Bulgakov, Michail Afanas'evic - Cuore di cane

Cocci

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La definizione di Cuore di cane che mi viene in mente è un racconto fantascientifico politicizzato. La componente satirica è molto presente e si percepisce, fin dai primi capitoli, l'avversione dell'autore per il regime nel quale è costretto a vivere. Devo concordare per quanto riguarda gli ultimi capitoli in particolare il capitolo 8: perde un po' di brio e soprattutto è quasi fastidioso per il lettore assistere all'esasperazione crescente del professore e del dottore nei confronti dei comportamenti più spregevoli dell'umanizzato Pallinov.
Mi piace il linguaggio scelto da Bulgakov; in questo "romanzo breve" emerge l'animo da drammaturgo dell'autore che caratterizza con pochi semplici tratti tutti i personaggi inoltre ogni personaggio ha un suo linguaggio che è legato alla classe sociale cui appartiene ( la cameriera, i burocrati sovietici, la borghesia..).

Complessivamente giudizio positivo: è un racconto scorrevole piacevole e ricco di spunti di riflessione sul rapporto uomo animale e su cosa ci rende uomini nella sua definizione più generale (il saper parlare? L'avere un lavoro? Oppure il fatto di pensare? Perchè, gli animali non pensano forse..?)


:wink:
 

Jessamine

Well-known member
Possibili spoiler

Un racconto breve, ma a mio parere densissimo di significati.
Bulgakov ha uno stile assai scorrevole e vivido, che gli permette di dipingere con semplicità caratteri e peculiarità dei vari personaggi, ma soprattutto gli permette di fare sfoggio di un'ironia sottile e decisamente tagliente.
Una parte fondamentale di questo racconto è quella dedicata alla satira e protesta politica, che si affianca e si intreccia abilmente alla narrazione senza tuttavia ostacolarla, senza risultare pesante o fuori luogo, ma piuttosto si rivela essere quasi un completamento della narrazione, un elemento perfettamente bilanciato.
Importantissima è poi la riflessione quasi implicita, affidata fondamentalmente alla sensibilità dell'autore, sulla natura umana. Infatti Bulgakov sembra quasi cercare di presentare i fatti in maniera neutra, quasi scientifica, ma la sensazione che resta dopo aver chiuso il libro è di angoscia e sfiducia nel genere umano. Ci troviamo di fatti di fronte ad una narrazione circolare: il racconto si apre con il parlare in prima persona del cane Pallino, un animale affamato e maltrattato, in qualche modo quasi ingenuo nel suo affidarsi con fiducia e abbandono alla prima mano che gli tende del cibo, e si conclude con lo stesso Pallino fedele al suo padrone, felice, in qualche modo positivo. La sfiducia nel genere umano arriva nel momento in cui a Pallino vengono impiantate le ghiandole genitali e l'ipofisi di un essere umano: Pallino diventa Pallinov, un essere umano abietto e volgare. E anche il grande scienziato e il suo aiutante non sono da meno: esseri umani apparentemente della miglior specie, uomini di scienza, luminari, importanti membri della società che tuttavia nel momento in cui si trovano ad avere a che fare con l'esito impegnativo del loro esperimento si abbruttiscono, si lasciano prendere la mano dalla violenza e dalla bassezza d'animo, fino ad arrivare ad un passo dall'omicidio.
Interessante e in un certo senso sconfortante è quindi notare quanto il cane, l'animale che inizialmente suscita empatia e compassione, si trasformi in bestia solo dopo aver ricevuto la “natura” umana, e come l'uomo non sia poi così dissimile o migliore della bestia.
 

