malafi
Well-known member
Ho quasi timore a dirlo, ma …. lo dico. Questo romanzo non mi è piaciuto tanto, potrei quasi dire che mi ha deluso.
Mann ha la grande capacità di elevare la sua scrittura (ed il lettore) a vette altissime, ma troppo poco spesso l’ha esercitata nel romanzo.
Il misto di serenità e rassegnazione positiva che prende Castorp ed altri ospiti della struttura, la sua gita sulla neve, il capitolo in cui descrive la scoperta del grammofono …. ecco questi sono passaggi indimenticabili.
Ma ho trovato il progredire degli eventi negli anni di permanenza di Castorp spesso slegati tra loro e privi di un senso che non fosse quello di usarli come contenitore per le sue dissertazioni erudite.
C’è qualcosa che stona in questo romanzo o meglio: io ho trovato alcune note stonate. Le sedute spiritiche; il duello e la fine di Naphta; la vicenda del compagno di Claudia; l’improvviso nervosismo che prende tutti; ecc…
E, udite udite, non ho trovato particolarmente interessanti neppure le discussioni tra Settembrini e Naphta: troppo erudite. Non dico complicate ed incomprensibili, ma su temi troppo sottili ed alla fine, per me, di poco interesse. Tutto il contrario di Musil, che, per quanto impegnativo, mi ha saputo interessare parola per parola.
Badate, non è che il libro mi abbia preso male. Al contrario; della prima metà ed anche stavo dando un giudizio molto positivo. Poi mi si è spento tra le mani ed ho trovato quasi insopportabile leggerlo fino alla fine: a 30 pagine dalla fine, quando spesso un libro – di qualunque genere sia – ti tiene incollato mi chiedevo: ma dove andrà a parare che dopo 650 pagine ancora pare non volgere al termine e gli eventi non hanno una loro progressione?
Vabbè, un finale c’è, ma non mi ha emozionato, ho trovato anch’esso non troppo in sintonia col clima che si è respirato nella prima parte del romanzo.
Mann ha la grande capacità di elevare la sua scrittura (ed il lettore) a vette altissime, ma troppo poco spesso l’ha esercitata nel romanzo.
Il misto di serenità e rassegnazione positiva che prende Castorp ed altri ospiti della struttura, la sua gita sulla neve, il capitolo in cui descrive la scoperta del grammofono …. ecco questi sono passaggi indimenticabili.
Ma ho trovato il progredire degli eventi negli anni di permanenza di Castorp spesso slegati tra loro e privi di un senso che non fosse quello di usarli come contenitore per le sue dissertazioni erudite.
C’è qualcosa che stona in questo romanzo o meglio: io ho trovato alcune note stonate. Le sedute spiritiche; il duello e la fine di Naphta; la vicenda del compagno di Claudia; l’improvviso nervosismo che prende tutti; ecc…
E, udite udite, non ho trovato particolarmente interessanti neppure le discussioni tra Settembrini e Naphta: troppo erudite. Non dico complicate ed incomprensibili, ma su temi troppo sottili ed alla fine, per me, di poco interesse. Tutto il contrario di Musil, che, per quanto impegnativo, mi ha saputo interessare parola per parola.
Badate, non è che il libro mi abbia preso male. Al contrario; della prima metà ed anche stavo dando un giudizio molto positivo. Poi mi si è spento tra le mani ed ho trovato quasi insopportabile leggerlo fino alla fine: a 30 pagine dalla fine, quando spesso un libro – di qualunque genere sia – ti tiene incollato mi chiedevo: ma dove andrà a parare che dopo 650 pagine ancora pare non volgere al termine e gli eventi non hanno una loro progressione?
Vabbè, un finale c’è, ma non mi ha emozionato, ho trovato anch’esso non troppo in sintonia col clima che si è respirato nella prima parte del romanzo.