Sono, francamente, un po' delusa. Non avevo mai letto Gaiman, pur avendone sentito parlare sempre molto bene da praticamente chiunque. Non lo avevo mai letto perché in genere non amo particolarmente le atmosfere volutamente e un po' caricaturalmente tetre e gotiche (insomma, Tim Burton mi lascia vagamente perplessa, mi sembra tutta una posa), e a quanto avevo capito temevo che molti dei lavori di Gaiman seguissero un po' questo filone. Ebbene, non sono sicura di essere stata infastidita da questo aspetto in particolare: è inevitabile che qualcosa di "gotigheggiante" ci sia in un libro che racconta la storia di un ragazzo che, rimasto orfano, viene allevato da un intero cimitero; eppure in questo senso tutti gli elementi sono stati ben dosati, non ci sono eccessi né caricature (per quanto questo sia possibile in un libro fantasy per ragazzi, naturalmente).
La storia in sé mi è piaciuta, forse non è quanto di più originale possa esserci (insomma, altro non è che l'ennesimo racconto di che cosa significhi diventare adulti, perdere le certezze e la leggerezza dell'infanzia per assumersi i pesi e le responsabilità - ma anche le immense consapevolezze - della vita adulta), ma è comunque una bella storia, che si fa leggere bene sia dai ragazzi che dai lettori con qualche anno in più.
Eppure, non riesco a ripensare a "Il figlio del cimitero" con soddisfazione. Ci sono diverse note stonate, magari cose piccole, forse insignificanti, ma che comunque non mi hanno fatto apprezzare del tutto la lettura. Innanzitutto, avrei voluto molti più dettagli. Insomma, è vero che è un libro per ragazzi, ma è mai possibile che non ci sia la minima descrizione - nemmeno diluita - del cimitero, o di Bod, o degli altri protagonisti? Si sa solo che il cimitero è su una collina, Bod è magro e vestito di grigio, Scarlett veste con colori vivaci, Silas ha la pelle bianca e le unghie taglienti. E basta. Tantopiù che si tratta di un mondo fantastico, pieno di potenzialità, mi sarebbe piaciuto molto di più immergermi in un universo ricco, vivido, capace di far viaggiare la mia immaginazione, e invece mi ritrovo solo con delle ambientazioni spoglie e appena abbozzate. Inoltre, ho trovato la storia piuttosto lenta e abbastanza discontinua: gli episodi si susseguono in maniera disordinata, senza un apparente nesso l'uno con l'altro, quasi i capitoli fossero solo dei racconti brevi con la stessa ambientazione e alcuni personaggi in comune. E per carità, questo mi andrebbe anche bene, se si trattasse davvero di racconti privi di nessi. Ma il punto è che non è così, alla fine sembra quasi che Gaiman si sia ritrovato con una serie di dettagli sparsi e storie slegate tra di loro, e abbia provato a creare delle connessioni, ma il tutto risulta forzoso e stridente.
Inoltre, ci sono altri dettagli che invece, anche al fine della trama vera e propria, sono lasciati troppo poco in superficie: è vero, è un libro per ragazzi autoconclusivo, non una saga lunghissima in cui ogni cosa può trovare spessore ed essere ben specificata, e mi sta anche più che bene che certe cose vengano lasciate appena un po' nascoste, solo intuibili, ma altre no. La questione Jack si risolve in cinque pagine, il Ghoul vengono tirati fuori dal cappello solo all'occorrenza, per tappare quelli che correrebbero il rischio di essere dei buchi di trama fastidiosissimi, Silas e la signorina Lupescu fanno cose fondamentali senza che venga loro attrubuito un briciolo di importanza. Insomma, l'impressione è proprio quella di qualcosa scritto di fretta, un po' raffazzonato, mettendo insieme una manciata di buone idee senza preoccuparsi però troppo che queste abbiano un senso, siano ben definite e si accordino bene le une con le altre.
Sicuramente se l'avessi letto da bambina lo avrei apprezzato, mi sarei divertita molto e forse in qualche punto mi sarei anche commossa, ma sarebbe stato uno di quei libri che avrei dimenticato molto in fretta. Ora che ho qualche anno in più, devo dire di essere un po' delusa. Da un autore così osannato mi sarei aspettata un po' di sostanza in più.