E' un libro che scuote nel profondo e che mi ha lasciato addosso sensazioni strane e contrastanti, che si confondono l'una con l'altra; non credo che riuscirò a tradurle in parole.
Un libro blu come la profonda malinconia che lo pervade fin dalle prime pagine, con improvvise spruzzate di rosso come i tormenti e le passioni che a tratti sembra riescano a schizzare fuori per un attimo, per poi tornare a nascondersi fino all'ultima parte. Dal momento in cui Midori comincia pian piano a sostituire Naoko, o meglio ad occupare un posto altrettanto importante, anche se in modo diverso, nel cuore di Watanabe, il colore è sempre più presente e una strana vitalità prende in parte il posto della tristezza, sciogliendo lentamente l'angoscia e il nodo nello stomaco del lettore (o almeno nel mio). Poi l'ultima spruzzata, stavolta nera, ossia il suicidio di Naoko. Naoko che, come sua sorella e Kizuki, non trova il coraggio di affrontare il mondo reale e decide di raggiungere definitivamente quello dei morti. Naoko, fragile e quasi evanescente, un personaggio che ispira tenerezza, a cui è facile affezionarsi e di fronte al quale ci si sente stranamente disarmati; ma anche inconsapevole vittima sacrificale la cui morte riporta paradossalmente ogni tassello al proprio posto, lasciando una speranza di ritorno alla vita in ciascuno dei sopravvissuti e in me un interrogativo: cosa sarebbe successo se lei non fosse morta? Watanabe avrebbe trovato il coraggio di esprimere la scelta che in cuor suo aveva già fatto? E Reiko? Avrebbe trovato comunque la forza per tornare nel mondo dei vivi o è stato il dolore per la morte di Naoko a portarla ad un momento di svolta, dandole la spinta finale?
Molto belli e ben caratterizzati secondo me tutti i personaggi e bravissimo l'autore nel riuscire a trasmettere perfettamente le loro sensazioni, a renderle parte di chi legge pur senza soffermarsi eccessivamente nelle descrizioni.
Mi è piaciuto molto il personaggio di Watanabe; ho provato empatia nei suoi confronti, così tremendamente umano nella sua solitudine e nella sua confusione mentale, nel suo anteporre il suo mondo interiore a tutto il resto, nel suo rifiuto di crescere, nel suo vagare senza meta anche fisicamente. Ho trovato poetica e commovente la scena in cui, trovandosi all'ospedale con il padre di Midori, riesce con i suoi gesti e le sue parole a donare un po' di vita a quell'uomo così sofferente. Questa è una spruzzata di colore, non rosso ma di un azzurro chiaro e rasserenante, ed è uno dei momenti in cui ho percepito più chiara e forte la personalità del protagonista.
E poi Midori, che rappresenta quasi l'unico contatto di Watanabe con il mondo esterno, così straordinariamente vitale, cocciuta e combattiva nell'affrontare il dolore che, alla fine del libro, vedere che per lei si presenta la possibilità di un riscatto rasserena un po' e spazza via parte della malinconia.
E come non "fare il tifo" per Reiko, con il suo coraggio, la sua volontà di ricominciare a vivere e il suo altruismo, tale da spingerla a rinunciare a riprendere i contatti con la figlia per non causarle altro dolore?
Una nota divertente: Sturmtruppen! Mi ha ricordato tantissimo uno dei compagni di collegio de Il giovane Holden, di cui non ricordo il nome. Peccato che sia scomparso così presto, avrei voluto sapere dove è andato a finire.
Le tematiche di fondo sono delicatissime, trattate con grande sensibilità:
mi ha turbato molto il modo di raccontare la malattia mentale, l'inquietante descrizione, attraverso il racconto di Reiko, della facilità con cui avviene il passaggio dalla cosiddetta "normalità" al momento in cui la mente fa tiiiiiin...
E poi il centro di recupero: tutto così ovattato, rigido, quasi perfetto e proprio per questo così angosciante. Come si può tornare nel mondo dopo aver vissuto in un luogo del genere?
Ma soprattutto mi ha impressionato la descrizione, sempre fra le righe, dell'impossibilità di raggiungere quel momento in cui il dolore si cicatrizza per portare ad una crescita dell'essere umano, diventandone parte accettabile: impossibilità che nei personaggi di questo libro, Naoko in particolare, porta al suicidio.
Nel complesso direi che è un romanzo malinconico, poetico, stranamente delicato e angosciante allo stesso tempo; molto bello per la capacità di scuotere e di far riflettere. 5/5
Una piccola curiosità:
Non so se chi ha fatto le proposte per questo GdL o per il musicforum (non mi ricordo quale sia partito prima) avesse già calcolato tutto :wink:, comunque nel postscriptum di Murakami ho letto questo particolare.
"...La prima metà l'ho scritta in Grecia, la seconda a Roma, con in mezzo un intervallo in Sicilia. Nella mia stanza in una piccola pensione di Atene non c'era il tavolo, così in quel periodo scrivevo ogni giorno in una taverna terribilmente rumorosa, con la cuffia del walkman nelle orecchie, sentendo il nastro di Sergeant Pepper's Lonely Hearts Club Band a dir poco duecento volte. Perciò in un certo senso questo romanzo è stato scritto with a little help da Lennon e McCartney".