Questo libro era nella mia wish list da almeno 15 anni, consigliato caldamente da una ragazzina a scuola a cui facevo ripetizioni. Mi disse che era il miglior libro sugli anni del liceo che ci fosse in giro. Ah, se fosse rimasto in wish list in eterno e avessi 13 euro ancora in tasca, oggi sarei la stessa persona di 5 giorni fa quando ho iniziato a leggerlo.
Questi cosiddetti autori, capaci di scrivere di nulla per 150 pagine, io in un certo senso li invidio. Mi farebbe comodo riuscire a riempire 150 pagine di niente assoluto per allungare il brodo. Ricordo rare occasioni in cui ho fatto così fatica a superare le prime 100 pagine; leggo generalmente al parco col cane e stavo per lanciare il libro nei cestini della spazzatura. Poi ho pensato che potevo sempre rivenderlo usato e mi sono fermato in tempo. In quel momento è successo qualcosa di impensabile: la storia ha un guizzo vitale, decolla leggermente verso spunti coinvolgenti e a tratti interessanti. Sto parlando del viaggio in Grecia - e credo che De carlo abbia trasposto un'esperienza personale in esso, perchè c'è un cambio nel registro stilistico palese, frutto verosimilmente di una passione vissuta. Diciamo che da lì in poi il libro si fa leggere, anche tutta la parte della vita in campagna, checché a tratti noiosa, è narrata con scorrevolezza e una prosa dignitosa. Non sto qui a sindacare sulla tecnica di Andrea - è piuttosto bravo nella caratterizzazione psicologica, non c'è nessuno, tra i personaggi principali, che non sia sfaccettato molto bene - quello che sindaco è la noia, figlio mio, della prima parte del libro (e dire che l'immedesimazione, per un lettore che ha fatto il liceo classico, ci starebbe tutta, ma non avviene per la piattezza della narrazione. Anche le parti sulle interrogazioni o le professoresse tiranniche, nonostante mi ci riveda perché ci sono passato, sono completamente prive di pathos). L'ultimo capitolo poi definirlo banale è un eufemismo. Questo coupe de teatre a silloge di una storia umana fatta di insoddisfazione, malessere, inquietudine esistenziale è la degna conclusione di un libro che non mi ha lasciato nulla. Ho dato 3 come voto (accettabile) solo per la parte del viaggio in Grecia e le vicissitudini editoriali che portano Guido a pubblicare il suo primo romanzo. Ribadisco la mia stima per la tecnica autorale per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi, ma inorridisco di fronte a certe scelte stilistiche (per l'amor di dio, in certe frasi subordinate De carlo non ripete i verbi ausiliari!).
Va da sè che non leggerò mai più niente di questo autore. Si è già preso 5 giorni della mia attenzione che nessuno mi restituirà.