,
che rattoppate la scolorita marsina di Puskin.
A voi danzatori, suonatori di piffero,
che vi date apertamente
o peccate di soppiatto,
immaginando l'avvenire
come un'enorme razione accademica.
A voi dico
io,
geniale o non geniale,
che ho tralasciate le bagatelle
e lavoro alla Rosta*
a voi dico,
prima che vi scaccino con il calcio dei fucili: smettetela!
Smettetela!
Dimenticate,
sputate
sulle rime
e sulle arie
e sul cespuglio di rose
e su altre malinconiucce
degli arsenali delle arti.
Chi può interessare
che: "Ah il poveretto!
come amava e come fu infelice"?
Maestri,
e non perdicatori zazzeruti
oggi ci sono necessari!
Ascoltate!
Le locomotive gemono,
un soffio spira dalle fessure e dal pavimento:
"Date carbone del Don!
Magnani,
meccanici al deposito!"
Alla sorgente di ogni fiume,
giacendo con una falla nel fianco,
i piroscafi urlano fra i docks:
"Date nafta di Bakù!"
Mentre ci perdiamo in dispute,
cercando il senso recondito,
"Dateci nuove forme!"
è il lamento che pass per le cose.
Non vi sono più sciocchi ad attendere
come un folla di ciondoloni
che esca una parola dalle labbra d'un "maestro".
Compagni,
date un'arte nuova,
tale che tragga la repubblica dal fango.
Le mie preferite:
Pena
In una vaga disperazione il ventosi dibatteva disumanamente.
Gocce di sangue annerendosi
si gemmavano sulle labbra d'ardesia.
E uscì, a isolarsi nella notte,
vedova la luna.
Dopo i prelevamenti
È risaputo:tra me
e Dio
ci sono numerosissimi dissensi.
Io andavo mezzo nudo,
andavo scalzo,
e lui invece portava
una tonaca ingemmata.
Alla sua vista
mi riusciva appena
trattenere lo sdegno.
Fremevo.
Ora invece Dio è quello che deve essere.
Dio è diventato molto più alla mano.
Guarda da una cornice di legno.
La tonaca di tela.
Compagno Dio,
mettiamoci una pietra sopra!
Vedete,
perfino l'atteggiamento verso di voi è un po' cambiato.
Vi chiamo "compagno",
mentre prima
"signore".
(Anche voi ora avete un compagno),
Se non altro,
adesso
avete un'aria un po' più da cristiano.
Bene,
venite qualche volta a trovarmi.
Degnatevi di scendere
dalle vostre lontananze stellate.
Da noi l'industria è disorganizzata,
i trasporti anche.
E voi,
dicono,
vi occupavate di miracoli.
Prego,
scendete,
lavorate un po' con noi.
E per non lasciare gli angeli con le mani in mano,
stampate
in mezzo alle stelle,
che si ficchi bene negli occhi e nelle orecchie:
chi non lavora non mangia.
Personalmente non ho mai trovato un poeta così potente. Majakovskij ardeva dentro; la sua forza poetica era pari a quella fisica. Era alto due metri, fortissimo, e recitava le sue poesie con una voce, che i contemporanei descrivono simile a un tuono. Lui è stato un volto di quel bolscevismo che credeva sul serio nella nuova umanità comunista. Negli anni 20 ci fu un movimento artistico riguardante tutte le arti che voleva sul serio creare una nuova arte per una nuova umanità: Lenin al governo, Majakovski, Esenin e Chlebnikov in poesia, Malevic e Chagall in pittura, Tatlin in architettura, Mejerchol'd nella regia teatrale, Ejzenstejn e Gerasimov nel cinema. Forse se questo movimento avesse potuto svilupparsi l'URSS avrebbe potuto essere davvero un faro per un'umanità diversa. Purtroppo lo stalinismo ha ucciso tutto questo, portando solo gelo, paura, miseria e morte.
*proleccultisti: il Proletku'lt era un'organizzazione che era stata creata dopo la rivoluzione per dare ai contadini un'instruzione elementare.
*Rosta: era l'agenzia telegrafica russa. Majakovskij lavorava alla sezione addetta alla propaganda.
P.S.
Scusate il posto chilometrico
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