Ho riconosciuto in questo libro lo stile e le tematiche dei grandi romanzi dell’Ottocento, specialmente nella contrapposizione continua fra la classe sociale borghese, colta, raffinata, chiusa, ottusa e l'emergente classe operaia, volgare, meschina, vivace, piena di voglia di riscatto. E' una contrapposizione che sicuramente mostra il suo tempo, e non descrive più la complessità della nostra società, tanto che mentre leggevo mi sono ritrovata spesso a pensare che London stava riportando una visione della società troppo ristretta e schematica, dimenticandomi che la società in cui ha vissuto lui era probabilmente così.
Martin Eden, il protagonista, è davvero un personaggio che colpisce: incredibile la sua caparbietà, la sua assoluta fiducia non tanto nelle sue capacità, ma nel suo destino, quello di scrivere e di vivere di quello.
Tutti gli altri personaggi non solo non capiscono questo suo intestardirsi, ma addirittura lo avversano in tutti modi, senza però spostarlo di un millimetro.
Martin rimane fedele al suo sogno, fin quando non si realizza. Si realizza in modo quasi casuale, proprio come se lo era immaginato solo che ormai è troppo tardi: nel mantenersi fedele a sé stesso, al suo destino, ha smascherato la falsità dei sentimenti di quelli che lo circondavano o almeno ha constatato la loro debolezza e incapacità di resistere accanto a lui nell’attesa.
Ego smisurato o smisurata grandezza di animo e fede nel proprio destino?
Non saprei dare una risposta, la fine è così amara, senza alcuna speranza, pochissime le figure positive che in qualche modo cercano di riscattarla che terminata la lettura si rimane con un tale senso di desolazione che una sola domanda emerge: valeva la pena?
Di sicuro vale la pena questa lettura, perché Martin Eden è uno dei quei personaggi che non si possono dimenticare.
Francesca
Martin Eden, il protagonista, è davvero un personaggio che colpisce: incredibile la sua caparbietà, la sua assoluta fiducia non tanto nelle sue capacità, ma nel suo destino, quello di scrivere e di vivere di quello.
Tutti gli altri personaggi non solo non capiscono questo suo intestardirsi, ma addirittura lo avversano in tutti modi, senza però spostarlo di un millimetro.
Martin rimane fedele al suo sogno, fin quando non si realizza. Si realizza in modo quasi casuale, proprio come se lo era immaginato solo che ormai è troppo tardi: nel mantenersi fedele a sé stesso, al suo destino, ha smascherato la falsità dei sentimenti di quelli che lo circondavano o almeno ha constatato la loro debolezza e incapacità di resistere accanto a lui nell’attesa.
Ego smisurato o smisurata grandezza di animo e fede nel proprio destino?
Non saprei dare una risposta, la fine è così amara, senza alcuna speranza, pochissime le figure positive che in qualche modo cercano di riscattarla che terminata la lettura si rimane con un tale senso di desolazione che una sola domanda emerge: valeva la pena?
Di sicuro vale la pena questa lettura, perché Martin Eden è uno dei quei personaggi che non si possono dimenticare.
Francesca