Nefertari

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Appena finito e come spesso mi accade, mi ha preso di più la seconda metà. Ad un tratto mi sono resa conto di essere dentro al libro e di provare una grande tristezza nell'animo.
Bulgakov mi piace molto e ho provato le stesse emozioni anche con Appunti di un giovane medico, leggerò presto Il maestro e Margherita.
 

estersable88

dreamer member
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Difficile classificare, incasellare, valutare questo brillante racconto di Bulgakov: oserei dire che è un precursore della fantascienza, ma probabilmente una specie di preveggente. Questo racconto, infatti, può essere grossomodo diviso in due parti: una prima, in cui le vicende vengono viste dal protagonista, un cane povero ma onesto che tutti chiamano Pallino; una seconda, in cui il racconto si sviluppa tra annotazioni dei medici e narrazione esterna ed impersonale. Il risultato è esilarante, grottesco, stupendo: è la storia di Pallino che, con la lusinga del cibo di cui è ghiotto, viene condotto nello studio medico di un eminente professore che sta sperimentando il ringiovanimento attraverso l'inserimento dell'ipofisi umana in un cervello animale. Il povero Pallino, dopo essere stato messo all'ingrasso per giorni, viene sottoposto all'esperimento. Il risultato è inaspettato per tutti. Un racconto breve, ma illuminante che consiglio caldamente. Avevo già intuito una mia personale predilezione per Bulgakov tra gli autori russi leggendo "Il maestro e Margherita", ma qui ne ho avuto la conferma: bravo Tolstoj, bravissimo Dostohewskij, interessante Puskin, ma Bulgakov è a dir poco geniale!
 

ayuthaya

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Membro dello Staff
Ho iniziato questo romanzo breve senza la minima idea di cosa trattasse: ricordavo solo che il punto di vista fosse di un cane, e nient’altro! per cui, immaginandomi che la componente fantastica si limitasse a questo, ho letto le prime pagine in uno stato di “attesa”: penso che davvero abbia provato qualcosa di simile a ciò che deve aver provato Sarik che, intelligente com'era, si godeva sì il sospirato benessere, ma senza mollare del tutto la guardia, pronto, semmai ce ne fosse stato bisogno, a digrignare nuovamente i denti. Così anche la figura del medico ha assunto ai miei occhi una certa ambiguità, senza capire però dove dovesse andare a parare...
Per cui potete ben immaginare la mia sorpresa (e il mio raccapriccio durante la fase dell’operazione chirurgica) quando ho scoperto che il povero Sarik era stato destinato a diventare l’oggetto di un esperimento straordinario: quello che doveva essere un tentativo di ringiovanimento del corpo umano conduce a una completa trasformazione da cane a uomo. Da questo momento in poi la prospettiva cambia, non solo perché “perdiamo” Sarik come narratore in prima persona, ma perché di pari passo con l’elemento fantastico e surreale cresce l’intento satirico. Quella che già si era rivelata un’esplicita critica agli ideali del comunismo assume connotati molto più violenti e finisce per coinvolgere tutti: il proletariato, i ferventi attuatori delle politiche di regime, la borghesia stessa. Persino gli scienziati, che dovrebbero dedicare la loro vita alla ricerca della verità in modo disinteressato, vengono messi sotto accusa nel momento in cui forzano la scienza degenerando la natura. Anzi, in questo senso è proprio la categoria degli scienziati a diventare paradigmatica del genere umano: quando l’uomo “invece di seguire una via parallela e conforme alla natura, forza la questione e solleva il velo”... ecco che crea un mostro. Ed evidentemente “mostri” per Bulgakov erano gli ibridi prodotti dal comunismo.

Comunque, al di là del caso specifico, quello che mi ha colpito leggendo Cuore di cane e Uova fatali (nella mia edizione i due scritti sono associati) è che, così come mi era successo con il suo capolavoro, Il maestro e Margherita, anche in questo caso Bulgakov ha suscitato in me il desiderio di andare oltre, di approfondire, di riflettere... è come se il segno distintivo di questo autore sia quello di aver composto opere che, lunghe o brevi che siano, hanno comunque “qualcosa in più” e spingono il lettore a non accontentarsi, a interrogarsi sulla loro complessità.
Per cui, per quanto diversi siano i temi trattati, non ho faticato a scorgere in Cuore di cane, Uova fatali e Il maestro e Margherita la mano dello stesso autore: un uomo acuto e audace che non ha temuto la rigidità della censura sovietica e non ha chiuso gli occhi di fronte agli inganni dell’uomo, al di là della loro origine politica. Davvero affascinante.
 
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